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Autore: Ginger01    11/02/2013    5 recensioni
[Dal Prologo]
Mi chiamo Victorie Weasley.
Sono per un quarto veela e, nonostante il mio aspetto, non ho mai avuto un ragazzo.
Durante la mia vita ho ricevuto milioni di lettere d'amore, dichiarazioni e fiori, ma io pensavo sempre e comunque ad una sola persona dagli strambi capelli blu e occhi color nocciola.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Teddy Lupin, Victorie Weasley | Coppie: Teddy/Victorie
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Buon salve!
Dunque dunque dunque...Si, ci ho messo tanto a scrivere, è vero, chiedo venia. Però mi piace tanto questo capitolo :3
Tanto tanto c: 
Non vi dico niente u.ù Vi dico solo di andare fino in fondo al capitolo, per pietà c':
E di lasciare una piccolaiccola recensioncina <3 
Lot of love;
Luna

 


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»Capitolo 11«

– Che Nargilli ci fai qui?! – esclami, sorpresa e felice di vederlo. Lui sorrise, un sorriso da malandrino che spesso spuntava anche su James – La McGranitt mi ha chiesto di venire come aiutante per il nuovo prof di difesa contro le arti oscure, che non è molto pratico. –
Sorrisi: cavolo, ero davvero fortunata! Gli corsi incontro e gli buttai le braccia al collo, incurante degli sguardi di tutti. Quasi lo feci cadere, ma Teddy si tenne prontamente al muro.
– Ehi, vacci piano... – mi sussurrò divertito. Io lo strinsi ancora di più – Mi sei mancato tantissimo. – gli rivelai, soffocando il volto nell'incavo della sua spalla e respirando il suo odore.
Lui rispose al mio abbraccio, stringendomi a sé e facendomi girare, provocandomi una risata.
Poi mi prese e mi baciò a lungo e dolcemente, come se volesse recuperare tutti quei giorni passati senza vederci.
– Anche tu mi sei mancata... – mi disse, quando si staccò e mi strinse di nuovo a sé.
Solo un tossicchio ci costrinse a scioglierci – Ehm, vorremmo salutarlo anche noi! – mi avvertì Claire, divertita. Teddy la fissò a lungo, con sguardo triste – Io...Mi dispiace, Claire. –
La vidi irrigidirsi, ma fece finta di niente – E di che? – domandò.
– Per Richard. In quanto suo migliore amico avrei dovuto spronarlo a dirtelo prima, o ad evitare che..accadesse. – disse, abbassando lo sguardo, vergognandosi di se stesso.
Lei lo abbracciò in silenzio, ma sentii dei leggeri singhiozzi. Si staccò quasi subito e si passò velocemente una mano sotto gli occhi, cercando di non farsi vedere dagli altri.
Sfoderò un sorriso tranquillo – Va tutto bene. – e se ne andò, correndo verso il nostro dormitorio.
Juliette la fissò andare via, poi si dedicò a Teddy – Ciao, Teds! – lo abbracciò.
– Ciao, Julie... – rispose lui, ancora un po' in colpa per la cosa di Claire.
Juliette si morse il labbro e mi fissò. Io annuii e lei andò di filata verso la nostra stanza, lasciandomi sola con un Teddy preso dai rimorsi.
– Ehi, Teds, non è colpa tua. Insomma, non potevi fare molto. E' stata una sua scelta. –
– No, è colpa mia, Vic. – mi disse, sedendosi. Non capivo.
Mi sedetti accanto a lui sul divano bordeux davanti al caminetto scoppiettante.
– Che...Che vuol dire che è colpa tua? – domandai, deglutendo. Gli presi le mani tra le mie.
Lui sospirò – Ero con lui, quando è stato con Allison. – confessò.
– Che intendi dire? –
Lui prese coraggio e mi raccontò tutto – Eravamo andati a questa festa di alcuni amici di Richard. C'era anche Mike. Siamo stati un po' insieme, abbiamo conosciuto alcuni babbani davvero simpatici. Ad un certo punto si è avvicinata questa Allison, la vicina di Richard, e gli ha sussurrato qualcosa all'orecchio. E' anche vero che era il quinto bicchierino di vodka che si scolava, quindi non era in sé. Ma avrei dovuto fermarlo. – mi fissò, cercando qualche segno di rabbia da parte mia. Ma nulla. Continuò – Mike gli chiese dove stesse andando, ma Richard se lo scrollò da dosso e gli rispose che andava solo in bagno, da solo. Ma quando tornò aveva la camicia abbottonata male e fu seguito subito dopo da Allison. Avrei dovuto fermarlo, Victorie. –
Gli strinsi una mano, in segno di conforto – Ehi, tranquillo. Non ne potevi sapere nulla, no? Non ti devi crucciare cosi tanto... – lui mi sorrise malinconicamente e premette le labbra sulla mia fronte.
– Hai ragione tu. Ora vado...Mi hanno riservato una stanza da professore, ci credi? – mi fece l'occhiolino. Io arrossii e lo fissai andare via, senza distogliere gli occhi dalla sua schiena.
Mi stiracchiai e cominciai a salire i gradini della scala a chiocciola, con la certezza che con Teddy quell'anno sarebbe stato tranquillo e meraviglioso.
Quanto mi sbagliavo.

