Anime & Manga > Maison Ikkoku
Segui la storia  |       
Autore: moira78    17/02/2013    5 recensioni
[Maison Ikkoku]
E vissero per sempre felici e contenti... ma sarà stato proprio così? Nella quotidianità della vita familiare ci sono sempre mille problemi da affrontare e Kyoko e Godai non fanno eccezione: per loro convolare a giuste nozze è solo l'inizio di un'avventura costellata da novità, problemi, sorprese e, tanto per cambiare, vicini invadenti!
Genere: Commedia, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

STAGIONI - PARTE PRIMA

 

PRIMAVERA

I ricordi fanno parte della vita delle persone e ne influenzano gioie e dolori. Fino a un po' di tempo fa,  i ciliegi che fiorivano e la natura che si risvegliava dopo il freddo inverno mi evocavano solo dolore e tristezza: è stato in quel periodo che Soichiro, il mio primo marito, è morto improvvisamente.

Oggi, vicino a Yusaku, posso festeggiare qualcosa di meraviglioso grazie a te, piccola mia. Haruka, sei il mio miracolo: hai ridato gioia e colore alle mie primavere con la tua nascita e oggi, invece di recarmi in un triste cimitero a visitare mio marito, posso festeggiare il tuo compleanno con il tuo papà.

Grazie, tesoro, grazie di essere venuta al mondo proprio in questa stagione. Grazie per darmi dei ricordi belli da rivivere ogni giorno, Haruka.

 

"Kyoko, come devo mettere questi festoni?".  Si affacciò dalla stanza numero due cercando con lo sguardo sua moglie, ma non la vide da nessuna parte. Invece gli arrivò una poderosa pacca sulla spalla.

"Ehi Godai, guarda che tua moglie è andata a far spese!". Il vocione di Ichinose lo distolse dai suoi dubbi.

"Altre spese?! Ma come...". Dal cortile gli arrivò la vocina allegra di Haruka che giocava con il cagnone bianco di Kyoko.

"Chiro. Chiro!". Esultava felice tirandogli la coda per indurlo a uscire dalla sua casetta.

Sorrise e raggiunse la sua bambina, accosciandosi accanto a lei. "Lascialo stare, tesoro, si vede che non ha voglia di giocare". Come a sottolineare la veridicità delle sue parole, il cane emise uno dei suoi più malinconici 'bau' girando verso di lui il testone candido.

"Ma mi 'gnoio, vojo 'care con Chiro!". Non ci mise molto a capire che la bimba si annoiava e voleva giocare con il riluttante Soichiro.

"Forse se usassi il suo nome vero ti risponderebbe!", le disse ridendo, poi sillabò: "So-i-chi-ro", ed ebbe un brivido. Era abituato da tempo al nome del buffo cagnone, ma il fatto di dirlo così chiaramente e di poterlo sentire sulle labbra della sua bambina gli evocò tristi ricordi.

Questa è la stagione in cui morì Soichiro. E io sono un idiota, perché Kyoko ama solo me, ci siamo sposati e lei è nostra figlia.

"So...", Godai sussultò mentre guardava le labbra rosee di Haruka schiudersi a quel suono incerto. "...chiro!". Le spalle gli ricaddero: c'era andata vicino, però. Tanto che il cane si voltò di nuovo e si esibì in un altro dei suoi comici 'bau', prima di tornare a sonnecchiare.

"Hai sentito? Ha detto che non gli va di giocare. Che ne dici invece di venire a vedere la tua cameretta addobbata a festa?".

Haruka annuì felice e gli porse diligentemente la mano per tornare dentro casa. Godai decise di prenderla in braccio e metterle una mano sugli occhi; la bimba emise un gridolino di sorpresa.

"Non sbirciare, adesso ti porto nella tua stanza". Le sussurrò all'orecchio, aspirando il suo dolce profumo infantile; sapeva davvero di primavera, la sua bambina, e a parte i capelli castani come i suoi, era la copia perfetta di Kyoko: per questo l'amava ancora di più.

"Ta-daaaan!". Esclamò togliendo la mano e allargando il braccio per mostrarle la stanza.

Haruka sbatté le palpebre e la sua espressione di stupore divenne gioia e infine esultanza pura: "Bello, bello papi!", gridava agitando le braccine. Godai la mise a terra e lei si aggirò con passetti barcollanti tra i tavolini pieni di giochi e i palloncini colorati agli angoli della stanza; godette di quel momento e rise con lei quando, a furia di guardarsi intorno girando su se stessa, cadde a terra seduta con un piccolo tonfo.

"Devo dedurre da queste risa che avete cominciato senza di noi?". Si voltò e tese la mano per stringere quella di Mitaka, che stava sulla soglia con una delle gemelline in braccio; Asuna era poco dietro, con l'altra per mano e il terzogenito in braccio.

"Ben arrivati! È passato tanto tempo dall'ultima volta!".

"Esattamente un anno, quando facemmo quella grande festa a casa nostra per i bambini". Già, anche l'anno precedente si erano riuniti per festeggiare i compleanni delle gemelle e di Haruka: anche se avevano qualche mese di differenza, erano nate tutte lo stesso anno e la primavera era la stagione migliore per i bambini, con la sua temperatura mite e i colori accesi.

La casa di Mitaka era enorme, con una camera grandissima solo per i piccoli: armadi pieni di giocattoli, luci colorate e un giardino recintato con scivoli e altalene al quale si poteva accedere nelle giornate di sole.

"Vedo che anche lui è cresciuto parecchio". Disse solleticando il naso al maschietto di circa un anno: a differenza delle gemelle, aveva preso quasi esclusivamente dalla mamma, compresa l'aria timida. Infatti si accucciò tra le braccia di Asuna non appena lo sfiorò.

"Da bravo, Daisuke, saluta il signor Godai". Lo esortò lei inducendolo a voltarsi; il piccolo si limitò a fissarlo con la testa bassa e si portò un dito alla bocca come chiedendosi cosa dovesse fare esattamente.

Sorrise: era davvero un bel bambino, ma se fosse rimasto così remissivo le gemelline gli avrebbero dato ben presto del filo da torcere! Già le sentiva incitare i due adulti perché le lasciassero andare a giocare, con quel loro linguaggio acerbo che solo un genitore o un esperto di bambini come lui potevano comprendere.

"Potete far giocare i bambini nella stanza di Haruka: deve essere ancora terminato l'addobbo ma ci sono tanti giocattoli con cui possono divertirsi".

