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Autore: _joy    12/02/2013    5 recensioni
Mika è una strega, frequenta Hogwarts, è in Serpeverde, è una Black. Le parole che la definiscono potrebbero essere: stirpe, orgoglio, purezza di sangue, amicizia, lealtà. Una principessa del mondo magico che sa benissimo di esserlo. Almeno finché le sue certezze non subiscono una brusca scossa in un pomeriggio di sole, quando incontra un ragazzo bello e affascinante ma, ahinoi, babbano: Ben Barnes
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Di magia e di babbani'
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Busso piano alla porta del numero 12 di Grimmauld Place.
Ho il cuore in gola, perché non so mai cosa succede in questa casa.
 
La porta si apre appena e intravedo Lupin che sbircia fuori.
Allarga lo spiraglio il meno possibile e mi fa cenno di entrare.
Una volta dentro, piombo nell’oscurità.
Lo sento prendermi per un polso e bisbigliare:
«Non fare rumore»
Lascio che mi accompagni al piano di sopra, in punta di piedi.
L’altro giorno ho visto svegliarsi uno dei dipinti attaccati alla parete: era il ritratto della madre di Sirius.
Che dire… me la ricordavo brutta e odiosa, ma quel quadro supera ogni mia memoria.
 
Come farà Sirius a vivere rinchiuso qui dentro?
Ogni tanto me lo chiedo.
Non sembra proprio il tipo di uomo che riesce a sopportare l’immobilità forzata… in più, questa casa deve sembrargli una prigione.
Rappresenta tutto quello che lui detesta.
Dev’essere un incubo vivere segregato qui.
 
Al primo piano, Lupin mi lascia il polso.
«Dov’è Sirius?» sussurro.
L’atmosfera cupa di qui mi ha contagiata.
Lui si acciglia.
Scrolla le spalle, ma alla fine risponde.
«Nella stanza di Fierobecco»
Oh sì. Giusto… quasi dimenticavo.
Sirius custodisce qui anche un Ippogrifo rubato… siamo una grande famiglia di pazzi, temo.
«Com’è andata la riunione?» chiedo a Lupin, senza sperare in una risposta.
So che disapprova la mia presenza qui.
Credo che mi sopporti solo perché sa di quanta solitudine soffre Sirius.
«Insomma» bisbiglia lui, prendendomi di sorpresa.
«Perché?» mi allarmo.
Lui storce il naso.
«Se la sono presa con Sirius perché…»
Esita, ma so cosa vuole dire.
«Per colpa mia…»
Lupin annuisce.
«Abbiamo dovuto farlo presente Mika, non pensare che sia un attacco a te, ma qui non è sicuro…. Non è una casa in cui si possono passare le vacanze… in più, la tua scomparsa da Hogwarts provocherà un gran casino, vedrai e… bè, a proposito di qualcuno a Hogwarts che ha avuto da ridire in modo veemente …»
«Chi?»
«Piton»
«Piton? Ma che vuole?»
«È il Direttore della tua Casa, Mika. Abbiamo dovuto avvertirlo, anche per dirgli di prendere tempo con la Umbridge. Farà girare la voce che non stai bene… ma lui e Sirius non sono mai stati grandi amici e…»
«E?»
«Niente. Vecchi dissapori, qualche insulto… sai, Sirius accusa tantissimo il fatto di essere relegato qui dentro. Io spesso sono in missione e lui resta solo…»
«Stavo pensando la stessa cosa, sai?» mi mordo il labbro «È tanto arrabbiato?»
«Non con te, Mika… Sirius è un uomo d’azione e detesta l’immobilità forzata. Sapere che Voldemort è tornato e che il Ministero fa finta di nulla lo tormenta. Inoltre il suo carattere impulsivo è stato spesso fonte di guai, anche quando eravamo più giovani: per questo te ne parlo. Perché io ci sono poco e invece magari tu riesci a trattenerlo…»
«Io?» trasecolo «Pensavo che odiassi avermi qui!»
Lui sorride.
«Non odio averti qui, solo che questa – purtroppo o per fortuna, a seconda di come la guardiamo – non è semplicemente casa di tuo zio. Per quanto riguarda il quartier generale dell’Ordine della Fenice mi spiace ma penso che tu non dovresti restare. Ma come amico di tuo zio…»
Esita e poi riprende:
«Sai, Mika… io non riesco a non sentirmi in colpa per gli anni tremendi che tuo zio ha passato ad Azkaban. Solo, abbandonato dagli amici, considerato un traditore della peggior specie. Immagino tu conosca la storia…»
Annuisco, prudente.
Nella penombra, il viso di Lupin mi sembra acquistare tratti lupeschi.
«Io, almeno io… dovevo sapere che non poteva essere vero. Lo conoscevo da sempre, sapevo quanto era leale, e coraggioso. Sapevo che Sirius non avrebbe mai tradito James. E invece Peter… bè… e Sirius ha buttato tredici anni della sua vita. E ora ha Harry… e ha te. Voi siete la sua occasione»
«Ha anche te…»
«Certo. Ma io sono un reietto nella nostra società, Mika. Invece io spero che per Sirius arriverà il giorno in cui il suo nome verrà riabilitato e lui potrà girare a testa alta per strada. E voi due potrete essere al suo fianco. Io no»
Mi sento stringere la gola.
Lupin è una brava persona.
È un ottimo mago, con validi principi morali.
Sento uno scossone, all’idea che un altro tabù che ho sempre ritenuto sacro si sgretoli davanti ai miei occhi.
«Sarai anche un lupo mannaro» dico, decisa «Ma sei una brava persona. Molto migliore di Minus, che era un purosangue. O di Caramell, o della Umbridge o… bè, della maggior parte dei maghi che conosco»
Lupin mi sorride, affettuoso.
«Grazie»
«Mi sento così stupida, Remus» dico di getto «Per tutta la vita ho sempre creduto di sapere dove stavano il bene e il male e ora…»
Lui annuisce, comprensivo.
«È questo che significa crescere, Mika. Significa distruggere quello che gli altri ti impongono come certezza, per decidere tu, da sola, in cosa credere»
Annuisco, sentendo su di me tutto il peso delle sue parole.
«Cosa possiamo fare, per Sirius?»
«Io purtroppo devo svolgere un compito per l’Ordine… se vi lascio soli c’è speranza che, al mio ritorno, la casa sia ancora in piedi e nessuno di voi sia finito ad Azkaban?»
Rido, ma mi copro subito la bocca con la mano.
Questa casa sembra voler scoraggiare persino le risate.
«Certo! Vai tranquillo»
 
