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Autore: MeiyoMakoto    20/01/2013    1 recensioni
Leslie Lynch, capelli rossi, occhi verde chiaro, strega da quarant'anni senza sapere di esserlo. Come è possibile? Cosa l'ha spinta a vivere per vent'anni ai margini della società? E soprattutto, perché diavolo tutti dicono che somiglia in modo incredibile a una certa Lily Evans?
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Lily Evans, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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- Questa storia fa parte della serie 'Memorie Rubate'
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‘Prego, entri pure.’, trillò Dru. ‘Si accomodi in salotto, Les sarà da lei tra un attimo.’
Leslie sorrise tra sé e sé: Drusilla sembrava ancora più nervosa di lei.
‘Andrai benissimo.’, le sussurrò l’amica sistemandole una ciocca ribelle. ‘Sembra dura, ma è un pezzo di pane…’
Leslie annuì, prese un  respiro profondo ed entrò in salotto.
‘Preside McGranitt.’, disse.
‘Signorina Lynch, suppongo.’, rispose l’altra senza voltarsi: sembrava intenta ad osservare una fotografia di Drusilla e Jerome da piccoli in groppa a delle scope giocattolo. ‘Allora, vogliamo com…’
Si bloccò, fissando Leslie con gli occhi sbarrati.
‘Merlino…’, mormorò.
‘C’è qualche problema?’, chiese Leslie preoccupata.
Non era un gran che come inizio, per un colloquio di lavoro. La Preside si ricompose.
‘Niente affatto, signorina, la prego di perdonarmi. E’ solo che assomiglia in modo incredibile a… a una persona che conoscevo tanto tempo fa. Non ha per caso qualche relazione di parentela con una certa Lily Evans?’
‘Non che io sappia; a dire la verità non ho nessun parente da quando i miei genitori sono venuti a mancare in un incidente, quasi vent’anni fa.’
‘Non volevo essere indelicata.’
‘Si figuri, può capitare. Ad ogni modo, presto o tardi avremmo dovuto affrontare l’argomento, dato che è stata la loro morte a spingermi a trasferirmi in Nuova Zelanda: avevo bisogno di cambiare aria. Sono antropologa, sa, una professione Babbana che si occupa dello studio di altre culture; avevo sempre sognato di andare a vivere con gli aborigeni neozelandesi, e diciassette anni fa ho avuto la spinta che mi serviva.’
‘Drusilla mi dice che fino a poco tempo fa non sapevate di essere una strega; com’è possibile? Ogni bambino dotato di poteri magici viene registrato alla nascita negli archivi del Ministero della Magia,  in modo che a undici anni ricevano tutti la loro lettera di Hogwarts.’
‘Di solito è così, ma l’incantesimo che garantisce questo sistema ormai è vecchio di centinaia di anni e, come lei sa molto meglio di me, dopo un certo lasso di tempo gli incantesimi cominciano a perdere efficacia; io sono la bambina su un milione che non è stata registrata. O almeno questo è quello che gli impiegati del Ministero hanno spiegato a me e a Jerome.’
‘Jerome?’
‘Jerome Peppermint, il fratello di Dru; è stato lui a rivelarmi chi ero e a riportarmi in Inghilterra. Era in vacanza in Nuova Zelanda, e per combinazione ci siamo incontrati mentre mi trovavo in un villaggio per comprare delle medicine. Ha capito che ero una strega e mi ha avvicinato; quando gli ho detto che non avevo idea che esistesse una comunità magica, ha deciso di aiutarmi e mi ha invitato a vivere qui con lui e sua sorella.’
‘Come ha capito di avere davanti una maga?’
Leslie arrossì.
‘Ecco, io… ho  fatto uscire del fumo dalle orecchie della farmacista. E’ stato un incidente: nessuno mi ha insegnato a controllare la mia magia. Ho sempre cercato di regolarmi, ma…’
‘Ho capito.’, sorrise la professoressa. ‘Così la sua amica Drusilla ha pensato che insegnando Babbanologia a Hogwarts avrebbe potuto trovare un professore che la aiutasse ad esercitarsi senza avere l’imbarazzo di studiare con una classe di undicenni.’