Tutto mi sarei aspettata, tutto. Tranne quel ragazzo dagli occhi scuri e i capelli corvini che si trovava davanti alla cattedra, occhialini tondi sulla punta del naso.
– Buon giorno a tutti. Sono Colin Gelson, e sarò il vostro insegnate di pozioni per quest'anno. –

– Victorie! Ehi, Victorie! – non mi lasciava respiro.
– Mi dica, professor Gelson. – rispondevo sempre io, facendo finta di non conoscerlo.
– Mica devi avere questo tono con me, eh. Avanti, chiamami Colin, come quest'estate. – e mi diede una pacca sulla spalla. Rabbrividii pensando che ora avrebbe ricominciato a stalkerarmi. Tra l'altro era un mio professore ora, non potevo mancargli di rispetto.
– Mi scusi, professore, ma devo andare. – lo liquidai girando la schiena velocemente e sperando che i miei capelli gli arrivassero in piena faccia.
– Non mi piace che sia qui. – mi informò Juliette, quando raggiunsi lei e un'infreddolita Claire. Eravamo ad Ottobre e si gelava dal freddo.
– Neanche a me – sentenziai – Mi mette...ansia. –
Claire annuì, infilando il volto sotto la sciarpa rosso e oro. Le misi un braccio attorno alle spalle e sorrisi – Pensiamo a sorridere e a goderci la vita! – gridai, facendole ridere.
Proprio la reazione da me sperata.

– Secondo me dovresti cambiare corso. Insomma, non vorresti fare l'Auror? – mi chiese Teddy, camminando su e giù per la Sala Comune, facendomi girare la testa.
– Si...Ti stai un attimo fermo? Comunque si, vorrei fare l'Auror...Tu non staresti facendo il corso? – alzai un sopracciglio.
– Si, si infatti, e sono anche piuttosto bravo. Harry dice che in poco tempo potrei anche essere promosso subito. – mi informò orgoglioso.
Sorrisi – Bé, ce l hai nel sangue... – sussurrai, rendendomi conto che forse gli avrei causato dei pensieri tristi.
Infatti si rabbuiò un attimo. Mi morsi il labbro e abbassai lo sguardo: perché ero stupida?
– Scusami, Teds, non avrei... – lui si girò e mi abbracciò forte.
– Non importa, davvero. – mi sussurrò in un orecchio.
Annuii e gli accarezzai la schiena. Lui mi strinse ancora di più e mi sembrò quasi di sentire delle lacrime bagnarmi una spalla.
– Teds... –
– Sai, Vic, da piccolo odiavo i miei genitori. Sapevano che io ero a casa ad aspettarli, e si sono fatti uccidere. Li odiavo per avermi abbandonato. Ma poi Harry mi ha spiegato tutto, una volta grande abbastanza. Loro si sono battuti per me, per donarmi un futuro migliore, un mondo di pace in cui avrei vissuto tranquillo e senza pericoli, con o senza di loro. Pensavo che mi avessero dimenticato, che fossero morti solo per la gloria, invece sono morti per me. – respirò profondamente – Spero che siano fieri di me, ovunque siano. Spero che guardandomi da lassù sorridano e pensino “Ecco, quello è nostro figlio.” Spero...spero che mi amino ancora. – la voce gli si ruppe sull'ultima frase.
Mi staccai da lui per notare un piccolo luccichio sulla sua guancia. Gli passai una mano sopra di essa, asciugandogliela.
– Sono sicura che loro ti amino, Teds...Non devi avere questo dubbio. Loro ti amano e ti ameranno per sempre, capito? E sono fierissimi di te, Teddy, lo saranno sempre e comunque. – sorrisi e posai la fronte sulla sua.
– Avrei voluto tanto conoscerli, Teds, davvero. Soprattutto tua madre. Sai, mio padre dice spesso che le somiglio...Caratterialmente, intendo. Me l'ha sempre descritta come una donna coraggiosa, solare e...bè, un po' matta. Io vorrei tanto essere come lei, Teddy. Non vorrei prendere il suo posto, ovvio, ma solo...somigliarle. Però in una cosa sono sicura che siamo uguali: se mai capitasse una battaglia, o una situazione pericolosa...Combatterei e mi farei uccidere, per te. – si staccò un attimo da me, e io non ebbi il coraggio di alzare lo sguardo. Forse si era sentito offeso per essermi comparata a sua madre.
– Vic... – alzai gli occhi prima che lui mi prendesse il mento tra le dita e mi baciasse con passione travolgente, stringendomi a sé fortemente. Fu un bacio quasi infinto, ma quando si staccò mi abbracciò. Rimanemmo cosi, finché non lo sentii sussurrare – Ti amo. –
Sorrisi come un'idiota, dietro la sua spalla. E non ci potei fare niente, una lacrima di gioia mi scese dalla guancia.

