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Autore: Seiya Drew Scop    08/02/2013    0 recensioni
L'avvincente storia di un amore nato in rete, ostacolato fin dal suo nascere dall'enorme distanza materiale che separa i due.
Cosa accadrà? Riuscirà davvero un social network a superare le barriere che li separano? Può davvero l'amore vincere su tutto o a volte i sentimenti non bastano?
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note:
Citazione iniziale tratta dalla canzone Era ieri di Gianluca Capozzi
Canzone centrale Niente di Alessandra Amoroso

 



 
11) Questione di orgoglio
 




“La fiducia è di vetro e se frantumarla è facile metterla a posto è impossibile.
Riattacchi i pezzi e sembra che… ma in controluce la verità qualunque crepa vedrà.”
G. C.

 

Georges Bernanos, nel 1927, aveva affermato che l’orgoglio non aveva in sé nulla di proprio. Esso non era altro che il nome dato all’anima che divora se stessa e, il risultato di tale comportamento ne dava vita ad un altro, più ricco di senso rispetto all’orgoglio: l’odio.
Ma cosa ne è di un’anima arrabbiata e ferita il cui unico scopo che le resta è quello di difendere se stessa anche a costo di attaccare e ferire a sua volta? Quando scopri che tutto ciò in cui credevi non esiste, che le persone non sono mai quelle che sembrano, che la menzogna è talmente radicata nell’animo umano che è inconsapevole a se stessa. Quando capisci che dare fiducia è la cosa più coraggiosa ma allo stesso tempo la più stupida che una persona possa fare. La risposta? Forse qualche studioso sta ancora cercando di trovarla.
Richiusi il libro di letteratura francese abbandonandolo sul guanciale del divano di casa Casta. Le nozioni di Bernanos erano decisamente fuori luogo quel giorno. Non avevo bisogno di altre domande a quelle che già mi attraversavano la mente.
Il plaid in pile bianco cadde a terra mentre mi alzavo in modo disordinato dal sofà. Erano quasi le sedici e la bionda non era ancora tornata da lavoro. Mi avvicinai alla finestra scostando la tendina che ne nascondeva i vetri ricoperti di rugiada. La notai arrivare dall’altro lato della strada, attraversando attenta l’ampio incrocio di Via Condotti. Mi allontanai dalla finestra avvicinandomi alla porta di ingresso poco distante per aprirla, mentre lo scarpinare sulle scale annunciava che era vicina.
Mi ero istallata in casa della bionda due sere prima, quando senza avvisare mi ero presentata alla sua porta completamente distrutta. La colpa? Mia ovviamente.
Dario era tornato ormai da settimane. I primi giorni, dopo che avevo risposto al messaggio in cui affermava di amarmi inviandomi con esso la richiesta di amicizia, avevo evitato in ogni modo possibile di avvicinarmi al computer per fuggire alla tentazione di cedere accettando la sua richiesta di amicizia e, l’avevo lasciata li, in sospeso tra le pagine del mio profilo real, per giorni interi. Avevo raccontato a me stessa e alle ragazze, che se lo avessi accettato avrei fatto del male ad entrambi sapendo benissimo che quello che Dario diceva di provare per me non era realmente amore ma solo una condizione di cui lui si era convinto, istigato dal gioco di ruoli che avevamo interpretato per tanto tempo. Accettandolo avrei fatto credere a lui e anche a me stessa che avremmo potuto avere una possibilità insieme. Una possibilità che invece non potevamo avere perché non erano Dario e Sofia  ma Seiya/Kekko e Rea/Emma ad amarsi. Questo era quello che avevo raccontato a me stessa e a loro. Peccato che nessuno ci avesse creduto.
