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Autore: Ryo13    13/02/2013    4 recensioni
Storia della follia a cui può spingere l'amore, narrata nella forma di un racconto. Adam e Amelia non possono vivere l'uno senza l'altro, ma questo li spingerà ad intraprendere un cammino oscuro, che rompe i limiti della vita, della morte, della morale.
 
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Your mind plays on you'
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Sono emozionata! *OO* Questa è la prima storia a capitoli che concludo! >.< Visto che ero a Febbraio, ci tenevo a chiuderla per il mio compleanno! ^^ Non so quasi che dire... questa storia mi ha presa molto; sono felice che molti di voi l'abbiano apprezzata e vi ringrazio ancora una volta di tutti i complimenti che mi avete fatto! Spero che la fine che ho immaginato e che ho quindi dato alla storia sia all'altezza del racconto e che non vi deluda ** Finalmente capirete le mie criptiche parole quando dicevo che la fine può essere triste o felice a seconda di come la si vuole interpetrare ù.ù Non lanciate pomodori, in caso sappiate che non poteva andare diversamente da così xD Beh, buona lettura! Ovviamente non vedo l'ora di leggere i vostri commenti per sapere che impressioni avete avuto a ciclo concluso ;)

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Sebastian non aveva ancora avuto il coraggio di confessare tutta la verità. Temeva troppo di spingere Amelia a chiudersi di nuovo in se stessa e non poteva tollerare quel pensiero, non ora che finalmente gli permetteva di far breccia nel suo cuore e nei suoi pensieri.
Passava quasi tutti i giorni ad ammirarla, perso com’era nell’osservare il suo viso mentre cambiava mille e più espressioni nel corso dei loro dialoghi: non vi aveva mai fatto caso prima di allora, ma era davvero una persona ricca di sentimenti che teneva nascosti ai più. Sembrava così timida e timorosa da lontano, così diffidente quando aveva iniziato a sedersile accanto… e invece aveva scoperto che era una persona molto forte. Forse troppo… per questo si era isolata da tutto e tutti e non permetteva a nessuno di avvicinarsi oltre un certo limite. Ciò che non capiva era il motivo di questo suo comportamento e di questa chiusura forzata.
Aveva imparato a osservarla da lontano e ora, che le poteva stare vicino, non aveva potuto fare a meno di amarla. Desiderava con tutto se stesso, con un’intensità che non aveva mai provato prima nella sua vita – per niente e per nessuno –, di conoscerla, parlarle, sorriderle e godere dei suoi sorrisi, toccarla, baciarla… quest’ultimo desiderio stava diventando sempre più forte e opprimente dentro di lui. A volte riusciva a trattenersi a stento dal prenderle il volto e costringerla ad affrontarlo, dall’assaporare intensamente le sue labbra in un modo che, era sicuro, le avrebbe toccato l’anima e, forse, l’avrebbe legata a sé per sempre.
Eppure avvertiva con molta chiarezza che qualcosa non andava. C’era qualcosa nel suo modo di parlare, di atteggiarsi, che pareva suggerire che aveva un segreto da nascondere, qualcosa che non voleva che gli altri sapessero. Nonostante tutte le loro conversazioni, avvertiva sempre una sorta di schermo tra di loro che non li lasciava essere del tutto onesti l’uno con l’altro.
Allora aveva deciso di aspettare. Aspettava che Amelia capisse la profondità dei suoi sentimenti per lei, che capisse che l’ultima cosa che voleva era ferirla. Attendeva giorno dopo giorno che fosse lei, spontaneamente, ad aprirsi a lui. Aspettava con la stessa pazienza che aveva dimostrato all’inizio, quando aveva continuato a sedersi su quella panchina impedendosi di parlare, per timore che si spaventasse e scappasse via: come era stato premiato dal fatto che lei avesse poi deciso di parlargli, così credeva che bastasse attendere i suoi tempi per avere un’eguale gratificazione.
Ma le settimane passavano e lei non sembrava avere la minima intenzione di pronunciarsi.
Sebastian si chiese cosa dovesse fare. Preferiva non essere lui a prendere indelicatamente il discorso, ma voleva trovare un modo per avvicinarsi maggiormente a lei.
Una mattina, decise di rischiare il tutto e per tutto.
Amelia aveva osservato il treno andare via come sempre, ma con un’espressione meno sofferente del solito.
Sebastian le rivolse di punto in bianco la domanda.
«Cosa ti impedisce di prendere quel treno?»
La ragazza sussultò quando capì cosa le stava domandando. Esitò a lungo, poi rispose.
«Ci sono delle cose, qui, che mi trattengono.»
«Porti sempre con te questo borsone.» disse indicando il bagaglio abbandonato ai piedi di Amelia, frapposto tra loro due. «Io penso che tutto ciò che ritieni di avere di bisogno sia là dentro.»
Amelia sorrise senza convinzione, quasi cinicamente. «Un borsone non può trasportare dei sentimenti.»
«Ti sbagli. Quelli che non può portare con sé, evidentemente sono fardelli che vanno lasciati indietro. Ci hai mai pensato?»