– Victorie, Victorie! – il professor Gelson mi chiamò, dietro di me. Mi fermai e sospirai esasperata.
Mi girai verso di lui che, trafelato, mi raggiunse, sorridendo.
– Si, professore? – chiesi, fredda come un ghiacciolino e guardandolo storto.
– Ti ho detto mille volte di chiamarmi Colin...Andiamo, Victorie... – mi sfiorò un braccio facendomi rabbrividire.
– Professore, penso che mi debba lasciar andare... – dissi a denti stretti, cercando di andarmene, ma lui mi bloccò per un polso.
– Victorie, dai, chiamami Colin! – cercai di strattonarmi ma niente, non ci riuscii.
Finché una presa forte mi afferrò dalle spalle staccandomi da quell'uomo inquietante.
– Ha detto di lasciarla stare. Ci senti, Gelson? – la voce tagliente di Teddy mi sorprese.
– Oh, scusa, Lupin. – lo freddò Colin – Ma penso che Victorie possa difendersi da sola. – e mi fissò.
Io lo squadrai – Bene, allora a mia difesa lascerò il corso di Pozioni. Piuttosto faccio Erbologia. – sibilai. Sembrò esserci rimasto davvero male e, dopo un'occhiataccia di Teds, girò i tacchi e se ne andò.
– Mi sento un po' in colpa... – dissi, mordendomi un labbro.
Teddy strinse la sua presa sulle mie spalle – Non lo fare. Quello è...pericoloso. –
Annuii: magari non era molto pericoloso, ma solo...Solo? Però mi faceva un po' paura.
Come prima cosa andai di filata dalla McGranitt che mi spostò con entusiasmo a Trasfigurazione Avanzata, materia complicatissima ma affascinante. Teddy era più felice di me, e cosi mia madre che finalmente vedeva in me un po' di interesse nello studio. Se avesse saputo che storia c'era dietro e le mie vere motivazioni...Per fortuna anche Claire, tra tutti i suoi numerosissimi corsi, frequentava Trasfigurazione.
– Come mai questa scelta? – mi sussurrò, alla mia prima lezione.
– Colin. – dissi a denti stretti, cercando di non farmi sentire dalla professoressa.
– Ah. – rispose lei, allo stesso modo. Rimanemmo un po' in silenzio a cercare di seguire la lezione. Claire prendeva appunti freneticamente, in cinque minuti aveva già riempito due pagine di pergamena, io due righe. E scrivevo grande.
– Ma che nargilli... – sbuffai, le mani tra i capelli, quando la professoressa finì la lezione. Avevo un mal di testa assurdo.
– Bé,io ho capito tutto. Quasi quasi mi farò interrogare. – disse soddisfatta Claire. Io la fulminai – Hai capito tutto?! Io un cavolo. UN CAVOLO! Oddio dio... –
Lei mi posò una mano sulla spalla e mi sorrise – Dai, ti aiuto io. Devi solo prenderci la mano e ti ritroverai benissimo, vedrai. – annuii sconsolata e mi trascinai verso l'aula di Difesa contro le Arti Oscure. E appena entrai mi ritrovai in un'aula piena di ragazze.
– Ma che nargillii..... – esclamai, ritrovandomi davanti tutte quelle fanciulle.
Mi avvicinai ad una ragazza di Tassorosso – Ehm, scusa, come mai siamo praticamente solo ragazze? – lei, con occhi sognanti, mi rispose – Ma come, non lo sai? Il nuovo tirocinante del prof....E' un tale figo! – Alzai un sopracciglio. Claire mi sorrise e cercammo di raggiungere un banco vuoto.
– Bene, per favore, seduti. – il professor McAbbie, un mago sulla sessantina, un po' cicciotto, con capelli bianchissimi e occhiali a mezzaluna sul naso tondo, pose la sua cartellina sulla cattedra.
Subito dietro di lui comparve Teddy: capelli blu scompigliati, occhi luminosi, vestito stranamente in giacca e cravatta, piuttosto nervoso. Scrutò la classe e, non appena mi vide, sorrise dolcemente, provocando un sospiro alle mie compagne. Assunsi un'espressione sconvolta alla reazione delle altre, che fece ridacchiare Teds. Lo fulminai con lo sguardo e cercai di concentrarmi sulla lezione.
Il professore era un exAuror, non aveva combattuto spesso, anzi, aveva passato la maggior parte della sua carriera a lavorare in ufficio. Cosi Teddy, che era fin da piccolo stato allenato da zio Harry e zio Ron, e che era riuscito a passare al primo colpo il test per Auror subito dopo il diploma, doveva aiutarlo a dire qualcosa di sensato e giusto. Ogni volta che parlava qualcuna ridacchiava, arrossiva, sospirava. Anche Claire rideva, ma più per le mie espressioni che per altro. Ad un certo punto la vidi sparire dietro il banco, piegata in due, la mano sulla bocca per soffocare le risate. Le diedi qualche pacca sulla schiena, sperando che nessuno la vedesse. Sorrisi debolmente: aveva ricominciato a ridere, almeno. Presi appunti freneticamente, distraendomi dalle considerazioni che sentivo arrivare dai banchi vicini. “Per Morgana” pensai “Potrebbero anche evitare di fare certi pensieri...” McAbbie era abbastanza a disagio, nessuno lo considerava, eccetto me e ogni tanto Claire che spesso tornava a ridere. Quindi il Professore faceva praticamente lezione solo a me.
– Clarisse, potresti smetterla di ridacchiare? – le dissi a denti stretti, stanca della sua risatina nelle orecchie.
– Scusa, Vic, ma questa situazione è troppo esilarante! – sussurrò lei, soffocando le risate.
Alzai gli occhi al cielo e li posai su Teddy che, seduto accanto alla scrivania del professore, faceva viaggiare i suoi dal libro al professore e poi su di me. Quando incrociò i miei sussultai e sorrisi debolmente, arrossendo. Lui rispose al sorriso in modo dolce e in poco tempo mi ritrovai gli sguardi assassini delle mie compagne addosso.
– Va bene, per la prossima volta portatemi un rotolo di pergamena come riassunto della lezione. – disse il professore. Tutte li lanciarono un'occhiata sbalordita. Sorrisi: ero la sola ad aver preso appunti. Le ragazze lasciarono l'aula discutendo su come il professore fosse stato cosi ingiusto nel lasciare come compito una cosa tanto difficile. Si, difficile se passi tutta l'ora a fissare un ragazzo.
E il ragazzo in questione si stava dirigendo verso di me.
– Bé, presi appunti? – mi chiese malizioso. Raccolsi i miei fogli sparsi sul banco e li sbattei sul ripiano per sistemarli in un pacco regolare.
– Si, effettivamente si, Auror Lupin. – lo canzonai, scoccandogli un'occhiatina divertita.
Lui mi si avvicinò e mi diede un lieve bacio sulla punta del naso.
– Bé, Signorina Weasley, non ha Storia Della Magia ora? –
Mi morsi un labbro – Per tutti i Nargilli, vero! – mi alzai di scatto, presi la mia borsa e corsi alla porta. Prima di varcarla mi girai e sorrisi al ragazzo dai capelli blu – Ci vediamo! –

