Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Mary P_Stark    09/02/2013    1 recensioni
TERZA PARTE DELLA SAGA DI OCCHI DI LUPO. Sono passati dieci anni dalla visita del principe Ellessandar di Akantar nel regno di Enerios. Tra i due regni, da quel giorno, intercorrono rapporti di amicizia e rispetto reciproci, anche grazie all'accorato lavoro di intermediaria portato avanti da Naell, principessa terzogenita del regno di Enerios. Principessa che, incalzata dal Consiglio della Corona e dal suo stesso padre, non può più nascondersi dietro mille scuse per evitare un matrimonio che non vuole. Perché a una principessa di Enerios è vietato vivere liberamente... amare liberamente. E a Naell questo va stretto, molto stretto. Libera di pensiero e d'animo, non vuole rinchiudersi entro quattro mura, con un uomo che non ama. Inoltre, su di lei, incombe ben di più di un matrimonio non voluto. Le parole del Dio-Lupo sono ancora fresche, nella sua mente. Tenebra e Luce devono ancora affrontarsi, e lei ne sarà direttamente implicata. Come, resta da vedersi. La sua unica consolazione è di non essere sola, sulle soglie di quel baratro. Ma i suoi cugini sapranno aiutarla nel momento del bisogno, come le ha predetto il Dio-Lupo? (riferimenti presenti anche nelle 2 storie precedenti)
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Occhi di Lupo Saga'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

●●13●●

 

 

 

 

 

 

L’assalto giunse con l’aurora del mattino.

Balzando a terra da una delle palme più alte dell’oasi, Rannyl corse a tutto spiano lungo le vie sabbiose dinanzi a sé, urlando agli uomini di prendere le armi.

Un corno oblungo venne suonato dalle vedette, messe in allerta dal giovane, così da risvegliare coloro i quali erano ancora stretti nell’abbraccio dei sogni.

In un andirivieni di corpi frementi per la battaglia prossima, il giovane figlio sacro si riversò all’interno della tenda della cugina per avvertirla del pericolo incombente.

Già in armi e con uno sguardo volitivo dipinto in volto, Rannyl fece ben poco caso a Kalia, che ancora si stava vestendo, lasciando che il suo sguardo si concentrasse su Naell.

Preoccupata e tesa, lei esalò: “Cosa succede, Ran?”

“Uno stuolo di guerrieri stanno puntando contro l’oasi, e non sembrano ben intenzionati” riassunse velocemente Rannyl prima di avvicinarsi a Kalia, scostarle le mani dai lunghi capelli e intrecciarglieli velocemente con dita abili.

“Grazie” sussurrò lei, lanciandogli un’occhiata da sopra la spalla mentre Ran completava la treccia.

“Ci vedo meglio di te, qua dietro e, con Enyl, sono abituatissimo” rispose lui con un sorrisino. “Scusa per l’intrusione. Non volevo fare il guardone.”

“Immagino tu sappia già com’è fatta una donna. Non sono molto preoccupata per quello che tu possa o meno aver visto” scrollò le spalle la donna, pacata.

“Meno di quanto avrei voluto” ironizzò Rannyl, sogghignando al suo indirizzo.

“Ran!” esclamarono al tempo stesso Naell e Kalia.

Il giovane si limitò a scrollare incurante le spalle, mentre Kalia gli dava un pizzicotto su un braccio. L’ironia, però, durò soltanto un istante.

L’attimo dopo, la voce stentorea del comandante Rylkas, a capo della loro guardia d’onore, si fece sentire al di fuori della tenda.

Allacciatasi che ebbe alla cintura la sua daga, Naell uscì scortata da Kalia e Rannyl mentre My-chan, di corsa e con lo sguardo teso, stava correndole incontro dal fondo della via sabbiosa.

Annuendo nel vedere il principe già presente, Rylkas spiegò loro: “Bene, immagino che Sua Altezza vi abbia già ragguagliate. Vi pregherei di rimanere all’interno della tenda per non correre alcun rischio, mentre noi procediamo nel fermare l’attacco.”

My-chan affiancò Naell, avvolgendole la vita con un braccio.

La principessa, però, scosse recisamente il capo e replicò: “Non ho alcuna intenzione di lasciare solo a voi il lavoro sporco, comandante. Se ci sarà da snudare le armi, non mi tirerò indietro.”

“Ma… Altezza…” esalò turbato l’uomo, lanciando un’occhiata disperata all’indirizzo di Rannyl.

“Cugina, non credi sarebbe più saggio fare come richiesto dal comandante?” intervenne allora Ran, conciliante.

Scuotendo ancora il capo, Naell fissò i suoi occhi smeraldini sul volto teso del soldato e, con voce più gentile, aggiunse: “So che i vostri ordini sono questi, comandante, ma non intendo essere solo un peso, per voi. Vi siete scomodati a proteggermi fino a ora, nonostante io sia solo un’ospite in casa vostra perciò, ora, permettetemi quanto meno di rendermi utile. Io e My-chan combattiamo bene, insieme…”

Vagamente sorpreso, il comandante le fissò alternativamente, senza ben comprendere le sue parole.

