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Autore: 9Pepe4    30/01/2013    3 recensioni
Aggiornamento rimandato perché sono un disastro ;_;
Harry Osborn è sopravvissuto allo scontro con Venom e Sandman.
Ora che sa la verità, la sua amicizia con Peter e Mary Jane è più forte che mai, e in ospedale il ragazzo conosce Liz Allen, una giovane infermiera che farà del suo meglio per aiutarlo.
Ma nuove nubi si profilano all’orizzonte...
[Attenzione! Presenza di personaggi del fumetto mai apparsi al cinema!]
(Aggiunto capitolo 22: Un piccolo imprevisto)
Genere: Azione, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Harry Osborn, Mary Jane Watson, Peter Parker
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 03 – Visite

Naturalmente, Peter e Mary Jane mantennero la promessa e, non appena iniziò l’orario di visita, si presentarono nella stanza d’ospedale dell’amico.
«Come stai?» domandò subito Mary Jane.
«Benissimo» replicò Harry. Era un’esagerazione fatta e finita: si sentiva più lucido rispetto a quando si era risvegliato dopo l’operazione, certo, ma il petto gli doleva ancora e tutti i suoi muscoli erano indolenziti.
«Di sicuro» ironizzò Peter, alzando gli occhi al cielo.
«Davvero» insistette Harry. Stava già pensando a come fare per salvare la OsCorp: per il momento, non si sentiva in grado di affrontare i pensieri peggiori che si aggiravano per la sua testa. «Non vedo l’ora che mi dimettano».
«Preoccupati di guarire, piuttosto» ribatté l’amico.
Harry gli rivolse un sorrisetto, e lui abbassò lo sguardo.
«A proposito… grazie».
Harry aggrottò la fronte, preso in contropiede. «E per che cosa?»
Peter lo fissò negli occhi con una certa serietà. «Lo sai. Per avermi salvato la vita».
«Ah». Harry cercò di puntellarsi sui gomiti. «Be’, immagino sia quello che si fa per gli amici».
«Non è stato solo questo, tu…»
Peter si interruppe, e dopo un istante Harry udì a sua volta la voce soffocata della presentatrice di un telegiornale. Il paziente della stanza accanto aveva la fortuna di avere una televisione a sua disposizione, e la ascoltava ad un volume esagerato.
In quel momento, stavano dando la notizia di una rapina in corso.
«Perfetto» sospirò Peter, «devo scappare».
«Sta’ attento!» gli raccomandò Mary Jane, mentre lui si dirigeva verso la porta.
Il giovane si girò un istante per sorridere e tranquillizzarla. «Sicuro».
Nel giro di cinque secondi, era già scomparso al di là della soglia.
Riportando gli occhi su Mary Jane, Harry si rese conto che l’ultima volta che era rimasto solo con lei… okay, era moribondo… ma quella prima l’aveva baciata.
Si schiarì la gola, cercando di liberarsi del ricordo delle sue labbra morbide. Aveva già causato abbastanza guai. «Tra voi due» esordì, spinto dal senso di colpa, «è tutto a posto, vero?»
Mary Jane lo guardò.
«So di aver fatto un bel danno» aggiunse Harry, a disagio, «ma…»
Lei scrollò la testa, sorridendo. «Tranquillo, Harry. Peter mi ha spiegato cos’è successo tra voi, e per quanto riguarda lui e me… stiamo risolvendo».
Harry azzardò un sorriso. «Meno male» mormorò.
La osservò, chiedendosi quando Peter le avesse spiegato ogni cosa. Quella notte, mentre lui era sotto i ferri? O quella mattina, prima che venissero a trovarlo?
Si schiarì di nuovo la gola. «E riguardo quello che ti ha detto Peter…» iniziò.
«Non importa cos’abbia fatto tuo padre, Harry» replicò la ragazza. «Noi siamo sempre amici».
Il giovane sbatté le palpebre. Avrebbe voluto riprovare a chiederle scusa per averla usata contro Peter, ma era completamente esausto. Faticava persino a dare un ordine alle proprie idee. Da dove doveva cominciare?
Dal canto suo, Mary Jane si guardò attorno. Nella stanza c’era una sedia; lei la prese e l’avvicinò al letto, accomodandosi con la giacca in grembo.
«Davvero stai bene?» indagò, prevenendo qualsiasi scusa.
«Forse “meglio” sarebbe più azzeccato» ammise Harry.
«Liz è brava?» chiese Mary Jane.
Il giovane trovò un po’ strano parlare della ragazza bionda. «Mi sembra di sì» rispose, aggrottando la fronte. «Eravate amiche?»
«Sì» sorrise Mary Jane. «Però dopo le medie lei è andata in un istituto privato, e ci siamo perse di vista».
Un istituto privato… Già, Liz aveva detto che suo padre era ricco…
«Quindi tu non sai perché abbia deciso di fare l’infermiera» dedusse Harry, ricordando di colpo l’espressione della ragazza di fronte alla domanda sul suo mestiere.
Mary Jane corrugò la fronte. «No… Perché, deve esserci un motivo particolare?»
Harry si strinse nelle spalle – movimento che gli causò una fitta al bassoventre. «No, certo, era così per chiedere».
La ragazza sorrise e guardò il proprio orologio con una smorfia. «Scusami, Harry, ma il jazz club mi aspetta».
Rialzandosi, gli strinse il polso in un gesto rapido ma affettuoso.
«Rimettiti, va bene?»
Harry fece cenno di sì, e lei – era davvero bella – gli rivolse un altro sorriso, prima di uscire dalla stanza a passo leggero.
Rimasto solo, Harry gettò uno sguardo al soffitto.
Dopo qualche istante di silenzio – il paziente della stanza accanto aveva spento la televisione, o forse aveva abbassato il volume dopo essere stato rimproverato da qualcuno –, capì che l’essere sopravvissuto non voleva dire soltanto una seconda opportunità, ma aveva anche i suoi risvolti negativi.
Adesso, lui conosceva la verità su suo padre.
Forse Peter non gli aveva detto molto, ma Harry aveva visto i notiziari e aveva letto i giornali. Sapeva cosa aveva fatto Goblin.
Nella sua smania di vendetta, aveva ignorato tutti quei delitti… Ma ora iniziavano a tornargli in mente con una precisione spaventosa.
Se fosse morto, le ultime parole di Peter – Non dovevo farti del male… Dicendoti quelle cose – gli sarebbero bastate.
Harry ricordava bene come si era sentito prima di perdere i sensi.
Ricordava il dolore, la paura, ma le lacrime che avevano versato erano state anche di sollievo.
Perché non solo aveva salvato Peter, ritrovando il suo migliore amico, ma anche perché l’altro era riuscito a cancellare dalla sua mente quel: No, lui ti disprezzava. Tu lo mettevi in imbarazzo.
E in quel momento, gli era stato sufficiente sapere che suo padre gli aveva voluto bene.
Ma adesso… Sapendo che suo padre era diventato un assassino, sapendo che aveva cercato di uccidere Peter… Come poteva perdonarlo davvero?
Harry serrò le labbra, perché d’altra parte odiare Norman gli causava un dolore intollerabile. Così come gli facevano male i dubbi che stavano emergendo dalla sua mente: era davvero certo che suo padre lo avesse amato?
E perché doveva importargli di una persona tanto orribile?
«Harry?»
Quella voce querula lo distolse dai propri pensieri, spingendolo a guardare verso la porta.
Le sue labbra si schiusero, e il ragazzo cercò d’istinto di sollevarsi. «Bernard…»

