Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: Greenfrog    11/02/2013    4 recensioni
"Le foglie ingiallite rappresentano l'autunno con tutta l'incertezza e la malinconia delle creature che ci abbandonano per sempre."
Che cos’è l’autunno? E’ un lento sfrigolio di verdure arrostite in cucine arancioni; è lo stridio delle ruote nelle strade la mattina presto; è l’arancione, il rosso e il giallo; sono le foglie che scricchiolano sotto le suole; le caldarroste per strada che impregnano ogni cosa di loro; è l’odore di piaggia e di erba tagliata; è il the con i biscotti alle cinque di pomeriggio; è la malinconia e i sospiri davanti alla finestra; è la felicità fatta da piccole cose; è uno stato d’animo; è un’attesa per qualcosa che alla fine non arriva quasi mai; sono io. Sei tu.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A




Salve a tutte. Ancora grazie infinite per le recensioni e per chi ha messo la storia tra le
ricordate/seguite/preferite. In questo capitolo appare Jase per la prima volta, spero vi piaccia,
e un personaggio che a me affascina molto. Spero sia lo stesso per voi. Ci tengo a ricordarvi, ancora
una volta, che Harry comparirà dopo un pò. Ancora grazie. Un bacio e buona lettura.

Green xx



Image and video hosting by TinyPic




Percorro il viale alberato in religioso silenzio, ascoltando il fruscio delle foglie trasportate dal vento e le gomme che bruciano l’asfalto nelle strade. Mi piace questa via, è tranquilla e serena, silenziosa.

Casa di Jase è simile alla mia, ma leggermente più piccola, nonostante siano di più in casa. Non stanno stretti, che sia chiaro, a loro va bene così, e anche a me.
Neanche finisco di percorrere il vialetto d’ingresso che Jenny, la madre di Jase apre la porta e mi sorride insonnolita.

-Mi ha detto che eri sul vialetto, è in camera sua-

Le sorrido di rimando, come ho detto, il rapporto mio e di Jase è profondissimo, da togliere il fiato, succede sempre così, ci accorgiamo prima di qualsiasi cosa, semplicemente sappiamo dove è l’uno e dove è l’altro, è una cosa che abbiamo dentro, nello stomaco, negli occhi, nel cuore, ci scortica vivi e allo stesso tempo ci nutre e ci salva, siamo la salvezza l’uno dell’altro.
Salgo le scale e mi dirigo verso la stanza più a ovest della casa, esattamente nel lato opposto di dove si trova la mia. Apro la porta e la richiudo alle spalle, rabbrividisco, è tutto buio, io odio il buio assoluto, mi fa venire ansia, prurito al cuore, un prurito che mi graffia, mi fa sanguinare, mi ferisce rendendo ancora più profonde cicatrici mai rimarginate nonostante il tempo. Mi avvio alla finestra, alzo la serranda e spalanco le ante. Sento il respiro regolare di Jase, troppo lieve perché stia davvero dormendo. Mi seggo sul bordo del letto e gli bacio la fronte.

-Buon giorno-

Lui continua a tenere gli occhi sigillati io sospiro, neanche mi muovo che lui tuona

-NON FARLO! SARAH, TI UCCIDO!-

Io rido e gli tolgo le coperte di dosso e nello stesso momento una folata di vento entra violenta nella camera. Lui rabbrividisce e si rannicchia su se stesso, continuando a tenere gli occhi sbarrati

-Tu vuoi farmi ammalare vero? Non mi sveglio, non l’avrai vinta-

Dopo che borbotta queste parole scoppio a ridere

-Sei già sveglio ritardato! E si, preferisco farti ammalare che vederti tutto il giorno disteso su questo dannato letto a non fare nulla!-

-Sarah! Per l’amor di dio, non sono neanche le sette! Ci sarà una domenica in cui mi lascerai dormire almeno fine alle otto? Non chiedo tanto, solo le otto!-