Il sabato sera successivo, dopo una lunga conversazione chat con la bionda nella quale mi incollava tutti i post e i link che Dario aveva pubblicato sul suo profilo, questa mi aveva costretta quasi di peso ad una serata tra ragazze a casa di Serena, una delle amiche che avevamo conosciuto negli ultimi periodi sul gdr. Sorrisi amaramente al ricordo di quella sera notando al centro del tavolo della cucina il note book della bionda con il quale avevo accettato la richiesta di amicizia di Dario.
Era avvenuto tutto in modo talmente incasinato che ancora non ero in grado di dire cosa mi avesse spinto quella sera a cliccare con il mouse sull’icona accetta. La serata tra donne che la bionda mi aveva propinato come scappatoia per non  pensare a Dario si era rivelata in realtà una trappola organizzata per spingermi verso di lui, ed io, come una sciocca ragazzina che non aspettava altro che una scusa per cedere, ero caduta nella rete.
Lo stupore iniziale con il quale mi ero resa conto che oltre alla bionda, anche Serena, Emy e Bianca sapessero della mia vicenda tormentata con Dario era stato presto sostituito dai sensi di colpa che queste erano riuscite a farmi provare per averle tenute all’oscuro di quanto mi stava succedendo. Avevo conosciuto Serena un pomeriggio di qualche mese prima mentre con la bionda battibeccavamo sotto un post di una sconosciuta in una pagina da cui spesso condividevamo qualche link. Uno scontro di pochi post in cui rispondevamo per le rime alla fondatrice della pagina, sotto i nostri interventi era arrivato quello decisivo di Serena. Pochi minuti dopo avevamo già  stretto amicizia, anche se in modo molto superficiale. A volte la sera ci eravamo trovate a ruolare qualche festa, pigiama party o semplicemente piccoli sketch insieme per passare il tempo e, man mano che i rapporti si stringevano questa ci rendeva sempre più partecipe della propria vita facendoci conoscere anche Emy e Bianca, le sue due migliori amiche, anche loro roler player come noi. Avevamo stretto un bel rapporto, quando avevamo scoperto di vivere a pochi chilometri di distanza, era venuto naturale incontrarsi e, anche se in minima parte, trasformare in realtà le piccole scenette di role che spesso avevamo solo immaginato. Si era creata sintonia e intimità, tuttavia non me l’ero sentita di condividere con loro la mia storia con Dario. Non sapevo se avrebbero capito, come mi avrebbero giudicato né cosa avrebbero detto di lui e tanto meno io sentivo il bisogno di parlarne con loro, semplicemente perché era la mia storia e volevo che restasse al sicuro dentro di me. Loro però non la pensavano allo stesso modo e il mio silenzio le aveva fatte sentire escluse. Forse era stato per questo che avevo accettato senza protestare troppo la proposta di Serena di giocare sulla richiesta di amicizia di Dario affidando la scelta al caso. Roulette Russa, aveva proposto tornando nel piccolo salone della sua mansardina con una scatola enorme tra le braccia. Le regole sarebbero state abbastanza semplici. Aveva sistemato tutti in fila ai piedi della roulet alcuni bicchierini da liquore versando in ognuno bevande alcoliche e non, ad ogni bicchierino corrispondeva uno dei numeri che avremmo scelto per rappresentarci. Se il mio numero sarebbe uscito la maggior percentuale di volte, e per ognuna di queste avesse contenuto alcol, avrei perso e di conseguenza accettato Dario.
Mi ero mostrata inizialmente molto reticente, conoscevo abbastanza Serena da sapere che avrebbe cercato di spingermi verso la sconfitta e la sua alleanza con la bionda non sembrava promettere nulla di buono. Le prime manche si erano concluse con l’estrazione di numeri a vuoto, al secondo turno la ruota si era fermata su Emy, al terzo Serena mi aveva passato la pallina invitandomi a lanciarla a dimostrazione del fatto che non volevano imbrogliarmi. La forza che misi in quel lancio fu tale che la pallina rimbalzò all’interno della roulette per poi schizzare fuori violentemente.