Sorridendo comprensiva al soldato, My-Chan ammise: “Io e Naell non passavamo solo il nostro tempo a chiacchierare, quando lei veniva in visita.”

Grattandosi pensoso una guancia, alla fine il comandante esalò: “Va contro ogni mio ordine, ma… e sia. Non vi obbligherò a rimanere segregate all’interno della tenda, ma non cercherete il combattimento, sia chiaro. Vi limiterete a difendervi, e solo se sarà strettamente necessario.”

“Chiarissimo, comandante” assentì Naell, sorridendogli nel vederlo allontanarsi di corsa.

La tribù era immersa in un caos apparentemente controllato, e gli uomini in arme si confondevano con le donne che, come in una danza provata centinaia di volte, si muovevano di corsa tra una tenda e l’altra per radunare i bambini e gli anziani.

In breve, gli anelli più deboli sarebbero stati condotti lontano dal centro dell’oasi, raggiungendo luoghi più riparati e sicuri.

Non doveva essere la prima volta che affrontavano un problema del genere, vista l’organizzazione dimostrata, eppure Naell non si sentiva tranquilla.

Anche Rannyl, nell’incrociare il suo sguardo, le confermò che c’era qualcosa di diverso dal solito, in quell’attacco.

“Può essere Corvo Bianco… Kennadarya… anche se non ho la minima idea del perché” mormorò pensieroso Rannyl, stringendo nella mano la sua spada.

“Penseremo dopo al perché. Ora, cerchiamo solo di uscirne vivi” si affrettò ad affermare Kalia, vedendoli così preoccupati. “Quanti erano, Ran?”

“Maledettamente tanti” ringhiò lui, accigliandosi in viso.

***

“Non voglio neppure sapere perché sia arrivata una missiva del genere da re Ruak, ma ormai quel che doveva essere fatto ha già intrapreso il suo corso” brontolò furibondo Bramann, tenendo tra le mani il messaggio appena giunto - a mezzo di un falco - tre giorni prima.

Quando Bramann lo aveva ricevuto direttamente dalle mani del mastro falconiere, era mancato poco che imprecasse.

Ne aveva ancora una gran voglia ma, a conti fatti, sarebbe servito a poco.

Non meno indispettito di Bramann, Korissar borbottò con aria infastidita: “E’ mai possibile che qualcuno vicino ad Alderan abbia scoperto qualcosa?”

“A ogni modo, non conta più nulla. Quel che deve succedere non può più essere fermato e, una volta che Kennadarya sarà al potere, anche la potente corona di Enerios dovrà piegarsi  e perire” sentenziò lapidario Bramann, battendo la mano grassoccia sulla scrivania del suo studio.

“Spero che Alderan controlli alla svelta tra le sue fila se vi sono dei delatori. Non voglio che questa oscura gola profonda rimanga impunita!” replicò secco Korissar, poggiando nervosamente le mani sui fianchi.

“Avrà già ricevuto la nostra missiva, quindi chetati. Entro poche ore, l’assalto prenderà corpo, e dei soldati di stanza a Yskandar rimarrà ben poco” sorrise mellifluo Bramann, accartocciando la missiva con fare definitivo.

Un attimo dopo, la gettò nell’incensiere perché bruciasse lentamente, svanendo in spire di fumo e cenere.

Controllato che ebbe la clessidra, mormorò con aspettativa: “Due clessidre e mezzo da ora, caro amico. Non dovremo attendere che questo tempo.”

“Sappiamo già dove si trova Enyl? Sai bene che re Kevan ha chiesto lei in tributo, prima che Kennadarya le metta letteralmente le mani addosso” si informò allora Korissar, ancora vagamente in ansia.

“Viene seguita costantemente, perciò sì, so esattamente dove si trova. Quella povera ragazza non ne uscirà viva, tra le cure del sovrano di Nellassat, e quelle di Kennadarya” ridacchiò beffardo Bramann. “Anche se, a dir la verità, avrei a mia volta desiderio di assaggiare le sue carni.”

Vagamente sconvolto, Korissar replicò: “Sai benissimo che Kevan ha dichiarato di volerla sana e integra. E noi due sappiamo altrettanto bene cosa fai alle tue… compagne di letto.”

La risatina di Bramann si fece lasciva e viscida come le spire di un serpente e, nel massaggiarsi il ventre prominente e flaccido, l’uomo ammise con candore: “Solo perché mi piacciono le emozioni forti, non vuol dire che non sappia anche trattenermi. Ne uscirà integra… più o meno.”

Accigliandosi, Korissar gli poggiò una mano sulla spalla a mo’ di ammonimento e sottolineò nuovamente: “Ricordati che né Kennadarya, né Kevan, sono persone da scontentare.”

“Lo so bene, Korissar. Non temere. So come agire per cogliere il massimo godimento con un impatto minimo sul corpo della donzella di turno” ridacchiò Bramann, soddisfatto.