Certo, nulla a che vedere con le bambole e i robot che parlavano e camminavano da soli; le bambine di Mitaka disponevano addirittura di una piccola cucina in miniatura dove potevano simulare la cottura di dolci colorati.

Osservare i piccoli giocare, per lui, era come godere di quella spensieratezza che riusciva a provare solo quando diventava un ragazzino a sua volta: e poteva farlo ogni giorno con il suo lavoro, a dispetto delle difficoltà della vita. In quei momenti si sentiva appagato, felice, come se tutti i suoi desideri si fossero infine realizzati e non potesse desiderare di più. Se non...

"Ehi, voi, cosa fate lì impalati? Volete giocare con gli orsacchiotti?! Venite a bere con noi un goccio di birra! Oggi offre lui!". Ichinose strepitava, già evidentemente ubriaca, dal piano di sopra e indicava l'imbarazzato marito di Akemi: si vedeva che il poveretto sorrideva suo malgrado, ma evidentemente aveva preso parte a una delle terribili festicciole dei tre ex inquilini per amore della moglie.

Guardò Mitaka con espressione divertita ma lui scosse la testa con un sorriso: "Io passo, per questa volta; questa è la festa dei bambini, non vorrei proprio ridurmi come loro".

"Concordo pienamente, ma insisto per offrirti almeno un bel the freddo in giardino".

"Volentieri, grazie Godai". Sorrise e i denti gli brillarono quasi accecandolo. E chi avrebbe mai immaginato che, dopo essersi guardati in cagnesco per anni, lui e quel brillio ambulante potessero diventare tanto amici?

L'unica differenza tra noi è che tu puoi dare alla tua famiglia tutto ciò che desideri. I soldi non comprano la felicità, ma spesso ne esaltano il sapore...

"Andate pure, io resto con i bambini". Disse Asuna sorridendo loro dalla stanza dove i piccoli esploravano divertiti i giochi sparsi sul pavimento: avevano fatto bene a mettere quella morbida moquette colorata, così nessuno poteva farsi male qualora fosse caduto: era costata un po' ma Kyoko aveva avuto un'idea davvero ottima.

Se potessi comprare le nuvole, mia moglie e mia figlia avrebbero un soffice giaciglio su cui riposare...

Quando sedette sugli scalini di casa Ikkoku accanto a Mitaka, con la bevanda fresca in mano, pensò che era inutile mettersi a rimuginare su ciò che non aveva o non poteva permettersi: quante famiglie veramente ricche conosceva, in fondo? Nonostante le difficoltà quotidiane non gli mancava assolutamente niente. A parte...

"Perché non vi trasferite in una casa tutta vostra?" La domanda di Mitaka lo fece sobbalzare e per poco non lasciò cadere il bicchiere: come diamine aveva fatto a leggergli nel pensiero?! Lo guardò stralunato, come se avesse di fronte una specie di medium.

Oh, se potessi guadagnare un po' di più e far vivere Kyoko nell'agio! Se non avesse più bisogno di lavorare come amministratrice di casa Ikkoku così da potersi occupare solo della nostra Haruka! Lavorerei giorno e notte solo per vederle circondate da cose belle.

Mitaka doveva aver frainteso la sua espressione, perché agitò le mani davanti a sé dicendo: "Oh, no, scusa, scusa, volevo solo dire..."

Capì che doveva temere di averlo offeso e si affrettò a spiegarsi: "Ma no, non devi scusarti: vedi, stavo pensando proprio a questo quando me l'hai chiesto, perciò mi sono sorpreso". Sorrise, poi continuò: "Sai, aspetto una promozione entro la fine dell'anno e a quel punto potrei cominciare a mettere da parte per una casa".

Guardò l'amico che aveva assunto un'espressione più tranquilla, ora, e pensò di nuovo alla casa dove viveva con Asuna e i bambini: non solo era grande, ma anche arredata con bei mobili, compreso un divano comodo e un televisore di ultima generazione nel salone. Ogni stanza era ampia e piena di luce e non c'era alcun vicino chiassoso a ubriacarsi al piano superiore.

"Ehi?". Mitaka gli stava agitando una mano davanti agli occhi e lui si rese conto che si era perso nei propri pensieri.

"Ah, perdonami è solo che... pensavo..." Non terminò la frase, insicuro su cosa dire.

Cosa poteva rispondergli? Che era tormentato dal dubbio di dare poco alla sua famiglia quasi ogni giorno? Che, pur sforzandosi di fare del suo meglio, si sentiva quasi in colpa perché amava a dismisura il proprio lavoro pur rendendosi conto che fare carriera in quel campo non lo avrebbe certo portato a livelli di eccellenza?

"A proposito, dov'è Kyoko?".

"Ichinose dice che è andata a fare spese, dovrebbe tornare tra poco".

Improvvisamente, tutta la gioia e la sensazione di completezza cui tentava di attingere fino a poco prima si stavano affievolendo, riducendosi a una minuscola fiammella, gettandolo nel panico: quello che era stato un pensiero quasi remoto appena l'anno prima, mentre si aggirava in quella grande casa insieme a sua moglie, col tempo era mutato in un dubbio, poi in un'ossessione che rischiava di risucchiarlo in un vortice di incertezza.

"Certe volte mi domando... se non sarebbe stata molto più felice con te". Era stato appena un sussurro, considerando l' esplosione al centro della testa di una rivelazione che aveva tentato con ogni mezzo di non formulare a livello conscio; ma già avvertiva il respiro di Mitaka strozzarsi e gli occhi fissarsi sulla sua spalla, mentre non osava voltarsi a guardarlo.

Un petalo di ciliegio gli volò tra le mani, portato dal vento e lui lo fissò per un istante: era di un rosa così delicato che temeva di spezzarne i contorni solo guardandolo. Ciononostante strinse il pugno come se non volesse più lasciarlo andare.

"È sempre stata innamorata di te, e tu lo sai benissimo". La voce di Mitaka era bassa, calma, e quella stessa sensazione si impadronì di lui non appena la udì. Ma il dubbio che lo aveva assillato, nascosto nell'ombra per mesi, stava già cominciando a rosicchiargli le pareti dello stomaco.

