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Autore: Braina    22/01/2013    4 recensioni
"Quella strana donna, all’altro capo del tavolo, non mostrava alcun segno di interesse per il famoso scrittore: se ne stava lì, lo sguardo posato sui suoi Tarocchi, mormorando qualcosa tra sé e sé."
Ecco cosa succede quando Allock dà retta al suo egocentrico cervello.
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Altro personaggio, Severus Piton, Sibilla Cooman
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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C’era voluto del bello e del buono per convincere Sibilla che quel disgraziato incidente con i nani era stato solo un pessimo scherzo architettato da chissà chi.
Alla fine, la chiromante aveva ceduto alle suppliche e alle spiegazioni di Allock, e i due si erano riappacificati.
Gilderoy era convinto di sapere chi fosse l’artefice di quella trovata, ma non aveva modo di dimostrarlo: i nani erano rimasti muti come pesci e non c’era alcuna prova che desse modo allo scrittore di muovere accuse contro Piton.
“Non so se hai notato, Gilderoy, ma c’è qualcosa o qualcuno che se ne va in giro a pietrificare studenti da inizio anno. Non credi che io abbia di meglio da fare che occuparmi di te?” tale era stata la risposta che aveva ricevuto dal tenebroso collega quasi tre mesi prima, quando lo scrittore era andato a reclamare per l’accaduto, la mattina dopo il fattaccio.
Quel giorno, solo l’amore per la preziosa pozione che stava preparando e che richiedeva l’uso di entrambe le mani aveva dissuaso Piton dallo scagliare finalmente una Maledizione contro Allock.
Le giornate si erano ormai fatte calde: Gilderoy e Sibilla sedevano nel grande Parco di Hogwarts, in riva al Lago, in un atteggiamento talmente languido che avrebbe fatto venire il voltastomaco anche a Cupido in persona.
La Cooman sembrava ringiovanita di dieci anni: vestiti nuovi, capelli ben pettinati, viso disteso, anche se truccato molto pesantemente; al dito della mano sinistra, un anello d’oro bianco ornato da un enorme rubino faceva mostra di sè al posto della solita bigiotteria.
“Hai finalmente deciso la data Silly? Non posso più aspettare” tubò Allock, accarezzando i capelli della donna con sguardo rapito. Non poteva credere che dopo tutto quello che era successo Sibilla avesse comunque accettato la sua proposta.
La professoressa mugolò, voltando la testa per guardare negli occhi il fidanzato.
“Le carte hanno finalmente risposto alle mie domande” disse con un sorriso alquanto ebete. “Dicono che è meglio aspettare la fine dell’anno scolastico”.
“Ma… Mancano settimane!” si lamentò Allock, alzando le sopracciglia in segno di disappunto.
“Oh, Gil, non preoccuparti, che può mai accadere nel frattempo?” rispose lei, osservando con gioia il suo sgargiante anello. Forse quella fu l’unica volta, in tutta la sua vita, che Sibilla Cooman fece un commento ottimista sul Futuro. Ovviamente, si sbagliava.
 
