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Autore: Emerald Liz    14/02/2013    6 recensioni
“Non c’è nulla di strano in un gruppo di ragazzine che parlano tra loro. Proprio niente.” Cerco di rassicurarmi. “Dopotutto, sono in una scuola femminile.”
Come si comporterà Kakashi nelle vesti di supplente in un istituto femminile?
Genere: Commedia, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kakashi Hatake, Sakura Haruno, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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“Odio il lunedì” pensai, non appena il trillo della sveglia mi strappò dal sonno.
Mugugnando imbronciato, tastai il comodino fino a quando non riuscii a far smettere quel rumore infernale.
Non ero mai di buon umore appena sveglio, e quel giorno era anche peggio del solito: la cruda verità era che non avevo nessuna voglia di andare a scuola.
Il che può essere comprensibile in un adolescente che debba sorbirsi lezioni interminabili, ma quando a pensarla così è un professore, come nel mio caso, allora è tutta un’altra musica.
Quella mattina, infatti, ogni docente avrebbe dovuto portare la sua classe in aula magna per un incontro con alcuni professori universitari.
All’inizio, quando avevo ricevuto la comunicazione, l’idea mi era piaciuta, soprattutto perché sapevo che Tsunade avrebbe accompagnato un’altra classe alla stessa ora, per cui potevamo ritagliarci un po’ di tempo insieme.
Ma, dopo i fatti degli ultimi due giorni, temevo che la cosa potesse essere solo fonte di un grandissimo imbarazzo: per quanto credevo che non mi avrebbe fatto scenate, Tsunade non era certo il tipo da fare finta di niente, e siccome tutti gli altri insegnanti si erano accorti che c’era un “qualcosa” tra noi due, entro l’ora di pranzo tutta la scuola sarebbe stata informata del fatto che il professor Kakashi aveva lasciato la professoressa Tsunade da sola in discoteca per andarsene con un’altra ragazza.
Fantastico.
Gemetti di disappunto: non potevo farcela.
Era il momento perfetto per darsi malato.
Composi il numero di telefono della scuola, e annunciai alla segretaria che quel giorno non sarei venuto.
La mia voce, ancora roca per il sonno, diede il giusto tono di credibilità alla mia spiegazione, e quando ringraziai la segretaria, lei, di solito insensibile come una roccia, mi disse addirittura di riguardarmi e rimettermi presto, facendomi sorridere debolmente.
Mi sentivo più leggero, anche se provavo un certo senso di colpa per aver disertato così improvvisamente e senza una vera motivazione.
In realtà, c’era un’altra ragione per cui non ero pienamente contento della mia scelta: quel giorno non avrei potuto vedere Sakura.
Il pensiero mi intristì più di quanto credessi, e mi guardai intorno spaesato, finchè non mi accorsi che c’era qualcosa fuori posto, qualcosa che non avrebbe dovuto esserci: il vestito nero con cui Sakura era andata in discoteca due giorni prima pendeva ancora, dimenticato, dalla spalliera della mia sedia.
Vederlo mi lasciò per un attimo sconcertato, come se fosse un’apparizione.
Poi lo raccolsi delicatamente.
La prima cosa che mi colpì fu il lieve profumo che emanava: era il profumo di Sakura, e mi fece venire voglia di averla lì davanti a me per abbracciarla.
Questo pensiero suonò come una rivelazione nella mia mente, obbligandomi a chiedermi perché mi comportavo così nei suoi confronti.
Guardai di nuovo il vestito, quasi a cercare un esso una risposta.
Era semplice, ma ciò che mi colpì di più fu vedere quanto era piccolo.
Certo, Sakura era minuta, ma mi sembrava davvero molto corto.
E scollato.
La mia mente mi bombardò evocando un’immagine di Sakura con addosso quel vestito, e sentii un brivido.
Decisi che era meglio smetterla, e lo posai.
Non potevo permettermi pensieri del genere su una mia alunna.
“Una mia alunna che però mi ha baciato.”
Chiusi gli occhi per scacciare questi pensieri: non volevo crearmi altri problemi, e Sakura sembrava invece il centro di tutti quelli che già avevo, o almeno così pensava Tsunade.
Sospirai.
Non sarei mai stato bravo a capire le ragazze: la maggior parte delle volte, non capivo neanche me stesso.
Tanto valeva tornare a dormire, visto che potevo.
Mi addormentai quasi immediatamente, ma non riuscii a riposarmi: nella mia testa si agitavano sogni confusi di cui ricordavo solo pochi dettagli, e non erano rassicuranti; quasi sempre si trattava del viso, degli occhi, delle labbra o dei capelli di Sakura, a volte credevo di sentire la sua risata allegra, altre volte –e qui il sogno prendeva tinte oscure- credevo di sentirla piangere come la mattina precedente, quando aveva ricordato ciò che aveva rischiato.
Fu in mezzo a uno di questi sogni terribili che la mia mente, esausta, captò il suono del campanello della porta.
