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Autore: The Edge    21/02/2013    5 recensioni
-Mi spiace Dean, ma ormai credo che sia arrivato il momento di finire con tutto questo.
Sono stufa e tu lo sai meglio di me.-
-No! Ti prego, resta con me!-
-Ho fatto la mia scelta-
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Guardo il professore di filosofia. Sta parlando di qualcosa di sconosciuto. Sbadiglio annoiata. Non ne posso più, voglio uscire da questo posto.
Manca solo un quarto d’ora e poi libertà!
Insomma, si fa per dire. Visto che a casa devo fare i conti con un uomo che picchia abitualmente me e mia mamma.
E pensare che questo tizio non è nemmeno mio padre.
Il mio vero genitore è morto quando ero piccola, vivevo ancora ad Odessa.
Qui a Los Angeles la vita è completamente diversa, anche se mi manca la mia terra natale.
Guardo l’orologio, manca solamente una manciata di minuti.
Inizio a preparare lo zaino, riordino vagamente il mio banco e per evitare di insospettire il prof, lo guardo negli occhi e mi fingo interessata alla sua morbosissima lezione.
Suona la campanella e mi fiondo fuori da questa classe infernale.

La luce del sole di mezzogiorno mi abbaglia, mi porto una mano davanti alla fronte e tento di fare un po’ d’ombra per i miei occhi.
Un ragazzo minuto, con i capelli scuri, appoggiato al muro di mattoni rossi cattura la mia attenzione.
E’ Dean, il mio migliore amico.
“Ciao Sonja. Vieni da me a mangiare?”
“Ciao… Grazie, accetto volentieri”
“Com’è andata la tortura?”
“Terribilmente noiosa. Durante l’ora di filosofia mi sono addormentata”
Dean ridacchia divertito “Accidenti! Deve essere stata davvero tremenda come lezione”
“Non immagini neppure. Sinceramente non so se sia peggio casa mia o la scuola.”
“Tra tutte e due… Tranquilla, ce ne andremo da qui. Promesso.”
“Voglio tornare a casa mia per un po’. Mi manca la mia Odessa”
“E’ tanto diversa l’Ucraina dall’America?”
“Parecchio. Los Angeles mi piace molto, l’unica nota dolente è quello sgorbio di Frank. Lo odio. Perché mia madre lo ha sposato?”
Dean non mi risponde, ma mi cinge le spalle con un braccio “Ti ho sempre detto che puoi venire da me quando vuoi”
“Grazie”

Arriviamo davanti a casa sua, ci apre sua madre, adoro quella donna.
“Ciao Dean, ciao Sonja” ci sorride affabile
“ ‘Giorno ma’”
“Buongiorno signora”
“Sonja cara, ti ho già detto mille volte che puoi chiamarmi semplicemente Sarah”
“Okay sign.. Sarah”
“Avete fame? Ho preparato la pasta al forno”

Sarah è una donna strepitosa. Cucina divinamente.
Lei, come mia madre, lavora tutto il giorno, con la piccola differenza che lei ha il tempo per lasciare il pranzo a suo figlio, mentre la mia mi lascia i piatti sporchi da lavare.
Dopo pranzo andiamo nella stanza di Dean e come ogni volta rimango incantata a guardare la sua immensa collezione di vinili. Rimarrei ore e ore ad ascoltare quelle meraviglie.

***

Come ogni volta che mi fermo dal mio migliore amico, il tempo passa velocemente, troppo.
Mi metto la felpa, saluto sua madre e mi avvio per le strade.
Casa mia è a due isolati dalla sua, è relativamente facile scappare da quella gabbia di matti e andare da lui.
Apro la porta, la casa è buia e silenziosa.
Frank non è ancora tornato, per fortuna.
Lo odio, con tutta me stessa.
Entro nella mia stanza e mi butto sul letto, affondo il viso nel cuscino e chiudo gli occhi.
Mi risveglio un’ora e mezza dopo. Con notevole pigrizia mi alzo e mi passo svogliatamente una mano nei miei corti, arruffati capelli biondo cenere.
Scendo le scale e sento il rumore del forno microonde.
Frank è in cucina e sta cucinando. Fatto strano, visto che normalmente sono io che sto ai fornelli.
“Sonja non ti abituare. L’ho fatto solamente perché stavi dormendo. Sappi che la prossima volta ti prendo a calci se ti addormenti nuovamente. Non voglio più tornare a casa e trovare tutto questo caos.”
Annuisco, preferisco non dire nulla, anche se il suo comportamento mi fa incazzare.
Mangiamo in silenzio e all’improvviso si alza, con voce incolore mi ordina di lavare i piatti.
Annuisco nuovamente, inizio a mettere le posate nel lavandino.
“Hai notizie di Kristina?”
“No.”
“Dove sei stata oggi pomeriggio?”
“Da Dean.”
“E chi sarebbe, di grazia?”
“Il mio migliore amico”
“Da quando TU hai degli amici, stupida bamboccia russa?”

Stringo le labbra e non gli rispondo. Frank ride e mi lascia da sola.
Mi da un notevole fastidio il fatto che effettivamente ha ragione.
Dean è l’unico amico che ho. Ci conosciamo da una vita.
Sua madre ha aiutato mia mamma con la lingua e lui si è dimostrato disponibile per giocare con me.
Dopotutto per giocare a pallone non c’è bisogno di parlare lo stesso idioma.
Io parlavo solo russo e lui mi insegnò l’inglese.
Gli voglio molto bene e se non fosse per lui, sarei completamente sola.

Una lacrima di rabbia mi scivola lungo la guancia, la sfrego via in fretta, non mi piace piangere.
Dopo aver asciugato l’ultimo piatto, torno nella mia stanza e chiudo la porta a chiave.
Apro velocemente l’armadio, tolgo l’anta che crea uno scomparto nascosto e tiro fuori la custodia della mia chitarra semiacustica.
L’amore della mia vita, lei.
La appoggio sul letto e nel frattempo tendo l’orecchio.
Frank odia la musica e guai se mi scoprisse… per fortuna ora sta guardando uno stupido programma in televisione.
Mi siedo per terra e la appoggio sulle mie ginocchia, inizio a pizzicare dolcemente le corde e intono a bassa voce una vecchia ninna nanna in russo che mi cantava mia nonna quando ero piccola.


Angolo dell'autrice:
Salve gente!
Questa storia è una specie di esperimento, dato che non scrivo molto spesso in prima persona.
se mi lasciate un commentino ne sarei felice.
Alla prossima!
The Edge
  
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