‘Esatto.’, ammise Les.
‘Mi sembra una buona idea. Può cominciare a settembre, professoressa Lynch.’
 
 
 
 
‘Allora?’, chiese Jerome ansiosamente. ‘Ti ha dato il lavoro?’
Per tutta risposta, Leslie gli passò una boccetta di code di lucertola con un sorriso enigmatico.
‘Certo che sì!’, intervenne Dru saltellando di gioia. ‘Non è meraviglioso, Les? Saremo professoresse!’
Con i suoi ventitré anni, Drusilla Peppermint era la più giovane insegnante di Pozioni che Hogwarts avesse mai avuto; o almeno lo sarebbe diventato a settembre. Lei e suo fratello erano cresciuti aiutando il padre nell’erboristeria che la loro famiglia possedeva da generazioni, e conoscevano a menadito le erbe e i loro usi. Così Jerome, che era più grande di ben cinque anni, aveva  ereditato la bottega, mentre Dru grazie alle sue capacità si era aggiudicata la cattedra appena il vecchio insegnate, Horace Lumacorno, aveva deciso di andare in pensione, l’anno precedente.
‘Bisogna festeggiare!’, sorrise Jerome. ‘Che ne dite di una Burrobirra al Paiolo Magico?’
‘Perfetto.’, rispose subito Leslie.
Di tutte le cose che aveva scoperto in due mesi che viveva nel mondo magico, la Burrobirra era una di quelle che preferiva.
‘Non dire stupidaggini, adesso dobbiamo comprarti una bacchetta!’, obiettò Drusilla.
‘Sai che ho solo soldi Babbani…’, cominciò Leslie, ma la ragazza la interruppe con un gesto della mano.
‘Me li ridarai al primo stipendio, non fare storie. Una strega senza bacchetta è come una Pozione Restringente senza spighe di lavanda!’
‘Voi andate, poi ci incontreremo al pub.’, aggiunse Jerome. ‘Io qui ho ancora un po’ di lavoro da sbrigare.’
‘Grazie mille, ragazzi.’, si arrese Leslie.
Jerome le sorrise e tornò a etichettare ampolle, mentre Dru la prese per mano e la trascinò fuori. Era strano pensare che tra i due fratelli l’insegnate fosse lei: con i suoi cinque buchi alle orecchie e i suoi vestiti colorati sembrava fresca di esami, per non parlare del fatto che non stava ferma un attimo e trattava tutti come se fossero suoi amici da anni. Suo fratello invece non solo non usciva di casa se non con indosso una camicia ben stirata, ma aveva anche dimostrato una pazienza infinita nel rispondere alle incessanti domande di Leslie.
Diagon Alley era ancora più affollata del solito: l’anno scolastico stava per iniziare, e i negozi straripavano di ragazzi che dopo la lunga separazione estiva si riunivano per comprare insieme l’occorrente.
‘Da Olivander ci sarà una fila enorme.’, sospirò Dru indicando la calca davanti a Tiri Vispi Weasley.
‘Tu che bacchetta hai?’, chiese Leslie curiosa.
‘Corniolo e piuma di fenice. Mio fratello invece ha ontano e crine di unicorno. Non vedo l’ora di vedere che cosa capiterà a te, è da quando avevo undici anni che non compravo una bacchetta! Beh, eccoci qui.’