Korissar non si sentì per nulla tranquillizzato dal suo dire, ma sperò ardentemente che il suo compagno di lotte si rendesse conto di quanto stava rischiando, per quel suo sciocco desiderio di marchiare il corpo caldo e seducente di Enyl.

Certo, poteva capirlo senza tema di essere smentito.

Quella giovane era più bella di una dea, e incarnava l’ideale di bellezza ultraterrena che qualsiasi uomo appena sano di mente avrebbe voluto nel suo letto, ma lui sapeva bene fin dove poteva spingersi.

Toccare Enyl, quando già re Kevan ne aveva chiesto il corpo in pegno, gli sembrava un azzardo non da poco.

In cuor suo, tornò a pregare che Bramann non esagerasse. Non voleva finire nei guai a sua volta, e solo per non averlo bloccato per tempo.

***

“C’è qualcosa che non va” ansò sfiancata Naell, sgomenta di fronte alla marea di corpi morti che giacevano dinanzi a lei come un unico tappeto umano.

La battaglia stava infuriando da ore, senza che peraltro gli assetti fossero cambiati, tra i contendenti.

Nonostante l’iniziale virulenza dell’attacco, gli uomini incappucciati erano parsi più desiderosi di scovare qualcuno, o qualcosa, nelle tende, che di uccidere i soldati che, via via, si erano interposti tra loro e il successo della loro missione.

My-chan, in forma umana e ritta al suo fianco, annuì preoccupata prima di ringhiare furiosa, non appena intravide un soldato balzare verso di loro con le armi snudate.

Naell fu lesta ad affiancare l’amica e, nel giro di pochissimi secondi, ebbero la meglio anche su quell’assalto.

Da tempo non era più stata in grado di scorgere il cugino e Kalia, in quel mare di corpi che combattevano, di quelle armi che cozzavano con violenza e, tra sé, si augurò che a entrambi non fosse successo nulla.

Grazie al saldo scudo di protezione offerto dai soldati della corona e dai guerrieri della tribù, ben poche volte Naell aveva dovuto levare la sua arma per uccidere.

Forte dell’aiuto di My-chan, ogni combattimento era stato breve e privo di conseguenze per entrambe loro.

Restava da capire chi fossero quei soldati, e perché si trovassero proprio lì.

Mentre My-chan ne controllava le vesti per scoprire eventuali prove, Naell tenne sott’occhio l’area intorno alle tende, dove si trovava con l’amica.

Mentre i rumori della battaglia le giungevano alle orecchie furiosi e assai vicini, il suo cuore pregò che tutto questo avesse un termine.

L’idea di perire lontano da casa la atterriva ma, soprattutto, non sopportava il pensiero di morire lontana da Ellessandar, senza avergli potuto dire nulla su ciò che la legava a lui.

Sapeva di essere egoista al solo pensarlo, ma non poteva evitarlo, era più forte di lei.

“Naell” la chiamò My-chan, strappandola ai suoi pensieri.

Subito, la principessa si accosciò accanto a lei e, sgomenta quanto sorpresa, prese tra le mani il foglio pergamenato che l’amica le stava tendendo con aria torva.

Paralizzata con lo sguardo come nei gesti, fissò il ritratto di se stessa ben riproposto su quella pergamena spiegazzata.

Pergamena che, nell’essere sfiorata dalla sua mano, svaporò come se bruciata su una fiamma.

Lasciandone andare i resti con un sibilo spaventato, Naell esclamò: “Magia! E’ stato creato con la magia!”

Agghiacciata, si chiese il motivo di un tale documento, e del perché fosse così intriso di poteri magici. Cosa volevano da lei, e chi c’era dietro a quell’incantesimo?

“Cercano te, evidentemente” sentenziò lapidaria My-chan.

“Ma perché?” esalò confusa Naell, levandosi in piedi per poi osservare dubbiosa il soldato morto.

“Non è possibile che tutto questo scempio sia stato causato solo dalla mia presenza in questa oasi. Non ha senso!” esclamò poi dopo un attimo, ancora attonita di fronte a ciò che aveva appena scoperto.

Trascinando con sé l’amica per allontanarsi dal soldato esanime, My-chan gridò un allerta a Naell non appena vide sbucare da dietro una tenda l’ennesimo guerriero.

Senza nulla attendere, la principessa mise mano alla daga e si apprestò a combattere.

Mentre My-chan lo teneva impegnato con le sue movenze feline e i suoi artigli poderosi, Naell lo colpì al fianco in prossimità delle reni.

Quando il soldato cadde a terra, non esitò a mozzargli la testa per mettere la parola fine anche a quell’assalto.

“Ben poco sportivo, ma non me ne importa niente” sbuffò stancamente Naell, ripulendo l’arma sulla tunica di uno dei corpi morti e stesi ai suoi piedi.

Ormai da troppe ore stava ripetendosi quel triste racconto senza fine e, della cavalleria e del senso dell’onore, non aveva visto nessuna traccia, come non ne aveva concessi.