“Non è la testa di Dario quella. Non c’è bisogno di metterci tutta questa forza.” Aveva commentato Emy senza preoccuparsi di trattenere le risate, mentre la bionda con fare da maestrina mi ripeteva “Con più calma, Sò.” Avevo rivolto una smorfia risentita ad entrambe per poi ripetere il tiro chiedendo in modo sarcastico alla bionda se riteneva appropriata la forza con la quale l’avevo rilanciata, mentre la pallina in resina bianca tra vari giri e rimbalzi si fermava proprio nella buca numero otto, numero che lei aveva scelto perché le ricordava il simbolo dell’infinito a cui era molto legata.
“Guarda un po’… mi sei venuta fuori proprio tu.” Avevo fatto appena in tempo ad esultare pochi secondi che la sua espressione compiaciuta e contenta nel prendere il bicchierino ai piedi di Serena mi riportò allo stato iniziale.
“Ma che peccato… speriamo almeno non sia acqua.” Aveva blaterato buttandosi tutto d’un fiato il liquido marroncino in gola. L’espressione altezzosa le fu subito sostituita con una disgustata mentre si teneva la gola con la mano.
“Dovevo capirlo dall’odore. Cognac alla pesca, blea.” Il tono reso basso e sensuale, come lo aveva definito Serena, dall’alcol fece sorridere un po’ tutte cancellando almeno in minima parte un po’ della tensione che aleggiava nell’aria.
Il lancio successivo era stato di Emy, quello dopo di Bianca e infine toccò alla bionda che estrasse il numero uno, quello di Serena a cui però toccò, suo malgrado, acqua naturale. Mi resi conto che le cose non stavano andando secondo i piani della bionda e di Serena, quando questa propose ulteriori penalità. Ad ogni lancio di pallina, a prescindere da chi fosse toccata, mi sarebbe stata rivolta una ragione per accettare l’amicizia di Dario, alla quale avrei dovuto controbattere con un valido contro.
Ai giri successivi, il numero tre, quello che avevo scelto a rappresentarmi, venne fuori più volte e quasi sempre la mia penitenza era ad alto tasso alcolico e come se non bastasse, le ragazze erano sempre più pungenti con le loro motivazioni.
“Devi accettarlo perché sembra davvero pentito. Non vedi quanto sta soffrendo per te? In fondo una seconda possibilità se la merita, non negargliela.” Aveva iniziato Emy attaccando subito al mio punto debole. Odiavo sapere che Dario stava soffrendo e questo appariva fin troppo evidente.
“Lui è bravo a sembrare quello che non è, a recitare il ruolo della vittima. Dario è un bravo bugiardo per questo non riesco a credergli neanche quando è sincero.” Avevo risposto stroncando la sua ragione.
“Secondo me non dovresti dare una seconda chance a Dario ma a te stessa. La fiducia è qualcosa che va conquistata lentamente e se la si perde cosi di colpo come ha fatto lui poi si è stufi.” Aveva esordito invece la bionda mandando giù l’ennesimo bicchierino d’alcol. “Non è tornato sotto forma di "Seiya Kou", è tornato sotto forma di Dario. È tornato per restare. Dattela questa seconda chance, anche solo per mandarcelo. Quelle si che sono soddisfazioni.” Diedi per scontato che qualunque cosa avesse ingerito, avesse risposto al suo posto.
“E ripagarlo con la stessa moneta? No, grazie bionda. Per quanto possa essere arrabbiata con lui non gli farei mai una cosa simile.” Non avrei inflitto a Dario le stesse coltellate che lui aveva sferrato a me ogni volta che si eliminava o mi diceva addio.
“Ma non sei curiosa? Mi spiego. Sei donna, sei ferita e ami.” Il turno di Serena era quello che avevo temuto di più. “Perché lo ami, almeno a te stessa non lo negare. Accettala quella sua richiesta. Il bello di fb è che puoi far entrare qualcuno nella tua vita virtuale con un click e con due lo puoi levare. Se con un click si potesse cancellare il dolore dal tuo cuore lo farei, ma non si può. Ti si è stata concessa un'ultima occasione per "vomitargli" addosso tutta la tua frustrazione. Fallo Sofia. Affronta questa tua battaglia una volta e per tutte.” Le sue parole avevano lasciate tutte interdette interrompendo il gioco che ormai era solo un sfondo tra di noi.