La bottega di Olivander era antica e molto spaziosa, ma così piena di gente da sembrare stretta. La guerra era stata inclemente: i vetri delle finestre erano rotti e i mobili scheggiati da qualche incantesimo che un occhio più esperto di quello di Leslie avrebbe immediatamente riconosciuto come una maledizione; e infatti non pochi, nella folla, si guardavano intorno impressionati. Del resto l’uomo dietro al bancone non faceva nessun tentativo di nascondere quello che era successo nel negozio, anzi:
‘Proprio così, mio nonno Garrick è stato rapito da Voi-Sapete-Chi in persona, non più tardi dell’anno scorso -No, giovanotto, direi che questa non va bene… Lascia, non fa nulla, ho sempre odiato quel soprammobile. Prova questa: ebano e corda di cuore di drago. Dicevo, mio nonno non è più stato lo stesso, anche dopo che Harry Potter -Sissignore, Harry Potter in persona!- l’ha liberato dalle grinfie del Signore Oscuro; così ha deciso di prendersi una pausa e di lasciare la bottega al suo nipote preferito… Perfetto, signora, fanno sette galeoni. Grazie a lei, torni a trovarci! Dov’ero rimasto? Ah, sì… Beh, il nonno mi ha detto proprio così: “Godric, ragazzo mio, tu sei l’unico nipote che abbia mostrato uno straccio di talento; tratta bene il negozio e non usare mai il crine di unicorno con l’ebano, mi raccomando.” Sagge parole… Bene, avanti il prossimo; come posso aiutarvi, signorine?’
‘La mia amica ha bisogno di una bacchetta.’, rispose Dru, un po’ disorientata dalla parlantina del negoziante.
‘Benissimo. Che cuore avevano le sue precedenti bacchette, signorina? Si è trovata meglio con qualche legno in particolare?’
‘Veramente, questa è la mia prima bacchetta.’, confessò Leslie.
Godric alzò un sopracciglio con aria dubbiosa, ma non replicò. Scattò nel retro del negozio e riemerse poco dopo con una scatola lunga e stretta.
‘Olmo e corda di cuore di drago.’, annunciò tirando fuori la bacchetta e porgendola a Leslie. ‘Prego, le dia pure un’agitata.’
La donna obbedì, ma la bacchetta ebbe un fremito e le schizzò via dalla mano.
‘Direi di no.’, commentò il negoziante. ‘Vediamo… Dovrei averne una che fa al caso suo… Biancospino e crine di unicorno, ecco a lei.’
Fece appena in tempo a schivare una saetta scoppiata fuori dalla bacchetta di Leslie, che nel frattempo era caduta a terra per il contraccolpo.
‘Mi scusi.’, borbottò questa mentre Dru la aiutava ad alzarsi.
‘Si figuri, si figuri… Piuttosto, mi chiedo se…’
Frugò in un cassetto e ne trasse una scatola impolverata con un sorriso.
‘Me la tratti bene, questa; ho sudato sette camice per rintracciare la fenice la cui piuma ho usato per il cuore. Il nonno non ha mai scoperto che avevo rubato una delle sue preziose piume -che tra l’altro gli avevo procurato io- per farne una bacchetta… La mia prima bacchetta. Ho strappato il ramo di un ciliegio che cresceva in giardino, e… Oh, mi scusi, signorina, alle volte mi rendo conto troppo tardi di star parlando troppo.’
Tese la bacchetta a Leslie, non senza una certa riluttanza. Lei la prese tra due dita, temendo di fare qualche danno irreparabile, ma sembrava tutto a posto; agitò delicatamente il polso, e all’istante sentì una strana energia scivolarle per il braccio e dalla punta della bacchetta uscì una scintilla.
‘Va bene?’, chiese timidamente.
Godric annuì con un sorriso, e Dru le cinse le spalle con un braccio.
‘Quant’è?’, domandò poi.
Il negoziante scosse la testa e tese davanti a sé il braccio destro, come per allontanare quell’idea ridicola.
‘Non mi sognerei mai di vendere questa bacchetta, signorina! Basta che me la tratti bene, ecco tutto; sono contento che abbia finalmente scelto qualcuno. Ha aspettato la persona giusta, eh? Quarant’anni, l’ha aspettata…’
‘Un po’ come te, Les.’, sorrise Drusilla.