Lì c’erano soltanto dolore, morte e puzzo di cadaveri in decomposizione sotto il sole cocente.

Ci vollero quasi altre due ore perché il nemico fosse messo a tacere e, quando finalmente una pace di morte e dolore tornò a regnare nell’oasi, Naell fece una macabra scoperta.

A terra, accanto al corpo accosciato di Rannyl, che appariva incolume pur se sporco di sangue e sabbia, si trovava il comandante dei soldati che l’avevano condotta fino a lì.

Quella che avrebbe dovuto essere una serena gita per il deserto, si era rivelata una trappola mortale per molti di loro.

Kalia, in piedi vicino a Rannyl, stava sfiorando con la mano libera dalla daga il capo bruno e ripiegato del giovane, in un gesto di conforto.

Il cugino, prostrato dal dolore, osservava con occhi lucidi la punta di freccia che aveva strappato la vita al valente soldato.

Avvicinandosi lentamente e con passo claudicante – durante gli scontri, si era insaccata una caviglia – , accompagnata in quel lento progredire da My-chan, che presentava un vistoso taglio al braccio, Naell mormorò spiacente: “Ran… tu stai bene?”

Il giovane figlio sacro levò lesto il capo per scrutare la cugina e, dopo aver annuito una sola volta, si alzò in piedi per dichiarare con voce roca: “Abbiamo perso dodici uomini della guardia e diciotto guerrieri della tribù, ma abbiamo evitato il peggio. Tu stai bene, cugina?”

“Un po’ acciaccata, ma me la cavo” asserì Naell, tornando a guardare il corpo esanime del comandante. “Non hai idea di quanto io mi senta in colpa.”

Avvicinatosi a My-chan, Rannyl le sollevò gentilmente un braccio e, nel porre a pochi centimetri dalla ferita la sua mano, il giovane replicò sommessamente: “Non è tua la colpa di questo attacco, cugina.”

“E invece sì” sospirò Naell, scuotendo il capo affranta.

Pur apparendo sorpreso, Rannyl si rivolse a My-chan, dicendole: “Ora sentirai bruciare, My… ma andrà tutto a posto in breve tempo.”

Il renpardo annuì con aria grave e, mentre sulla pelle della donna-felino iniziava a formarsi una sottile schiuma rossastra, Rannyl pregò la cugina di spiegarsi meglio.

I suoi occhi dorati brillarono come di luce propria e, sul volto del giovane, iniziarono a comparire le prime goccioline di sudore.

Ammirando per la prima volta l’estensione del potere di Rannyl, Naell esalò: “Puoi davvero… curarla?”

“Non sono un dio, ma qualcosa riesco a fare” assentì Rannyl, totalmente concentrato su ciò che stava compiendo in quel momento. “Parla, Naell.”

Annuendo dopo un attimo, mentre una folla di curiosi li attorniava per assistere a quell’inconsueto spettacolo di guarigione, Naell ammise: “Io e My-chan abbiamo trovato un foglio pergamenato nella tasca di uno dei soldati, e recava un mio ritratto. E’ molto probabile che fossero qui per me, anche se non ne conosco i motivi. Inoltre, il foglio era intriso di magia.”

Uno dei sottufficiali si mosse verso di loro con aria torva e, scrutando l’intera scena per poco più di un secondo prima di tornare a fissare Naell, asserì con convinzione: “Ho il timore, principessa, che coloro che ci hanno attaccato fossero uomini di Nellassat.”

La sorpresa corse veloce come il soffio del vento tra le nubi e la donna, fissando con occhi sgranati l’uomo in arme dinanzi a sé, esalò sconcertata: “Come… come potete esserne sicuro?”

“Per puro scrupolo, ho controllato sulla nuca di alcuni dei soldati uccisi e, mi duole dirlo, portano tutti lo sfregio dell’artiglio” le spiegò succintamente il soldato.

Appariva stanco non meno di tutti coloro che si trovavano attorno a loro ma, nei suoi occhi, brillava una scintilla di rivalsa.

“E’ il marchio che il re di Nellassat lascia ai suoi sottoposti. Nel corso degli anni ne ho visti molti, perciò dubito di potermi sbagliare.”

Aggrottando la fronte, Naell fece per parlare quando un ‘oh’ collettivo si levò dalla folla presente in quel punto della tribù.

Nel volgersi per comprendere cosa fosse successo, anche la giovane fu pervasa da un senso di euforica sorpresa, quando scorse il braccio ora perfettamente risanato di My-chan e la sua pelle completamente priva di abrasioni.

“Avanti un altro” sentenziò Rannyl, scuro in volto e concentrato sul suo ruolo di guaritore.

“Sicuro non sia troppo?” si informò Naell, preoccupata per lui.

“Occupati della faccenda dei soldati di Nellassat, mentre io curo queste persone. Poi mi riferirai” dichiarò frettolosamente Rannyl, accosciandosi accanto a un soldato con un taglio slabbrato sulla coscia.