 
“Lasciamo la cosa nelle tue mani, Gilderoy” disse la professoressa MgGranitt. “Stanotte sarà il momento ideale per intervenire. Provvederemo a che nessuno ti intralci. Potrai affrontare il mostro tutto da solo. Carta bianca, finalmente!”
Allock volse attorno a sé uno sguardo disperato, ma nessuno gli venne in aiuto. Delle sue belle sembianze non restava che un’ombra stravolta. Gli tremavano le labbra, e senza il suo solito sorriso tutto denti sembrava smunto e sparuto.
“Mo-molto bene” disse. “Va-vado nel mio studio a… a pre-e-pararmi”.
E uscì dalla stanza.
“Bene” disse la McGranitt con le narici frementi. “E con questo ce lo siamo levato dai piedi”.
Gilderoy camminava a passo svelto nel corridoio lastricato di pietra, bianco come un cencio, la messa in piega pericolosamente traballante per l’agitazione.
Cosa doveva fare? Lui non aveva la benchè minima idea di dove si trovasse la Camera dei Segreti, né tantomeno quale orribile mostro nascondesse.
Arrivato al suo ufficio, vi si chiuse dentro a doppia mandata, lasciandosi poi cadere sulla comoda sedia di pelle imbottita della sua scrivania, le mani tra i capelli: non c’era altra soluzione, doveva andarsene, e di corsa, altrimenti avrebbe perso la faccia, la fama, la sua bella vita… No, era troppo da sopportare.
E Sibilla?
Il nome della donna a cui aveva promesso amore eterno gli cadde addosso pesante come un macigno, mentre inscatolava le foto incorniciate che lo ritraevano sempre sorridente e curato. In quello stesso momento, si rese conto che non aveva nemmeno una foto di lui e Sibilla insieme.
Fu come se una lampadina si riaccendesse nel cervello di Allock, ricordandogli quale fosse il suo vero Io.
Per la miseria, lui era il famoso Gilderoy Allock! L’uomo più amato, invidiato e letto del mondo magico, l’idolo delle casalinghe e delle studentesse! Davvero sarebbe riuscito a privarsi delle avance delle sue lettrici più accanite solo per averla vinta su quel pipistrello di Piton? Era stato talmente preso dalla sfida da smarrire il vero obbiettivo?
Sotto quella luce, Gilderoy vide l’enorme sbaglio che stava per fare, e si rese conto dell’immensa fortuna di avere una scusa valida per fuggire via dal suo impegno.
Corse allo specchio e si sistemò i capelli, stampandosi poi in volto un sorriso smagliante degno dei flash dei paparazzi: Gilderoy Allock era tornato, ma doveva fare un’ultima cosa prima della grande fuga.
Uscì di fretta dal suo ufficio e si diresse a grandi passi verso i Sotterranei, sperando che Piton non fosse già scappato chissà dove per fare le sue inutili ronde anti-mostro.
La fortuna gli sorrise: quandò entrò nell’ufficio del collega (ovviamente senza bussare), Severus era intento a travasare in minuscole boccette una pozione dall’aspetto poco rassicurante.
“Caro collega!” esclamò Allock, facendo finta di non notare l’espressione gelida dell’uomo e lanciandosi in avanti. Una mano fresca di manicure si andò a posare sulla spalla di Piton, che trasalì vistosamente.
“Devo dartene atto, hai combattuto con onore” disse lo scrittore, con cenni d’assenso del capo. “E per un momento ho davvero pensato che saresti riuscito a battermi” aggiunse poi, facendogli l’occhiolino.
Il volto di Severus passò dal suo solito colorito giallognolo ad un acceso arancione, mentre gli occhi erano talmente fissi sull’irritante individuo che qualcuno avrebbe potuto pensare che stesse tentando di fargli il Malocchio.
“Ma come tu ben sai, Sibilla ha acconsentito a sposarmi, nonostante i tuoi loschi stratagemmi” riprese, senza spostare la mano dalla spalla del collega.
“Te lo ripeto per l’ultima volta, Gilderoy, non so di cosa tu stia parlando” sibilò Piton.
“Certo, certo” ridacchiò lui, scuotendo la testa con fare teatrale. “In ogni caso, ho appena ricevuto un gufo molto urgente, e sono costretto a partire”.
La bocca di Piton si increspò in una parvenza di sorriso.
“E il mostro di Serpeverde? La ragazzina?”
“Desolato, Severus, ma c’è un intero villaggio a sud dell’Alaska che sta venendo decimato da un’orrida creatura sconosciuta, capirai, spero, che si tratta di molte vite da salvare. Nessuno è più dispiaciuto di me per quella povera bambina”.
“In questo caso, allora, se vuoi scusarmi, mi stavo preparando per andare a cercare di fare il TUO lavoro” disse Piton, in tono molto poco amichevole.
“Ancora una cosa, se non ti dispiace” continuò lui, incurante del fatto che, evidentemente, a Piton dispiaceva eccome. “E’ una missione molto, molto pericolosa, Severus, e potrei non tornare. Comprenderai, certo, che in questa situazione non posso rischiare di lasciare una vedova, né tantomeno una fidanzata affranta, dunque..” il tono di Allock era adornato di una nota malinconica, come se stesse per rivelare al collega la morte di un suo caro. “Mi vedo costretto a cedertela, Severus. So che ne avrai cura più di quanto possa fare io. Avrei dovuto sapere che il mio rischioso lavoro mi avrebbe portato ad una tale scelta, eppure speravo…” un finto singhiozzo, ed ecco qui, la scusa perfetta: non c’erano né vincitori né vinti.
Riuscì persino a farsi scendere una lacrima, mentre fissava gli occhi sbalorditi (e inorriditi) del collega: quando sembrava non poter andare peggio, Allock tirò a sé Piton, e lo abbracciò brevemente, poi fuggì via alla volta del suo ufficio, soddisfatto che la recita fosse andata a buon fine.
I quadri, che osservarono la disgustosa sceneggiata di quel pomeriggio dalle pareti dello studio sotterraneo del professore di Pozioni, amano ancora spettegolare sull’accaduto: nessuno di loro riesce ancora a spiegarsi quale arcana forza abbia impedito a Piton di uccidere quel povero idiota.
Gilderoy era già nel suo studio, intento a discorrere con Potter e Weasley, quando Severus riprese il controllo di sé stesso e del nervo che incessante pulsava sulla sua fronte e riuscì a muoversi: per dieci minuti buoni, fu indeciso se bruciare o meno i vestiti che aveva indosso.
 
