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Autore: Mamey    22/08/2007    1 recensioni
Dudley Dursley aveva occhi da lupo e come i lupi era abituato a risolvere i suoi problemi utilizzando i pugni e la forza bruta. Ma Dudley Dursley non era un lupo: era un semplice essere umano e come tutti gli uomini a volte si scontrava contro qualcosa ben più potente di qualsiasi pugno e crollava a terra, senza essere in grado di rialzarsi da solo. Fino a quel giorno non era capitato che quelle poche volte in cui era incappato in qualche diavoleria prodotta da quello sciagurato di suo cugino Harry e dalla sua cricchia di strambi seguaci del Sostantivo-che-non-doveva-essere-detto-senza-fare-gli-scongiuri-del-caso, alias la Magia. Neanche quella volta fece eccezione.
Genere: Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dudley Dursley, Harry Potter, Petunia Dursley, Vernon Dursley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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02:05 - famiglia -

Ho bisogno di una sigaretta.

Questo pensiero assillante martellava nella testa di Big D da parecchi minuti. Per la precisione da quando, arrivato davanti alla casa bianca in una piccola traversa di Magnolia Road, posta nella strada che era il continuo di Magnolia Crescent, era entrato con foga, rischiando di scardinare la porta, per trovarsi davanti un esterrefatto Gordon in pigiama e con una tazza di latte in mano, in procinto di farsi uno spuntino di mezzanottata.

Mentre percorreva in corsa la fine di Magnolia Road, in un brevissimo momento di lucidità, non più di qualche millesimo di secondo, la mente di Big D si era messa in funzione: metà del suo organo celebrale era concentrato nel dare ordini al corpo - la velocità a cui le gambe dovevano correre, la forza che il braccio doveva impiegare per trascinare il lento peso della Farchet, la moderata pressione delle sue dita sul polso della ragazza, per evitare di spezzarglielo - l'altro emisfero celebrale si era attivato ricomponendo i ricordi delle ultime ore, tentando di individuare un nascondiglio sicuro. Fu una fortuna che Gordon, quella stessa sera, si era vantato di avere casa completamente libera, perché i suoi genitori erano in vacanza. La decisione era stata simultanea e, tempo altri millesimi di secondo per spostare le informazioni da un emisfero all'altro, le gambe di Dudley scartarono a sinistra, nell'ennesima stradina collegata a Magnolia Road, e poi di nuovo a sinistra, giù per la lunga strada parallela, fino alla traversa in cui abitava Gordon.

Finalmente poteva riposare le gambe, stanche per la lunga corsa, seduto sulla poltrona blu notte della camera del compagno di risse, abbinata al piccolo letto e ai mobili che riempivano il locale. Di fronte a lui, la Farchet si massaggiava i polsi indolenziti, strusciando nervosamente la punta di una delle scarpette sul tappeto.

"Bene Capo." Gordon era appoggiato allo stipite della porta "se quella" ed indicò con un cenno del mento la ragazzina "rompe le scatole, nell'armadio lì in fondo c'è il mio bastone. Usalo pure." Dudley non rispose, limitandosi a guardare la mora che continuava a riempire il tappeto di polvere argentata. Il bastone di Smeltings, parte della divisa usata per rinforzare il carattere degli studenti, era una cosa strettamente personale. Nessuno avrebbe mai prestato il proprio ad un altra persona. I componenti della banda di Big D, invece, mettevano a disposizione del loro capo i loro bastoni, in segno di rispetto e sottomissione. Oppure di paura, opzione che a Dudley sembrava più probabile. Spostò lo sguardo dalle scarpe della Farchet al viso di Gordon e al suo naso storto, risultato di una rissa clamorosa contro i ragazzi più grandi. "Ho fame." Il viso di Gordon si illuminò di comprensione: ecco il motivo per cui il suo Capo, sempre così ciarliero e divertente, era improvvisamente taciturno. "Mettiti comodo mentre vado a preparare qualche cosa da mangiare." "Gordon..." la voce ruvida di Big D bloccò i movimenti del ragazzo, già voltato verso il corridoio e pronto a scendere in cucina. "Si, Big D?" "Solo i poppanti bevono il latte, per farsi uno spuntino di mezzanotte. Preparami qualcosa di decente.". Il ragazzo arrossì, annuendo quasi a fatica, incamminandosi verso le scale che portavano al piano inferiore, e quindi alla cucina. Quando fu sicuro di essere lontano dalla vista accelerò il passo, scendendo i gradini a due a due.