Qualche momento più tardi, passando davanti alla stanza di Harry Osborn, Liz vi guardò dentro di sfuggita… E si fermò.
Seduto accanto al letto del giovane c’era un uomo piuttosto anziano. Gli teneva una mano rugosa sul braccio, e Harry lo guardava dritto in faccia.
Anche a quella distanza, Liz riusciva a vedere che gli occhi del ragazzo erano lucidi, le sue labbra serrate.
Aveva l’espressione di chi ha un enorme groppo in gola, e Liz distolse lo sguardo con discrezione, improvvisamente turbata.
Sbatté le palpebre, si passò automaticamente una mano tra i capelli. Dopodiché, senza sapere bene cosa pensare, riprese a camminare.
Distratta, si diresse all’accettazione, dove un’altra infermiera la aspettava perché lei le desse il cambio.
Circa mezz’ora dopo, mentre stava facendo firmare dei moduli per la dimissione di una ragazzina, vide passare l’uomo che aveva visto nella stanza di Harry.
Lo seguì con lo sguardo, almeno sinché la voce dell’uomo che aveva davanti non la riportò alla realtà: «Scusi, signorina, devo firmare da qualche altra parte?»
Liz abbassò gli occhi, puntando il dito sull’angolo del foglio. «Solo qui, poi ha finito» rispose, accennando un sorriso incoraggiante.
«E potrò portare mia figlia a casa» concluse in un brontolio il suo interlocutore.
«Già» confermò Liz, senza abbandonare la propria espressione cortese.
Di lì a poco, tornò la sua collega, e la ragazza poté andare a controllare la fasciatura di Harry Osborn.
«È tutto a posto» asserì, accennando un sorriso.
Quando aveva letto la cartella clinica del giovane per controllare che non fosse allergico ad alcun farmaco, aveva visto che lui era stato ricoverato già due volte, in quel periodo: la prima in seguito a un incidente stradale, la seconda dopo quello casalingo che l’aveva sfigurato.
“Dev’essere davvero un brutto momento, per lui” le venne da pensare, con una fitta di pietà, e fu assalita dal desiderio di riuscire ad aiutarlo, in qualche modo.
«Grazie» disse Harry Osborn, inconsapevole di quello che le passava per la testa.
Liz si riscosse dai propri pensieri e scrollò le spalle. «È il mio lavoro». Tacque un attimo, pensosa, poi azzardò: «Ho visto che hai avuto visite. Quell’uomo era tuo padre?»
Harry sembrò sorpreso. Per un attimo, si rabbuiò e distolse lo sguardo, ma poi riportò gli occhi sulla ragazza. «No… Era il mio maggiordomo, Bernard. Mio padre è morto».
Liz ammutolì. «Mi dispiace» si scusò. E poi si diede della stupida: il ragazzo aveva affermato che la direzione della OsCorp era un’eredità paterna… Più chiaro di così! «E praticamente me l’hai anche già detto… Sono un’idiota».
«Macché» replicò Harry, «non fa niente. Ormai è passato tanto tempo…»
Liz sorrise con aria imbarazzata, e il ragazzo notò solo in quel momento che lei aveva gli occhi azzurri.
Di colpo, capì di non volere che la ragazza se ne andasse.
Quasi non la conosceva, ma nel suo stato debilitato, il suo animo anelava disperatamente a un po’ di sicurezza. E anche se lui non se ne rendeva conto, nel momento in cui aveva visto che Liz era competente e in grado di occuparsi di lui, in un certo senso gli era venuto istintivo affidarsi alla ragazza.
La visita di Bernard l’aveva un po’ rincuorato, ma non aveva cancellato del tutto la sua inquietudine.
Ora come ora, Harry temeva il momento in cui sarebbe stato solo, ed era una paura che superava persino il disagio di avere gli occhi di una quasi sconosciuta puntati sul viso.