 
“Era il mio fidanzato, capite? Non è che l’avete visto?”
Sibilla era tornata sé stessa: i capelli scarmigliati, completamente ubriaca, stava molestando alcune ragazzine del primo anno appena uscite dalla Sala Grande dopo i festeggiamenti di fine anno. Sventolava incessantemente davanti a loro la mano che ancora portava il grosso anello di fidanzamento, mentre la sinistra reggeva una bottiglia quasi vuota di brandy.
Le ragazzine, tremanti, scossero la testa e scapparono verso i loro Dormitori, voltando la testa di tanto in tanto per controllare di non essere seguite.
“Non può essersi dimenticato di me! Lui mi amava!” gridò loro la Cooman, barcollando pericolosamente vicino ad uno scalino.
Di fronte al portone d’ingresso, Piton e Silente la osservavano: il primo faceva correre lo sguardo tra lei e il Preside, con un’espressione vistosamente irritata, mentre il secondo teneva gli occhi fissi sulla professoressa, senza dar segno di alcuna emozione.
“Io te l’avevo detto, Albus, o sbaglio?”
“Si, Severus, ricordo”
“E tu non hai fatto niente… Ma non ricorda proprio nulla?”
“Non sa nemmeno di essere un Mago, se ne sta occupando il San Mungo, ma dubito che riusciranno a risolvere qualcosa, era un incantesimo potente”
“Che razza di idiota”
“Io non avrei usato queste esatte parole, Severus, ma non posso che concordare. Ti dispiace condurre la professoressa Cooman lontano dai poveri studenti prima che possa terrorizzarli ulteriormente?”
Piton scosse la testa, irritato: percorse a grandi passi la distanza che lo separava dalla donna, e le comparve a fianco prima che lei se ne potesse accorgere.
“Andiamo Sibilla, adesso basta. Vieni, ti accompagno” disse, cercando di mantenere un tono il più possibile gentile, per quanto ne fosse in grado. La afferrò per il braccio, senza ascoltare le sue proteste, e insieme si avviarono verso la Torre.
Dopotutto, pensò Piton per un orribile, vomitevole istante, stava facendo proprio quello che Allock gli aveva chiesto.
 
 




Ed eccoci giunti alla fine!
Beh, direi che era palese che il matrimonio non sarebbe andato in porto... o no?
Mi scuso immensamente per il ritardo nella pubblicazione, ma gli esami mi assalgono da più fronti come orde di Orchetti sotto i cancelli di Mordor (?), ho fatto più in fretta che ho potuto ^_^"
La parte in corsivo nel testo è una citazione dal secondo libro di Harry Potter (anche se so che siete attenti e ve ne siete accorti, am è necessario precisarlo xD)
Che dire, spero che vi sia piaciuta, grazie mille a quanti hanno recensito (25), a chi ha inserito la storia tra le seguite (11) e tra le preferite (5), e scusate se non rispondo alle vostre recensioni, ma rimando, rimadno e poi.. diventa irreparabilmente tardi -.-"

A presto con nuove storie, e grazie a tutti!

Braina
  
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