Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
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Autore: ShioriKitsune    28/01/2013    7 recensioni
«In un certo senso, ed in un modo strano e contorto, lui mi ha salvato. Ed io gli sarò sempre grato per questo».
[SebxCiel]
E' la mia prima fan fiction sul mondo di Anime e Manga, spero che vi piaccia. Questa storia è ambientata dopo l'ultima puntata dell'Anime (il manga è ancora in fase di lettura v.v) e inizia raccontando la paura di Ciel riguardo al distacco del suo maggiordomo. E poi, in un crescendo di suspance, si scoprirà quanto Ciel sia stato infantile nel suo giudizio.
Spero davvero che possa essere di vostro gradimento :)
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Ciel Phantomhive, Sebastian Michaelis, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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«Bocchan, la cena è pronta».
La voce di Sebastian ebbe il potere di svegliarmi da quello strano torpore in cui ero caduto durante le ultime due ore. Ma non parlai né mi mossi, se non per fare un cenno col capo. Lui, in risposta, si chinò e fece per andare via.
«Sebastian!».
Non avevo programmato di bloccarlo, né comprendevo le motivazioni del mio gesto. Sospirai, afflosciandomi su me stesso e appoggiando la fronte sul palmo della mano. «Arrivo subito».
Sebastian annuì, ed io rimasi nuovamente solo.
E con la solitudine tornarono ad affollarmi la mente i pensieri che mi avevano impegnato il pomeriggio.
Sentimenti contrastanti si facevano guerra dentro di me: l’odio per Alois Trancy e per il suo maggiordomo, per Hanna e per tutto ciò che mi aveva costretto in quella situazione. Io, un demone. Sembrava così sbagliato che ancora non riuscivo a credere che fosse reale, che tutto quello fosse successo davvero.
Non sarebbe dovuta andare così, sarei dovuto morire. Sebastian avrebbe pensato alla mia anima, io me ne sarei lavato le mani.
Avevo aspettato così tanto quel momento che adesso, sapere che non sarebbe mai finita, mi lasciava una sensazione amara che faticavo a mandar via. Spesso mi ritrovavo a pensare che lo sbaglio fosse stato all’origine: se avessi permesso che Sebastian uccidesse Ash e la Regina sulla torre Eiffel, a quest’ora tutto sarebbe come era stato programmato.
Ed io non sarei stato qui a farmi corrodere il fegato dai sensi di colpa.
Era strano, no? Che un demone ne provasse. Ma io ero un novellino, e il rifiuto dei sentimenti umani sarebbe arrivato col tempo. Effettivamente, questa situazione non cambiava nulla: ero sempre lo stesso, mi occupavo sempre delle stesse cose e avrei continuato a farlo per chissà quanto tempo.
Era Sebastian ad essere cambiato.
Dal giorno dopo il nostro ritorno a casa, era diventato una persona completamente diversa da quella che, fino a quel momento, era stata al mio fianco.
Spesso disobbediva ai miei ordini o li ignorava, o magari non si presentava in mattinata e si dimenticava di servirmi i pasti. Inoltre, mi rivolgeva la parola lo stretto necessario e spesso con tono freddo o arrogante.
Beh, era comprensibile. Lo avevo legato a me in modo scorretto: era obbligato a restare al mio fianco senza poterci ricavare nulla alla fine, perché non ci sarebbe mai stata una fine.
Come biasimare il fatto che lui avesse iniziato a provare antipatia, se non odio, nei miei confronti? Era un demone, e sarebbe stato costretto a vivere senza poterlo essere fino in fondo.
Serrai la mascella, mentre l’odio inondava tutto quanto, dentro di me. Quello per me stesso, affiancato alla vergogna, erano al primo posto: perché non riuscivo semplicemente a disinteressarmi di lui, e sfruttarlo come un qualsiasi altro demone, al mio posto, avrebbe fatto?
La vergogna stava invece nel fatto che una grossa parte di me si sentisse tradita da Sebastian. Perché lui aveva promesso che ci sarebbe sempre stato, ma si stava lentamente allontanando.
E ogni volta odiavo la sensazione di vuoto provata realizzando che, un giorno o l’altro, avrebbe trovato una scappatoia e sarebbe andato via, lasciandomi solo.
