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Autore: _Calliope_    01/02/2013    4 recensioni
Un gran casino metafisico nel quale, sostanzialmente, Thor e Loki rappresentano le due facce caratteristiche del tipico dualismo presente nell'animo umano, e hanno solo due volte gli stessi nomi.
Inoltre, per qualche motivo, tutto è pieno di dèi.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Loki, Thor
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Teofania
Si rivedono molte altre volte, e sono sempre diversi ma sempre uguali. Spesso si scambiano di posto, io diventa non-io e viceversa; ancora più spesso esistono in molti luoghi contemporaneamente. Sono Seth e Osiride; sono An e Namma. Sono Thor e Loki per ben due volte; sono Perun e Veles, yin e yang. Sono eterni e immanenti; sono nella mente e nel cuore degli uomini, e tuttavia separati da essi.Questo, ovviamente, finché l'Universo non finisce.
Non si trovano più sulla Terra da millenni, ormai; il vecchio Sole è esploso e gli uomini hanno trovato un altro pianeta su cui vivere. Hanno colonizzato gran parte dell'Universo, sono divenuti grandi e magnifici, ma ora è giunto il loro momento. Questo Universo è vecchio e deve essere distrutto.
Gli uomini non si arrendono, ovviamente. Vogliono sopravvivere. Ma ormai sono pochi, e immensamente deboli nella loro onnipotenza, e sanno, anche se non lo accettano, che è giunto il loro tempo. È un po' triste, vero, ma non lo sono forse tutti i cambiamenti? È necessario.
Io e non-io si incontrano per l'ultima volta in modo molto umano. Hanno sembianze umane e vestiti umani e corpi umani (ma occhi umani mai; nei loro occhi si vedono l'ordine del cosmo ed il suo caos primigenio, e non possono nasconderlo). Si sorridono da lontano, come vecchi amici, e si siedono in silenzio alla fine di tutte le cose.
Dopo un po', non-io osserva, quasi tra sé:
"Il mare è l'immagine migliore dell'Universo; guarda come dalla riva sembra innocuo, e come in realtà può essere traditore e più profondo di quanto si possa mai immaginare".
Io ride; è un suo attibuto, quello di essere gioioso e amante della vita.
"Guarda come sembra selvaggio e terribile, e come invece al suo interno si trova un ordine perfetto", dice, e le onde si infrangono sugli scogli. Non-io fa un mezzo sorriso.
Il vento, e il mare, e ali di creature che volano in lontananza. Era così all'inizio, pare giusto che sia così anche alla fine.
(E qualcosa di enorme che sta per succedere.)
"Temo di aver smesso di amarti, per un po'", dice io alla fine. È una cosa che gli rode dentro da millenni.
"Non hai mai smesso", dice non-io, sempre guardando il mare, "è solo che non te ne ricordavi".
Io ci pensa su per un po'. "Già, immagino che sia così". Poi ride di nuovo. "Sei sempre stato tu, quello intelligente".
Non-io si volta a guardarlo, e il suo sorriso si allarga un po'. "Beh, certo", dice, "sono io che li ho fatti evolvere, dopo tutto".
Io non riesce ad ignorare l'angoscia che gli morde il cuore. È angosciato per gli uomini, perché cosa ne sarà di loro, adesso? È angosciato per la sua metà, perché vuole chiedergli scusa, ma non può, perché era necessario che si dimenticasse (e al momento questa è una consolazione veramente minuscola). È angosciato per se stesso. Che ne sarà di me?
Ma non-io lo sa, come al solito. Il suo sorriso è quasi dolce (evento molto raro) mentre gli passa un braccio intorno alle spalle.
"Come tu sei il dio dell'inizio", dice, "io sono il dio della fine. E come tu mi hai guidato nell'inizio, io ti guido nella fine. Non ti dirò di non essere spaventato, perché la fine è sempre spaventosa; ma ti dirò che ne vale la pena, e che, soprattutto, è necessario".
Io fa un respiro profondo.
"La distruzione deve partire da noi, non è così?"
Non-io annuisce, e lo guarda negli occhi.
I confini più lontani dell'Universo cominciano a crollare.
I due dèi non smettono di guardarsi negli occhi finché non è tutto finito. È dal loro sguardo che inizia la distruzione. È sempre da esso che inizia la rinascita.
- o -
Buio. Vuoto. Nulla.
Un Essere che lentamente diviene Autocosciente e poi Cosciente e poi È.
Un dolore indescrivibile, una lacerazione. Qualcosa che si spezza e va perduto. (Qualcosa che non è mai veramente perduto.)
E tutto ricomincia da capo.

























NdA:
Non ho appena studiato Fichte. Noooo. Che andate a pensare.
Comunque. Voilà! Scusate per il ritardo ma STAMATTINA avevo una simulazione di terza prova che mi ha MANGIATO LA VITA per, tipo, una settimana (fucking exams, man. Fucking exams). Vi ringrazio infinitamente se avete avuto la pazienza di arrivare fin qui, regalo un muffin a testa a coloro che mi hanno sopportata fino alla fine e vi invito a dirmi cosa ne pensate di questa... specie di... cosa. Shalom! :D
~ Callie


  
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