«Ogni dannato giorno.» rispose sinceramente e con un punta molto evidente di amarezza.
«Allora cosa ti trattiene?»
Amelia combatté contro le lacrime incipienti. Si sentiva scossa nel profondo da quelle domande perché erano le stesse che la tormentavano da anni e che ultimamente l’avevano spinta a tentare la fuga, a cominciare qualcosa di nuovo. Si sentiva tremare tutta, come sul punto di abbandonarsi tra le braccia dell’unica persona che sentiva poteva capirla. Ma, ancora, c’era il timore della perdita a frenarla: che avrebbe fatto se Sebastian si fosse allontanato da lei, disgustato da ciò che Adam le aveva fatto o che voleva ancora farle? Si rese conto davvero solo in quel momento quanto la presenza di quel ragazzo avesse guarito qualcosa nel suo cuore; quanto l’avesse sostenuta con la sua silenziosa presenza, quanto fossero diventati importanti per lei la sua opinione e il suo affetto. Non voleva perdere tutto ciò che aveva guadagnato: si sentiva come un assetato nel deserto che toccasse con labbra, per la prima volta da lungo tempo, un sorso di fresca acqua sorgiva.
Eppure, non poté fare a meno di rispondere: «Il senso di colpa. Mi sento responsabile verso ciò che voglio lasciarmi dietro; e la paura: temo di non potermi mai veramente liberare da ciò che mi opprime. Semplicemente, forse non è possibile. Forse, non importa quanta distanza io metta tra me e… il problema: sarà sempre lì a tormentarmi, un pericolo che incombe a ogni angolo! Che senso avrebbe vivere una vita simile? Che vita sarebbe?»
«Non puoi tentare di risolvere il… problema, allora?» aveva esitato anche lui prima di usare il termine che aveva scelto lei per indicare l’ostacolo, perché non sapeva veramente di cosa parlasse. Si sforzava con tutto sé stesso di comprendere, ma semplicemente non aveva abbastanza indizi.
Amelia rise mentre due lacrime precipitavano nel vuoto dal suo viso. «Credimi, ci ho provato! Ci ho provato con tutte le mie forze… ma è una pietra! No, una montagna… inamovibile!»
«Dimmi di che si tratta. Forse posso aiutarti a… scavalcarla?» concluse esitante.
Amelia lo fissò negli occhi, aprì la bocca come per dire qualcosa e la rischiuse scuotendo il capo. «No, Sebastian. Io… non credo di essere pronta per dirtelo.»
«Non ti fidi di me?»
«Ho paura…»
«Di che cosa?» insistette.
«Di… ho paura di…» balbettò, «…perderti.» sussurrò infine.
Sebastian si sentì colpito da quelle parole, quasi tramortito. Anche se la mancanza di fiducia lo aveva disturbato, il pensiero che lei ci tenesse abbastanza a lui da non volerlo perdere lo rendeva felice a un livello che non riusciva del tutto a capire. Si sentiva fiero, lusingato, intimidito tutto in una volta. E sentiva di volerla stringere al proprio petto per alleggerire il suo fardello, condividerlo con lei – di qualunque cosa si trattasse –; voleva farle capire che non aveva intenzione di andarsene, di abbandonarla… che l’amava. Sì, voleva che sapesse quale peso avesse il suo amore per lei.
Allungò una mano, le sfiorò una ciocca di capelli. Timidamente gliela sistemò dietro l’orecchio e le carezzò il viso scendendo lungo la guancia fino a trovare con la punta delle dita il piccolo mento. Con una lieve pressione la costrinse a voltarsi verso di sé.
Allora si guardarono di nuovo negli occhi. Nessuno parlò; Amelia aveva gli occhi lucidi, le labbra gonfie dai piccoli morsi con cui le aveva torturate. Sebastian, dopo un lungo attimo, scese con lo sguardo a fissarle; le carezzò col pollice. Amelia trattenne il respiro ma non lo respinse quando egli avvicinò il volto al suo.
Fu un bacio leggero, uno sfioramento di labbra. Ma fu così lento… così insopportabilmente intenso, che Amelia si sentiva ancora bruciare nel punto in cui si erano toccati.
Sebastian parlò con lentezza, scandendo ogni parola affinché le si fissasse bene in mente. «Io. Non. Voglio. Perderti.»
Amelia lo fissò, tremando leggermente. Lui la tratteneva con una mano sul mento a poca distanza.
«Nulla di ciò che mi potrai mai rivelare, cambierà quello che provo per te, Amelia. Cerca di capirlo perché è una tortura averti così vicina e non poterti aiutare. È una sofferenza vederti piegare annichilita da questo “problema”… e sapere di non poter fare nulla per migliorare la situazione.»
Prese un attimo fiato, e finalmente confessò. Tentò il tutto e per tutto.
«La verità… è che io ti avevo notato molto prima.»
«Che cosa? Che vuoi dire?» Amelia era confusa.
«Siamo andati nello stesso college. Ma tu non ti sei mai accorta di me; non ti accorgevi di nessuno. Ti guardavo sempre da lontano e mi incuriosivi. Provavo il desiderio di avvicinarmi ma non sapevo come fare. Eri così… eterea… mi sembrava che sarebbe bastato il minimo tocco per allontanarti e farti scomparire. Non avevo il coraggio di parlarti… questo fino alla fine dei corsi. Ero triste al pensiero che non ti avrei rivista mai più. Non sapevo niente, niente di te… se non il tuo nome e ciò che avevo osservato di te: il fatto che stessi sempre da sola, che non parlassi con nessuno, che ti isolassi…»