"La vecchia storia di due cuori e una capanna... E noi amiamo Maison Ikkoku: è qui che ci siamo conosciuti; qui che ci siamo innamorati; qui che è nata la nostra Haruka. Questa è la ricchezza più importante, giusto? Eppure... non riesco a togliermi dalla mente che Kyoko avrebbe meritato di più". Aprì la mano e il petalo era lì, intatto, anche se un po' piegato e leggermente inumidito.

"Kyoko ha fatto la sua scelta molto chiaramente: sapeva cosa l'aspettava ma non ha esitato a sposare te. E tutto questo a prescindere da Asuna". Godai sorrise; la storia della gravidanza della cagnolina aveva definitivamente allontanato il suo eterno rivale da Kyoko ma lui stesso si era reso conto che lei, ormai, non aveva più alcun dubbio.

Perché si ostinava a struggersi? Avrebbe forse preferito che sposasse Mitaka e fosse infelice per tutta la vita in una gabbia dorata? No. Se avesse avuto anche il minimo sentore che Kyoko provasse qualcosa per il ricco allenatore di tennis non avrebbe esitato a farsi da parte, sacrificando la propria felicità in cambio di quella di colei che amava disperatamente. Ma avendo avuto il dono dell'amore incondizionato di Kyoko, non poteva far altro che lottare per renderla  ancora più felice di così. Ora che aveva finalmente concretizzato il suo timore più grande, riusciva a gestirlo in maniera più consapevole e d'improvviso, complici le parole di Mitaka, avvertì netta la sensazione di poterlo afferrare tra le mani e gettarlo via, come un macigno in uno stagno che si trasformi in un insignificante sassolino.

Si alzò in piedi, di nuovo fiducioso: "Giusto, devo dimostrarle che merito il suo amore e che posso farle vivere una vita altrettanto piena e serena!".

Udì Mitaka scoppiare a ridere e si voltò a guardarlo, sedendosi di nuovo accanto a lui: "Scusa, Godai, è che sei passato da un estremo all'altro in così pochi minuti che mi sei apparso particolarmente buffo!".

Non sapeva se quella sensazione di leggerezza sarebbe durata o se i dubbi si sarebbero riaffacciati, incontrollabili, alla sua mente. Quel che era certo, era che dire quella frase proibita solo qualche istante prima gli aveva fatto acquisire l'improvvisa consapevolezza che piangersi addosso sarebbe servito solo a renderlo più insicuro e infelice: ora la possibilità che Kyoko avesse potuto scegliere Mitaka gli sembrava l'ipotesi di un pazzo. Non aveva lottato per anni per meritarsi l'amore di Kyoko? Non meritavano, forse, di migliorare insieme, giorno per giorno, senza paranoie?

"Eh, eh... e già!". Balbettò imbarazzato, portandosi una mano alla nuca e ridendo scioccamente insieme all'amico. Già, ormai quel belloccio palestrato dai denti abbaglianti era diventato davvero suo amico. Era riuscito addirittura a contribuire all'annientamento degli spettri che lo perseguitavano da tempo.

Soichiro emise un 'bau' di protesta dalla sua casetta di legno, guardandoli con quei suoi occhietti striminziti e questo li fece ridere ancora di più.

"Sono contenta di vedervi così felici!", esclamò Kyoko comparendo all'entrata del giardino con dei pacchi tra le braccia. Godai la guardò e, ancora una volta, gli parve la creatura più bella che avesse mai messo piede nella sua vita. Forse era proprio la bellezza che sprigionava dall'anima e dal corpo che gliela faceva apparire così inadeguata per un ragazzo semplice come lui.

Un angelo per un mortale.

Si ritrovò a pensare mentre le andava incontro per aiutarla. Non poteva comprarle una casa grande, né giocattoli costosi per far giocare la loro bambina: ma poteva lottare ogni giorno, un passo dopo l'altro, per nutrire entrambe col suo amore immenso e far sì che si arrivasse a una felicità ancora più grande e completa.

"Godai..." Che voleva Mitaka? Non importava, la cosa fondamentale era aver trovato di nuovo la sicurezza dentro di sé, nonostante regredisse contemporaneamente a quando era un imbranato ragazzino alle prese con la sua prima cotta per l'amministratrice bella e irraggiungibile.

"Yusaku!". E regredì ancora di più quando lei pronunciò il suo nome, anche se non capiva come mai avesse quell'espressione preoccupata sul viso.

Urtò qualcosa con il piede e perse l'equilibrio, mentre quel qualcosa faceva 'bau!' e gli sfrecciava come un fulmine tra le gambe, accelerando la sua rovinosa caduta... direttamente tra le braccia di Kyoko. Pacchi e pacchetti volarono tutt' intorno, come un'allegra pioggia e lui cadde a terra sopra di lei portando, istintivamente e all'ultimo momento, una mano a proteggerle la nuca dal suolo.

Il silenzio, lui che fissava gli occhi spalancati di Kyoko mentre le chiedeva se si fosse fatta male e lei che scuoteva la testa, ancora sconvolta. Poi lo scoppio di risa; risa di adulti, risa di bambini. Infine le proprie e quelle di sua moglie mentre si rimettevano in piedi.

"Ma insomma, Godai, qui fuori davanti a tutti... e ai bambini!", esclamò la voce di Akemi  che suonava indignata e divertita allo stesso tempo.

Strinse Kyoko a sé, guardando prima Mitaka che si chinava a raccogliere i pacchetti e poi i suoi vicini e amici riuniti davanti alla porta di casa, con i piccoli che sbirciavano incuriositi: "Che ci volete fare? Sono troppo innamorato di mia moglie!", dichiarò con soddisfazione e una punta di complice imbarazzo.

ESTATE

Credeva di aver capito male; pensava che la sua ex inquilina si stesse burlando di lei. Appoggiò a terra la bacinella piena d'acqua che aveva tra le mani con un'attenzione doppia e si deterse la fronte con il polso, soffiando via i capelli che il sudore le aveva stampato sul viso.

Akemi fece spallucce: "Beh, non è poi così strano! Prima o poi doveva accadere, non sono mica più giovane come te".

L'aria tranquilla della rossa la sconvolgeva: era una notizia per la quale lei aveva provato una tale emozione che per giorni non aveva fatto altro che sorridere e parlare da sola. Akemi  invece sembrava le stesse raccontando una mattinata al supermercato.

"E Hideo (1) lo sa?".

"Non sono ancora riuscita a dirglielo. È così sensibile in questi ultimi tempi..."