«Allora» esordì, in tutta fretta, dicendo la prima cosa che gli venne in mente, «hai detto che alle medie rendevi la vita di Peter un inferno…»
Liz lo guardò, stupita. «Be’, sì. E non è che ci sia molto da aggiungere: non ero per niente gentile, e figuriamoci se trovavo pazienza per lui. Era così goffo! Adesso è cambiato molto, vero?»
“Non immagini quanto” pensò Harry, ma si limitò a rispondere: «Direi».
La ragazza lo guardò con un lieve sorriso. Un sorriso che al giovane parve quasi comprensivo.
«Tu invece eri al liceo con loro, giusto?»
Harry annuì. «Gli ultimi anni. Prima mio padre aveva cercato di farmi frequentare alcuni istituti privati».
Al pensiero di suo padre, provò la sensazione di essere sul punto di soffocare.
Fortunatamente, la voce di Liz lo distrasse. «E come mai, se posso chiedere, sei poi passato alla scuola pubblica?»
Harry sentì un’ondata di gratitudine nei suoi confronti. «Perché non c’è stato un istituto privato dal quale non mi abbiano cacciato».
Liz rise brevemente. Era in servizio da un’eternità, ma improvvisamente si sentì rilassata, quasi spensierata. Da quanto tempo non scambiava quattro chiacchiere con un suo coetaneo? Per di più, Harry aveva avuto qualche esperienza simile alle sue…
«Oh, mi sarei dovuta far cacciare anch’io» sospirò la ragazza, quasi con rimpianto.
Harry corrugò la fronte. «Non eri brava?»
«No, no, la ero abbastanza» replicò lei. «È solo che, lo sai, l’ambiente dell’istituto privato in cui sono stata non era il massimo… Avevano tutti una gran puzza sotto il naso, me compresa! Forse, se fossi stata a una scuola pubblica, sarei uscita dal mio bozzolo un po’ prima».
Rendendosi conto di aver iniziato a concentrare il dialogo su di sé, si affrettò a rivolgere un’altra domanda a Harry: «Mi sbaglio, o al Midtown c’era anche Flash Thompson?»
Il giovane la guardò. «Lo conosci?»
Lei annuì. «Eccome! Alle medie mi ero fidanzata con lui… Sempre che di fidanzamento si possa parlare a quell’età…»
Harry ne fu molto sorpreso. Liz gli sembrava una ragazza gentile, non il tipo che si metteva insieme ad un simile energumeno… D’altro canto, Mary Jane era splendida, e anche lei era stata la ragazza di Flash Thompson. Senza contare che Liz aveva detto chiaramente che ai tempi delle medie era molto diversa…
La ragazza notò la sua espressione. «Non ti stava simpatico, vero?»
«Non tanto» rispose Harry, senza sbilanciarsi.
Flash Thompson era stato il vero tormento suo e di Peter, al liceo… Però, dopo tutto quello che gli era successo in seguito, dopo tutti i mostri che aveva visto – anche dentro se stesso –, quel ragazzo gli sembrava un agnellino.
«Posso capire» mormorò Liz, laconica.
Harry la guardò, senza dirle quanto trovava strano chiacchierare di quelle banalità. «All’ultimo anno di liceo si è fidanzato con MJ».
«In effetti gli è sempre piaciuta» commentò la ragazza, in tono neutro. «Spero tanto che sia stata lei a mollarlo».
«È stata lei» confermò Harry, lasciandosi scappare un sorriso.
Non era abituato ad ascoltarle dei pettegolezzi, tantomeno a riferirli, ma quella conversazione lo divertiva.
O forse era solo che preferiva concentrarsi su quelle cose, piuttosto che sui pensieri che si aggiravano per la sua testa.
Fosse come fosse, in quel momento si sentiva genuinamente grato del fatto che Liz fosse lì.


