«Poi, un giorno, ti ho vista in questa stazione e ti ho riconosciuta. Ti ho vista guardare il treno con desiderio e ho percepito la tua paura, come se fosse anche un po’ mia. In effetti, temevo che saresti salita e ti avrei persa per sempre. Ma tu sei rimasta lì immobile. Il treno se n’è andato e tu hai pianto; mi sono sentito triste, ma anche molto sollevato. E poi ho notato che venivi sempre qui, sempre alla stessa ora; giorno, dopo giorno, ti vedevo guardare il treno e non prenderlo mai. Mi ci è voluto un po’ di tempo per raccogliere il coraggio di avvicinarmi a te, dopo tutti quegli anni passati a osservarti da lontano. Mi è occorso ancora più tempo per rivolgerti la parola, perché avevo sempre il timore che bastasse un nonnulla per allontanarti. Così ho atteso che fossi tu, spontaneamente, a deciderti a dirmi qualcosa. E così è stato.»
Sebastian sorrise, una volta conclusa la sua bizzarra confessione. Ora stava tutto a lei.
«I-io…» cominciò quella, ma le si spezzò la voce e non poté finire.
«Io sono pronto a partire.» sbottò d’improvviso il ragazzo.
Quelle parole risuonarono nel silenzio della stazione.
«Che… Che cosa?»
«Io sono pronto a partire.» ripeté. «Lo sono da quando ho capito i miei sentimenti per te: sono pronto a prendere quel treno, il giorno che deciderai di salirci.»
«Ma… ma tu non hai niente!»
Sebastian sorrise. «Non è del tutto esatto.»
«Che vuoi dire?»
«Ho una carta di credito nel portafogli. E i miei documenti. Tutto il resto lo posso comprare.»
«Così, semplicemente?»
Ammiccò verso la valigia. «Tu prevedevi qualcosa in più?»
«Ma… ma io ho sufficiente denaro da vivere per un po’ anche senza avere un lavoro.»
«Lo stesso vale per me.»
«Non hai dei legami? Una famiglia che ti trattiene?»
«No. Sono un orfano.»
Amelia sgranò gli occhi, non se l’aspettava.
Sebastian continuò. «I miei genitori sono morti quando ero piccolo. Io sono stato allevato dall’istituto per orfani, il Saint Mary-Jane, perché non avevo altri parenti in vita che potessero occuparsi di me. Tuttavia, ho ereditato una discreta somma di denaro che è stata amministrata per anni da un loro legale di fiducia fino alla mia maggiorità. Io ho concluso tutti gli studi, fino al college, sfruttando le borse di studio messe a disposizione dallo stato. Ora mi ritrovo con questo denaro da spendere e posso decidere come impiegarlo.»
«E vorresti usarlo per venire con me in qualunque posto io decida di andare?»
Amelia era incredula.
«Sono pronto a seguirti anche se tu non mi volessi. Ti amo, Amelia. Sento di amarti come solo una volta nella vita può capitare e intendo dare a questo amore ogni possibilità che può avere. Se non provi lo stesso per me, sono disposto ad aspettare. Posso aspettare che i tuoi sentimenti cambino, che tu sia pronta… ad accogliere una persona e a tenerla vicino a te, senza nessuna barriera a dividervi.»
«Tu sei tutto matto! Non mi conosci affatto!»
«Ma il mio cuore brama di conoscere il tuo. Sento nel profondo che qualcosa mi lega a te: lo sento quando ti guardo, quando ti parlo, quando mi sorridi, quando ti vedo piangere. Mi sento destabilizzato quando abbassi gli occhi timidamente, piegando le labbra in quel broncio unico e adorabile.»
Amelia era arrossita fino alla punta delle orecchie. Sentiva il cuore batterle come un tamburo nel petto, un sentimento di struggente tenerezza toglierle il fiato… quasi le prudevano le mani per la voglia che aveva di circondargli il collo e abbracciarlo, stringerlo forte a sé. Percepiva come un pulsare insistette il ricordo dell’ardente tocco delle loro labbra che ora desiderava ripetere, approfondire… voleva che i loro respiri di confondessero fino a fondersi e le sarebbe piaciuto fondere insieme anche le loro vite, proprio come lui desiderava.
Ma l’ombra di Adam incombeva ancora più pesantemente su questi nuovi, struggenti sentimenti che sentiva nascere.
Si ricordò d’improvviso perché non potesse aprirsi completamente a lui e si rabbuiò.
«Ho visto passare qualcosa…» sussurrò Sebastian che l’aveva ben osservata. «Ho visto un principio di qualcosa di buono e poi questo, venire spazzato via da un altro pensiero, più angoscioso. Ti prego, parlami.»
Amelia allontanò il volto, intimidita dalla facilità con cui lui le leggeva l’animo.
«Non posso… non posso…» sussurrava.
Con una decisione repentina, abbandonò il suo posto, raccolse la borsa e scappò via. Lontano da lui e, sperava, lontano da quei sentimenti che si facevano sempre più insistenti in lei.
Scappò, senza lasciare a Sebastian la possibilità di meditare su ciò che era appena accaduto e costringendolo ad agire seguendo solo il comando del proprio cuore.