Kyoko continuava a guardarla e pensò che, tutto sommato, era proprio da Akemi tutta quella pacatezza languida e quasi annoiata. Tuttavia, aveva bisogno di cavarle almeno un segno di emozione: "E tu sei felice?".

Per tutta risposta, la rossa tirò fuori una sigaretta e, con suo sommo orrore, si apprestò ad accendersela; ebbe appena il tempo di spalancare gli occhi e accennare un movimento con la mano destra, boccheggiando nel tentativo di redarguirla, prima che la donna si bloccasse con l'accendino a mezz'aria e togliesse il pollice facendo spegnere la fiamma. "Ecco, vedi? Continuo a dimenticarmi delle cose elementari: niente fumo, né alcool. Ho provato la birra analcolica e per poco non mi sentivo male... Non sono proprio tagliata per questa cosa!".

"Ah..." Riuscì ad articolare; pur conoscendola, non si capacitava affatto che un evento del genere non avesse sortito in Akemi nulla, se non una specie di annoiata privazione dei suoi vizi preferiti.

La rossa dovette accorgersi dell'espressione perplessa che aveva sul volto, perché la guardò un istante e poi disse: "Guarda che starò attenta, ci tengo che vada tutto bene. È solo che non ci sono abituata, tutto qui".

No, non le bastava come risposta. Akemi doveva fare i salti di gioia, doveva sentire una specie di brivido al pensiero, doveva adorare la sensazione che si provava di fronte a quello che somigliava così tanto a un miracolo...

Ma Akemi non era come lei e si sentì quasi in colpa a formulare quel pensiero, come se l'accusasse intrinsecamente di insensibilità; eppure quell'espressione così imbronciata all'idea di non potersi più dare alla pazza gioia per un po'...

"Ehi, di che si sparla qui?!". Ichinose...

"Già, fatelo sapere anche a noi!". Yotsuya...

Si voltò verso i due e cominciò: "Beh, il fatto è che Akemi..."

"...sono incinta", concluse la diretta interessata con la stessa aria annoiata di poco prima.

Kyoko rimase lì impalata per un intero minuto mentre Ichinose e Yotsuya dichiaravano che bisognava festeggiare, che era davvero una notizia strepitosa e che la famiglia si allargava.

Quanta leggerezza per una notizia così grande...

Quasi si pietrificò all'ultima frase che poté udire dalla donna prima che scomparisse al piano di sopra: "Mio marito ha insistito così tanto..."

                                                                                              ***

Da un po' di tempo, per Yusaku Godai scendere dal treno e fare a piedi i pochi isolati che lo portavano alla Maison Ikkoku era diventato il momento migliore della giornata. Nel giardino, a parte nei mesi più freddi, c'era sempre qualcuno ad accoglierlo: la sua piccola Haruka che giocava con la coda di Soichiro e gli correva incontro, o sua moglie che spazzava via le foglie e gli dava il bentornato con un lungo bacio.

Fece la strada quasi di corsa e si fermò a comprare un mazzo di fiori per Kyoko: quella era una serata speciale...

Entrare in casa aveva un sapore dolceamaro perché doveva dividersi tra lo spirito festaiolo dei due inquilini rimasti e l'amore della sua famiglia: alcune sere tornava in camera di Kyoko completamente ubriaco  e qualche volta discutevano della sua indulgenza nei confronti di Ichinose e Yotsuya, occasionalmente anche di Akemi. Non era facile dire di no a quella combriccola e la mancanza di volontà che lo affliggeva non gli era certo d'aiuto.

Ma qualunque discussione avessero, lui e Kyoko non rimanevano col broncio per più di qualche ora: ogni rientro a casa era meraviglioso come il precedente e quella sera sarebbe stata ancora più bella delle altre. Già la immaginava, in piedi sulla soglia, nel suo vestito elegante e le labbra leggermente truccate. Le avrebbe porto il mazzo di fiori e lei sarebbe arrossita, e allora...

Rimase basito quando, al suo rientro, trovò la moglie che parlava animatamente al telefono e Haruka che giocava nel corridoio.

"Ciao principessa!". Salutò sua figlia prendendola in braccio e facendola volteggiare. Tentò di scacciare la delusione concedendosi quel girotondo con Haruka e assorbendo tutta l'infantile gioia che emanava. Poi la mise giù e chiese: "Con chi parla la mamma?".

"Gno 'o so!". Naturalmente, cosa poteva saperne la sua bambina?  E soprattutto, perché Kyoko non era ancora vestita? Avrebbero fatto tardi e...

"Certo, ho capito perfettamente che non può venire perché si è ammalata, ma mi consigli per lo meno una sostituta!", stava dicendo sua moglie al telefono mentre accennava un vago cenno di saluto con la mano.

Oh, no...

"No, non mi interessa l'età, basta che sia affidabile e abbia esperienza di bambini".

Non stasera...

"Cosa? Un'agenzia? Ma hanno personale qualificato?".

L'anno scorso non abbiamo potuto festeggiare il nostro anniversario per una febbre che ha colpito Haruka proprio in quel periodo; quest'anno l'abbiamo rimandato per risparmiare. E ora...

Kyoko riattaccò e si voltò a guardarlo: sembrava costernata, anche se non era colpa sua. "Il fatto è che..."

"... la baby sitter ha dato buca, non è così?". Lei annuì e il suo sguardo andò con un sospiro alle scale: di sopra si sentiva un baccano tale che sembrava stessero festeggiando anche i giorni arretrati. Udiva distintamente le risate sguaiate di Ichinose e i suoi piedi sbattere sul pavimento nel solito, scomposto balletto; Yotsuya la incitava con grandi urla e Akemi sembrava già ubriaca fradicia.

Incontrò lo sguardo di Kyoko per un istante e capì che l'agenzia di cui stava parlando poco prima era l'ultima spiaggia: non era mai capitato di dover lasciare Haruka a casa ma l'unica volta in cui avevano tentato di portarla con loro al ristorante era stata così agitata che avevano potuto a malapena mangiare; in particolare adorava giocare con le posate facendo tintinnare piatti e bicchieri come altrettanti tamburelli e appena si cercava di darle un giocattolo al posto di cucchiaio e forchetta le urla facevano voltare i presenti. Stare tutti assieme come una famiglia era sempre meraviglioso, ma talvolta sentivano quel bisogno di romanticismo per cui la loro adorabile bambina era semplicemente troppo vivace. L'istinto materno di Kyoko aveva sopraffatto quel pensiero, scacciandolo più volte, ma dopo una lunga chiacchierata avevano convenuto che, ora che era più grandicella, potevano concedersi senza sensi di colpa una cenetta al lume di candela, se non altro per festeggiare i due anniversari arretrati. Quindi si erano messi alla minuziosa ricerca di una brava baby sitter e, grazie alle sue conoscenze all'asilo, avevano trovato una signora che aveva dei figli ormai grandi, ma si occupava volentieri dei bambini altrui in attesa dei nipotini.

