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Autore: emmevic    08/02/2013    5 recensioni
Introspettiva; Uchiha family centric
La notte in cui l'incubo ebbe inizio e la felicità fine: la notte dello sterminio.
Cit/: Quella notte Itachi lo sapeva, sapeva che sarebbe finita così. L'aveva dolorosamente appreso già da diverso tempo e l'aveva inteso appieno quando, appena pochi minuti prima, aveva indossato la divisa, infilandosi lentamente la maglia nera, il pettorale rinforzato e allacciandosi infine gli schinieri metallici; poi aveva fissato il coprifronte e con un'espressione mesta dipinta sul volto aveva affilato la lama della katana.
E lui non affilava mai la sua lama, ma quella volta l'aveva fatto. Forse aveva voluto prendersi quell'accortezza per ritardare in qualche modo il momento fatidico, crogiolandosi ancora per qualche minuto nell'apparente pace, o forse l'aveva fatto affinché la lama risultasse letale al primo colpo, in modo da rendere il più veloce e il più indolore possibile l'attimo in cui fosse calata sulla vittima e fosse penetrata nella carne.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Fugaku Uchiha, Itachi, Mikoto Uchiha, Sasuke Uchiha
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Prima dell'inizio
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Un
Vero Ninja
«Sacrificio.
Un ninja senza nome che protegge la pace dall'ombra:
quello è un vero ninja.
Shisui mi ha insegnato questo.»
(Naruto, cap. 550, p. 10 - Itachi)

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Quella notte Itachi lo sapeva, sapeva che sarebbe finita così. L'aveva dolorosamente appreso già da diverso tempo e l'aveva inteso appieno quando, appena pochi minuti prima, aveva indossato la divisa, infilandosi lentamente la maglia nera, il pettorale rinforzato e allacciandosi infine gli schinieri metallici; poi aveva fissato il coprifronte e con un'espressione mesta dipinta sul volto aveva affilato la lama della katana.
E lui non affilava mai la sua lama, ma quella volta l'aveva fatto. Forse aveva voluto prendersi quell'accortezza per ritardare in qualche modo il momento fatidico, crogiolandosi
ancora per qualche minuto nell'apparente pace, o forse l'aveva fatto affinché la lama risultasse letale al primo colpo, in modo da rendere il più veloce e il più indolore possibile l'attimo in cui fosse calata sulla vittima e fosse penetrata nella carne. E forse, forse sarebbe anche stata una bella notte, se solo non fosse stata quella, pensò, quando il suo sguardo vagò fuori dalla finestra di camera sua.
Anzi, sarebbe stata sicuramente una bella notte, si corresse, perché
il vento soffiava dolce, rassicurante, e la luna dominava il cielo, rischiarando gli angoli più bui.
A Shisui sarebbe piaciuta certamente, lui aveva sempre amato le serate tranquille e si era perso spesso nell'osservare le stelle e nel rimirare il cielo notturno, steso su uno dei tetti del quartiere Uchiha; ma Shisui era morto, spirato, annegato, e i suoi occhi non vedevano più nulla.
Shisui era morto per il villaggio, in silenzio e nell'ombra, e i suoi occhi si erano chiusi senza che nessuno se ne rendesse veramente conto.
Quando l'ultima luce si spense, segno che tutti nel quartiere dormissero, Itachi sospirò, consapevole che il momento fosse giunto.
Basta Shisui, basta pensare, basta ritardare, basta
tutto, basta.
Ora c'era la missione, solo quello. Silenzioso, scivolò fuori dalla finestra di camera propria e divenne parte di quelle tenebre nere.