Le corse dietro, rimanendo a distanza. Senza che lei si accorgesse di nulla, la seguì fino a quando lei non arrivò a casa. Era la prima volta che vedeva dove abitasse. La prima volta che si avvicinava così tanto a lei e al mondo che teneva segreto.
Amelia continuò a non accorgersi che Sebastian l’aveva seguita fino a quando non si trovò al cancello dell’abitazione.
Si appoggiò con la testa premuta sul ferro, la borsa che le pendeva dalle spalle. Singhiozzava emettendo lievi rumori, gemiti soffocati.
Sebastian respirava ansante, le si avvicinò ma rimase a pochi passi da dove si trovava lei. Con un sussulto Amelia si accorse della sua presenza, e con un piccolo balzo lo fronteggiò.
«Perché mi hai seguita?!» gridò quasi rabbiosamente.
«Non volevo che te ne andassi così.»
«Tu non dovevi…! Tu non devi…!» guardava verso la casa, cercando tracce di Adam. Non vederlo la tranquillizzò un poco.
«Per piacere, Seb, torna a casa tua. Non ho voglia di parlare in questo momento.»
Sebastian la fissò muto per qualche secondo, poi fece un cenno di assenso. «Temevo potesse accaderti qualcosa di male. Eri troppo sconvolta per prestare attenzione alla strada e… ad altre cose. Ora che so che sei arrivata sana e salva, posso andare.»
Esitò ancora qualche istante. «Domani… domani ti vedrò alla stazione? Verrai?»
Amelia si morse un labbro, non aveva in coraggio di guardarlo in faccia.
«Credo sia meglio di no.»
Un silenzio teso calò tra di loro.
«Non vuoi più vedermi?» le chiese lui.
Amelia si tese verso di lui, come se quel pensiero fosse intollerabile anche per lei. «No… io… no. Non intendevo quello che hai capito. Solo… credo sia meglio non vederci per qualche giorno, tutto qua. Ho… ho bisogno di riflettere.»
Sebastian lasciò andare un pesante sospiro. «Meno male. Temevo di avere rovinato tutto.»
«No, Seb… tu… non hai rovinato niente! Sono io che… sono io che non vado… sono così incasinata. Chissà cosa penserai di me.»
«Che sei meravigliosa.» rispose.
Amelia sorrise un po’ triste, un po’ lusingata. «Ti ringrazio.»
Proprio nel momento in cui i due giovani stavano condividendo un sorriso sincero, però, comparve Adam, chiamando il nome di Amelia.
«Amelia, eccoti! Hai fatto tardi, iniziavo a preoccuparmi!»
Adam, correndo fuori di casa, si avvicinò al cancello e lo oltrepassò. Allungò una mano a cingerle la spalla e l’abbracciò affettuosamente. «Bentornata, amore.» l’accolse.
Del tutto ignorato dall’uomo, Sebastian assisteva basito alla scena che si stava svolgendo davanti ai suoi occhi. Un improvviso timore lo prese, lo colpì al cuore, e la paura che Amelia appartenesse già a qualcun altro lo fece quasi crollare sulle ginocchia in preda alla disperazione.
Ma poi si accorse dell’espressione ferita di Amelia. Era quasi presa dal panico e lo guardava come se si aspettasse che fuggisse via da lì. Inoltre era visibilmente rigida in quell’abbraccio, quasi fosse costretta ad accettarlo. Questo pensiero gli fece guardare alla situazione con occhi nuovi e un po’ di speranza: che quell’uomo avesse a che fare col “problema” di Amelia? Era per caso da lui che voleva fuggire ma non ci riusciva?
Adam, intanto, l’aveva lasciata andare e per la prima volta notava il ragazzo che era con l’amata.
«Tu chi sei?» gli chiese senza preamboli, nel perfetto stile di Adam.
Senza esitare, né tirarsi indietro, Sebastian si presentò come un amico di Amelia.
«Non sapevo che ne avessi uno, tesoro.» commentò quello, rivolgendosi alla ragazza. Poi, tornando su Sebastian, gli disse: «Mi fa piacere conoscerti. Io sono Adam.»
«Adam… il padre di Amelia?» chiese basito. La ragazza lo aveva infatti menzionato solo una volta, molto brevemente. Aveva detto che abitava con l’unico genitore e non aveva aggiunto altro.
Ora mille e uno pensieri si affollavano nella mente di Sebastian, confondendolo: cosa significava quella reticenza riguardo al genitore? E l’atteggiamento poco parentale di questi nei confronti della figlia? Inoltre un’altra cosa, ben più inquietante, lo lasciava esterrefatto: Adam poteva avere al massimo qualche anno in più di Amelia! Non dimostrava di avere forse nemmeno trent’anni! Come poteva essere davvero suo padre?!
«Non sono più il padre di Amelia. Ora lei è la mia compagna.»
Amelia tremava, lo sguardo abbassato fisso al suolo, e non riusciva a dire nulla. Si aspettava un torrente di domande, qualche imprecazione, forse, o una fuga… ma nulla di tutto ciò accadde.
Sollevò il viso qual tanto che bastava a vedere cosa stesse facendo Sebastian: lui era in piedi, fermo nello stesso punto di prima, che la guardava interrogativo e palesemente confuso.
«È… » cominciò, «…una lunga storia.»
Sebastian fece un cenno e disse. «Ci scommetto. Hai intenzione di raccontarmela?»
Rincuorata dal tono semplice, non invadente, di lui e dal fatto che non fosse fuggito o non si fosse messo a fare una scenata come si era aspettata, la indusse a compiere quel passo che altrimenti non avrebbe mai fatto.
«Sì… credo di dovertelo.»