Nella camera, Big D sorrideva alla porta aperta e vuota. Poi si voltò verso la ragazza, che aveva smesso di tormentare il tappeto, ma che accarezzava ancora i lividi rossi sui polsi. "Sei un animale Dursley. Mi hai quasi spezzato un polso. Questo è sequestro di persona, sai?E sei pure un ricercato, quel poliziotto ti voleva sicuramente arrestare. Ti sei messo nei guai questa volta, in guai grossi!" sorrise vittoriosa lei. "Sarà," sibilò Dudley, sostenendo il suo sguardo "ma resta il fatto che tu sei qui, mentre il poliziotto ha perso le nostre tracce.". Il sorriso della mora diminuì di qualche centimetro.

"Dammi una sigaretta, Farchet." sbottò Big D, all'improvviso.

"Non fumo Dursley, fa male alla salute."

"Non mi interessa la storia della tua vita, ragazzina. Ho bisogno di una sigaretta."

"Potevi prenderle prima di uscire da casa"

Dovevo procurarmele prima che mio padre si accartocciasse contro il muro o dopo che mia madre ci ha lasciato le penne per dissanguamento? si chiese mentalmente Big D, maledicendo l'ottusità della ragazza.

"Vammele a comprare, allora."

La Farchet si diresse a grandi passi verso un armadio in legno scuro, poco distante dal letto, e ne estrasse il Bastone in dotazione alla divisa di Smeltings. Voltandosi di scatto sbottò: "Hai due possibilità Dursley: o la pianti di sbraitare inutilmente, o ti pianto questo bastone sulla testa."

Dursley non sembrò per niente impressionato. "Tu ne hai solo una, Farchet: andare a comprarmi le sigarette."

La ragazza sollevò il bastone con movimenti sicuri, tenendolo sopra la testa. "Ti dò un'ultima chance, Dursley,"

"Io invece ho esaurito la pazienza." il ragazzo robusto si alzò dalla poltrona imbottita su cui era seduto ed avanzò con passo fermo verso la mora che indietreggiò cercando di mantenere la presa ben salda sul legno. "Non credere che mi faccia scrupoli a picchiarti solo perché sei una ragazza." sibilò fermandosi a poca distanza da lei. "Usare i pugni è l'unico modo che conosci per risolvere i problemi, Dursley?" ma nel dirlo indietreggiò ancora un poco, finendo con le spalle contro l'armadio.

In trappola.

"No, non è l'unico. Ma sicuramente è il più efficace. Muoviti." e per dare forza al suo ordine appoggiò l'enorme pugno contro il mobile, a lato della testa della ragazza.

Digrignando tra i denti parole incomprensibili, ma certamente non lusinghiere, la mora sgusciò sotto le braccia tozze di Big D lasciando cadere a terra il bastone ed uscì dalla camera, sbattendosi la porta alle spalle. Quando il ragazzo sentì chiudersi con un tonfo sordo anche la porta d'entrata, si lasciò scivolare sul pavimento.

Big D rivide mentalmente suo padre accasciato contro il muro e sua madre che gemeva rumorosamente a ritmo coi fiotti di sangue che le uscivano dal fianco. Visualizzò il pacchetto di sigarette, rimasto nella tasca del giubbotto, all'entrata. Poi cercò in quella distorta visione il momento più adatto per afferrarlo. Infine rise, constatando gli allucinanti effetti che poteva provocare l'astinenza da fumo in situazioni devastanti come quella in cui si trovava.

"Non avrai iniziato a fumare, Didino, vero?" Petunia Dursley sorrise all'indirizzo del figlio, sventolando un consunto pacchetto di sigarette mezzo vuoto. "Ho trovato questo nella tasca del tuo giubbotto... non sono tue vero Duddy?" Dudley mostrò la sua doppia fila di denti candidi, aprendosi in un sorriso falso quanto efficace. "No, mamma. Quelle sono di Piers. Le tengo io perché se sua madre le scopre..." fece un gesto noncurante con la mano, come se il resto fosse ovvio. "Certo caro, come sei gentile con i tuoi amici! Devi volere molto bene a Piers, per fare una cosa simile." Dudley scoprì maggiormente la doppia fila candida di denti, i cui canini scintillarono pericolosamente -come quelli di un lupo, avrebbe detto chiunque; come quelli di un bambino in salute, sosteneva Mrs Dursley- ed annuì, mentre nell'opaco e pericoloso azzurro dei suoi occhi, a cui il sorriso non arrivava più ormai da parecchi anni, si poteva scorgere la lacera e pesta figura di Piers dopo che quello stesso pomeriggio gli aveva requisito il pacchetto di sigarette.