Solo proprio come prima che lui mi salvasse.
«Al diavolo!», urlai, rovesciando sul pavimento il servizio da te rimasto sulla scrivania.
Ero stufo, stufo di sentirmi in colpa, stufo di aver paura che Sebastian mi abbandonasse. Avrei voluto avere un pulsante, una specie di interruttore per spegnere le emozioni e far finta che tutto andasse bene.
Ma non era possibile, non avrei ottenuto la pace così facilmente.
Ero condannato alla sofferenza.
Sebastian non arrivò per ripulire, né più venne a chiamarmi per la cena. Io, dal canto mio, non avevo nessuna intenzione di andarci, nessuna intenzione di sentire quel suo sguardo accusatore su di me, mentre magari pensava a come uccidermi e ricordava tristemente che non era possibile.
Ero stato uno sciocco a pensare, anche solo per un secondo, che Sebastian avesse iniziato a provare affetto per me. Tutto ciò che aveva fatto era stato soltanto per obbligo, per rispettare un contratto da cui non avrebbe mai più tratto beneficio. E ciò che lo costringeva a continuare a servirmi non era, come inizialmente avevo creduto, attaccamento nei miei confronti. Era solo impossibilitato a rompere l’accordo.
Mi liberai dai vestiti e indossai la camicia da notte. Farlo da solo era complicato, ma recentemente mi ci ero quasi abituato.
Avevo appena spento le candele, quando lo scricchiolio della porta attirò la mia attenzione.
Mi tirai su a sedere, cercando di spiare nell’oscurità. «Sebastian?».
Nessuno rispose, e per un secondo pensai di essermelo immaginato. Poi, una candela solitaria illuminò il viso del mio maggiordomo.
«Bocchan, siete andato a letto senza cena?», domandò in tono formale. Sembrava quasi una domanda, come se stesse semplicemente chiedendo una conferma per i suoi sospetti. Questo significava che doveva essere uscito subito dopo essermi venuto a chiamare, infischiandosene di ciò che avrei fatto io.
«Sì», borbottai, abbassando lo sguardo. «Non avevo fame».
Dalla non-risposta di Sebastian, capii che stava per andare via. «Dove sei stato? Non mi pare di averti dato il permesso di uscire».
«Infatti, non lo avete fatto».
Quella risposta mi spiazzò. Era la prima volta che ammetteva apertamente di aver trasgredito un mio ordine. Inoltre, sembrava ostinato a non dirmi dove fosse stato ed io, per mantenere intatto quel briciolo di orgoglio che mi era rimasto, non glielo avrei chiesto una seconda volta.
Il maggiordomo si schiarì la voce. «È tutto?».
Sospirai, e lui soffiò sulla candela. Ma, per la seconda volta in una giornata, ebbi l’irrefrenabile impulso di bloccarlo, domandandogli qualcosa che soltanto una volta, durante tutto il tempo in cui era stato al mio fianco,  gli avevo chiesto di fare. «Puoi restare?».
Nell’oscurità, lo sentii sorridere in modo maligno. «Oh, bocchan, non è un po’ troppo cresciuto per questo?».
La porta si chiuse dietro di lui e tutto diventò esageratamente buio, ma non durò per molto. Qualche minuto dopo, non abbastanza perché avessi assunto un’espressione quantomeno dignitosa, dei passi fuori dalla soglia attirarono la mia attenzione.
“È Sebastian”, pensai. “È tornato per obbedire al mio ordine”.
 Ma quando la porta si aprì e un tizio completamente vestito di nero mi puntò contro una pistola, capii che forse avevo fatto male i miei calcoli.
«Chiunque tu sia, razza di stolto, non potrai uccidermi con qu-».
Io non ero Sebastian, non possedevo la sua forza né la sua velocità, ed ero ancora sensibile al dolore. E l’ultima cosa che udii, prima che il proiettile mi trapassasse il cervello e mi facesse perdere conoscenza, fu l’ululato di un lupo rivolto alla luna piena.






TO BE CONTINUED:
Lasciate una recensione se volete che la storia prosegua, ne sarei enormemente felice *-*
   
 
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