Quando si allontana, incrocio le dita dietro la schiena.
 
*
 
Busso piano alla porta della stanza di Fierobecco.
Socchiudo l’uscio e sbircio dentro: Sirius sta dando all’Ippogrifo la cena… e ho il terrore che si tratti di ratti morti.
Faccio un verso schifato e Sirius non gira il capo, ma sogghigna.
«Avanti, principessa. Non li usate, a scuola? Non li mangia il tuo gatto?»
«No» ribatto «È il mio gatto ed è blasé»
Lui fa un mezzo sorriso.
«Non ho mai visto un gatto blasé»
Entro nella stanza e mi siedo su una poltrona sfondata.
«Allora, che succede?»
«Niente! Perdite di tempo inutili e idioti che vagano in casa mia» ringhia.
«Remus mi ha detto che l’Ordine è arrabbiato perché sono qui»
Lui alza le spalle, mostrando quanto gliene importa della disapprovazione dell’Ordine.
«Harry e i Weasley sono stati qui, a lungo. Sei tenuta all’oscuro di quello che facciamo, quindi dove sta il problema? È sempre casa mia, fino a prova contraria. Silente stesso ti ha chiesto un favore per aiutare uno dell’Ordine. O adesso sono talmente idiota e fuori dal mondo che non posso nemmeno garantire per mia nipote, quando altri garantiscono per interi reggimenti di figli?»
L’amarezza traspare dal suo tono.
Mi mordo un labbro.
Non voglio vederlo così.
So che è un azzardo, so che non dovrebbe, ma…
«Chi è che detesti?»
Mi guarda fisso, poi abbozza una risatina.
«Detestare è una parola grossa… diciamo che affatturerei volentieri qualcuno….tipo Mocciosus, o Molly Weasley…»
«Bene! Quindi, senza entrare nel dettaglio…. Piani esplosivi, compiti pericolosi…cosa?»
Mi fissa, con il volto atteggiato a una maschera.
«Io non posso fare nulla, se non prestare la casa, a quanto pare. Sono ricercato, Voldemort conosce la mia capacità di trasformarmi in Animagus… sono inutile, come mi si ricorda spesso…»
Salto in piedi.
«Inutile? Tu? Sirius, non dire stupidaggini! Saresti in grado di sfidare e battere chiunque qui dentro… bè, a parte Silente…»
Lui ride ancora.
«La stessa capacità che ho sempre avuto io di dire le cose senza peli sulla lingua, soprattutto ai miei parenti»
Abbozzo un sorriso: l’idea di essere una Black inizia ad assumere un altro significato da quando conosco Sirius.
«Dove starebbe il divertimento, altrimenti?»
Lui ghigna, per poi cambiare discorso.
«Forza, raccontami qualcosa. Com’è andata la tua pericolosa missione?»
 