Nuovamente, nell'arco di quella notte che sembrava infinita, Big D riesumò dalle sue stanche membra ricordi passati. Si sorprese di come cose stupide ed insignificanti, almeno fino a poche ore prima, acquistavano calore ed importanza.

Quando aveva a che fare con la magia - e lo pensò sussurrando- il ricordo della quotidianità faceva male.

Realizzò che era ancora a terra, con il pugno appoggiato al mobile, scivolato dietro al peso del suo corpo. Si sollevò sulle gambe ancora doloranti per la lunga corsa e si sedette sul piccolo letto, che scomparve sotto la sua possente mole, chiudendo gli occhi. Solo cinque minuti si disse il tempo che quella rompiscatole torna... cinque minuti. E si addormentò, scivolando in un sonno miracolosamente privo di sogni.

Gordon rientrò nella stanza poco dopo, chiudendosi la porta alle spalle, con un piatto fumante di uova e pancetta. Trovò il suo Capo addormentato, con un braccio che penzolava dal letto. Ragazzi, pensò questa è da raccontare agli altri. "Dove ho messo quella maledetta macchina fotografica?" sussurrò a mezza voce, appoggiando il piatto sulla poltrona. La finestra si spalancò all'improvviso, lasciando entrate la calura estiva; Gordon scosse la testa, avvicinandosi per chiuderla.

La porta alle sue spalle si spalancò con un boato assordante. Il ragazzo fece appena in tempo a voltarsi, incontrando due occhi neri e profondi, prima di cadere a terra, schiantato. Un secondo getto rosso, partito dalla bacchetta della figura che avanzava zoppicando, colpì in pieno Dudley Dursley.

Dal corridoio, una voce si informò dell'accaduto: "Il ragazzo?"

"Schiantato." rispose qualcuno da dentro la stanza.

Harry Potter entrò nella camera, con la bacchetta stretta in mano ed un braccio legato al collo, a penzolare tristemente nel vuoto. Rotto. "Mio cugino?" la sua voce si ridusse ad un sussurro.

"Schiantato pure lui, per sicurezza." Kingsley sollevò il piatto, sedendosi sulla poltrona. "Uova e pancetta. Harry ne vuoi un poco?"

Alastor Moody lo raggiunse, strappandogli il piatto di mano e assaggiando un pezzo minuscolo di bacon ed uno altrettanto piccolo di uova. Masticò bene bene e poi mise nuovamente il piatto nelle mani dell'uomo di colore. "Non solo avvelenate" affermò con sicurezza "puoi mangiarle ragazzo!" Kingsley sbuffò, trattenendo un commento stizzito, mentre il giovane si limitò ad un cenno di diniego della testa, continuando a fissare il cugino.

L'auror più anziano scavalcò il giovane schiantato e steso a terra, avvicinandosi al letto. Tastò il polso del biondo corpulento e guardò Harry. "Polso regolare. Sta meglio di me e te, ragazzo." "Gli hanno appena ucciso la famiglia, Alastor. Come credi possa stare?" Kingsley alzò il volto sopra il piatto, ormai quasi vuoto, scoccando un occhiata di rimprovero all'altro auror.

"Esatto. Tutta la famiglia. Uccisi dai Mangiamorte. Rimane solo lui. Lo lascerai andare, ragazzo?" l'uomo era ancora voltato verso il biondo, ma Harry sapeva benissimo che l'occhio di vetro era rivolto verso di lui. "Non c'è altra maniera?" chiese, un groppo che gli stringeva la gola. Lo sguardo del mago di coloro, frattanto, vagava dal giovane al collega, interrogativo.

"Se vuoi salvare almeno lui devi lasciarlo andare, ragazzo." Malocchio Moody sembrava più serio che mai, in quella notte di fine estate, in quella camera da letto babbana in cui Kingsley stringeva un piatto vuoto con gli occhi accesi dalla comprensione, seduto su una poltrona blu notte, e Harry Potter, il ragazzo sopravvissuto, che adesso teneva il viso rivolto al tappeto scuro.

Fu così che li trovò Ginny, entrando nella stanza per annunciare il riuscito schiantesimo della ragazzina al suo rientro nella casa, pochi attimi prima.

"Cosa hai intenzione di fare, ragazzo?" Alastor Moody finalmente si voltò, dando le spalle al letto. Ginny riuscì a vedere il corpo del biondo sdraiato dietro di lui, lo raggiunse con pochi passi, raccogliendo da terra una coperta stropicciata, e coprì l'enorme corpo del ragazzo, scostandogli i capelli impiastricciati dal volto.

Harry si mise la bacchetta in tasca, sospirando, per poi alzare il volto. Il nodo in gola si era ingrandito, strozzando le parole che avrebbe voluto dire; così si limitò ad annuire.