Si dice che se senti freddo devi stare vicino alla persona che ami, allora il calore del vostro amore di riscalderà. Non so, dovevo averlo letto da qualche parte. Ma a quanto pare non era un detto molto valido. Claire aveva freddo. Ma lei non poteva riscaldarsi. Natale era alle porte, e cosi il primo anniversario mio e di Teddy. Non potevo credere che era già passato un anno. Un anno splendido. Natale era alle porte e si sentiva che gli studenti erano elettrizzati all'idea di tornare dalle famiglie.
Natale era alle porte e io avevo paura. Paura di un certo giovane professore di pozioni.
– Mi sta seguendo, vero? – sussurrai a Juliette, che si stava beatamente mangiando un bastoncino di zucchero.
Lanciò un'occhiata dietro le mie spalle – Mh...Si... – mi avvertì, tornando al suo bastoncino a righe rosse e bianche. Deglutii: cavolo, doveva finirla però. Decisi di fermarmi e di affrontarlo – di nuovo – e di farla finita con quella storia inquietante dello stalking.
Mi fermai di colpo immezzo al corridoio e mi girai: eccolo là, che faceva il vago fissando i bastioni del castello.
Mi avvicinai – Le serve qualcosa, professor Gelson? – chiesi freddamente.
Lui mi squadrò da capo a piedi poi scosse la testa ma si avvicinò al mio orecchio.
– Soltanto, buon Natale, Victorie. – mi sibilò, sorridendo maliziosamente, quindi si incamminò dalla parte opposta a me, lasciandomi in piedi tra gli studenti che affollavano il corridoio, lasciandomi con un orribile sensazione addosso. Non so come, ma cominciai a muovere i piedi in una direzione sensata e, senza accorgermene, mi ritrovai in riva al lago nero. Qui mi accovacciai, abbracciandomi le ginocchia, fissando il lago che si andava congelando. Il vento gelido invernale mi scompigliava i capelli, pizzicandomi il viso. Mi strinsi tra le spalle e mi sistemai il mantello, in modo da non sentire tanto freddo. Ma niente. Mi morsi un labbro, ripensando a Colin: perché non mi lasciava in pace? Perché dopo tutte le volte che io e Teddy lo abbiamo cercato di convincere a lasciarmi stare lui continuava? Non riuscivo più a sopportare quella situazione. Non ci riuscivo. Sbuffai, esasperata da quella situazione. Non ce la facevo più. Mi avvicinai alla riva del lago, cosi vicina da avere la punta della scarpe nell'acqua. Presi qualche pietra e me la infilai nelle tasche. Attraversai il ponticello di legno e mi ritrovai più o meno al centro del lago. Stavo per lasciarmi cadere nelle acqua gelide, non volevo più vivere con quel supplizio, quando qualcuno mi bloccò.
– Ehi, ma dico, sei matta o cosa? – i sassi mi caddero dalle tasche per andare a finire in acqua.
Sbuffai e mi girai verso la mia salvatrice o salvatore.
Mi si presentò davanti Carol, la mia amica Serpeverde, i capelli ricci e rossi che incorniciavano il volto pallido e gli occhi verde acceso, e accentuavano le lentiggini che le ricoprivano il nasino all'insù. I selvaggi capelli rossi erano legati in una coda alta ma lasciavano fuggire un piccolo ricciolo sulla fronte. Lo sguardo era sconcertato e mi fissava sbalordita.
– Che cavolo pensavi di fare? – mi gridò in faccia, facendomi sussultare. Mi morsi un labbro e alzai le spalle – Non ce la faccio più. – sussurrai, abbassando lo sguardo.
Lei mi guardò torva – In che senso? – mi chiese, d'un tratto apprensiva.
– Hai presente il Gelson? –
– Il prof di pozioni? Oddio, non sai quanto mi inquieta quell'uomo...Uomo, ha solo due anni più di noi...Come avrà fatto a diventare professore? – domandò rabbuiandosi.
Alzai le spalle – Pare che suo padre sia un personaggio piuttosto influente e, avendo il figlio avuto ottimi voti in pozioni ha pensato bene di mettercelo come prof. Il fatto è che...Mi stalkera. – conlcusi.
Lei rimase spiazzata, ma neanche quanto mi aspettavo – Ah. – disse semplicemente.
Alzai un sopracciglio – Carol, non mi sembri granché sorpresa. – lei si morse un labbro – E' già successo. – mi rispose.
Mi sedetti incrociando le gambe sul ponte ligneo – Dimmi tutto. –
Lei mi si sedette davanti, lo sguardo basso – Fino a...due anni fa? Gelson seguiva un'altra ragazza... – disse, alzando gli occhi su di me – Me. – concluse. Il vento ci scompigliò i capelli.
– Quindi...Non è vero che mi segue da sempre... – lei socsse la testa.
– L'anno sorso ha smesso. Per fortuna. Stavo per andarlo a denunciare. Penso ti abbia cominciato a notare quando hai battuto i Tassorosso nella prima partita dell'anno scorso. Era la prima a cui anche lui aveva partecipato come portiere. –
Ricordai quella partita, e il portiere giallo-nero: era davvero una schiappa.
– Ok...Ma cosa hai fatto tu in quei due anni? –
– Cercavo di evitarlo, delle volte l'ho affrontato ma lui non demordeva. E sembra non lo faccia neanche con te. – aggiunse, alzando le spalle.
Annuii. Lei mi fissò intensamente – Non sei l'unica, sai? In questi ultimi tempi sta cominciando a seguire una mia compagna, Natasha Zalinski, suo padre è russo. –
Alzai un sopracciglio – Quindi mentiva anche dicendo che era innamorato di me. –
Lei annuì – Quest'estate ha anche cominciato a stalkerare una Corvonero, Linda Berry. Madre spagnola... – disse, lasciando in sospeso l'ultima frase e fissandomi con ovvietà.
– E quindi? – chiesi, non capendo cosa mi volesse dire.
Lei alzò gli occhi al cielo – Victorie! Segue ragazze dal sangue “misto”! –
Tutto mi si cominciò a fare più chiaro – Già! – esclamai.
– Insomma, io sono irlandese, tua madre è francese, il padre di Natasha è russo, la madre di Linda è spagnola...Ho paura per quella tua amica, Claire, non ha parenti canadesi? Questo è un fissato. E so anche di un'altra ragazza, penso proprio sua compagna, indiana. –
Mi si raggelò il sangue nelle vene: che cosa orribile.
– Che...Che viscidume! – esclamai, non riuscendo a trovare un aggettivo migliore.
– Già...Dobbiamo fare qualcosa. – concluse, mordendosi un labbro.
Annuii – Si, vero...Ma cosa? E' persino intervenuto Teddy una delle ultime volte in cui l'ho affrontato...
Carol alzò il viso verso il cielo sbuffando e producendo quindi delle nuvolette – Serve un piano. – disse infine, tornando di scatto a fissarmi, con una lucina negli occhi e un sorrisetto ambizioso, proprio da Serpeverde, che mi incuriosì talmente, da farmi sorridere quasi allo stesso modo.