Nuovamente, una calda luce dorata si sprigionò dalle sue mani e Naell, non potendo fare altro, si concentrò unicamente sul problema riguardante i soldati nemici.

Annuendo all’indirizzo del cugino, Naell tornò a rivolgersi al sottufficiale – che scoprì chiamarsi Rodan – e, in compagnia di Kalia e My-chan, si fece spiegare ciò che l’uomo sapeva su quella pratica adottata a Nellassat.

Erano trascorsi meno di venti minuti dall’inizio della lunga dissertazione di Rodan quando, di colpo, l’urlo affranto di Rannyl attraversò l’intera tribù come un’onda di piena, travolgendoli tutti.

“No, no, NO!” gridò ancora portandosi le mani alle tempie, il viso contratto dal dolore e dall’ansia.

Kalia fu la prima a catapultarsi su di lui e, strettolo tra le braccia, gli sussurrò all’orecchio: “Ran, calmati, calmati! Cosa succede?!”

“Attaccano… attaccano… Yskandar. Enyl, no!” biascicò a fatica Ran, prima di svenire tra le braccia di Kalia.

“Ran!” gridarono all’unisono Naell e Kalia, spaventate a morte.

Rannyl non rispose.

***

Con rapide falcate, Enyl raggiunse le mura di cinta del palazzo e lì, dopo aver fatto un breve cenno alle guardie, balzò sui camminamenti con la stessa leggerezza di un falco in volo.

Trafelata, raggiunse in fretta il primo soldato a portata di tiro ed esalò: “Avvisa Skytana! Sta per succedere qualcosa di brutto!”

L’alabardiere parve sorpreso dalla sua affermazione e la ragazza, insistendo, si aggrappò alle sue braccia e asserì con veemenza: “Per favore! Dai pure la colpa a me, ma aumentate la guardia! Presto!”

Il soldato annuì a più riprese ed Enyl, senza perdere altro tempo, balzò oltre il muro di cinta per raggiungere in tutta fretta Ellessandar.

Il senso di urgenza che l’aveva fatta uscire in tutta fretta dal tempio di Soanes le aveva quasi fatto rizzare i capelli sulla testa, tanto l’energia negativa che galleggiava nell’aria l’aveva aggredita con violenza.

Non sapeva da che punto stesse giungendo l’onda, perché i marosi che la colpivano provenivano da ogni dove, sapeva soltanto che il momento era giunto, e che Rannyl era ancora troppo lontano per potergli essere d’aiuto.

Cos’aveva sbagliato?

Era più che sicura che gli eventi si sarebbero svolti diversamente… eppure, era certa che le tenebre si sarebbero abbattute su tutti loro entro brevissimo tempo.

Possibile che Kennadarya fosse già lì?

“Non può essere… non ne percepisco la malvagità. No, c’è ben altro, qualcosa che non ho considerato” borbottò tra sé Enyl, camminando a passo spedito non appena mise piede nell’ampia veranda del pian terreno.

Lì, si bloccò a metà di un passo in preda al panico e alla rabbia più puri e, nel giro di pochi attimi, si ritrovò circondata da armigeri vestiti di nero… e guidati niente meno che dal Consigliere Korissar.

Ecco il perché di quell’aura strana!

Aggrottando la fronte, già pronta a dar battaglia, Enyl si bloccò sul nascere non appena Korissar le sorrise mellifluo.

“Immagino che tu non voglia che ai reali di Akantar succeda qualcosa, così come ai tuoi preziosi lupi, vero?”

“E’ merito di Kennadarya se non vi ho percepito, esatto?” ringhiò Enyl, sorprendendolo.

“Quindi lei aveva ragione. Sei in grado di percepire le menti delle persone. Ora comprendo il perché di quell’incantesimo” sogghignò Korissar, scrutandola con divertimento.

“Cosa è successo ai reali? Ditemelo!” sibilò Enyl, stringendo i pugni per la rabbia, la freoha che bruciava come fuoco nel suo sangue ribollente.

“Stanno bene… per ora…” sorrise maggiormente Korissar prima di veder comparire, da uno dei corridoi provenienti dal piano superiore, il cancelliere Bramann.

I primi scoppi violenti e le prime urla spaventate giunsero da Yskandar ed Enyl, sempre più furiosa, fissò entrambi gli uomini con sguardo adamantino.

“Anche voi, cancelliere… è dunque così misero il rispetto che portate verso il vostro re?”

“Rispetto maggiormente una borsa piena d’oro, mia cara fanciullina… come apprezzerò te nel mio letto” sorrise bonario Bramann, sfregandosi le mani nel guardarla lascivamente.

Korissar aggrottò la fronte, replicando: “Ricordati bene che Kevan la vuole integra.”

“Ci sono molti modi per approfittare di una donna, … lasciandola illibata” replicò Bramann, fulminando con lo sguardo Korissar.

Enyl ringhiò, disgustata dalle argomentazioni dei due uomini.

“Mi ucciderò, prima che uno soltanto di voi tocchi il mio corpo.”