Alastor annuì a sua volta, facendo un cenno all'altro auror: "Procediamo col piano."

La ragazza dai capelli rossi raggiunse il bambino sopravvissuto, scuotendo la testa con tanta forza da far rilucere di amaranto gli scintillii argentei sul tappeto. "Harry…è l’unico parente che ti rimane. Fa parte della tua famiglia!" mosse un passo in avanti, aggrappandosi alla manica del suo maglione di tre taglie più grande "E’ tutto ciò che ti resta."

Harry Potter, il Prescelto, si tolse gli occhiali passandosi una mano sugli occhi. Era stanco, Harry, e demotivato. La ragazza dai capelli rossi strinse con forza il tessuto logoro, mordendosi il labbro prima di sussurrare in modo che lui solo potesse sentirla: "Voi vi volete bene, non puoi lasciarlo andare." Sussultò nel sentire la mano di lui appoggiarsi sulla sua, scostandola con gentile fermezza, tenendo tuttavia gli occhi ben saldi al terreno.

"Non è vero, Ginny." La sua sicurezza la colpì come una stilettata. "Noi non ci vogliamo bene. Abbiamo passato diciassette anni a insultarci, a litigare… a odiarci. Tutto il dolore che ho provato prima di scoprire di essere un mago, tutte le deprimenti estati degli ultimi sei anni…" la ragazza gli afferrò con forza un braccio, costringendolo a distogliere lo sguardo dal pavimento per fissarla negli occhi, incredulo. "Dimmelo guardandomi negli occhi, Harry. Se hai il coraggio di cui ti vanti tanto, dimmelo guardandomi negli occhi, e io ti crederò." Harry Potter, il ragazzo sopravvissuto a immense prove di coraggio, si trovò a vacillare davanti alla minuta Ginny Weasley dai capelli di fiamma e dagli occhi altrettanto brucianti. Strinse i pugni e serrò i denti, nascosti dalle fini e pallide labbra, spostando lo sguardo sulla corpulenta sagoma del cugino, ancora sdraiato sul letto come addormentato. Dudley si mosse impercettibilmente, il respiro appena intuibile dal movimento del suo petto sotto la coperta con cui Ginny, premurosa e materna come sempre, lo aveva coperto.


Se vuoi salvare almeno lui devi lasciarlo andare, ragazzo.


C’era Alastor, vecchio e matto, che non si faceva scrupoli a ricordare verità scomode.

Ma poi c’era Ginny, con i suoi capelli di fiamma ed i suoi occhi profondi, che cercava il buono in ogni cosa.

Riportò lo sguardo sulla rossa e la fisso dritta negli occhi, abbandonando qualsiasi tremore.

"Dursley ed io non ci siamo mai voluti bene, Ginny."

Senza proferire parola, la ragazza voltò le spalle alla stanza ed ai suoi occupanti, allontanandosi con il suo passo leggero.

Solo quando la sua figura sparì oltre lo stipite in legno della porta, Il Prescelto si rivolse agli astanti: "Procedete". Poi anche lui volse le spalle alla camera incamminandosi verso l’uscio della casa Babbana. Spalancò il portone lasciando entrare il caldo vento di fine estate e l’odore della pioggia che iniziava a scurire i marciapiedi. Harry Potter, il Ragazzo Sopravvissuto a cui era destinato il compito di fermare Colui-che-non-deve-essere-nominato, avanzò lungo la piccola traversa senza badare alla luce che fuoriusciva da una finestra del secondo piano, dirigendosi verso Magnolia Crescent, fino a che il suo profilo fu inghiottito dalle ombre della notte.

Nella camera da letto dove il religioso silenzio della notte era interrotto dal borbottare di Alastor Moody, Kingsley appoggiò la bacchetta alle tempie del Babbano chiamato Dudley Dursley, così come gli aveva chiesto Harry Potter.

"Oblivion"

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Ehm...mi sono presa un poco di vacanze... Però il prossimo cap. è già pronto. Sarà l'ultimo, l'epilogo. Credo che aggiornerò entro domenica, al massimo lunedì sera -spero -

Non è che il tono è troppo drammatico? A volte mi capita di scrivere pezzi interi e poi cancellarli, perché mi sembrano soffocanti. Prima o poi riuscirò a scrivere qualche cosa di divertente!

Grazie mille per le bellissime recensioni, mi fa piacere che si possa rivalutare Dudley - povero, è un personaggio così piatto - per inciso, la voce che gli hanno dato nel 5° film è scandalosa, sembra un ritardato! Non che normalmente sia un genio, eh..

al prox cap! *Mamey*

  
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