A Kyoko aveva ispirato immediatamente fiducia e si erano accordati per quella sera.

Il destino, però, era loro avverso e l'alternativa all'agenzia che forniva baby sitting erano i tre sbandati al piano di sopra: "Beh, tanto vale andare a vedere in che condizioni sono", suggerì prendendo Haruka per mano e sforzandosi di sorridere. Sua moglie lo imitò coraggiosamente e lo seguì al piano di sopra.

La scena era la stessa di sempre e non lo colpì più di tanto: Ichinose stava effettivamente ballando, con un ventaglio in una mano e una lattina di birra nell'altra, mentre gli altri due cerebrolesi battevano le mani a tempo, evidentemente ubriachi.

A colpirlo fu la reazione di Kyoko: andava bene essere indignata per il loro comportamento compulsivo, andava bene che quella sera non era davvero aria di festa,  ma marciare a grandi passi verso l'alticcio trittico con quell'aria minacciosa non era proprio da lei!

"Mamy 'bbiata". Commentò tranquillamente Haruka, senza lasciare la sua mano.

"E già, sembrerebbe..." Rispose con un risolino nervoso.

Non era preparato neanche a quello che seguì: la sua dolcissima moglie, mostrando il suo lato battagliero, strappò dalle mani di Akemi la lattina e la scagliò con violenza nella stanza, rovesciandone l'ormai esiguo contenuto sul pavimento. Tutti si zittirono in quel momento, ipnotizzati dalla padrona di casa che fronteggiava un'intontita Akemi.

"Ma sei impazzita?! Cosa ti salta in mente di bere nelle tue condizioni? Sei incinta, razza d'imprudente!".

Godai avvertì distintamente il peso della mascella spalancargli la bocca con uno scrocchiare sonoro di articolazione.

Incinta? Akemi?! Oh, Kami...

"Papà, che 'gnifica ci... cinta?". La curiosità dei bambini, che meraviglia! Una domanda così grossa a due anni in un momento del genere gli mancava proprio.

"Vuol... vuol dire che... che... ha un bimbo nella pancia". Doveva ancora realizzare quello che aveva appena udito con le proprie orecchie e non gli venne fuori che la verità.

"'Cia 'Kemi mangia i bambini". Realizzò con serietà sua figlia.

"Ma no, zia Akemi non mangia i bambini, tesoro, solo..." Che bella idea quella di spiegare a una bambina che ancora non aveva imparato a parlare come si facevano i bambini!

Ci pensarono i suoi inquilini a trarlo d'impaccio. Akemi emise un singulto, tipico di chi è ubriaco e dichiarò che la birra di quella lattina era analcolica.

 

"E tu pretendi che io ci creda?", gridò Kyoko fuori di sé. "Lo vedo benissimo che sei sbronza come tuo solito! Non te ne importa nulla della vita che ti sta crescendo in grembo? Solo perché l'ha voluto tuo marito non significa che tu non debba comportarti da madre responsabile!".

 

Beh, quello aveva senso: il master del Chachamaru usciva da un matrimonio fallito e senza figli, probabilmente aveva espresso alla sua seconda moglie il desiderio di avere prole. Ma Kyoko aveva ragione: non che Akemi fosse il ritratto della madre ideale, ma doveva pur provare qualcosa nei confronti della nuova vita che cresceva.

 

Non riesco ancora a crederci.

 

"Guarda che ho smesso di bere non appena mi hanno detto che ero incinta di tre mesi, leggi l'etichetta sulla lattina se non ci credi". Addirittura? Quello significava che avrebbe partorito il prossimo inverno! Come aveva fatto ad accorgersene solo a quel punto?

Vide Kyoko raccogliere la lattina rovesciata con la fronte corrugata e un'espressione di perplessità in volto. Poi i suoi tratti si distesero e spalancò gli occhi: "Analcolica. Si tratta davvero di birra analcolica! Ma non avevi detto che non ti piaceva?".

Akemi guardò in aria e allargò le braccia: parlò con il tono di chi spiega con pazienza a una bambina poco sveglia. "Naturalmente non mi piace, ma non ho alternative, ti pare?".

"Ma... ma sembravi veramente..."

"Ubriaca? Certo! Ormai dopo tanti anni passati a ingurgitare alcolici le viene naturale avere i sintomi della sbornia anche con un succo di frutta, ah ah ah ah!". Ichinose aveva dato una spiegazione veloce ma che non faceva una grinza; Godai si chiese se avesse anche un fondamento scientifico o fosse solo il frutto di una mente birra-dipendente.

"Tu mi giudichi troppo male, cara Kyoko. Il fatto che la gravidanza non sia la maggiore delle mie aspirazioni non fa di me un'infanticida! Te l'ho detto anche oggi, ci tengo ad avere un figlio sano..."

Incredibile, Akemi che faceva un discorso serio e sensato, ma allora sposarsi l'aveva fatta maturare! Poteva leggere l'incredulità anche sul volto di sua moglie.

"Mi... mi dispiace, io... sono stata una sciocca impulsiva. E anche maleducata". Si sentì costernato nell'udire le sue scuse: non aveva mica reagito così in cattiva fede!

"...così dopo posso ricominciare a bere birra vera!", terminò Akemi come se non l'avesse neanche udita, alzando le braccia e sancendo, con quel gesto, il proseguimento dei balli e delle urla.

Chiamò il nome della moglie, ancora impalata al centro della stanza con la lattina in mano e le fece un cenno col capo per indurla a uscire.

                                                                                              ***

Trovare la baby sitter all'ultimo minuto grazie all'agenzia e spostare la prenotazione al ristorante era stato facile; la sua ansia scemava poco a poco anche se rimaneva un unico neo: chi le avrebbero mandato a badare ad Haruka?