“Ne ha avuto per otto mesi di occasioni ed io ho aspettato per otto mesi che lui le cogliesse, ma non lo ha mai fatto. Perché dovrei farlo io adesso?” Le avevo ribattuto imperterrita cercando di non far capire loro quanto le sue parole mi avessero toccato. “Perché devo sempre essere io quella che cede? Quella che prova a capire come si sente? Quella che deve scendere a compromessi e mettere la propria dignità sotto i piedi ogni volta che lui decide che è arrivato il momento di farsi vivo?” Avevo sacrificato tanto per Dario, avevo dato me stessa e, il mio riflesso sbiadito attraverso i vetri delle finestre ne era la dimostrazione. Non avevo niente più da dargli che non avesse già distrutto ripetutamente.
“E’ solo questione di orgoglio, vero? Tu vuoi accettarlo più di qualsiasi altra cosa al mondo ma non vuoi fargli vedere che ancora una volta gli vai incontro, non dopo che gli hai detto che anche tu lo amavi. Sarebbe come dire che lo ami ancora.” Avevo chinato per l’ennesima volta la testa alla constatazione di Emy sentendomi improvvisamente colta nel segno. “Se avessi voluto rifiutarlo lo avresti già fatto, invece è ancora li in sospeso, e sai perché?.” Mi aveva chiesto retoricamente. Avevo evitato di risponderle voltandomi verso il notebook della bionda che per tutto il tempo era rimasto accanto a me, sistemato li dalle ragazze come a ricordarmi che anche Dario era tra noi quella sera.
“Perché non vuoi. Perché stai aspettando una scusa, un alibi per premere quel tasto e farlo rientrare nella tua vita senza che lui pensi che lo hai accettato volontariamente. Questo è orgoglio.”
Mi ero sentita schiaffeggiata dalle sue parole. Ero tornata a fissarla in viso per un solo secondo notando non più uno sguardo comprensivo, ma severo e arrabbiato. Mi ero soffermata poi a guardare le altre intorno a me. La bionda dal lato opposto al mio davanti la roulette, Bianca alla mia sinistra con le braccia strette intorno alle gambe e Serena, in piedi al lato del divano poggiata su un bracciolo. Tutte mi fissavano in modo strano, tutte la pensavano allo stesso modo.
“O lo accetti o rifiuti. E’ arrivato il momento di chiudere i giochi o di aprirne uno nuovo.” Aveva concluso Serena, mentre la bionda sollevava il notebook pizzandomelo sulle gambe. La pagina di facebook aperta dal mio account mostrava in un ampio riquadro azzurro sullo sfondo bianco, la richiesta di amicizia di Dario con le due opzioni. Accetta e Rifiuta.
“Lo devi accettare se credi ci sia ancora una possibilità.” La voce della bionda, per la prima volta seria e pacata nel corso della serata, mi aveva fatto sollevare lo sguardo dalla piccola immagine profilo di lui per un secondo. “Dentro di te cosa vuoi? Lui. Te lo si legge in faccia.”
Avevo portato lentamente la mano sul notebook spostando le dita sul mouse. “Se lo accetto soffriremo ancora di più di quanto non abbiamo già fatto in questi mesi. Non riuscirò ad essere più come prima con lui, non riuscirò più a credergli e a rispondergli senza contrastarlo. Sarà una guerra continua tra di noi e alla fine finiremo con l’odiarci.” E di questo ne ero sicura. Conoscevo sia me che Dario e sapevo che i nostri caratteri opposti ma allo stesso tempo identici avrebbero finito con il collidere prima o poi.