Lo aggiorno e provo uno strano senso di irrealtà.
Sirius Black, il pericoloso e reietto Black… seduto su un pavimento polveroso, che sfama un Ippogrifo e ascolta i turbamenti amorosi di sua nipote.
Sento che mi si scalda il cuore.
Forse si è affezionato davvero, a me.
 
«Ho la vaga impressione di essermi perso un sacco di cose, a scuola… a giudicare il modo in cui vivono questi ragazzi»
Lo fisso: è ancora un uomo affascinante, ha i tratti di famiglia.
«Sono sicura di no»
Fa un sorriso furbo.
«Ma sì, le matricole a Hogwarts a volte erano affascinanti…»
«Non ti facevo un tipo da matricole»
Il suo sorriso si allarga.
«Non lo ero. Prima che James perdesse la testa per Lily, la caccia in gruppo non era male… diciamo che privilegiavamo le ragazze più esperte. Ma non vorrei sconvolgerti…»
Gli lancio addosso la mia sciarpa e lui ride.
«Sappi che io sono la regina della scuola, caro zio»
Poi mi incupisco.
«Bè, lo ero… ultimamente non sono stata molto in me»
«E hai fatto male» ribatte lui, tranquillo «So che stai soffrendo, ma non devi mai, mai, perdere te stessa, per nessun motivo e di fronte a nessun ostacolo. Ne avevamo già parlato: questa storia vi porterà mille problemi. Se cedi già ora, se non ce la fai, lascia perdere. Non ostinarti. Lascialo andare»
«Sirius! Come ti viene in mente? Io non mollo niente»
Lui sorride: evidentemente il suo obiettivo era provocarmi.
Bè, c’è riuscito perfettamente.
«Ti fa onore, ma non farti accecare. Rifletti. È giusto per te?»
«Sì» dico, senza esitazione.
«Sicura? Chi può diventare la Mikayla Black che resta nei confini del mondo magico? Una potenza, secondo me. Questa scelta ti limiterà, Mika: sai meglio di me che in certi ambienti (non ultimo quello di casa tua) non sarà tollerata»
Mi mordo il labbro.
Ha ragione, lo so.
Penso a mamma e papà.
Penso a quello che ho sempre sognato di diventare nella vita.
«Lui è giusto per me, Sirius. Non troverò una persona migliore di lui…»
«Sei così giovane…» scuote la testa.
«James quanti anni aveva?» lo interrompo «I miei genitori? Mia madre aveva 15 anni!»
Sospira.
«Non dico che non può succedere, anzi. Dico solo che questa scelta comporta delle rinunce e…»
«Le ho fatte!» dico, impaziente «Sono qui, no? Sono scappata da scuola, mi sono allontanata dai Serpeverde, ho aiutato Silente e l’Ordine con Amelia Bones! Non sono più la Mikayla che si accontentava di Blaise Zabini e si preoccupava di avere almeno tre vestiti nuovi per ogni ballo cui era invitata!»
«Stavi con Zabini?» Sirius è attonito «Ma sei matta? Sai quanti mariti ha seppellito sua madre, che è diventata sempre più ricca e sempre più crudele? Tutti morti in circostanze poco chiare! Che cosa diavolo ti dice la testa?»
«Blaise è innocuo…»
«Col cavolo!» esplode lui «Va bene, va bene. Tra Zabini e il babbano, meglio se ti riprendi il babbano»
Sorrido, euforica, ma lui prosegue:
«Sei sicura che sia giusto anche per lui? Che non sia meglio per Ben se sparisci e lo lasci con una ragazzetta insignificante ma che al massimo nella vita lo annoierà, senza fargli rischiare il collo?»
Io sgrano gli occhi.
«Anche tu la pensi come Piton?»
«Non fare paragoni di questo tipo, per favore» dice, seccato «Comunque, sostanzialmente, c’è qualcosa di vero. Se starete insieme, uno dei due perderà la sua natura: se sarai tu a lasciare il mondo magico ne soffrirai Mika, perché questo è ciò che sei. E se sarà lui resterà nella tua ombra, e questo non è giusto»
«Quindi è giusto che entrambi soffriamo?»
«Sto solo dicendo che potrebbe essere meglio soffrire ora, ma evitare di soffrire di più un domani»
«È questo quello che pensi?»
Lui scrolla le spalle.
«Non ho felici relazioni amorose da portarti ad esempio»
Mi alzo di scatto, facendolo sussultare.
«Dove vai?»
«A riconquistare Ben»
 
Mi sorride.
«Brava ragazza!»
 