Amelia disse ad Adam di aspettarla dentro casa. Una volta rimasti di nuovo soli, lei si spiegò. Le occorse molto tempo ma, dopo qualche esitazione, si lanciò con foga in spiegazioni che non aveva mai potuto dare, liberando il suo cuore di tutti i sentimenti e i timori che l’avevano oppressa.
Sebastian rimase sbalordito dalla verità, ma non dubitò su nulla che lei gli dicesse: persino la natura robotica di Adam, nel suo racconto, dava significato agli eventi. Lui non la giudicò mai come lei aveva temuto.
«Che colpa avresti? Non vedi che in tutta questa storia, tu non sei altro che una vittima?» le disse, anzi.
Quelle parole tolsero un peso immenso dalle spalle di Amelia. Finalmente si sentiva libera dalla gabbia, capace di fare di tutto; di prendere in mano la sua vita… questa volta sul serio, senza più esitazioni, senza più accorgimenti per dilatare il tempo. Sebastian, con la sua benevola accettazione dei fatti, le aveva dato l’assoluzione che avere sempre cercato invano, che aveva temuto di avere.
Quando si separarono, lo fecero con un animo nuovo e il cuore aperto.
«Allora ci vediamo domani? Alla stazione?» le chiese Sebastian, felice di essere finalmente riuscito a toccarla veramente.
Amelia sorrise, pianse un po’ commossa e lo abbracciò con un impeto che colse di sorpresa entrambi.
«Aspettami. Domani.» sussurrò col volto premuto sul suo petto.
Lui non poté fare a meno che ricambiare l’abbraccio e la tenne più strettamente, quasi non volesse più separarsene.
«Sì… domani.» sospirò, inalando il profumo dei suoi capelli.