“Accettalo, perché tanto non lo rifiuterai.” Era stata l’ultima esortazione echeggiata nella stanza mentre chiudendo gli occhi cliccavo sull’icona accetta. Quando li avevo riaperti tutte le barriere di privacy che proteggevano il profilo di Dario erano crollate mostrandomi tutti gli stati che la bionda mi aveva linkato, tutti i commenti di alcuni suoi amici che a volte anche in malo modo lo invitavano a reagire e riprendersi. Per ogni post, ogni commento, un pugno nello stomaco mi toglieva il respiro. Le dita continuavano a scivolare sul mouse del notebook scrutando attente tutto quello che aveva vissuto negli ultimi periodi, alzandosi poi di scatto e irrigidendosi quando queste raggiunsero delle foto in cui era stato taggato qualche settimana prima da una ragazza bionda decisamente carina.
Avevo cliccato sull’album trattenendo il fiato. Decine di foto di loro due abbracciati, che scherzavano e si divertivano si susseguivano una dietro l’altra, un senso di gelosia e di rabbia fortissimo mi strinsero alla gola, ma quello che più mi lasciava senza parole era il suo viso in ognuna di quelle foto, l’espressione del suo sguardo, le sue labbra… era ubriaco.
Sapevo di Dario che era incoerente, a tratti infantile e confusionario, avevo avuto modo nel corso dei mesi di scontrarmi contro la sua irrazionalità e il suo autocommiserarsi, ma mai avrei pensato che lui fosse stato anche quello. Dario, il mio Dario, quello che giocava al ragazzo dolce e pasticcione su una bacheca fake, che mi aveva conquistata con i suoi modi impertinenti, allegri e intriganti, non poteva essere quello che mostravano le foto sul suo profilo. Uno che ogni sera andava a sbronzarsi per locali buttandosi addosso alla prima che gli faceva capire che ci stava. Dario non poteva essere quel tipo di ragazzo. Io non potevo essermi innamorata di uno così.
“Era questo che non volevi dirmi oggi, vero?” Chiesi alla Bionda continuando a far scorrere foto viste e riviste senza mai fermarmi sperando di cogliere tra queste particolari che mi facessero capire che stavo fraintendendo. Avvertivo gli occhi di tutte su di me. Un istante dopo, avevo cliccato sulla piccola crocetta in cima alla pagina per poi spegnere il notebook, non prima di aver scritto uno stato in cui lasciavo chiaramente ad intendere che quella notte non ero a casa mia e anch’io come lui non passavo le notti a piangermi addosso.
Il mattino successivo una lunga serie di commenti con la Bionda era stata interrotta proprio dal suo arrivo. La sua arroganza nel dirmi che mi stavo vendicando di lui comportandomi come una poco di buono, o almeno quello era il senso che gli avevo dato io, era per me insopportabile. Non da uno che di giorno piangeva la mia mancanza su una bacheca e di notte andava a sbronzarsi con altre donne con la scusa di voler dimenticare. Una lunga serie di litigi in cui ci accusavamo di qualsiasi cosa ci passasse per la testa si seguirono uno dietro l’altro per tutti i giorni a seguire coinvolgendo in alcuni di questi anche i nostri amici che si schieravano dalla parte di uno o dell’altro.
Quella situazione era diventata insostenibile. Non riuscivamo a stare senza scriverci, ma non riuscivamo a scriverci senza litigare.
Ero in camera mia, seduta sul davanzale della mia finestra mentre la pioggia batteva sui balconi prepotente quando uno degli scontri più crudi che avessimo avuto si concludeva con un suo messaggio lunghissimo sulla mia bacheca in cui mi chiedeva con il cuore in mano di smettere di farci la guerra e dirgli se per lui, per noi, c’era ancora una possibilità.
Avevo riletto quel messaggio più volte cercando all’interno appigli per scrivergli una risposta che il mattino dopo avesse permesso di potermi guardare nello specchio con un po’ di disprezzo in meno. L’avevo scritta tentennante varie volte per poi cancellarla poco prima di inoltrarla. Dal mio ipod, quello che solitamente mi teneva compagnia ogni volta che ero al computer, Alessandra Amoroso aveva cominciato a cantare Niente.
 