Mentre esco, mi sembra di sentirlo mormorare:
 «Restare da soli è la peggiore sconfitta…»
 
Ma forse mi sbaglio.
 
*
 
Quando mi affaccio in cucina, più tardi, la faccia di Sirius mi dice chiaramente che ci sta ripensando.
«Mi hai già dato il permesso, ricordatelo» dico in fretta «E poi non devo chiedertelo, comunque!»
Sirius mi gela con un’occhiata.
«Con quel vestito tu non esci»
Cerco di fare una faccia sicura.
«E perché? Cos’ha che non va?»
 
Ok, lo so cosa ha che non va, secondo lui.
È molto corto, molto stretto e molto scollato.
Quindi è perfetto.
 
Sirius ha la faccia di uno che ha mangiato Puzzalinfa.
«Ma non puoi metterti dei pantaloni?»
«Starai scherzando, è un tubino Chanel! L’ho comprato tornando a casa!»
«Questo dovrebbe tranquillizzarmi? Non esci così, da sola»
«Non sono una ragazzina indifesa!»
«Non puoi abusare della magia, hai sempre la Traccia addosso… Non è che visto che non ti cercano ancora puoi fare come ti pare! Abbiamo delle leggi, dopotutto»
«Che tu hai più volte infranto, mi pare»
«Brillante argomentazione, nipote, che con me però non attacca»
«Oh, Sirius, ti prego! Non vado a fare follie, vado da Ben…»
«Non vedo la differenza con la follia»
Lo guardo, truce.
«Va bene» dice «Vengo con te»
«Cosa?» sbotto «Tu non esci di qui! È pericoloso! Lo hai detto tu che Tu-Sai-Chi sa che sei un Animagus e…»
«Ma sì, quanti Mangiamorte vuoi che ci siano in un locale notturno per ragazzi babbani?»
«Sirius, sei uno sconsiderato» incrocio le braccia sul petto «Va bene, sto a casa»
Lui sgrana gli occhi, poi però la sua espressione si fa corrucciata.
«E così anche mia nipote mi considera un povero demente incapace di badare a se stesso, anzi, un adulto con la sindrome dell’adolescente represso. Bene. Divertiti. Buona serata»
 
Merda.
Non volevo offenderlo. O ferirlo.
 
«Sirius, io non volevo…»
«Fa niente. Vai»
«Ma io…»
«Vai!»
Si volta ed entra in cucina chiudendosi la porta alle spalle.
Io resto immobile, indecisa se corrergli dietro o no.
Ma poi sento un urlo provenire dalla cucina e la porta si apre di nuovo, lasciando uscire l’elfo domestico di Sirius, Kreacher.
Veramente era l’elfo domestico di sua madre e infatti è chiaro che non ha ben digerito il nuovo padrone di casa.
Borbotta imprecazioni allontanandosi e, quando mi passa davanti, si inchina.
Poi, con il naso a terra, borbotta:
«Padroncina farà la fine di padrone rinnegato, oh quel porco che ha spezzato il cuore della mia povera padrona…»
«Ti ho sentito!» urla Sirius dalla cucina «E in quanto a te, Mika, non stare lì impalata! Vai!»
Decido sul momento che non posso lasciarlo così.
Vado verso la cucina, ma sento improvvisamente le fiamme scoppiettare e una voce di uomo, profonda e sconosciuta, che saluta Sirius.
Retrocedo velocemente verso la porta d’ingresso, attenta a non far rumore.
La apro ed esco.
 
Sui gradini esito un attimo ma so che non devo farmi vedere in casa, per non causargli più problemi.
Scrollo le spalle.
Bisogna fare qualcosa per Sirius: si caccerà nei guai prima o poi, se continua così.
È un uomo troppo impaziente perché si possa pensare di tenerlo rinchiuso.
Devo parlarne a Lupin.
Per il momento però non posso rientrare… e a ben pensarci, meglio che mi allontani prima che Sirius ci ripensi e venga a riacciuffarmi per farmi cambiare il vestito.
Andiamo.
 
 
Quando arrivo al locale di cui mi ha parlato oggi Robert ho il cuore in gola, tra l’ansia per Sirius e il pensiero di Ben.
Sono arrivata tardi, tra l’altro.
Avevo in programma di arrivare presto, in modo da aver tempo di calmarmi, ma tra la preparazione (mi sembra di non mettermi in tiro dai tempi di Morgana) e la discussione con mio zio mi sono saltati i piani.
Si sente già la musica a tutto volume e c’è tantissima gente.
 