"Lontano si ferma un treno
ma che bella mattina, il cielo è sereno
Buonanotte, anima mia
adesso spengo la luce e così sia."


[‘Cara’, Lucio Dalla]


Il giorno successivo, Amelia e Sebastian si incontrarono alla stazione. Salirono sul primo treno tenendosi per mano. Ciascuno aveva solo una semplice borsa con sé con lo stretto necessario che bastasse loro per vivere qualche giorno in un posto nuovo, in vista di costruire una nuova vita insieme.
Amelia era finalmente riuscita a dire ad Adam ciò che aveva nel cuore, senza rimpianti, senza debolezze… solo con un lieve rammarico per ciò che lui aveva da sempre rappresentato per lei: l’unica persona in vita che la conoscesse meglio di tutti, che l’aveva accudita e cresciuta… l’unico padre che avesse mai conosciuto.
Ma era arrivato il momento di stare in piedi sulle proprie gambe e avanzare nella vita con più coraggio di quanto avesse mai avuto: ora le si aprivano dinanzi numerosissimi percorsi ma lei non sentiva più l’urgenza di sceglierne uno che semplicemente la portasse “lontano” o l’aiutasse a scappare da se stessa. Ora avrebbe potuto costruire; e l’avrebbe fatto con la persona che amava al proprio fianco. Chissà… un giorno avrebbe anche potuto rintracciare i suoi veri genitori, sapere se erano ancora vivi, conoscerli… oppure formare una propria famiglia assieme a Sebastian.
Le possibilità erano semplicemente infinite.
Disse, così, le uniche parole che sapeva avrebbero spento i sistemi di Adam, una volta per sempre, quelle che aveva appreso dalla memoria della defunta omonima. Poche, semplici parole avrebbero fatto cessare l’alimentazione delle celle a energia solare e lo avrebbero fatto scaricare, come una pila usata.
«Ti voglio bene, Adam…» gli disse, «Ma ‘non ho più bisogno di te. Lasciami andare’
Così, con quell’addio, Adam rimase da solo, a consumare l’ultima energia. E si spense ripetendo continuamente un unico nome: il più caro, il più amato, l’unico pensiero che fosse rimasto sempre e per sempre dentro di lui.
“Amelia…”
“Amelia…”
“Amelia…”