– Che cosa avete intenzione di fare? – Natasha Zalinski, occhi azzurro ghiaccio, quasi come i miei e lunghi capelli rosso fiamma, labbra carnose, fisico da modella e un delizioso neo appena sopra il labbro superiore. Ci credo che Gelson le andava dietro.
– Ancora non lo sappiamo con certezza, ma quel maniaco del sangue misto la semetterà. – ghignammo io e Carol, scambiandoci un'occhiatina complice.
– Ci sto. – disse infine Natasha, scostandosi i capelli con un colpo di spalla e sorridendo.
– Perfetto. Sai dove troviamo Linda Berry? –
– Corvonero, giusto? Anche lei una vittima? Di sicuro in biblioteca, ha già la fifa per i MAGO. –
Ci scambiammo un'occhiata d'intesa – Ok, io vado in biblioteca. – disse Carol, conoscendo il mio esteso amore per i libri – Tu non so...Avverti la tua amica Claire, quella mezza canadese...Oppure va dal tuo Teds. – disse ammiccando e facendomi arrossire.
Annuii e la guardai andare via, verso la biblioteca. Mi stiracchiai allungando le braccia sopra la testa e scrocchiando per bene la schiena. “Ok, prossima mossa: mh...Sala Comune.” pensai, indecisa sul dove andare. Poi considerai il fatto che la squadra di Grifondoro non si era ancora allenata. E ciò non andava bene. Cosi mi diressi verso lo studio della Preside, la professoressa McGranitt.
Mi incamminai verso il Grifone dorato ma, arrivata lì davanti, non seppi la parola d'ordine.
– Morgana. – sbuffai, esasperata. Il Grifone scricchiolò, facendomi sobbalzare, e cominciò a girare, rivelando una scala a chiocciola. Esterrefatta, cominciai a salire gli scalini, fino a raggiungere una grande porta di quercia.
Bussai – Ehm, scusi, professoressa? Sono Victorie Weasley. Si può? – domandai, titubante.
– Vieni pure, signorina Weasley. – disse la voce dalla stanza. Aprii la grande porta ed entrai nell'ufficio della preside. Non vi ero mai stata, quando chiedevo per gli allenamenti la trovavo sempre nelle aule o in Sala Grande a discutere con qualche altro professore.
Era seduta davanti ad un'ampia scrivania affollata di carte, penne e calamai, libroni polverosi e pergamene scarabocchiate. Sulle pareti milioni di quadri, raffiguranti i vari presidi di Hogwarts.
– Oh, e così questa è la figlia di William Weasley e Fleur DeLacour (Nda: si, l'ho scritto male, vero? c.c) Ma bene, somigli molto a tua madre, sai? – commentò il ritratto di un uomo anziano, lunghi capelli argentei e occhialini a mezza luna sulla punta del naso. Lo riconobbi: Albus Silente, il famoso preside di Hogwarts di cui mio padre parla sempre.
– Ho avuto l'onore di conoscere anche tuo cugino, James Potter. Ah, quel ragazzo, tutto suo padre e suo nonno. –
– Jamie è già finito in punizione? – esclamai d'un tratto, dimenticandomi di dove mi trovassi.
– Ah si, è davvero un Potter. – aggiunse la McGranitt alzando lo sguardo su di me.
– Ehm, scusi, professoressa. Le volevo chiedere se potevo avere il permesso per il campo di Quidditch per domani mattina, prima delle lezioni. –
Lei mi sorrise cordialmente – Si, te lo faccio subito. Dammi un attimino, signorina Weasley. –
Mi guardai incuriosita attorno, soffermandomi soprattutto su Silente, che mi sorrideva dolcemente.
– Allora, Victorie, giusto? – annuii: com'era strano parlare direttamente ad un ritratto.
– Di carattere mi sembri proprio una Weasley, dico bene? – disse, guardandomi da sotto gli occhiali.
Annuii calorosamente – Si signore, e fiera di esserlo. – aggiunsi, gli occhi che luccicavano.
– Quindi tu hai la sfortuna di essere la nipote di Harry Potter. – disse un'altra voce alle mie spalle. Mi girai ed eccomi di fronte ad un uomo dai capelli neri, unticci, naso adunco e sguardo arcigno.