Robert non voleva dirmi dove sarebbero andati questa sera, ma alla fine l’ho convinto.
O si è convinto da solo.
Non lo so, non importa.
Diamoci da fare.
 
Faccio la fila ed entro.
Lascio il cappotto al guardaroba e, prima di entrare nel locale, mi controllo nel grande specchio dell’atrio.
Vedo una bionda alta, slanciata, stretta in un tubino nero mozzafiato, con i capelli splendenti e le gambe valorizzate da un tacco esagerato.
E sono io.
Quella ragazza sono io.
Mi sorrido.
Bentornata Mika.
 
Quando entro, calamito l’attenzione di un gruppo di ragazzi vicino alla porta.
E lo so.
Lo sento.
Cammino, indifferente, mentre mi sento gli occhi di molti addosso.
Una ragazza rossa mi guarda male.
Ci sono abituata, cara.
Le sorrido, sfrontata.
 
È così…normale.
Sono padrona della situazione.
Potrei persino divertirmi: sento l’ansia di questo periodo scivolarmi via di dosso mentre faccio correre uno sguardo apparentemente distratto in giro per la sala.
 
Lo vedo quasi subito.
 
È talmente alto, talmente affascinante, che mi calamita come un Incanto Quattro Punti fa con il nord.
È con Robert e con la bionda.
Robert ha già messo in chiaro che devo sbrigarmela da sola e che lui non mi aiuterà, ha già fatto abbastanza.
Ha ragione: è una battaglia mia, è una cosa nostra.
Voglio  riconquistarlo da sola, non mi serve nessuno.
 
Sei mio.
Solo mio.
Siamo noi due, e basta.
 
Mi dirigo verso il gruppetto con aria sicura.
Quando sono vicina, Robert lancia un’occhiata nella mia direzione e sgrana gli occhi, prima di riconoscermi.
A quel punto sembra allarmarsi e guarda Ben come se fosse indeciso se metterlo in guardia oppure no.
Io gli lancio un’occhiataccia e lui deglutisce, ma resta in silenzio.
Sfioro il fianco di Ben camminando.
Lui gira appena la testa e, quando mi mette a fuoco, trasalisce.
Io non mi fermo, ma giro la testa verso di lui.
Lo fisso sfrontatamente negli occhi – lui è attonito – poi mi volto e raggiungo il bar.
 
Ordino da bere e un tizio mi si avvicina subito.
Lo liquido, mi sposto di qualche passo come se fossi annoiata, e mi volto con fare distratto.
Getto un’occhiata in giro: dalla pista da ballo piena di gente che si dimena, ai tavolini del privée, ai gruppi di persone.
E poi torno a guardare Ben.
Lui mi sta fissando, stralunato.
Tamsin ha buttato un’occhiata per vedere cosa lo distrae e ora mi sta fulminando con gli occhi: non sembra gradire.
Robert mi sta fissando le gambe.
Trattengo una risata.
 
Il barista mi porge il mio bicchiere, offrendomi il primo giro.
Mi volto verso di lui e gli dedico qualche minuto di attenzione, ringraziandolo e flirtando.
Poi mi siedo su uno sgabello e inizio a sorseggiare.
 
Bleah.
Che schifo.
Credevo che la birra fosse qualcosa di simile alla Burrobirra.
 
Cerco di non fare una faccia schifata.
Intanto, un paio di ragazzi mi si avvicinano.
Scambiamo due parole, li liquido velocemente.
Guardo di nuovo verso il gruppo di Ben: Tamsin è palesemente incazzata ora, Ben ha le labbra serrate e distoglie lo sguardo appena si accorge che lo vedo fissarmi.
Robert resta impassibile.
 
Mi alzo di scatto dallo sgabello e marcio verso di loro.
Mi fissano tutti e tre, ma io strizzo l’occhio a Robert, cogliendolo di sorpresa.
A lui casca la mascella.
Mentre gli passo accanto, sento Ben che sbotta:
«Rob! Che cazzo…»
Il resto della frase si perde nella musica.
Mi dirigo in pista.
 
