I promise,
I won't let you down,
if you take my hand tonight,
I promise,
We'll be just fine,
if you take my hand tonight
[Simple Plan, Promise]
10 gennaio,
Ore 10.25 (orario locale),
Stanza di Geogre Hamilton e Isabella Harmful
Luce. Tanta luce. Come quella della domenica mattina, quando
non ti vuoi alzare, ma alle nove esce il sole per farti capire che, invece, il
giorno è iniziato, indipendentemente dal fatto che tu debba andare o meno
andare a scuola. C’è troppa luce per tenere gli occhi chiusi, così, lentamente
li riapro.
Ho un leggero mal di testa: non grave come quello che avevo quando Will mi
aveva colpita, o come l’emicrania che ti prende quando hai studiato troppo; non
può essere descritto un mal di testa piacevole, perché altrimenti non sarebbe
“mal” però, stranamente, mi sento come se avessi appena ripreso possesso di una
parte di me.
Un timbro di voce a me molto familiare raggiunge le mie orecchie: -Quinn?-
domanda, cautamente Albie.
-Quando hai imparato a parlare tedesco?- gli rispondo io, sorridendo, quando lo
vedo. E’ come se mi fossi addormentata: addormentata per un giorno intero, o
anche per due.
-Ti ricordi di me?-
Qualcuno dovrebbe iniziare a rispondere alle domande, o finiremo per creare una
conversazione basata su punti interrogativi senza risposta. E quindi, dico una
cosa che non dovrei, così, avventata: -E’ impossibile non ricordarsi di te-
E’ qualcosa come un sussurro, ma arriva alle mie orecchie comunque: -Tu ci sei
riuscita, invece-. Fingo di non aver sentito: -Quindi, la mia domanda? Quando
hai imparato a parlare tedesco?-
Lo vedo sorridere, e quando gli angoli della sua bocca si curvano verso
l’alto
mostrando la sua dentatura perfetta, quasi mi manca il respiro: quel
sorriso,
le sue labbra, quella cicatrice che gli infonde un’aria
maledetta. Il mio
sguardo si sposta più in su, osservando i suoi occhi neri, neri
come la pece; che catturano, con la loro oscurità i raggi di
sole che illuminano la stanza: sembrano riflettere il cielo della notte
di San Lorenzo, quando le stelle cadono e danno vita ad uno spettacolo
magnifico, con le loro code magiche e sfavillanti.
Il cuore mi attanaglia il petto, come se volesse uscire dalla cassa toracica per poter, ancora una volta, incontrare il suo.
Due secchi colpi alla porta mi fanno sobbalzare e mi riportano alla
realtà: -Sta' tranquilla. E' solo Olympia- afferma Albie,
alzandosi per andare ad aprire: sento la voce cristallina della strega
e dopo pochi momenti vedo Zorba zampettare allegramente fino al bordo
del letto.
Piega leggermente la testa, fissandomi con quegli occhi gialli: mi
domando se quello sia il colore naturale delle iridi dell'amato di
Olympia.
-Vuoi accomodarti sul letto, Zorba?-, non se lo fa ripetere due volte e
con un agile balzo si accoccola tra le mie braccia, gli passo una mano
tra il pelo che sta tra le orecchie e lo sento fare le fusa.
La testa di Olympia fa capolino con un sorriso malandrino dipinto sulle
labbra scarlatte, che non ha niente a che fare con quello di Albie di
poco fa.
-Buongiorno, smemorata! E' tornato tutto a girare come prima?-
Forse dovrei avere paura di lei, dopo che il suo incantesimo non
è andato troppo a buon fine. Annuisco, sentendo il sangue fluire
alle guance.
Senza
essere stata invitata, Olympia si siede sul letto a gambe incrociate,
come faccio spesso a casa quando ascolto Jack lamentarsi per ogni
minimo problema, scolastico e non.
-Ho parlato con Ade, ieri- inizia lei, scovando un filo solitario sul
piumone e torturandolo: -Abbiamo deciso che sarebbe meglio evitare gli
incantesimi riguardanti la tua persona. La magia reagisce in modo
bizzarro su di te- termina sussurrando.
Osservo la reazione di Albie, che alza le sopracciglia in una tipica
espressione da "alla fine lo avete capito" e dopo pochi secondi lo
sento pronunciare quella frase, che gli costa un'occhiata fulminante da
parte del paio di occhi ametista di Olympia; lui, con fare noncurante,
alza le spalle: -Sto solo dicendo quello che, in questa stanza,
pensiamo entrambi-
-Non tirare troppo la corda, giovane lupo. Questa città pullula
di vampiri pronti ad assaltare la tua succulenta giugulare da canide...-
-Smettila, Olympia- dico, alzando su di lei il mio sguardo e
osservandola mentre, con un abile colpo di polso strappa il filo sul
letto, con un rumoroso sbuffo.
-D'accordo- afferma, alzando le mani in segno di resa.