I rumori di lotta, all’esterno come all’interno del palazzo, si fecero sempre più forti, mentre le urla di panico e sgomento si levavano come nere nubi all’orizzonte.

Enyl pregò che quel soldato fosse riuscito a trovare Skytana prima dell’arrivo dei nemici, ma non vi contò molto.

“Oh… non credo ci riuscirai” sogghignò Korissar, tornando a volgere lo sguardo verso di lei.

Prima ancora di poter comprendere il suo dire, Enyl venne circondata da non meno di dieci uomini.

Armati di pesanti catene e ceppi di metallo brunito, la legarono di tutto punto per poi gettarla a terra e trascinarla lungo il pavimento, come se fosse stata un sacco per gli alimenti.

Disgustata, Enyl provò a divincolarsi con violenza, solo per scoprire che le catene non cedevano minimamente alla sua forza.

Fatto cenno ai soldati di bloccarsi, Korissar la sfidò con lo sguardo, mormorando divertito: “Non pensavi che la tua forza potesse essere messa a tacere, vero? Beh, colei che ha messo in piedi tutto questo piano, ne è in grado. Mi spiace per te.”

“Il Corvo Bianco” ringhiò Enyl, continuando a divincolarsi inutilmente nel tentativo di liberarsi.

“Uhm, come nome le calzerebbe a pennello” ridacchiò Korissar, prima di ordinare: “Portatela in una delle celle nei sotterranei. Attenderà lì l’arrivo del suo nuovo compagno di giochi. Nel frattempo, io mi premurerò di avvertire il povero re Ruak della morte prematura della figlia e dei nipoti, per mano degli uomini di re Erenokt. Ne sarà affranto.”

Sgranando gli occhi, Enyl urlò: “No! Non potete farlo! Questo porterà…”

Interrompendola con un sogghigno, lui terminò per lei: “Lo so. Porterà alla guerra. Esattamente ciò che vogliamo. Attaccato su due fronti, l’esercito di Akantar crollerà come un castello di carte, senza nessuno a guidarlo, e Yskandar cadrà nelle mani di chi lo merita.”

“No, no, NO!” gridò sempre più forte Enyl, trascinata via a forza. La guerra era iniziata.

“Ran! Ci attaccano! Ci attaccano!” urlò Enyl, più forte che poté, sperando che almeno il suo pensiero potesse oltrepassare le barriere di quelle maledette catene.

***

Non seppe dire quanto tempo rimase svenuto ma, quando riaprì gli occhi ambrati, le prime cose che Ran  scorse furono il sole al tramonto e il volto rasserenato di Kalia.

“Cosa…?” gracchiò Rannyl, passandosi una mano sul volto.

Ricordava l’attacco, i soldati di nero vestiti e… Enyl!

Balzando a sedere di colpo, lo sguardo sconvolto e un pallore sempre crescente sul viso, Rannyl esalò: “Enyl… dèi! L’hanno presa!”

Le mani di Kalia lo costrinsero a reclinare di nuovo verso il basso e Ran, troppo debole per protestare, tornò a poggiare il capo sulle gambe della donna per poi guardarla con aria smarrita e preoccupata.

Carezzandogli il viso con gentile premura, Kalia gli domandò: “Spiegami cos’hai visto, Ran. Sei svenuto di colpo, quando hai urlato, questo pomeriggio.”

“Enyl. Hanno attaccato la città e catturato Enyl. Non so come diamine abbiano fatto, ma hanno bloccato la sua freoha. E’ prigioniera e…”

Rabbrividendo, raccolse le forze per continuare e dichiarò con rabbia a stento trattenuta: “… la useranno, Kalia. La useranno!

Kalia aggrottò la fronte, adombrandosi in viso.

Naell, in quel mente, entrò nella tenda dove avevano ricoverato Rannyl perché si riprendesse dal collasso che aveva avuto.

“La salveremo a ogni costo, Rannyl, te lo prometto” mormorò la figlia sacra, lanciando poi un’occhiata dubbiosa all’amica appena giunta.

“Se le torceranno un solo capello, non avrò pietà per nessuno” ringhiò Rannyl, levandosi nuovamente a sedere con l’aiuto di Kalia.

Naell si inginocchiò loro accanto e, abbracciato che ebbe Ran, gli domandò: “Ti senti un po’ meglio, Ran?”

“Fisicamente, sì. Ma dobbiamo assolutamente tornare a Yskandar. E’ stata attaccata, e temo per Enyl e gli altri membri della corte. Inoltre…”

Sospirando, aggiunse torvo: “Bramann e Korissar hanno tradito e, se ho ben compreso ciò che ho visto nella mente di Enyl, prima di perdere il contatto con lei, aizzeranno tuo padre contro Akantar, facendogli credere che tu sei morta.”

“No, dèi, no!” esclamò Naell, impallidendo visibilmente.

Kalia aiutò Rannyl ad alzarsi e Naell, imitatili, asserì terrorizzata: “Dobbiamo fermarli in qualche modo.”