Si era rifiutata di andarsi a preparare finché non avesse visto con i propri occhi quella 'ragazza ben educata e amante dei bambini' che stava per arrivare. Non che avesse nulla contro le ragazze giovani che ancora studiavano, ma temeva che l'inesperienza data dall'età potesse mettere in pericolo la sua bambina: e se fosse uscita di casa in un attimo di distrazione? E se si fosse avvicinata a una cucina a gas o, peggio, a qualche utensile pericoloso? O magari a dei detersivi... o avesse aperto l'acqua in bagno o fosse caduta nella vasca rischiando di affogare...

Si diede della paranoica: d'accordo che era madre, ma questo era catastrofismo allo stato puro! Potevano accadere simili disgrazie proprio a sua figlia? Non che non ne avesse sentite di tutti i colori, tipo quella conoscente del circolo di tennis che aveva lasciato per un minuto il suo bimbo di un anno incustodito e lui aveva inghiottito la perlina di una collana: 'Fortuna che non gli è andata di traverso, non avrei mai potuto perdonarmelo!', aveva esclamato tremando al ricordo.

Si morse un'unghia e alzò gli occhi all'orologio: potevano pur portarla con loro e farla sedere in una di quelle sedie-seggiolone! Le avrebbero spiegato che doveva giocare solo con i suoi giocattoli senza pretendere le posate, che se avesse fatto la brava magari avrebbe avuto in regalo quella bambola che le piaceva tanto.

Guardò suo marito e notò solo in quel momento il mazzo di fiori all'entrata, adagiato sul gradino. "Li avevo comprati per te e ho dimenticato di darteli".

Evidentemente aveva seguito il suo sguardo; si alzò e lo baciò dolcemente: "Grazie". Sussurrò prima di adoperarsi per metterli in acqua.

No, doveva stare calma e riflettere: se la baby sitter non l'avesse convinta avrebbe portato Haruka con loro ma se, come si aspettava, era una persona affidabile, si sarebbe goduta la serata con suo marito senza remore. Non significava mica voler male ad Haruka appartarsi qualche ora per una cena, no?

Più ci pensava e più se ne convinceva, e più se ne convinceva e più non vedeva l'ora di vederla entrare da quella porta per potersi rilassare.

Non dovette aspettare molto, perché qualche minuto dopo una figura esile si affacciò al vialetto d'entrata e lei scattò in piedi in preda a un'ansia che credeva di aver dissipato, ma che ora le irrigidiva le braccia lungo i fianchi e le labbra in una linea sottile. Yusaku le si avvicinò da dietro e le pose una mano sulla spalla: "Stai tranquilla, sono sicuro che è bravissima!".

La ragazza entrò nella luce del loro campo visivo ed entrambi emisero un verso strozzato di sorpresa.

"Buonasera signor Godai! Quanto tempo, vero?".

Davanti a loro c'era Yagami in carne e ossa.

                                                                                              ***

"Ya-Yagami?!". Improvvisamente regredì a qualche anno prima, quando la ragazza gli faceva una corte indecente proprio davanti alla donna che amava e lui era troppo timido e imbranato per allontanarla con decisione.

"È sorpreso, vero? Alle scuole superiori continuavo a pensare a lei e un giorno ho capito! Ho capito che dovevo seguire la sua stessa strada, solo così avrei potuto esserle vicino in qualche modo..." Aveva lo sguardo sognante e le mani raccolte sul petto come a proteggere l'amore ancora vivo nei suoi confronti.

Qualcuno mi dica che è un incubo...

"Yagami, ti faccio presente che sono un uomo sposato e questa è nostra figlia, per cui...!". Aveva preso in braccio una sorridente Haruka e l'aveva usata quasi come scudo, deciso a dirle chiaramente come stavano le cose, ma non si aspettava la sua reazione.

Prima ancora che potesse terminare la sua impacciata paternale, Yagami batté le mani allegramente ed esclamò: "Ma è una bambina bellissima! Le somiglia davvero tanto, lo sa? Posso tenerla in braccio?".

Troppo stupefatto dalla situazione, lasciò che la ragazza prendesse sua figlia in braccio e la coccolasse riempiendola di complimenti; da parte sua, Haruka sembrava a proprio agio: evidentemente la sua ex studentessa le piaceva. Si azzardò a guardare Kyoko, che ancora non aveva proferito parola, solo quando la udì schiarirsi rumorosamente la voce.

Yagami la guardò come se si fosse accorta solo in quel momento che c'era anche lei, allora mise giù Haruka e si produsse in un elegante e composto inchino: "Mi scusi per la mia scortesia, buonasera signora Otonashi. Come sta?".

Il sangue gli andò in testa  e fu sicuro che, se si fosse guardato allo specchio, avrebbe visto i propri capelli drizzarsi uno ad uno come in certi cartoni animati che vedeva la sua bambina il pomeriggio.

"Ti ricordo che adesso sono la signora Godai. Sto splendidamente ma trovo bene anche te, Yagami." Aveva temuto  che la serata potesse non finire bene nel momento esatto in cui aveva capito che la baby sitter non sarebbe venuta. Ma non credeva che avrebbe potuto finire così male: il modo in cui sua moglie aveva calcato sulle parole 'Godai' e 'Yagami' lasciava presagire una tempesta imminente, nonostante il sorriso e la gentilezza che mostrava.

"Oh, mi scusi, ha ragione..." Rimediò la ragazza con un imbarazzo quasi sincero. "Lei ora è sposata con il mio Godai, quindi io non posso che accontentarmi di diventare la sua amante, giusto?", dichiarò sorridendo con aria allegra, inclinando la testa di lato a sottolineare la domanda.

MIO Godai? AMANTE?!

"Yagami!", gridò prima che Kyoko potesse dire o fare qualsiasi cosa. Sentì tirare i pantaloni e abbassò lo sguardo verso sua figlia.

"Che 'uol dile 'mmante?". Haruka fu la ciliegina sulla torta: prima la storia del bambino nella pancia di Akemi, ora quella dell'infedeltà coniugale! Cominciò a balbettare, guardando alternativamente sua moglie e Yagami. Fu proprio quest'ultima a trarla d'impaccio: e fu un bene, perché Kyoko aveva le spalle contratte e il colorito era virato velocemente al rosso-violaceo.

"Ma che bambina sveglia, già vuole sapere le cose grandi della vita!". Si chinò e la prese nuovamente in braccio. "Amante è una persona che cerca di rubare il tuo papà alla tua mamma... ma io scherzavo! Volevo solo prenderli un po' in giro per ridere come ai vecchi tempi!".

