Storie originali > Soprannaturale
Segui la storia  |       
Autore: Glykeria    28/01/2013    1 recensioni
Un colpo nell’aria.
Non so cosa fosse: uno sparo,uno schianto,un incidente stradale.
Eppure,era troppo acuto per essere qualsiasi cosa citata sopra.
Sapevo,però,che mi avrebbe cambiato la vita.
Genere: Mistero, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yuri
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Passò quanto, una settimana…? Sì, diciamo.

Una settimana intera prima che quella sconosciuta dai capelli come i miei aprì la bocca per parlare.

 

Almeno avevo avuto la conferma che non era ungherese.

Era una domenica mattina, e come nella settimana precedente la pioggia non faceva altro che venire giù come se il diluvio universale stesse per arrivare.

Mi ero riparata sotto una coperta pesante di pile e me ne stavo seduta sul divano, con le gambe strette al petto e tenute saldamente dalle mie braccia che le circondavano.

Il mio mento era posato sulle ginocchia coperte dalla tuta, mentre cercavo di non andarmene nel mondo dei sogni.

Era stata una settimana pesante a scuola, poi dover badare ad una perfetta sconosciuta silenziosa non era il massimo.

Non voleva mangiare quasi nulla se non la carne, non dormiva quasi mai e rimaneva chiusa nella mia stanza, seduta per terra e la schiena appoggiata al muro, lasciando uscire da quelle labbra screpolate una canzoncina che ripeteva sempre alla stessa ora… Ogni tantissimo giorno.

Solo poche volte mi permetteva di entrare nella mia stessa stanza, e la mattina, quando dovevo prepararmi per uscire, stava lì, a fissarmi. Persino quando mi vestivo.

Nemmeno avevo il fegato di cacciarla, di dirle ‘Ehi, almeno quando mi metto l’intimo concedimi della privacy!’.

Non potevo resisterle.

Aveva uno sguardo spento, acromatico. Sembrava un burattino dalle labbra increspate in una smorfia mogia.

Quindi restava lì, sempre seduta per terra, ad osservarmi mentre sceglievo che felpa indossare.

 

 

Quel giorno in cui mi degnò per la prima volta di una frase formulata e non di qualche mugolio insensato la pioggia colpiva la finestra con una tale insistenza e precisione da non sembrare nemmeno il frutto della natura che evidentemente ce l’aveva con me.

Sarà che ogni volta che c’era la pioggia io mi intristivo, mi chiudevo in casa… Oppure mi succedevano cose brutte.

 

Beh, quella domenica fu un’eccezione.

Sentire la voce di una persona con cui ormai ‘convivi’ da una settimana o poco meno per la prima volta dopo un incessante periodo di monotono silenzio è davvero un fulmine a ciel sereno.

Anche se fu un fulmine positivo.

 

Fissavo lo schermo della tv con un’apatia da far invidia ad un ciocco di legno.

Ormai l’unico rumore presente in zona era il ticchettio fin troppo violento contro tutti i vetri della porta, accompagnato però da qualche mio sospiro annoiato.

Poi, ecco qualche rumore.

Un passo, due passi, un colpo di tosse.

Qualche altra dozzina di passi ed ecco che la ‘sconosciuta’ era accanto al divano dove ero comodamente appollaiata.

Sorpresa la osservo, e lei osserva me.

Uno scambio di sguardi che dura fin troppo, per i miei gusti.

Scosto lo sguardo insieme ad una ciocca di capelli che al contrario di quello sbuffo a vuoto finisce dietro all’orecchio, anche se invano: ecco che ritorna come prima, sempre ad impicciare.

 

 

« Haj. »

 

 

 

Aggrotto le sopracciglia. Che lingua era?

 

 

 

« Che hai detto? »

 

 

 

Okay, ora era lei quella che mi guardava male.

Ma era lei quella che parlava una lingua sconosciuta!

Continuiamo a guardarci con fare torvo per una dozzina di secondi, fino a quando non mi scosto un po’ per farle spazio sul divano.

Non le parlo, tanto è inutile: nemmeno mi comprende.

 

Anche con l’assenza di linguaggio ci mette un po’ a capire, ed eccola che si siede fin troppo vicino a me.

Mai avuti così tanti contatti umani in un giorno.

Le passo un lembo della coperta che subito rifiuta: era da 7 giorni che ormai girava per casa in canotta.

Ma che temperatura corporea aveva?!

 

Tossicchia di nuovo mentre passa le unghie contro la propria pelle diafana (fin troppo diafana!) per grattarsi.

 

 

 

« Adél. »

 

 

Wow, almeno il mio nome lo sapeva.

Annuisco un po’, lasciando andare un mugolio che conferma quella sua unica parola.

 

 

« Dao mu nom? »

 

 

La guardo male, non comprendendo quelle uniche tre parole.

Continuo a fissarla, senza comprenderla.

Ci rimane un po’ male: evidentemente pensava d’esser ben compresa.

 

 

Passa così tutto il pomeriggio, nel tentativo di farsi comprendere.

Quanto parlò, madre, quanto parlò!

Tutte le parole che non disse per una settimana intera le sputò senza timore nel giro di tre ore.

Ovviamente in quel suo linguaggio incomprensibile che non capirò mai.


---


E con enorme ritardo ecco il secondo capitolo, che per giunta è pure osceno!
Per un attimo mi era balenata l'idea di continuare la storia e avevo tutto scritto in mente.
Poi sono andata a cena, tempo di mangiare un po' di pollo ed ecco che mi scordo tutto.
Quindi questo è il risultato.
Abbiate pietà di me.

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale / Vai alla pagina dell'autore: Glykeria