“Manda un messaggio a tuo padre via falco, scritto di tuo pugno, e prega che giunga prima della partenza delle navi per Akantar” mormorò torvo Rannyl, tenendosi al braccio di Kalia per non crollare a terra.

L’uso dei suoi doni, unito alla perdita improvvisa del contatto con la gemella, lo avevano stremato, ma non aveva il tempo di lagnarsi per il male che gli stava divorando le viscere.

Dovevano tornare indietro, e in fretta.

Naell corse fuori per fare quanto chiestole e Rannyl, nello scrutare Kalia in viso, mormorò: “Grazie per esserti presa cura di me, Kalia, non lo dimenticherò.”

“Non pensarci nemmeno, Ran” gli strizzò l’occhio lei prima di domandargli: “Te la senti di affrontare un viaggio a tappe forzate?”

“Recupero alla svelta, tranquilla” assentì Ran, prima di veder riemergere Naell nella tenda assieme al sottoufficiale Rodan. “Ebbene?”

“Partiremo per Yskandar tra un’ora al massimo” asserì serio Rodan, sorridendo orgoglioso nel rivolgersi alla principessa. “Saremo ai vostri ordini, mia signora.”

“Ho a cuore come voi le sorti di Yskandar, perciò non lasceremo nulla di intentato per rientrare il prima possibile nella capitale, sperando di poter trovare sostegno prima della battaglia che, temo, stia già infuriando” replicò convinta Naell, prima di scrutare il viso torvo del cugino.

“Enyl era terrorizzata… quindi, temo siano già iniziati i primi conflitti. Non abbiamo molto tempo” assentì il giovane, lapidario.

“Raccoglieremo quanti più uomini nelle oasi da qui a Yskandar, sperando bastino per un contrattacco” dichiarò allora Rodan. “In tre giorni dovremmo essere di ritorno, se terremo una media sostenuta. Porteremo con noi solo lo stretto indispensabile, e il resto lo lasceremo qui a Jilli’nat.”

“Molto bene, faremo così. Dite agli uomini di preparare il necessario per il rientro. Io arriverò tra breve” ordinò lesta Naell, scrutando il soldato inchinarsi prima di svanire oltre le coltri della tenda.

Sospirando tremula non appena se ne fu andato Rodan, Naell fissò i suoi compagni e asserì: “Non so se ne sono in grado, ma ce la metterò tutta.”

“E noi saremo con te” dichiarò Kalia, con convinzione.

Rannyl la imitò, sperando che il loro intervento potesse bastare.

***

Era sdraiata in posizione fetale sulla nuda e umida roccia delle segrete del castello, il labbro inferiore spaccato a causa di un manrovescio di uno dei soldati che l’avevano condotta nella prigione.

Tentando di chetare il respiro per mettersi in contatto con il fratello, Enyl si rese conto subito di essere troppo debole per farlo.

Sarebbe svenuta di sicuro, se avesse continuato in quei tentativi infruttuosi, e non era davvero il momento per rimanere del tutto inerme nelle mani del nemico.

No davvero.

***

“Non posso credere che tu intenda davvero muovere guerra contro Akantar! Sei pazzo?!” esclamò Aken, fissando suo fratello come se non lo riconoscesse.

Gli occhi lucidi e rossi, Ruak replicò con foga: “Come dovrei reagire, di fronte a un simile messaggio?! Mia figlia uccisa, i tuoi figli dispersi e il mio ministro preso prigioniero! Spiegamelo!”

Aken aggrottò la fronte, passandosi una mano tra i folti capelli prima di replicare con maggiore calma: “Se realmente Korissar fosse prigioniero, come avrebbe potuto inviarti un simile messaggio?”

“Può esserci riuscito tranquillamente. Non è un’impresa improba prelevare un falco messaggero e inviare uno scritto” ribatté Ruak, passeggiando nervosamente avanti e indietro per il suo studio.

“Korissar? Parliamo della stessa persona?” lo irrise bonariamente Aken, ben ricordando il pavido ministro del commercio.

“La necessità aguzza l’ingegno, lo sai anche tu” protestò vibratamente Ruak. “A ogni modo, non me ne starò qui ad attendere repliche eventuali da parte di Akantar. Andrò là con le mie truppe, e farò capire loro cosa succede a colpire un membro della mia famiglia.”

“Scateneresti una guerra con il dubbio nel cuore?” cercò di farlo ragionare Aken, prendendolo per un braccio per bloccarne l’incessante via vai.

Finalmente una lacrima scivolò dai suoi occhi pesti e, con voce rotta, Ruak esalò: “E se fosse vero, Aken? Se la mia bambina fosse realmente morta, e io non muovessi neppure un dito per vendicarla? Che padre sarei, Aken, dimmelo! Inoltre, c’è la lettera che ci ha portato Coryn. Se qualcosa fosse andato storto? Se mia figlia fosse rimasta vittima di un conflitto interno? No, non rimarrò qui inerme ad aspettare.”