 
Ballo da sola, in mezzo alla gente, finché non sento una mano afferrarmi il braccio.
Annaspo, ma è Robert.
Mi trascina dietro una colonna.
«Vuoi farmi ammazzare?» mi urla nell’orecchio.
Io rido.
«Che coraggio…. Ben è innocuo, dovresti saperlo»
«Non direi…e nemmeno Tamsin è innocua, a dirtela tutta. Non mi stupirei se già ti odiasse»
«Io la odio di sicuro. Meglio per lei se mi sta alla larga»
Robert mi osserva in silenzio per qualche attimo.
«Sei agguerrita, eh?»
«Ci puoi scommettere!»
«Bè, di sicuro gli toglierai il sonno»
Sorrido.
«Grazie. Ora, se non c’è altro, io andrei»
«Dove?»
Sorrido, serafica.
«Sul cubo»
 
Cinque minuti dopo sto ballando scatenata in mezzo a perfetti estranei mentre tutti ci sorridiamo e ci tocchiamo come se ci conoscessimo da una vita.
Senza contare che quelli sotto di me, probabilmente, godono di un’ottima vista panoramica sulla mia biancheria.
Mi immagino di essere qui con Mindy e Claire, la prima scatenata e la seconda comicamente seccata.
Lancio l’ennesima occhiata a Ben e lo vedo seduto su un divanetto, che gira lo sguardo verso di me ogni trenta secondi più o meno.
E ha proprio l’aria di essere incazzato con se stesso per questo fatto.
La babbanazza gli sta seduta accanto in quella che probabilmente ritiene una posa sexy ma che la fa somigliare alla Cooman quando finge di aver una visione.
Robert si è defilato, ma l’atmosfera al tavolo non potrebbe sembrare meno romantica.
Sorrido dentro di me e alzo le braccia al ritmo della musica.
 
Dopo un po’ dei ragazzi attorno a me iniziano a diventare insistenti.
Scendo dal cubo e mi perdo nel mare di gente.
Scanso qualcuno, ma un tizio alto e barbuto mi si incolla al fianco e allunga le mani.
«Ehi! Vattene!» mi inalbero.
«Eddai, non fare tanto la difficile….sei proprio carina, andiamo a berci qualcosa…»
Mi prende un braccio e io tento di divincolarmi, ma lui è molto più forte di me.
«Lasciami!»
«Eddai bella…»
Tra la musica assordante e il casino dei corpi che mi premono addosso non sono troppo lucida, all’improvviso però una mano elegante mi toglie di dosso quella del tizio.
 
Ben.
 
«Ehi! Ma che vuoi…»
«Non la toccare» dice Ben, lapidario.
«Senti, l’ho vista prima io e…»
«Vattene! Stalle alla larga!»
Sembra davvero incazzato.
Non faccio in tempo a gioire, che arriva un amico del tizio, ancora più grosso e nerboruto di lui.
«Problemi?» chiede, con la voce di un cavernicolo.
Ben non muove un muscolo, ma io mi allarmo.
Sono grossi, questi due.
Mi guardo rapidamente intorno, ma c’è decisamente troppa gente per estrarre la bacchetta dalla mia pochette.
Ben mi spinge indietro ma i due tizi lo stringono al muro.
Poi, improvvisamente, uno dei due si accascia su se stesso.
«Alla larga da lei!» dice un’altra voce.
«Sirius!» sbotto, terrorizzata «Sei impazzito per caso? Ma…»
Lui mi fa cenno di tacere e si mette al fianco di Ben.
Malgrado siano molto più magri ed eleganti, i miei paladini hanno un’aria di grande fierezza.
A differenza loro, io sono terrorizzata.
 
Sono una stupida.
Per colpa mia, Sirius è uscito di casa.
E adesso?
 
Sono talmente agitata che non seguo più la conversazione e mi riscuoto solo quando vedo che i due tizi sono spariti e Sirius e Ben che si squadrano minacciosamente.
 
Ehi!
 
Mi avvento su mio zio e gli stritolo il braccio.
«Sirius! Ma tu sei matto! Ma dico, come ti è venuto in mente…»
Mi zittisco quando, con la coda dell’occhio, vedo Ben voltarsi per andarsene.
 
Ma come?
 
Sirius però lo afferra e lo fa voltare verso di noi.
«Vai da qualche parte?» gli chiede, fintamente affabile.
 «Ti riguarda?» gli risponde Ben, molto freddamente.
«Oh sì» ghigna Sirius «Mi riguarda eccome, se non sei in grado nemmeno di difendere decentemente mia nipote»
Ben si irrigidisce subito.
«Io non c’entro niente, con lei!»
Sirius ghigna:
«Sì, l’avevo intuito da come la divoravi con gli occhi e poi da come ti sei precipitato qui per aiutarla…»
Ben vorrebbe dire qualcosa, ma Sirius glielo impedisce ricominciando a parlare immediatamente.
«Stammi bene a sentire, ragazzino. È colpa tua  se lei è qui e si è messa nei guai. Anzi, a ben vedere, è colpa tua  se è scappata da scuola, finendo in guai più grossi di quelli che possono procurare dei ragazzi in una discoteca. E per questo motivo vedi di comportarti decentemente o ne risponderai a me, chiaro?»
«Colpa mia?» probabilmente Ben vorrebbe ridergli in faccia ma gli esce un ansito strozzato  «Ah davvero? Perché io non so niente, niente, di quello che la riguarda: chi è, cosa fa e tantomeno cosa decide. Quindi, per quel che mi riguarda…»
«Quello che lei è lo sapevi. A differenza di Mika, tra l’altro, sei adulto. Capisco che per te sia tutto nuovo, ma usa il cervello ragazzo, cazzo. Dovevi pensarci  prima. Cosa fa non lo sanno nemmeno i suoi quindi francamente non starei troppo a rimuginarci… per quanto riguarda quello che decide, è qui per parlartene mi sembra»
«Non voglio saperlo» dice Ben, irrigidendosi subito.
Sirius ghigna, poco convinto dal suo tono.
«Davvero? E allora come mai sei ancora qui?»
 