Udì il sospiro di Kyoko e anche a lui parve di essersi tolto un peso: certo che però era stato davvero pesante come scherzo! Non avrebbe mai imparato a comportarsi come una vera signora.

"Yagami, ascoltami; io e Yusaku vorremmo andare a cena fuori e ci serve una baby sitter perché al piano di sopra stanno facendo una delle solite feste e non è il caso che lasci Haruka a loro. Nonostante le incomprensioni del passato e questo tuo scherzo poco simpatico voglio darti fiducia, perché in fondo sei una brava ragazza... Posso affidarti la nostra bambina confidando che tu abbia cura di lei come se si trattasse della tua?". Le parole di Kyoko erano state pacate e gentili, ma ferme in una maniera che non lasciava dubbi sulle sue reali priorità: se Haruka non fosse stata in buone mani, non se ne sarebbe fatto nulla.

Yagami posizionò meglio la bimba sul braccio sinistro e la guardò dolcemente: "Così il tuo nome significa 'profumo di primavera', giusto?".

"... 'mmaveraaa!", strillò tutta contenta agitando le braccine. Il sorriso di Yagami si affievolì e d'un tratto la ragazza sembrò maturare di colpo.

"Quando ho cominciato le scuole superiori ho davvero scelto questa strada perché amavo ancora il signor Godai". Ebbe un sussulto e lanciò l'ennesima occhiata a sua moglie, che però rimase pazientemente in silenzio. Gli sembrava addirittura che avesse uno sguardo comprensivo.

"Mi sono trovata subito bene con i bambini e ho cercato lavoro come baby sitter presso l'agenzia che avete chiamato stasera; nel tempo libero li accudisco e se inizialmente farlo mi faceva sentire più vicina all'uomo che amavo, col tempo mi sono resa conto che fosse la strada giusta da intraprendere. Pian piano il dolore ha lasciato il posto alla passione per il futuro che mi aspettava e oggi non desidero altro che avere una famiglia tutta mia, un giorno".

Incontrò i suoi occhi adoranti... ma a chi era rivolta quell'adorazione? A lui o al suo lavoro?

"Naturalmente non ho intenzione di diventare l'amante di nessuno, voglio un marito e dei figli miei!", concluse sorridendo a Kyoko. "Può stare tranquilla, Kyoko-san, questa bambina somiglia troppo al mio primo amore perché io non possa adorarla di già. E ho lavorato anche con bambini più piccoli e pestiferi, lei mi sembra un angioletto".

"Oh, non farti ingannare, sa essere vivace come un diavoletto quando ci si mette!", rise Kyoko.

Incredibile, le cose stavano andando bene adesso: quello che si era preannunciato un uragano in piena regola ora si concludeva nel migliore dei modi.

"Yusaku, mi hai sentita?". Kyoko gli stava sventolando una mano davanti al viso.

"Eh? Oh, dimmi, cara". Idiota, si era di nuovo auto ipnotizzato con i suoi viaggi mentali.

"Ho detto che io vado a prepararmi, tu mostra a Yagami la stanza di Haruka e tutte le sue cose".

Sorrise: finalmente avrebbero avuto il loro anniversario... e grazie a Yagami!

 

                                                                                              ***

Avevano bevuto decisamente troppo: Yusaku continuava a ridere e a farla volteggiare in un ballo senza posa per tutta la strada di ritorno e lei, nonostante le scarpe le facessero ormai un male indicibile, continuava ad assecondarlo, divertendosi e ignorando le proteste dei piedi che sembravano volerle esplodere da un momento all'altro.

Giunti davanti alla soglia di casa, strozzò a forza l'ennesima risata alcoolica e si pose un dito sulle labbra inducendo suo marito a fare silenzio: "Pensa che imbarazzo se ci facessimo vedere in queste condizioni, Yagami penserebbe che non siamo molto diversi da Ichinose e gli altri!". Ridacchiò senza potersi controllare e lo stesso Yusaku si piegò in due tenendosi la pancia e sprizzando lacrime dagli occhi.

Cercarono l'autocontrollo per qualche istante poi, raddrizzando la schiena per apparire più lucidi possibile, aprirono la porta d'ingresso: quello che vide la sconcertò.

La camera di Haruka era spalancata e nel corridoio ronfavano bellamente Ichinose, Yotsuya e Akemi. Corse nella stanza e trovò la sua bambina dolcemente addormentata nel suo lettino rosa; Yagami era inginocchiata accanto a lei, con la testa sulle braccia e un libro di favole ancora semi aperto ai piedi del letto, caduta anch'ella in un sonno profondo.

"Fate silenzio... la piccola deve dormire...", biascicava nel sonno. Si voltò a guardare i suoi vicini attorniati da bottiglie di birra e capì che la poveretta doveva aver lottato strenuamente per sfuggire ai festeggiamenti e mettere a letto Haruka... prima di bere qualche birra di troppo e addormentarsi a sua volta.

Sorrise e coprì le spalle della ragazza con una coperta leggera, decidendo che era troppo tardi per rimandarla a casa: "Grazie, Yagami, domattina ti darò quello che ti spetta". Si chiuse la porta alle spalle e guardò i propri vicini indecentemente accampati sul pavimento. Scorse le bottiglie con lo sguardo e notò che dalla parte di Akemi continuava a leggere l'etichetta 'analcolica'.

Brava ragazza.

Due braccia l'afferrarono saldamente da dietro, circondandole la vita e risalendo verso il seno; sussultò: "Yu-Yusaku, qui...?".

"No, non qui. Nella nostra camera". Le sussurrò con voce roca all'orecchio: il suo fiato caldo, nonostante la temperatura estiva, le fece venire la pelle d'oca. Girò la testa e capì che non era più l'alcool a guidarla, ma un desiderio ardente che fluiva dal corpo di suo marito direttamente nelle proprie vene.

Si voltò verso di lui, anelandone improvvisamente il contatto e si lasciò andare a un lungo bacio umido di sudore, saliva e respiro.

"Kyoko...", le ansimò sul collo prima di sollevarla per alzarla di peso dal pavimento.

Incendiata da un fuoco che prima d'ora non l'aveva mai consumata a quel modo, incrociò le gambe attorno al corpo di lui, permettendogli di trasportarla fin nella loro camera mentre le bocche non smettevano di cercarsi spudoratamente.