Eppure mi dava l'impressione di un uomo sensibile che forse aveva sofferto tanto.
– Si...Signore. – lessi la targhetta dorata al di sotto del ritratto: Severus Piton.
– Severus! – esclamai, facendo sobbalzare il personaggio all'interno della cornice.
– Ehi, non ti hanno insegnato a non urlare e a dare del voi alle persone più grandi? – mi rimproverò.
Abbassai lo sguardo, imbarazzata – Io...Mi scuso, professore. E' che mio cugino Albus, di secondo nome fa Severus. Lui è Albus Severus Potter. – lo informai, imbarazzata.
Piton sembrò spiazzato da quella notizia e fissò Silente, che invece gli rivolse un'occhiata dolce e sorrise.
– E...Ed è contento di portare questo nome? – mi domandò, la voce ridotta ad un sussurro.
– Bé, non gliel'ho mai sentito dire apertamente ma si, professore. Da piccolo era un po' triste perché gli altri bambini lo trattavano male...Comunque sono nomi strani, senza offesa... – aggiunsi, riabbassando lo sguardo – Ma zio Harry gli ha sempre detto che i nomi dei personaggi che porta sono importanti. Sono i nomi dell'uomo più saggio – e fissai Silente – e dell'uomo più coraggioso che abbia mai conosciuto. Cosi dice sempre. – conclusi, guardando Piton che mi sembrò d'un tratto commosso.
– Io... – era senza parole. Silente scosse la testa, anche lui commosso, un sorriso così dolce sul volto – Che caro ragazzo... – sussurrò. Rimasi un po' sorpresa dalla reazione dei due presidi, finché la McGranitt non mi diede una pacca sulla spalla, distogliendomi dal fare avanti e indietro con la testa per guardare i due quadri.
– Ecco qua, signorina Weasley. Il suo permesso. – disse, porgendomi una pergamena. Anche lei aveva gli occhi lucidi. Annuii un po' stranita, mi congedai dalla professoressa e dai due presidi che mi salutarono cordialmente.
Lasciai lo studio della Preside con una strana sensazione addosso.