Spazio dell’Autrice:
Amate Bernard, è un ordine
Okay, scusatemi, ma sembra che io abbia un debole per i maggiordomi XD Vogliamo parlare della mia venerazione per Alfred in Batman? O per Watari in Death Note?
Comunque sia, grazie mille a chi ha recensito, a TheRainbowSideOfComics che ha aggiunto la storia alle preferite, e ad Angyp, Enide e ErinThe che l’hanno messa tra le seguite. Grazie anche a chi ha letto e basta, naturalmente.

A proposito di questo capitolo… Al liceo, nei fumetti, è Liz la ragazza di Flash Thompson (anche se non sembra una cosa molto seria: se non ricordo male, in un numero c’è questo scambio di battute tra Flash e Peter: “Liz è la mia ragazza”, “Davvero? Peccato che lei non la pensi così”, o qualcosa del genere).

Ah, una curiosità riguardo la data di oggi: è l’anniversario del matrimonio di Ottaviano con Livia… Mentre il 16 gennaio, ossia la data in cui ho pubblicato il primo capitolo, era l’anniversario del giorno in cui a Ottaviano è stato conferito il titolo di Augusto.
Ma in effetti non c’entra un cavolo, e probabilmente non interessa a nessuno, quindi…

Per il prossimo aggiornamento, vi do appuntamento al 6 di febbraio :D
  
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