Era stato tutto così veloce che, se suo marito non l'avesse afferrata saldamente, sarebbe caduta a terra priva di forze; le pareva di sciogliersi ad ogni istante, mentre la bramosia diventava un desiderio selvaggio e imponente: Yusaku la schiacciò col proprio corpo sulla porta chiusa e allungò una mano per dare un giro di chiave.

Ottima idea...

La stanza girava, girava... e la visione della tranquilla cameretta di Haruka di poco prima le parve lontana millenni nel passato. Ora c'erano solo mani, braccia, labbra e pelle sudata, un'urgenza che li faceva annaspare alla ricerca l'uno dell'altra. Le pareva di essere racchiusa in una bolla rovente e onirica, dove il corpo comandava e la mente azzerava ogni pensiero coerente: non aveva mai sperimentato delle sensazioni del genere, né le prime volte con Yusaku, né tantomeno con Soichiro, entrambi sempre molto dolci e attenti. Era come se l'istinto più primordiale si fosse impadronito di loro rendendoli più simili al primo uomo e alla prima donna, piuttosto che a una coppia sposata del ventesimo secolo.

Non capì come accadde, ma mentre Yusaku s'impossessava della sua anima così come del suo corpo, le salirono alle labbra le parole: "Dammi un altro figlio..."

                                                                                              ***

Luce. Tanta luce, come se fosse mezzogiorno. Le palpebre sembravano ricoperte di piombo mentre le sollevava a fatica per leggere l'ora sulla sveglia: che era effettivamente quella che aveva immaginato.

Con un mugugno di disappunto e la testa che pulsava a ogni movimento, si rotolò nel futon fino ad abbracciare il corpo di Kyoko. Erano entrambi nudi e qualche vago ricordo della sera prima gli fece temere di aver esagerato con l'alcool... e non solo.

"Tesoro...? Sono le dodici passate..."

Mugugnò anche lei, strizzando gli occhi e stiracchiandosi beatamente. Quando aprì gli occhi e lo guardò, le sorrise: "Buongiorno, mogliettina". L'aveva salutata così la prima mattina dopo le nozze, ma la notte passata era lontana mille miglia da quella di due anni prima.

"Buongiorno..." Aveva la voce impastata, era spettinata e gli occhi erano ancora semichiusi; eppure gli parve la creatura più bella della Terra.

"Ehm... ecco, ieri sera... non ho fatto qualcosa che... insomma, tu non volessi, vero?". Il dubbio di aver passato una notte di sesso sfrenato era divenuto ormai certezza, ma era stato troppo ubriaco per ricordare esattamente fino a che punto si fosse spinto e quanto lei fosse stata consenziente. Di sicuro si ricordava che inizialmente l'aveva assecondato di buon grado, ma lo stesso temeva di essere andato un po' oltre i limiti.

Quando Kyoko scoppiò a ridere fu confuso e sollevato allo stesso tempo: "Devo ricordarmi di segnare la marca del vino che abbiamo bevuto ieri sera! Rammento solo di aver avuto il tempo di accertarmi che Haruka stesse dormendo, poi ho completamente perso di vista la realtà!".

Si sollevò a baciarlo sulle labbra e lui la ricambiò con dolcezza: ma c'era qualcosa che gli sfuggiva, un particolare che non riusciva a mettere a fuoco. Forse era qualcosa che aveva detto...

"Oh, santa pazienza! Yagami sarà ancora qui ad aspettare la sua paga e Haruka non avrà nemmeno fatto colazione! Che madre rimbambita!". Scivolò fuori dal futon e la osservò aggirarsi nuda per la stanza alla ricerca dei vestiti. Il suo corpo, così ben fatto anche dopo una gravidanza, gli fece salire nuovamente un desiderio incontrollabile: forse il vino non aveva ancora esaurito il suo effetto, dopotutto. Ma Kyoko aveva ragione; avevano una figlia di cui occuparsi, una baby sitter da pagare e dei vicini che sperava non avessero visto né sentito nulla: non ricordava altro se non di aver chiuso la porta a chiave, ma era quasi certo di aver cominciato il suo insolito approccio amoroso là, nel corridoio. E continuava a sfuggirgli cosa avesse detto a Kyoko qualche ora prima...

Sua moglie intanto si era vestita. Si sistemò velocemente i capelli allo specchio e uscì in corridoio. Udì parlottare e capì che Yagami aveva preparato la colazione ad Haruka e aveva giocato un po' con lei, certa che loro due avessero fatto le ore piccole.

"Mi scusi per essermi addormentata ieri sera, ma Ichinose e gli altri volevano festeggiare il mio ritorno a casa Ikkoku, e così...".

"...ti hanno fatta bere, vero? Ma tu sei stata molto gentile stamattina, considerando che ci siamo svegliati solo adesso, per cui hai diritto a un bonus!".

"Oh, no, non c'è bisogno! Mi sono divertita con lei, è una bambina speciale!".

"Allora vedilo come un regalo, va bene? Te lo sei meritato!".

Kyoko aveva ragione: per qualche ora erano stati dei genitori un po' libertini e Yagami si era presa cura della loro bambina facendo fronte anche ai loro vicini. Per cui meritava una paga più alta. Cominciò a vestirsi cercando di captare anche le voci degli altri, ma dubitò che si sarebbero alzati dal letto prima di un'ora, considerando la quantità di bottiglie di birra che aveva adocchiato nel corridoio la sera prima. Per quanto potesse vederci doppio per via del vino, non credeva fossero meno di...

Abbassò le braccia, rimanendo bloccato nelle maniche della maglietta che stava per infilare sulla testa; un rivolo di sudore gli scese sulla tempia.

Ora ricordo cos'era... non era qualcosa che ho detto io a Kyoko, ma qualcosa che lei chiedeva a me...

Finì meccanicamente di vestirsi, si diede una sistemata ai capelli arruffati e uscì in corridoio a dare il buongiorno alla sua bambina e a ringraziare personalmente Yagami. Mentre tornava alla quotidianità di ogni giorno, si sforzò di ricordare se avesse assecondato la richiesta di sua moglie oppure no.

 

(1) Visto che il Master del Chachamaru non ha un nome, ma Akemi è sposata con lui, avevo necessità di dargliene uno, prima o poi. Spero vi piaccia...

   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Maison Ikkoku / Vai alla pagina dell'autore: moira78