– Jamie. – dissi, appena entrata nella Sala Comune e trovandolo seduto davanti al camino con Rose, Stavano giocando agli scacchi dei maghi, con i pezzi di Rose, ereditati da zio Ron.
– Victorie! Sto stravincendo, alla faccia del cervellone di famiglia! – disse tutto soddisfatto, ricevendo una smorfia da Rosie.
Mi sedetti davanti a loro e, con sguardo serio, lo fissai dritto negli occhi castani – James Sirius Potter. E' vero che sei finito in punizione dopo due sole settimane di scuola? –
Diventò pallido come un cencio, il mio povero cuginetto.
– Ehm, io, bè...Ehm, forse... – sudava freddo, e a stento mi trattenni le risate.
Mi alzai e lo abbracciai, scompigliandoli i capelli – Bravo cuginetto! –
Lui non poteva crederci – Ma, ma io pensavo che tu fossi...arrabbiata con me! –
Sorrisi – Ma che arrabbiata, caso mai fiera! Mi hai battuto: io sono stata messa in punizione un mese dopo! Batti il cinque! – incredulo, ma felice, James mi battè il cinque e cominciammo a ridere sotto gli occhi esterrefatti di Rose.
– Non ci vedo molto di positivo nell'essere messi in punizione una settimana dopo la scuola. – puntualizzò lei, cominciando a mettere in ordine i pezzi degli scacchi.
Io e James ci fissammo, scambiandoci un'occhiatina d'intesa. Afferrammo i cuscini bordeux sul divano e, mentre nostra cugina ci dava le spalle, la attaccammo.
– Ah, ben di sta, sotuttoio! – gridò Jamie, mentre io ridevo.
– Ehiehiehi! Che è questa confusione? – gridò Juliette, scendendo le scale del dormitorio. Non appena vide la scena assunse un'espressione impagabile, un misto tra la risata e lo stupore.
Le lanciai un cuscino e, visto il suo spirito competitivo, non esitò ad afferrarne un altro e a tirarmelo in piena faccia.
– Weasley! Non ci provare mai più! – gridò, facendo distrarre Rose che venne buttata a terra da James.
Qualcuno oltrepassò il ritratto – Ehm... – un tossicchio ci fece interrompere la lotta.
– Salve. – disse Teddy Lupin, un bicchiere di latte caldo in mano, dei libri sotto braccio e un'espressione divertita.
– Ciao, Teds! – lo salutò euforico James, con delle piume candide tra i capelli corvini e scompigliati.
– Ciao, Jamie...Che state facendo? – chiese, trattenendo le risate, riferendosi più a me e a Juliette, che dovevamo essere le più mature, che agli altri due.
– Noi? Oh niente, insegnavo a questi due una tecnica di Quidditch... – risposi vaga, togliendomi qualche piuma finita anche tra i miei capelli.
Lui alzò gli occhi al cielo, sorridendo – Va bene... – disse, incamminandosi verso la scala del dormitorio. La McGrannit gli aveva concesso di dividere al sua vecchia camera con due ragazzi del settimo anno che però conosceva bene. Era come se non se ne fosse mai andato, ma era palese che sentisse la mancanza di Mike e Richard. Mi morsi un labbro fino a farlo diventare bianco: volevo fare qualcosa. Cosi, senza pensarci, presi il cuscino che tenevo in mano e che stavo per tirare in faccia a Rose e lo lancia contro Teddy, colpendolo in pieno petto, da brava battitrice.
Lui rimase scioccato dalla mia azione e, con un sorrisetto divertito, mi fissò, mentre io facevo la vaga fischiettando e guardando il soffitto.
– Ah, la metti cosi, eh? – sussurrò, stringendo tra le dita il lembo di cuscino.
In pochi secondi me lo ritrovai addosso, a colpirmi con lieve violenza.
– Ehi! – gridavo io, mentre lui mi riempiva di cuscinate.
– Non puoi uccidere mia cugina! – esclamò James, fiondandosi sulla schiena di Teddy e rimanendoci appeso a mò di koala.
– Bravo, Jamie, forza! Combatti per me! – lo incitai io, mentre il piccolo marsupiale non demordeva, appeso alle spalle di Teddy che rideva e cercava di toglierselo di dosso.
– Ehi, piccolo koala, togliti un po'! – esclamò, ridacchiando.
Riuscì a staccarselo, lasciandolo cadere sul divanetto. James rideva come un matto, ma ad un certo punto emise un gemito di dolore.
– Ehi, Jamie, tutto bene? – chiesi, sfiorandolo. Era bollente. Teddy accorse subito ai piedi del divano.
– Cavolo...Victorie, va tutto bene...Tranquillo, James. – cercò di calmarlo, dandogli dei grattini sulla schiena.
– Teds...Fa male. – sussurrò James.
– Lo so, lo so, piccolo. Sono le prime volte. Andiamo. – lo prese in braccio sotto i miei occhi esterrefatti.
– Vicky, metti a letto Rose. Dopo ti spiego tutto. – accompagnai Rosie nel suo dormitorio, anche lei sconvolta dal comportamento di James.
– Vicky, sta bene, vero? – mi chiese, ansiosa.
Io alzai le spalle – Non so di preciso cosa abbia, Rosie, ma so che nelle mani di Teddy starà meravigliosamente. Tranquilla. Domani sapremo tutto. – sorrisi, cercandola di calmare. Lei si infilò sotto le coperte, annuendo.
– Notte, Vicky. – mi salutò, mentre lasciavo la stanza che divideva con altre due compagne, profondamente addormentate.
– Notte, Rosie. – le risposi, dirigendomi verso la mia camera. Juliette era già seduta, la schiena posata sul muro, respirava a fondo.
– Tutto bene? – le domandai, posandole una mano sulla coscia.
Lei mi sorrise – Si, si, tutto apposto. E' stata...l'emozione? Tuo cugino sta bene, vero? – mi chiese, ansiosa.
Sorrisi di rimando – C'è Teddy con lui, dovrebbe star bene. Tra poco vado a vedere che fine hanno fatto. –
Juliette annuì vigorosamente e solo allora notai una lettera tra le sue mani.
– E' di Michael? – chiesi, conoscendo già la risposta.
– Si, mi sta raccontando di come stanno andando i suoi studi per diventare Guaritore... –
Inclinai la testa, fissandola intensamente – Michael. Michael Poesy. Guaritore. Stiamo parlando dello stesso Michael Posey? –
Lei sorrise – Si, lo so, è strano...Ho sempre pensato volesse fare carriera nel Quidditch, ma a quanto pare quest'estate ha avuto una specie di attrazione verso la Medicina Magica, e ora sta cercando di entrare in una buona scuola. Sai io credo che ce la possa fare. –
– Io...Non metto in dubbio questo, lo sai. Semplicemente...Ero convinta volesse coltivare il suo sogno di entrare nella serie A di Quidditch... –
Lei alzò le spalle – A me basta che sia felice. – rispose, sorridendomi.
Annuii – Si, infatti, è questo quello che conta. – Claire, nel suo letto, emise un mugugno.
– Senti, Julie, io vado a vedere come sta James. Tu...Non aspettarmi alzata. – le dissi, scoccandole un bacio su una guancia e andando verso la porta.
– Notte! – le dissi, facendole l'occhiolino e prendendo le scale a chiocciola.
Non avevo idea di dove trovare Teddy e James. Non conoscevo incantesimi tali da poter trovare le persone. Non conoscevo metodi o altro...Non avevo assolutamente idea di come trovare quei due.
Poi, un lampo a ciel sereno mi passò in testa: la Mappa Del Malandrino.
Sapevo che Teddy l'aveva ricevuta da Harry quando era neanche al quarto anno, ricordo che delle volte andavamo di nascosto a Mielandia attraverso il passaggio segreto.
Ora il problema sarebbe stato intrufolarsi nella sua stanza. Prima i suoi compagni erano Mike e Richard, insomma, non era un problema. Mi morsi un labbro e mi feci coraggio, sperando vivamente che quei due non fossero in mutande. Salii le scale che conducevano al dormitorio maschile, dirigendomi verso la porta della exstanza di Mike, Richard e Teddy.
Che strana sensazione, sapere che i due ragazzi non erano più i compagni di stanza di Teddy. Loro tre erano inseparabili.
Feci più piano possibile, ma la porta non era ben oliata, non lo era mai stata, ed entrai di soppiatto.