Così dicendo si copre la testa con il cuscino, io ridacchio divertita

-Oh Jase, su, non costringermi a buttarti giù dal letto! E poi è anche per te se ti sveglio così presto, serve da allenamento per i giorni in cui ti devi alzare per la scuola!-

Lui mi tira il cuscino in faccia e si alza scocciato

-Ti odio! Non smetterò mai di ripetertelo! –

-Stai urlacchiando come una donna mestruata!-

Gli urlo dietro un secondo prima che faccia sbattere la porta del bagno con forza. Aspetto che il rumore scrosciante della doccia si sia arrestato per entrare. Jase è avvolto dall’accappatoio e si sta scuotendo i capelli gocciolanti. Se fossi una di quelle ragazze che gli stanno dietro elogerei la sua bellezza e gli salterei addosso, ma non lo sono quindi scoppio a ridere

-Sembri un cane se scuoti i capelli così!-

Lui mi guarda e scoppia a ridere a sua volta

-Riesci sempre a rovinare tutti i miei tentativi di apparire sexy!-

-Ma smettila! E vedi di fare in fretta … JASY!-

Lui sgrana gli occhi
-Come mi hai chiamato?!-
Io ricomincio a ridere e scappo, mentre lui tenta di afferrarmi, non ci mette molto, sono una schiappa a correre, mi afferra e inizia a farmi il solletico

-Ja..Ja.. Jase… ti prego smettila!- sono le uniche parole che riesco a soffiare mentre rido e mi dibatto come un’idiota

-E tu smetti di chiamarmi in quel modo orribile! Non avrei mai dovuto dirti che mia nonna mi chiama in quel modo!-

-Ok,ok, hai vinto, la smetto-

Crollo a terra sfinita senza smettere di ridacchiare. Jase mi scavalca ridendo e va a cambiarsi. Non so precisamente quanto rimango sdraiata su questo pavimento a fissare il vuoto, sto comoda, quindi non ho alcuna intenzione di alzarmi, so solo che il mio migliore amico ha finito e si sta avvicinando a me, sento i suoi passi leggeri rimbombare nel pavimento e già so com’è vestito, felpa grigia, jeans, converse, rosse molto probabilmente. Sento il suo corpo stendersi accanto al mio.

-A volte, quando sono da solo a casa, mi distendo su questo punto e fisso il soffitto, pensando a qualsiasi cosa e a nulla nello stesso momento, mi rilassa, mi fa sentire leggero-

-Lo so-

Rimaniamo così, forse per anni, secoli, millenni, fino a che sento la caffettiera fischiare, probabilmente Jenny si è rialzata e ha deciso di farsi un caffè.

Mi alzo e con Jase usciamo di casa, ripercorriamo il viale alberato in silenzio, ma, invece di continuare dritto per casa mia svoltiamo a destra.
Finiamo in una via grigia e puzzolente, avanzando un po’ c’è un ristorante cinese gestito da due signori vecchissimi, immigrati qua da venti anni, su per giù. Noi ci divertiamo a provare ad indovinare la loro età e un giorno, un paio di anni fa, Jase urlò, mentre eravamo sopra un albero “Porca miseria! Questi due sono più decrepiti di Albus Silente!” Io caddi dal ramo in cui mi ero arrampicata e quando lui si fiondò verso di me preoccupato mi ritrovò rannicchiata su me stessa, a tenermi la pancia, con le lacrime agli occhi dalle risate e si unì a me poco dopo, entrambi per terra, sporchi di fango, che ridevamo sguaiati al cielo. Penso che quello sia stato il giorno in cui ho riso di più in tutta la mia vita.