Aprii gli occhi a fatica, mentre avevo ancora stampata in testa l’immagine di Sakura che piangeva, e mi ci volle un po’ per scendere dal letto ed andare ad aprire.
Mentre andavo alla porta, notai di sfuggita l’ora: erano le due del pomeriggio.
“Ho dormito per tutto questo tempo? Forse sto davvero male.”
Finalmente, aprii la porta, e rimasi per un attimo accecato dal sole che splendeva fuori.
«Professor Kakashi?» mi chiamò una voce preoccupata.
«Sakura?» ero incredulo, e il fatto che non vedevo ancora nulla non aiutava.
«Prof, l’ho svegliata?»
Avevo recuperato abbastanza vista da poter distinguere la sua espressione preoccupata.
Sembrava triste, ed era assolutamente uguale a come l’avevo immaginata nel mio ultimo, terribile sogno.
Questa somiglianza, forse perché ero ancora in uno stato intermedio tra il sonno e l’essere completamente sveglio, mi fece quasi andare nel panico.
«Sakura!» quasi gridai, e la abbracciai stretta.
La sentii irrigidirsi per la sorpresa, prima di ricambiare la stretta, esitante.
Quando la lasciai andare, mi guardò con aria preoccupata.
«Sta bene, prof? Oggi ci hanno detto che era malato, così ho pensato di venire a vedere come stava…» arrossì, mentre abbassava lo sguardo, rendendosi conto delle sue parole.
Era così dolce, e le posai una mano sulla guancia per tranquillizzarla.
Lei alzò il viso verso il mio.
La baciai.
Non sapevo cosa stavo facendo, e non mi importava: l’unica cosa importante, in quel momento, era la sensazione delle sue labbra sulle mie.
Sakura, sebbene esitante, ricambiò il bacio allacciando le mani dietro al mio collo, e il suo tocco mi fece scendere dei brividi dolcissimi lungo la schiena.
Senza lasciarla andare, mi spostai a sufficienza perché potesse entrare, e chiusi la porta.
Sorrisi quando la sentii alzarsi sulle punte, mentre il bacio si faceva sempre più intenso.
“Ok, adesso dovrei smetterla.”
Sakura fece scivolare le sue mani sui miei fianchi.
“Va bene, ancora qualche secondo…”
Ma quando Sakura, sorridendo contro le mie labbra, mi morse il labbro inferiore, il mio respiro spezzato mi fece capire che era meglio smettere prima che la situazione mi sfuggisse di mano –più di quanto già non fosse successo.
Mi scostai leggermente, e la guardai.
Aprii la bocca per dire qualcosa –neanche io sapevo cosa- ma la sua espressione raggiante fece sciogliere ogni mio proposito: le sorrisi e la abbracciai stretta.
Dopo qualche secondo, ruppe il silenzio.
«Prof…» cominciò, continuando a tenersi stretta a me.
Probabilmente era arrossita, come sempre quando era in imbarazzo, e avrei dato qualunque cosa per vedere quanto era bella in quel momento, ma capivo come si sentiva, e continuai ad abbracciarla.
«Lei… Tsunade non è la sua… fidanzata?» riuscì a formulare la domanda dopo molte esitazioni.
“Oh. Credo di essere un idiota.”
«In realtà no. Non siamo mai stati insieme, e comunque, dopo sabato sera, non credo ci siano molte possibilità che potremo.»
Sakura si scostò e mi guardò accigliata: la risposta non le era piaciuta.
«Perché?» indagò.
Bè, tanto valeva confessare.
«Sabato, quando ti sei sentita male e ti ho portata a casa, ecco… mi ero dimenticato di essere con lei. L’ho lasciata sola in discoteca.»
Dio, quanto suonava stupido.
La guardai, in imbarazzo, e restai sconcertato: Sakura stava sorridendo.
E non era un sorriso accennato, ma un vero e proprio sorriso, enorme e soddisfatto.
 «…Sakura?»
Il suo sorriso si allargò.
«Si?»
«Perché sorridi in quel modo?»
«Bè, ha lasciato da sola Tsunade, una delle donne più belle che io abbia mai visto, per soccorrere me. È un pensiero che farebbe felice ogni ragazza.»
Le posai una mano sulla testa, scompigliandole i capelli.
«Non essere irrispettosa, Haruno.» la ammonii scherzosamente, sorridendo.
«Mi scusi, professor Kakashi.» mormorò, appoggiando le labbra sul mio collo.
Senza preavviso, la presi in braccio e mi spostai verso il divano, facendola sedere sulle mie gambe, mentre lei ridacchiava.
Amavo quel suono.
Questa consapevolezza mi colpì improvvisamente, e mi sentii di colpo più leggero.
Affondai il viso nell’incavo del suo collo, respirando il suo profumo, mentre lei mi abbracciava stretto.
Volevo solo restare così, per ore e ore.
Non potevo più negarlo a me stesso: ero innamorato.
  
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