“Ach” pensai “Forse avrei dovuto bussare...” vedendo i due Grifondoro seduti a terra a giocare a carte, imbarazzati e in pigiama.
– Ehm, scusate, scusate scusate...Sono la ragazza di Teddy e ehm devo prendere una sua cosa che mi ha chiesto... – mi giustificai, rossa in volto come un peperone, dirigendomi velocemente verso il baule di Teddy e rovistando. Chissà perché la mappa non voleva venire fuori, forse lo faceva apposta. Voleva farmi sentire ancor di più in imbarazzo? Mi sentivo gli occhi dei due ragazzi sulla schiena, ed era una sensazione a dir poco sgradevole.
Finalmente la mappa venne fuori e, trionfante, mi girai di scatto per andarmene.
Prima di varcare la soglia però, mi girai e, con il sorriso più cordiale che potevo fare, chiesi scusa – Scusate, ragazzi, e buona notte! – dissi, scendendo le scale.
Arrivai nella Sala Comune, dove tirai fuori la Mappa del Malandrino.
– Giuro solennemente di non avere buone intenzioni. – sussurrai, bacchetta alla mano.
Subito apparvero le famose parole della presentazione “LunaStorta,Codaliscia,Felpato e Ramoso, sono lieti di presentare la Mappa del Malandrino.” Sorrisi: quei quattro erano dei veri geni. Anche se il secondo, Codaliscia, era a dir poco un vigliacco. Pensai che in teoria ero imparentata con Ramoso. E, arrossi al solo pensiero, con Lunastorta, il padre di Teddy. Avrei tanto voluto conoscerlo. Scossi la testa e mi concentrai, cercando le due etichette che tanto ambivo a trovare.
Dopo minuti di ricerca, eccole: Teddy R. Lupin e James Potter, vicino al platano picchiatore.
Che ci facevano là? Infilai di fretta la mappa nella tasca e corsi fuori dall'edificio, sperando che né Gazza né Pix mi vedesse. Andai verso il Platano picchiatore, solo per vedere il riflesso blu dei capelli di Teddy scivolare dentro l'albero. Mi feci coraggio e mi fiondai nella fessura tra i rami contorti. Fu proprio un ramo a scaraventarmi a gambe all'aria sul prato morbido. Sbuffai, facendo volare una ciocca davanti agli occhi. Ero decisa ad entrare lì dentro e a seguire Teddy e James.
Con attenzione e ballando tra i rami vorticosi, riuscii a scivolare in quella fossa scura. Mi ritrovai in un ambiente polveroso, abbastanza da mettere in mostra le impronte che Teddy e James avevano lasciato. Le seguii ed entrai nella Stanberga Strillante, dove quasi un anno prima Teddy mi aveva ferito. Continuai a fissare le impronte, e notai con stupore che ad un certo punto le impronte umane erano solo due.
– Victorie! – mi chiamò Teddy, vedendomi arrivare. Era chino su qualcuno, o qualcosa, aveva la fronte imperlata di sudore e mi sorrideva.
– Che...succede? James sta bene? – chiesi, preoccupata.
Lui annuì – Si, è solo un po' spaventato. E' una cosa nuova, dopotutto. – cominciò, tornando di schiena rispetto a me.
– In che senso? – chiesi avvicinandomi.
Teddy si fece d'un tratto serio – Vedi, Victorie, il gene di James, del vecchio James, il nonno di James Sirius, ha saltato una generazione. –
Inclinai la testa, cercando di capirlo, ma non ci riuscivo – Ehm...In parole povere? Che vuol dire il gene di James? – domandai, fissandolo come se fosse un alieno.
Lui mi sorrise – Intendo il gene di Animagus. James è un animagus. – mi annunciò, spostandosi e rivelando, in quell'angolino buio, un piccolo cervo dalle corna accennate che mi fissava, con quei suoi occhioni scuri che riconobbi subito, con sguardo impaurito.

 


~Angolo Autrice
Da da da daaaan.......Ebbene si, James Sirius ha ereditato il gene di animagus di James! 
Giàgià u.u Ho sempre pensato che James Sirius dovesse somigliare al vecchio James, e anche in quelle poche righe dell'Epilogo in cui la Rowling lo ha descritto un pò e lo ha fatto parlare, era come se il vecchio James si fosse reincarnato nel nipote...E quindi <3
Io amo i Malandrini <3
Bé, che ne pensate in generale di questo capitolo? Rileggendolo mi sono un pò inquietata sul fatto di Colin...Maniaco del sangue misto D:
Ebbene...Spero lasciate una recensione <3
Un bacione;
Luna


 

  
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