Siamo arrivati all’altezza del ristorante, sento gli odori della   cucina già in funzione e mi brontola la pancia. Jase non dice niente, si limita a guardarmi divertito, sa che ho un debole per quel posto. Aggiriamo il locale e ci ritroviamo,da un lato, la porta secondaria del ristorante e la spazzatura con i resti della cena, dall’altro una bassa recinzione mezzo spaccata. Il mio amico la scavalca con facilità e mi tende la mano per aiutarmi.
La afferrò e mi butto dall’altro lato, per un soffio non faccio impigliare il mio maglione nel filo spinato, sospiro di sollievo. Non ci molliamo le mani e ci incamminiamo in un vialetto grigio di terra battuta. Poco a poco si trasforma in un prato luminoso e solitario, pieno di fiori e coccinelle e, qua e là, qualche albero solitario. Abbiamo trovato questo posto all’incirca cinque anni fa, dopo un pranzo particolarmente sostanzioso al ristorante cinese; subito dopo essermi alzata da tavola avevo decretato il mio terribile desiderio di sdraiarmi su un prato in solitudine e tranquillità per riuscire a digerire in santa pace le delizie appena trangugiate.
La signora Xiang, una dei due proprietari del negozio, mi aveva sentito e gentilmente mi aveva detto, parole sue testuali “A volte bisogna guardare dietro per trovare ciò che si desidera” io credevo fosse una delle massime poetiche che a volte tirano fuori le nonnette cinesi, Jase non la pensava allo stesso modo.
Dopo due giorni passati a tormentarsi e tormentare me su questa storia, siamo tornati al ristorante e, dopo aver mangiato due biscotti della fortuna, lui è corso dalla vecchietta a chiederle il significato di quella misteriosa frase. Lei si è limitata a sorridergli e dire “La soluzione, la maggior parte della volte, è molto più semplice e più vicina di quanto tu possa credere”. A quel punto gli occhi di Jase di sono illuminati e mi ha trascinata dietro il ristorante, appena girato l’angolo vedemmo la recinzione e lui si buttò dall’altra parte, quasi dimenticandosi di me. Appena scavalcai anche io, ci incamminammo, proprio come oggi, mano nella mano e, appena scoprimmo il prato ci mettemmo a ridere come due scemi.
Da quel momento in poi questo è il nostro posto. Non lo conosce nessuno oltre noi e i signori Xiang e non penso, data l’età, che loro continuino a venirci. Ci distendiamo nel centro esatto e Jase mi guarda

-Allora?-

-Allora che?- gli rispondo, mentre gioco distratta con dei fili d’erba.

-Lo sai-

Alzo lo sguardo e incontro i suoi occhi, abbasso il capo.

-Jase io…-

-No, Jase un cazzo! Devi smetterla, lo sai-

-Jase non decido io chi sognare! E poi a me non dà fastidio, mi piace, è un modo dolce di ricordarla-

-Bè, vedi di smetterla, mi sono scocciato di sognarla-

-Non è colpa mia se sogniamo le stesse cose- dico, ottusa, continuando a fissare imperterrita una stelo d’erba.

Lo sento sospirare, il suo respiro si fa più vicino.

-Sarah … lo sai. Non ce la faccio, io ci ho provato a sopportare questi sogni ma, scusami, non ci riesco-

-E’ mia sorella Jase, la mia gemella! Dovrei essere io a non reggere questi sogni, non tu! Perché sono così diversa? Così sbagliata? Dimmi cosa c’è che non va in me!-

Lui mi stringe forte al suo petto, circondandomi con le sue braccia calde.


-E’ diverso ,Sarah. Non siete mai state davvero gemelle, lo sai anche tu. C’era qualcosa di sbagliato nel vostro rapporto, nel vostro modo di essere, ne abbiamo parlato tante volte. Ti prego, non piangere, sai che mi si riempie tutto lo stomaco di tristezza, che il dolore mi scortica vivo quando piangi-

Mi aggrappo alla sua felpa come se fosse un’ancora di salvezza, e forse lo è.

-Shh, chiudi gli occhi- mi sussurra all’orecchio e io li chiudo, gli occhi.

Mi faccio cullare da lui verso l’oblio assoluto, l’oblio tanto agognato.










  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: Greenfrog