‘Già.’, disse Leslie rigirandosi il suo nuovo acquisto tra le mani.
Le pareva quasi che questa bacchetta stesse tentando di dirle qualcosa: sembrava che per tutto quel tempo avesse aspettato proprio lei.
 
 
 
‘Ma dov’è Jerome?’, si lamentò Drusilla. ‘Con questo caldo ci tocca aspettarlo qui fuori, invece di entrare a prendere qualcosa di fresco!’
‘Tu vai dentro e trova un tavolo, resto io qui.’, si offrì Leslie.
‘Sicura?’, chiese dubbiosa l’amica.
‘Così iniziamo ad accorciare la lista dei favori  che devo a te e tuo fratello, anche se è interminabile.’
‘Ma dai!’, rise Dru dandole un colpetto sulla spalla. ‘Non ti ho neanche comprato la bacchetta, alla fine! E poi per una quarantenne sei una coinquilina perfetta: potresti essere mia madre, ma ti comporti come una sorella.’
‘Vai, prima che cambi idea.’, insistette Leslie ricambiandole il colpetto.
A volte avere un’amica con la metà dei suoi anni era un po’ avvilente, ma con tutto quello che i Peppermint avevano fatto per lei avrebbe potuto perdonare loro tutte le frecciatine del mondo. Si sedette in una panchina e cominciò a giocherellare con la nuova bacchetta. Dopo qualche istante, però, ebbe la fastidiosa sensazione di essere osservata; si guardò intorno, ma nessuna delle persone che passeggiavano per la strada sembrava prestarle attenzione.
E poi la vide.
Era magra come uno spillo, con capelli castani che cominciavano già ad ingrigirsi. Cosa più importante, stava correndo dritta verso di lei con le lacrime agli occhi.
‘Dove vai, mamma?’, le gridò dietro un ragazzo sui vent’anni, con tre doppi menti e di un’altezza spaventosa. ‘Harry ci aspetta, e il pranzo si fredda!’
La donna non sembrò aver sentito.
‘Dove sei stata in tutto questo tempo?’, mormorò parandosi davanti a Leslie e prendendole la mano. ‘Oh, Lils, mi dispiace tanto… Di tutto…’
Aveva gli occhi lucidi. Per qualche ragione, Leslie sentì un groppo in gola e non ebbe la forza di ritrarre la mano.
 ‘Mi dispiace molto, davvero, ma credo che lei mi confonda con qualcun altro.’, disse dolcemente. ‘Io non la conosco, signora.’
La donna si ritrasse con aria sconvolta.
‘Ha ragione…’, farfugliò. ‘Le mie scuse è che… La somiglianza è impressionante…’
‘Si figuri, può capitare.’, sorrise Leslie sorridendo debolmente.
‘Petunia?’, intervenne un uomo ben in carne con due baffi da tricheco, guardando Leslie con aria diffidente. ‘C’è qualche problema?’
‘Niente.’, si affettò a rispondere la moglie. ‘E’ che… Oh, Vernon, quegli occhi… Quei capelli…’
Gli occhi di Vernon sembrarono avere un barlume di comprensione. Annuì e condusse gentilmente Petunia verso il figlio, che li aspettava con aria interdetta.
‘Avresti dovuto dirmi di sentirti così.’, le disse. ‘In  tutti questi anni…’
Scosse la testa e fece un cenno con la mano a Leslie in segno di saluto.
‘Chi erano quelli?’, chiese Jerome sedendosi accanto a lei.
‘Non lo so, mi avevano confuso con qualcuno. Ma la vuoi sapere una cosa strana?’
‘Cosa?’
‘Quella donna… Per un attimo, sono stata felice che fosse qui. Non chiedermi perché, non lo so neanch’io.’
‘Tu sei strana.’
‘E tu sei in ritardo. Dai, entriamo, tua sorella starà facendo la muffa lì dentro.’

  
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