 

– FINE –


 

ULTIME NOTE:

Per me Adam, più che "spento", è stato "liberato" ma non posso essere sicura che gli altri la pensino allo stesso modo ^^ C'è comunque molta tristezza nel fatto che se ne sia andato da solo quando non solo ha perso Amelia 1.0, ma anche Amelia 2.0 e alla fine lui è vissuto per un unico fine, un unico scopo >.<
Non so, quando ho scritto le ultime parole mi sono commossa tantissimo perché era come vedere tutta lì la vita di Adam: quel dolce Adam dall'aria infantile che non capisce il mondo ma che cerca a tutti i costi un modo per farne parte, e quell'Adam più inquietante che risulta dall'esasperazione del medesimo desiderio cresciuto oltri i limiti della morale!
Nelle ultime parole si capisce come Amelia 1.0 avesse già previsto in cuor suo questa conclusione: si era lasciata aperto uno spiraglio inserendo tra i circuiti un modo per "spegnere" Adam, perché in realtà sapeva che il suo modo di fare era malato e sperava che col tempo sarebbe guarita oppure sarebbe precipitata del tutto in questa finzione che si è costruita da sé.. non aveva previsto come tutto ciò sarebbe risultato impossibilmente gravoso al punto da non lasciarle scampo che nella morte.
Lei non avrebbe voluto abbandonare l'Adam robot, ma è stata egoista a lasciarlo così come lo è stata nel crearlo >.< Non ha pensato lei stessa a spegnerlo perché anche allora, fino alla fine, non ha avuto la forza di cancellare quel castello di sabbia, l'unica traccia del suo amato Adam. Alla fine era la persona più debole anche se dal genio più grande.

Come avevo già spiegato qua e là, Sebastian, invece, rappresenta:

1) La la forza della vitalità umana; ---> col suo travolgere Amelia e farla innamorare e riportarla alla luce.
2) Il riscatto; ---> la vittoria dei sentimenti sulla mera imitazione e la pretesa dell'uomo di giocare a fare Dio.
3) Le infinite "possibilità del mondo", come le chiamo io; ---> espresse in quel suo stare ad aspettare, nella sua silenziosa presenza e soprattutto, scopriamo alla fine, nel suo osservare da lontano, con costanza!
Come Sebastian anche il mondo e la realtà restano lì in attesa di fare la loro mossa per offrirci occasioni per mutare il corso degli eventi, di redimerci e riscattarci ^^

Sono davvero, davvero felicissima di avere concluso questa storia e spero con tutto il cuore che vi abbia trasmesso qualcosa :)  Grazie per averla letta!
*abbraccia tutti*

   
 
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