Albie rompe il silenzio: -Hai fame? Vuoi fare colazione?-, il mio
stomaco, in risposta, emette un basso brontolio, così annuisco.
Olympia, smettendo di fare l'offesa si alza dal letto: -Vi accompagno
in un fantastico bar che fa dei croissant deliziosi!-
Ore 11.40,
Caffé poco lontano dalla Cattedrale di Santo Stefano
-Non mi hai ancora detto come hai imparato il tedesco...- gli ricordo io, sorridendo e prendendo tra lemani la tazza che contiene l'ambrosia fumante degli dei.
-Ah, già... E' solo una cavolata, non è nemmeno degna di essere raccontata!- esclama lui, guardandosi intorno.
Vorrei dirgli che tutto quello che lo riguarda è interessante, ma, come al solito, il mio coraggio si nasconde in un angolo della mente, lasciando campo libero alla mia coscienza.
-Non gli dirai mai una frase del genere, se il tuo coraggio continua a scappare come una volpe braccata! Tu sei Quinn Farrell, per l'amor del cielo! Tu sei la regina dell'Albertville High School!-
-Dove Albus non è uno studente! Lui è più grande, più maturo... A lui non interessa sicuramente una liceale...-
La piccola me sbuffa e mi interrompe: -Ti ha accompagnata dall'altra parte del mondo! Pretendi anche un cartellone con su scritto "BACIAMI", per caso?-
Decido di lasciarla perdere e tornare alla realtà.
-Allora, questo tedesco?- gli domando di nuovo, e, prima che lui possa rispondere, la porta si apre e lo vedo storcere il naso: -Cosa diavolo è questa puzza di morto?- mi chiede, voltandosi per osservare un ragazzo, suo coetaneo, entrare e dirigersi verso il bancone, sorridendo amabile alla cameriera, che resta ammaliata dai suoi occhi, dal suo profilo, dalla sua grazia e dai suoi lineamenti perfetti.
Albie lo fissa come se volesse incenerirlo, o peggio, azzannarlo. Il giovane si volta e non appena incrocia lo sguardo di Albie la sua espressione si tramuta in puro divertimento.
-Albie...?- chiedo io, titubante, senza poter staccare gli occhi da quelli magnetici del nuovo arrivato.
Questo fino a che albie non afferra il suo giaccone ed interrompe il nostro contatto visivo: -Via di qui. Adesso- dice, e quasi lo ringhia, attanagliandomi il braccio e, letteralmente, trascinandomi fuori dal bar.
Abbiamo camminato, o meglio, Albie procedeva a passo di marcia e io lo seguivo ancora con il braccio intrappolato nella sua ferrea mossa fino alla Cattedrale di Santo Stefano, di fronte alla quale Albie si accorge di avermi trascinata: -Mi dispiace, Quinn... Non era mia intenzione!- esclama, sedendosi sui gradini della Cattedrale, con uno sguardo al quale è impossibile dire di no.
-Non importa- gli dico io, prendendo posto accanto a lui e guardando il suo profilo illuminato dai timidi raggi del sole che, ogni tanto, fa capolino dalle nuvole grige della capitale.
-Cos'era, Albus?-
-Un vampiro- risponde, in un sussurro, puntando il suo sguardo di fuoco all'orizzonte.
La mia coscienza sta sbraitando, mentre cerca di spingermi verso di lui. Solo per cercare un contatto, per fargli capire che io ci sono, qualsiasi cosa fosse quel ragazzo. E, forse per la prima volta, da quando è comparsa, le do ascolto: incrocio il braccio in quello di Albie e appoggio la mia testa sulla sua spalla, inspirando il dolce aroma della sua pelle, mischiato all'odore di candele che si insinua nell'aria ogni volta che le porte della Cattedrale vengono aperte.
Mi sembra irreale quando sento la sua mano posarsi sui miei capelli e accarezzarli.
Ed eccolo lì, il batticuore che non sentivo da giorni: con il cuore che minaccia di uscirmi dalla cassa toracica ogni volta che la sua mano, con un tocco delicato, riprende la sua corsa sui miei capelli.
Forse, Ade aveva ragione: dovrei smetterla di preoccuparmi di queste piccole cose, per concentrarmi sulla salvezza del mondo e la distruzione delle Druidresse. Ma non ho la forza per respingere le attenzioni, seppur flebili, di Albie.
-Forza, torniamo in albergo, Quinny...- mi sussurra, subito dopo aver chiuso gli occhi. Annuisco e mi alzo lentamente, spazzolandomi la polvere inesistente che fingo si sia accumulata sui miei jeans.
E' solo per tenermi occupata, lo so; e forse lo sa anche lui, ma sembra non interessarsene, perché afferra la mia mano e fa in modo di incrociare le nostre dita.
Preferirei che stesse in silenzio, per non rovinare questo momento che rasenta la magia.