Tu hai dato più sole alla mia vita
tu l’hai spento lasciando una ferita
tu, tu eri indispensabile per me

 
Le prime parole del mio messaggio di risposta iniziarono a riempire da sole veloci la piccola finestra sotto il suo post. Non sapevo cosa stavo scrivendo, forse non era né testa né cuore a scrivere in quel momento. Ero una me che aveva scelto di non ascoltare né l’uno, né latro. Una me che non conoscevo e della quale ero stranamente spaventata.
 

Niente
io da te oramai non voglio niente
il tuo amore uccide e poi si pente
ma perdono non cercare qui
Niente
anche se ritorni nella mente
nel mio cuore non rimane niente

 
Sospirai con tutta la forza che avevo mentre ascoltando la strofa che maggiormente mi toccava e nella quale rivedevo noi due, tentavo di ricacciare indietro quell’unica lacrima solitaria, l’ultima che mi concedevo di versare per lui. Le ultime parole del mio messaggio avevano occupato tutto lo spazio disponibile nella finestra. Il cursore lampeggiava ad intermittenza accanto all’ultima lettera. Posi un punto e senza rileggere inviai.
 
Non ti credo. Smettila di fare la vittima perché non lo sei. Sei un bugiardo, un’ipocrita, un falso. Sai mentire bene, altroché se sai farlo se ti fa comodo. Sei come le bandiere, vai dove tira il vento. Facile vero? Ora scrivi poemi shakespeariani, stanotte vai in giro a divertirti con la scusa di dover dimenticare. Non mi freghi più. Mi piacerebbe crederti, davvero. L’ho fatto per mesi pur sapendo che mi mentivi di continuo. Che cretina, me lo dico da sola. Vuoi sapere cosa provo? Be’ mi dispiace ma non te lo dirò. Mi comporterò come hai fatto tu per mesi. Sarà questa la tua punizione, sarai ripagato con la tua stessa moneta. Il male che hai fatto a me si è rivoltato su te stesso, forse soffrirò più di te in tutto questo ma tu raccoglierai ciò che hai seminato.
 
Pochi secondi dopo la sua risposta, proprio così come sapevo che sarebbe arrivata, con le stesse parole e quella stessa aria di anima in pena che giustificava i suoi sciocchi comportamenti. Ma cosa c’era da giustificare nella vita sbandata che faceva? La lessi superficialmente restando distaccata. Qualunque parola mi scriveva mi scivolava addosso come acqua piovana. Non ci credevo. Per me erano solo bugie. Lui stesso era una menzogna.
 
Sì, hai ragione a non fidarti. Ti capisco e non ti chiedo nulla. Ognuno la sua vita. Ma sappi solo che non ho mai cercato di far colpo su nessuna e quando esco, è vero che vado a ballare o nei bar ma quelle delle foto sono solo amiche di amici di su. Davvero. Poi se non mi credi, non fa niente, non ti posso obbligare. Ti dico solo che vorrei mandare indietro le lancette dell'orologio e magari pure i fogli del calendario, quando ancora tu ti fidavi di me. Non mi importa niente se non ti piaccio, se non sono il tuo tipo o se sei innamorata di un altro. Vorrei solo la tua fiducia, ma so che ti sto chiedendo troppo. Buona serata Sò, divertiti.

Parlava di fiducia, proprio lui che aveva sempre e solo mentito. Parlava di mandare indietro il tempo a quando stavamo bene insieme, lui che lo calpestava ogni volta che si ubriacava come una spugna. Parlava, parlava, ma le parole andavano accompagnate dalle azioni e le sue contraddicevano tutto quello che diceva.
 
La fiducia va costruita giorno dopo giorno. Ha bisogno di basi solide, quelle che la mia nei tuoi confronti non ha più. Sei un bravo bugiardo, sai mentire così bene che capire quando sei sincero e quando no è impossibile. E' più forte di te, va oltre le tue capacità. La menzogna ce l'hai nel sangue. Amiche dici? Io non ero manco tua amica perché a tuo dire era "troppo complicato". Con me era sempre tutto complicato, a quanto pare con altre no. Ora si che è troppo complicato, stavolta sono io a dirlo. Stammi bene Dà, ma tanto sono certa lo farai.
 
 Avevo inviato quell’ultimo messaggio con una freddezza che sapevo non appartenermi. Avevo scritto ogni singola parola sulla tastiera con una calma ed una lentezza estenuante. Avevo inoltrato il messaggio e avevo chiuso la pagina senza aspettare una sua risposta o un suo stato che conoscendolo sapevo non sarebbe mancato. Avevo abbassato il monitor del notebook, avevo staccato la spina e senza sapere neanche io il motivo avevo riempito un piccolo borsone di quelli da palestra con poche cose e senza avvisare del mio arrivo ero andata dalla bionda.
 