Era stato molto più difficile di quanto si fosse aspettato. Strisciare nell'ombra, sorprendere e uccidere, soprattutto uccidere, l'aveva distrutto emotivamente e fisicamente, e il peggio doveva ancora venire pensò innanzi alla porta di casa propria.
Chiuse gli occhi e oltrepassò la soglia, poi li riaprì e i suoi genitori erano lí, ad aspettarlo.
Fugaku e Mikoto, completamente immobili nell'oscurità della stanza, osservarono il figlio che stava loro innanzi con espressioni cupe, le mani incrociate sulle gambe. In silenzio fecero scorrere lo sguardo sulla sua figura, sui suoi tratti delicati illuminati flebilmente dalla luce lunare e in essi, fieri e rammaricati, riconobbero se stessi; gli occhi di lui, le labbra sottili e i capelli corvini di lei e lo sharingan anche quello di suo padre.
Tacquero consapevoli, quando il giovane mosse la mano con fare incerto verso la spada che portava sulla schiena, pronto ad affrontarli.
E loro, loro non avrebbero combattuto contro di lui, questa certezza risuonò nelle loro menti; non avrebbero combattuto, perché sarebbe loro mancata la forza di colpire con l'intento di uccidere e, non avrebbero combattuto, perché dolorosamente accettavano che il primogenito si fosse schierato contro di loro e non con loro.
Ferirlo per questo, mai, piuttosto la morte.
L'atmosfera si fece irrimediabilmente tesa, quando il giovane sfoderò la propria sottile katana, facendo brillare inavvertitamente la lama, ma ancora non si mossero, limitandosi a fissarlo, coscienti di quello che sarebbe presto accaduto.
E Itachi si sentì solo, solo contro tutti, quando lo colse la consapevolezza che il momento peggiore fosse finalmente giunto.
Loro da una parte, seduti l'uno accanto all'altra, e lui dall'altra, ritto in piedi con la propria arma - esattamente come un carnefice - gli occhi bassi che fissavano il terreno.
Non voleva, ma doveva.
Li osservò un'ultima volta insieme, poi, inespressivo, puntò
contro la gola della propria madre l'arma, la cui lama presto avrebbe grondato di sangue, sangue del suo sangue, e gettò un veloce sguardo al padre.
Perdonatemi, e affondò il ferro freddo della spada nella carne del collo; e la punta trapassò senza problemi la pelle, lasciando cadere alcune gocce vermiglie ai suoi piedi, penetrando
subito nella parte più morbida.
In un unico colpo l'arteria e la trachea della donna vennero recise e il giovane dovette reprimere un conato di vomito, quando gli schizzi di sangue gli macchiarono la divisa da anbu già tristemente sporca.
Mikoto non emise neanche un verso, prima di ricadere al suolo incosciente: morì in silenzio.
Giacque riversa a terra e, quando il suo sangue cominciò ad inzuppare il tatami e l'odore di morte calò sulla stanza, le mani di Itachi presero a tremare leggermente.
Non voleva, ma doveva, si disse nuovamente, pensando che quella fosse la notte peggiore della sua breve e tormentata vita.
Fugaku sospirò, osservando con occhi tristi il corpo ancora caldo della moglie.
«Itachi, promettimi che ti prenderai cura di tuo fratello» disse, prima che la mano di suo figlio, brandendo la medesima katana, gli infilzasse il largo petto e rapisse la sua anima.
«Lo farò» mormorò Itachi, e il corpo dell'uomo si afflosciò su quello della moglie, gli occhi ancora aperti a fissare un punto indefinito della camera.
Quella vista era terribile.
Il ragazzo si coprì il volto con una mano, stanco nel fisico e nella mente e deciso a non ricordarli così; perché lui non voleva pensare a loro morti.
Loro non sarebbero dovuti morire, si disse e il dolore lo sorprese, affiancato dalla cruda verità e dall'odore del sangue: scoppiò in lacrime, stringendo dilaniato dai sensi di colpa l'impugnatura della sua arma.
E non era ancora finita.
Appena udì dei passi, comprese di doversi riprendere. Dovette asciugarsi con la mano gli occhi, subito, in fretta, perché era Sasuke.
L'aveva capito istantaneamente, avrebbe riconosciuto il suo incedere ovunque.
E, dopo aver preso un bel respiro, sospirò e si preparò per ciò che avrebbe dovuto fare, ripassando tristemente la sua parte in quella farsa.
L'avrebbe odiato fece appena in tempo a constatare, poi la porta scorrevole della stanza si aprì cigolando sinistramente e il corpicino del bambino fece timidamente capolino.
Era tempo di agire, basta rammaricarsi.

Quando il minore degli Uchiha notò i corpi stesi a terra dei propri genitori e il sangue sul tatami, un fremito gli percorse il corpo e gli occhi si riempirono di lacrime, perché era tutto così assurdo. E Itachi sentì qualcosa spezzarsi dentro di sè e una parte di lui morì, quando gli occhi del minore si inumidirono e si puntarono nei suoi, in cerca di riposte e di rassicurazioni; il suo cuore gemette.
Trattenne un singhiozzo e cercò di celare le lacrime, il momento in cui suo fratello «Niisan,» borbottò «perché?»
È per il tuo bene, si convinse prima di attivare con un peso al petto il Mangekyou Sharingan.
Q
uando l'illusione cominciò, Sasuke ebbe un singulto e si prese la testa tra le mani, urlando.
E Itachi, lui sentì qualcos'altro spezzarsi, forse il cuore.
Tentando di rassicurarsi
allora se lo ripeté, quasi fosse una nenia.
Non voleva, ma doveva.
E quello, quello non avrebbe mai smesso di rammentarselo.
Non voleva, ma doveva; Sasuke intanto rantolava a terra con gli occhi spalancati dal dolore e le lacrime agli occhi.


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Credits (immagine): photobucket
Due puntualizzazioni: Tatami ] tradizionale pavimentazione giapponese a pannelli; Mangekyou Sharingan ] Sharingan Ipnotico.
La morte dei genitori di Itachi viene mostrata chiaramente nel manga (nel cap. 590, pp. 9 - 10), ma ho voluto ugualmente scriverci sopra e rivisitarla a modo mio, dal momento che Itachi è il mio personaggio preferito, uno di quelli che mi ha fatto avvicinare al manga stesso. Quindi desideravo descriverlo in uno dei momenti più importanti della sua vita e l'ho fatto.
Ad ogni modo, la frase di Fugaku e la risposta di Itachi sono direttamente riprese dal manga, il resto invece è relativamente diverso dalla copia originale. Kishimoto mostra infatti un Itachi che ammazza i genitori di spalle, senza guardarli negli occhi e le ultime parole del padre non si limitano a «promettimi che proteggerai tuo fratello», si dilungano. Ma, come ho detto prima, non ho voluto essere fedele; il mio è stato un libero rifacimento. E niente, tutto qui. Non ho molto altro da aggiungere se non che spero vi sia piaciuta almeno un decimo di quanto sia piaciuto a me idearla. Fatemi pure sapere cosa ne pensate, pareri positivi e negativi sono ben accetti; sono aperta alle critiche.

Detto questo mi ritiro.
Ci si vede, ragazzi!
   
 
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