Ben arrossisce e si volta, ma Sirius lo acchiappa per un braccio.
«Resta. Lo dico anche per te. A prescindere da quello che deciderete, vi siete fatti abbastanza male mi pare. Non lasciare che l’orgoglio ti accechi»
Poi lo lascia e si incammina verso il bar.
Nel passarmi accanto mormora:
«Ecco la tua occasione, nipote. Non sprecarla»
Lo guardiamo entrambi; lui si volta solo un secondo prima di sparire nella folla.
«Babbano, se le succede qualcosa…» fa un gesto eloquente con due dita sul collo e poi mi strizza l’occhio.
E sparisce.
 
Ok, ha ragione.
È la mia occasione.
 
Mi avvicino a Ben e gli prendo una mano.
«Ti prego, dammi dieci minuti. Dieci minuti e poi, se è questo che vuoi, sparisco dalla tua vita»
 
 
Alla fine, parliamo molto più di dieci minuti.
Ci troviamo un angolo abbastanza appartato e io parlo, parlo, parlo.
Ben resta in silenzio, ma almeno mi ascolta.
Solo che ha un’espressione imperscrutabile.
Quando ho finito con le parole, le scuse, le suppliche, prendo fiato ma lui resta in silenzio.
Si tormenta le mani, come fa sempre quando è nervoso.
Dopo un attimo, timidamente, allungo una mano e sfioro la sua.
Lui non la ritira, ma non dice nulla.
E io aspetto, anche se mi sembra di impazzire.
Quasi quasi preferirei che mi urlasse contro: detesto il silenzio, mi uccide.
So anche, però, che devo rispettarlo.
Anzi, a ben pensarci, non vorrei che mi urlasse contro, francamente.
 
Quando alla fine parla, non capisco se quel che dice è un bene o un male:
«Mi ero giurato di non ricascarci» mormora, più a se stesso che a me.
Io lo fisso, ansiosa.
Lui però scuote il capo e mi guarda.
«Non lo so. Non so che dire. Io…non lo so»
Inghiotto.
Oh.
Ok.
Poteva andare peggio.
«Mi dispiace, Ben» ripeto, per l’ennesima volta  «Ti prego, credimi, non ti sto mentendo. Ho agito d’impulso, ma…»
«Non hai pensato che anche io potevo aver qualcosa da dire?» mi interrompe  «Ti sembrerebbe giusto se io ti escludessi da una decisione che riguarda te?»
«Volevo proteggerti…» mormoro.
Lui scuote il capo.
«Dovevi lasciarmi la possibilità di decidere da solo. Come ti sentiresti se io adesso ti dicessi che per il tuo bene non dobbiamo vederci mai più?»
«Mi spezzeresti il cuore» dico, sincera.
Lui mi guarda un attimo negli occhi, poi abbassa lo sguardo.
«E se ti dicessi all’improvviso che di te non mi importa niente e non me ne è mai importato?»
Mi mordo un labbro.
«Ecco, ripensandoci, così sì che mi spezzeresti il cuore»
Lui scrolla le spalle e si alza.
«Ben» scatto in piedi anche io  «Io…io…»
Oddio, non mi vengono le parole.
Non so cosa altro dire che possa convincerlo.
«Ben, ti prego, ti prego, perdonami. Dammi un’altra possibilità»
Lui mi guarda e sembra stanchissimo.
«Non lo so» mormora «Non lo so davvero»
 