“Ruak…” ansò Aken, prima di stringerselo al petto con foga.

“La mia bambina, Aken… so che le è successo qualcosa, lo so… non posso rimanere fermo ad aspettare” singhiozzò Ruak, tentando di trattenere un pianto sempre più prossimo.

“Ti capisco, Ruak… ma dai ad Akantar il beneficio del dubbio. Erenokt ed Elmassary amano tua figlia come se fosse loro, non le farebbero mai del male.”

“Ugualmente, mi imbarcherò per andare ad Akantar. Devo sapere. Solo allora deciderò se muovere guerra o meno.”

Detto ciò, si scostò dal petto del fratello ed esalò: “Non vuoi sapere se i tuoi figli sono vivi o morti?”

“Più di qualsiasi altra cosa, fratello, ma percepisco la menzogna in questa faccenda. La lettera di Coryn non è legata alla missiva di Korissar, perciò presta attenzione prima di muovere guerra, Ruak” dichiarò torvo Aken, scuotendo mestamente il capo.

“Non sarò il primo a colpire, se ciò può esserti di conforto, ma non rimarrò in disparte mentre mia figlia è in pericolo, forse morta, e dal mio ministro giungono notizie così oscure” sentenziò a quel punto Ruak, suonando il campanellino sulla sua scrivania.

In pochi attimi, il suo attendente di campo si presentò alla porta e Ruak, con la morte nel cuore, dichiarò: “Ordina ai soldati della guarnigione di Elior di prepararsi a salpare. Si parte per Akantar… in armi.”

L’attendente impallidì leggermente, a quelle parole, ma annuì.

Nel vederlo uscire di gran carriera dallo studio, Aken mormorò torvo: “Spero davvero non si debba arrivare a tanto ma io sarò con te, sul campo di battaglia, esattamente come tanti anni fa.”

“Non potrei contare su appoggio migliore, fratello” asserì Ruak, coprendosi il viso e singhiozzando irrefrenabilmente un attimo dopo.

Aken tornò ad abbracciarlo in silenzio, mentre una cappa di nera angoscia si posava su di loro, ammorbando l’aria.

Il capo ancora poggiato contro la spalla di Aken, Ruak si riscosse all’improvviso, quando udì il battere frettoloso di un pugno contro la porta.

L’ansia crebbe a dismisura quando Ruak concesse al misterioso visitatore di entrare e, quando sulla porta trovò solo Staryn, si chiese perché non fosse entrato senza bussare come faceva di solito.

Il suo volto pallido, gli occhi sgranati e il lieve velo di sudore che ne ricopriva il viso, gli fecero comprendere immediatamente che suo figlio era scioccato a morte.

Cos’altro era successo?

Subito dietro Staryn, comparvero anche Antalion, Meriton e Coryn che, assieme, entrarono nello studio per poi chiudere lentamente la porta alle loro spalle.

Sui loro volti, il medesimo pallore, la medesima ansia.

“Ragazzi, qualcuno di voi parli, o morirò prematuramente” esalò Ruak, scostandosi dal fratello per raggiungerli a grandi passi.

Staryn non parlò, limitandosi ad allungare al padre la missiva stropicciata che teneva tra le mani.

Quando l’uomo la scorse velocemente, crollò a terra in ginocchio, scosso da spasmi violenti.

Subito, Aken lo affiancò assieme ai figli del re, ad Antalion e Coryn mentre Ruak, con occhi sgranati e voce flebile, gracchiò: “E’ viva… viva…”

“Cosa dice la missiva?” domandò con veemenza Aken, fissando dapprima Staryn per poi passare al fratello, che stava trattenendo la carta pergamenata con violenza.

“Naell ci avverte del pericolo, del tradimento di Korissar e dell’avvicinarsi di un esercito ad Akantar e…” mormorò Staryn, prima di reclinare il viso e parlare con un groppo in gola. “...Enyl è tenuta prigioniera. Non sappiamo come, solo che Rannyl non riesce a comunicare con lei. Tu sai che significa, zio?”

Aggrottando pericolosamente la fronte, Aken ringhiò: “So che quei due ragazzi ci hanno tenuto nascoste un bel po’ di cose, a quanto pare, ma ora non mi interessa quante gliene dirò per questo. Se Enyl non può usare la freoha per liberarsi, ci sono di mezzo forze davvero potenti.”

“Quando metterò le mani attorno al collo di Korissar, lo farò urlare così tanto da farlo diventare afono, e questo sarà solo l’inizio” minacciò roco Ruak, risollevandosi a fatica con l’aiuto di Staryn e Aken.  “A quanto pare, muoveremo davvero verso Akantar, ma con ben altre motivazioni.”

“Basteranno cinque giorni? O sarà troppo tardi?” mormorò Aken, ansioso.

“Dovranno bastare, a costo di mettere ai remi tutti i soldati per accelerare i tempi” ringhiò Ruak, gettando a terra la missiva con rabbia. “Non resterà nulla di quel traditore.”

 

 

 

 

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Mary P_Stark