Ovviamente non lo fa, ma dice la cosa più dolce che un ragazzo mi abbia mai detto: -Non lasciarmi mai andare e prometto che farò lo stesso con te-
Sta sussurrando di nuovo, ma questa volta le sue labbra sono infinitamente vicine al mio orecchio e mi ritrovo a fremere quando una lieve folata di vento porta il suo odore alle mie narici, inebriandomi il cervello.
Mi domando perché sia così difficile baciarlo.
Non mi sono mai fatta troppo problemi, soprattutto perché, a scuola, potrei avere qualsiasi ragazzo io desideri con uno schiocco di dita; ma con Albie è diverso.
Diverso, sì, perché lui non è solo più grande, non è solo un essere sovrannaturale. Forse è la mia unica eccezione.
Questo non è il momento per abbandonarsi ai discorsi filosofici sul mio futuro.
Prendo un respiro profondo e gli rispondo: -Te lo prometto, Al-
Sorride, di nuovo. E ha quel sorriso che aveva il giorno di Capodanno, quello che potrebbe spegnere il sole solo se lo volesse.
Poggia la fronte sulla mia, e invece di allontanarmi, come dovrei fare, mi avvicino di più a lui, fino a sentire il suo naso che solletica il mio.
Non ho il coraggio di chiudere gli occhi. Non posso. Non voglio che, in un battito di ciglia, tutto sparisca. Sarebbe troppo straziante.
Il suo sorriso diventa più ampio e la sue labbra si avvicinano: -Mi hai chiamato Al...- dice, parlando sulle mie labbra.
Ed in quel magico momento, quando potremmo finalmente fare incrociare le nostre bocche, una folata di vento gelido e uno schiarimento di voce ci fa capire che, volenti o nolenti, ci dobbiamo staccare.
Arrossisco quando vedo Ade, vestito come un normalissimo ragazzo che si trova lì per caso: il colletto della camicia blu notte, come i suoi occhi, esce dalla giacca di pelle nera che si adagia perfettamente sui suoi fianchi, lasciando spazio ad un paio di blue jeans che gli stanno a pennello.
-Ho saputo da attendibili fonti che avete incontrato Brutus...- dice, ghignando: -Mi chiedevo quanto tempo ci avrebbe messo a trovarvi, in effetti-
-Brutus?- domando io sospettosa, guardando il Dio dei Morti negli occhi.
-Il mio fido segugio- mi risponde lui fiero. Nemmeno stesse parlando di sua moglie.
-Quella cosa che puzza di morto è il tuo... segugio?- chiede Albie, fissandolo con uno sguardo truce.
-Sta' tranquillo, canide. Gli ordini era chiari: non attaccarvi-
Non sono certa se mettermi ad urlare in mezzo alla piazza, certa che pochi mi capirebbero, oppure lasciar perdere tutto e aspettare che Albie ed Ade si scannino a vicenda, sfogando la rabbia repressa che, si vede, provano l'uno nei confronti dell'altro.
-Non attaccarvi! Non attaccarvi! Un suo morso mi avrebbe ucciso!- esclama il bibliotecario, adirato.
-Quando uno dei miei sottoposti riceve un ordine, lo rispetta. Soprattutto perché non ci tengono a finire tra le dolci fauci di Cerbero...-
Rabbrividisco, immaginando la scena e Albie mi guarda dolcemente: -Forza, torniamo in albergo...-
-No, cari miei. Torniamo tutti insieme in albergo. Non era solo Brutus sulle vostre tracce. La Salvatrice non nasce tutti i giorni. Avete creato un bel po' di scompiglio dal vostro arrivo qui a Budapest- afferma tranquillamente Ade prendendomi sottobraccio e intimando con uno sguardo furente ad Albie di mollare la presa.
Mi sento un trofeo da esibire, così mi scollo con uno strattone da entrambi: -Grazie, ma so ancora camminare da sola!- esclamo, irritata.
-Scusa, Principessina. Sai com'è, non ci tengo ad aspettare altri mille anni per la tua nascita. Sei più utile da viva che da morta. Per ora-
Albie gli ringhia contro e io mi metto a camminare in direzione dell'albergo, alzando gli occhi al cielo, furiosa.
Santissimo Ade! Scusatemi per il MADORNALE ritardo.
La scuola mi ha preso tantissimo e il blocco dello scrittore non se ne voleva andare!!
O meglio, il blocco per questa storia non se ne voleva andare, perché intanto ho scritto due FF di Harry Potter...
Sono imperdonabile, lo so, lo so!
Quindi... perdonatemi per il ritardo e, purtroppo, sono costretta ad ammettere che non so con che frequenza potrò pubblicare i capitoli.
Sicuramente una volta al mese ci vedremo e leggerete di Quinn ed Albie.
Il secondo capitolo è già in fase di scrittura, e, finalmente ritorneremo nuovamente nella nostra amata (suppongo) Albertville.
Un bacio a tutti!