Abbassa le spalle e si volta per tornare in sala.
Io lo seguo.
Arrivati, ci guardiamo negli occhi e per un attimo lo vedo vacillare.
«Hai…come torni a casa?» mi chiede.
Scrollo le spalle.
«Non posso andare a casa, Ben. Starò da Sirius, bè… finchè non mi buttano fuori, almeno»
Lui si guarda le scarpe e borbotta qualcosa.
«Non ho capito!» urlo.
La musica è fortissima e mi avvicino a lui per sentire.
«Ho detto: devi tornare a scuola!»
Mi mordo un labbro.
D’accordo, ora che l’ho trovato e gli ho parlato…in effetti dovrei.
Ma…
Annuisco, svogliata.
Ben mi fissa e poi insiste:
«Mika, non puoi rischiare. Al di là di tutto, stai mettendo nei guai tuo zio. E poi, pensa ai tuoi genitori, alle tue amiche: pensa cosa staranno passando…»
Come fa a farmi sentire una bambina con due semplici parole?
Me lo hanno detto tutti e io me ne sono fregata.
Ma se me lo dice lui…
 
Arriccio il naso e sbuffo.
«Uffa…»
«Cosa?»
Gli poso le mani sulle spalle e mi avvicino per gridargli nell’orecchio:
«Uffa!»
Lui sobbalza.
E poi, incredibilmente, sorride.
 
Sento il mio cuore che si riempie di gioia.
Quanto mi sono mancati i suoi sorrisi.
 
Approfitto del momento per restargli vicina, fingendo di dover parlare forte a causa della musica assordante.
«Non voglio lasciare Sirius!» gli grido «È solo e annoiato e non vorrei che facesse qualche pazzia…»
Ben scuote il capo e china la testa per avvicinare la bocca al mio orecchio.
«Tuo zio è un uomo adulto…»
Sento i brividi quando il suo fiato caldo sfiora la mia pelle e mi avvicino ancora di più, posandogli una mano sul petto.
Lui non si ritrae.
«Sì, lo so…ma per certi versi, sembra ancora un adolescente…Mi sembra che a tratti quasi approvi la mia fuga…»
«Solo un pazzo la approverebbe!»
«Musone» lo accuso, sorridendo.
E mi sorride anche lui, timidamente.
I nostri visi sono vicinissimi.
Per la prima volta da settimane sento che ci siamo, che siamo vicini, che possiamo sistemare tutto…
 
E poi sento uno strillo che mi fa fare un salto.
La babbana bionda ci ha avvistati ed è piombata su di noi urlando recriminazioni, con Robert alle sue spalle che cerca di trattenerla.
Ben si allontana da me con l’aria mortificata.
Lei gli molla un ceffone che lui incassa in silenzio.
Robert le grida qualcosa, ma lei sputa veleno e grida a Ben ogni tipo di insulto, lasciando scioccata anche me: riesce a coprire d’infamia lui, la sua famiglia, il suo lavoro, le sue frequentazioni e la sua moralità in dieci secondi netti.
Poi si volta verso di me digrignando i denti.
Ben si mette in mezzo.
«Lasciala perdere, Tamsin. È colpa mia. Hai ragione, ma lei non c’entra»
Metto una mano sul fianco di Ben e mi faccio avanti.
«Affatto. Io c’entro eccome. Se non altro perché sono innamorata di lui e io non getterò mai la spugna e non lo lascerò mai a nessun’altra»
L’ho zittita.
E ho zittito anche Ben e Robert.
Il secondo mi guarda con qualcosa di simile all’ammirazione, ma è del primo che mi importa.
Lo guardo negli occhi e lui ricambia per un attimo, ma poi sospira e si avvicina a Tamsin.
«Vieni…dobbiamo parlare. Andiamo a casa?»
Lei digrigna i denti:
«Cosa c’è? Speri di scopare una volta che ci allontaniamo dalla tua puttanella? Perché se ci speri sei proprio una testa di cazzo!»
 
Io deglutisco.
Robert mi afferra un braccio, preventivamente.
Mi impongo di non crollare, anche se lui ha scelto di andare via con lei:
«L’hai scelta per le buone maniere, immagino» dico a Ben.
Poi mi volto verso Robert.
«Se mi lasci il braccio me ne vado, grazie»
«Sicura?» dice lui «Non è che…»
Sbuffo e mi divincolo, poi mi allontano da Ben senza guardarlo e senza salutare.
Rientro in sala e cerco Sirius con lo sguardo.
Lo vedo appoggiato con disinvoltura al bancone del bar: mi nota e si avvicina subito.
«Che succede?»
«Ci ho provato…e va a casa con lei»
Lui mi posa una mano sulla spalla.
«Sono fiero di te, piccola»
Tento di sorridere.
«Grazie. Possiamo andare a casa?»
«Certo. Mi reggi solo un attimo questo?»
Mi mette in mano il suo bicchiere e mi supera.
 
In cinque passi raggiunge Ben e gli dà un pugno che lo stende per terra.
 

   
 
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