La porta di casa fu spalancata strappandomi via dai miei pensieri. La bionda con la sua perenne aria imbronciata si spogliava di giacca e borsa all’ingresso lamentandosi di chissà quale fatto accaduto al lavoro. Esattamente come quasi ogni sera.
Stare a casa sua era bello in un certo senso. Era quasi rassicurante, anche se il più delle volte restavo da sola perché lei era impegnata a “guadagnarsi la pagnotta” come lo definiva lei. Restai ferma e in silenzio con le spalle poggiate al frigorifero in cucina continuando a meditare sulla mia disordinata e caotica vita mentre lei accendeva il suo portatile e beffarda affermava ad alta voce “Vediamo quanto è depresso oggi lo straniero.” Volsi lo sguardo verso l’orologio affisso sull’arco che separava la cucina dal salotto. A Brighton Dario stava staccando dal lavoro.
 
'E poi scopri che è stato tutto inutile, che forse in certi casi è meglio scappare e stare distanti dalle cose che apparentemente ci fanno stare bene, perché purtroppo quelle sono le stesse che ci disintegrano lentamente senza che noi nemmeno ce ne rendiamo conto.
 

La voce della bionda che scimmiottava un tono triste e lacerato attirò la mia attenzione. Per la prima volta dopo mesi potevo dare assoluta ragione a Dario. Stare distanti era l’unica cosa che poteva salvarci da noi stessi e da quello che eravamo diventati. Ci stavamo distruggendo a vicenda e ogni colpo che sferravamo verso l’altro era un colpo che feriva anche noi stessi. Dario stava male, io stavo male. Accettare la sua amicizia non aveva fatto altro che rendere le cose tra di noi peggiori di quello che erano sempre state. Io non sarei mai stata capace di fidarmi di lui, anche se una piccola parte di me credeva al suo amore, un’altra più grande e dalla voce più forte mi urlava che non era vero.
Lasciai le porte del frigo avvicinandomi al tavolo della cucina a passo svelto ma silenzioso strappando il notebook dalle mani della Bionda per entrare dal mio profilo facebook. La bacheca di Dario era di nuovo sotto il mio sguardo e un lungo momento di indecisione mi colse mentre scrivevo su questa. Lo scacciai via. Non potevo permettermi di cambiare idea, lo dovevo a lui e soprattutto a quelli che un tempo eravamo stati insieme. Una parola dietro l’altra tirai fuori tutta la mia disperazione e forse per l’ultima volta, fui sincera con lui scrivendogli quello che realmente provavo in quel momento.
 
Sia chiaro, ti chiedo scusa solo per i modi e per i toni con cui ti ho detto le cose, non per quello che penso e che sai benissimo ho tutte le ragioni di pensare. Forse sono stata troppo aggressiva, ma mi conosci abbastanza da sapere cosa succede se scateni il peggio di me. Ad ogni modo, hai ragione... ti ho detto addio troppe volte per poi ritornare, quindi forse l'unica soluzione è chiudere l'account, visto che come tu stesso ci hai tenuto a precisare, lo avevo aperto solo per te perché nonostante tutto non riuscivo a lasciarti andare. Non ha senso tenerlo attivo per continuare a litigare, quindi... Spero che tu ora possa ritenerti sollevato, la guerra si chiude qui! Né vincitori né vinti, abbiamo perso entrambi. Addio Dà, spero che tu possa ritrovare la felicità un giorno.

Pubblicai lo stato, uscii dal mio profilo e restituii il computer alla Bionda che mi fissava sbalordita. Se avessi cancellato il profilo in quell’istante lui non avrebbe mai letto il messaggio che gli avevo lasciato. Mi sarei assicurata che lo avesse fatto e subito dopo avrei messo fine una volta per tutte alla nostra sofferenza.



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Capitolo di Sun

  
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