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Autore: Momoko The Butterfly    23/02/2013    3 recensioni
Sono ormai passati cento anni dalla quasi distruzione del genere umano. Dopo un'estenuante battaglia tra bene e male, il mondo è caduto infine preda di tenebre fatte di solitudine e sofferenza; il Conte del Millennio regna baldanzoso su una terra devastata dalla fame e dalla morte, tartassata fin nel profondo dell'animo da eserciti di Akuma voraci e famelici. Ma l'umanità non demorde, per questo si nasconde dalla loro vista, fiduciosa di poter riassemblare i tasselli di una vita in frantumi. Leda e Alan, fratelli inseparabili, hanno perso ogni cosa. Eppure sembra che la sede Nord America possa davvero diventare la loro nuova casa, grazie a benevole persone che hanno saputo ridonare speranza ai loro cuori avviziti dal dolore.
Ma nulla andrà per il verso giusto. Quando la sede verrà messa sotto assedio, sarà tempo per loro di cominciare un viaggio fatto di rischi e incertezze alla ricerca di risposte. Ad accompagnarli, i paladini dell'Innocence, gli Esorcisti, e un sempre più enigmatico Tyki Mikk...
Genere: Angst, Avventura, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bookman, Nuovo personaggio, Rabi/Lavi, Tyki Mikk, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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Capitolo 6: Colpo di pistola 
 
 
Così ogni cosa perse il suo significato.
Il tempo parve congelarsi all’istante, intrappolando suoni, odori e sensazioni in un nulla invisibile; ponendo un muro tra loro e Leda, la quale, in quel momento, altro non vedeva che suo fratello Alan, con il braccio di Tyki che gli trapassava la testa. Eppure, al tempo stesso i suoi occhi neri, ora ridotti a due piccolissimi puntini scuri immersi nel bianco, rifiutavano di vedere una realtà troppo orribile e quindi si perdevano nel vuoto, assenti.
Il suo corpo era come paralizzato, così come il suo respiro, mozzato a metà per lo sconcerto. Ma non ci pensò. In verità, non pensò a niente.
Osservava ciò che le accadeva davanti, con impotenza, incredulità… Senza poter fare nulla per impedirlo.
Davvero… bastava così poco, per perderlo… ?
Una piccola distrazione, una fiducia mal riposta… potevano davvero significare la fine della vita di una persona? Di quella persona?
 
Leda si rifiutava di credere persino a quello.
Per un istante ebbe il presentimento che quello fosse ancora un sogno. Che in realtà fosse ancora in compagnia dell’inquietante demone che pochi attimi prima l’aveva azzannata, vorace, strappandole di dosso brandelli di carne sanguinante dal corpo. E che presto sarebbe ricomparso…
In cuor suo, però, sperava che fosse così. Almeno, si sarebbe svegliata, e Alan sarebbe stato ancora lì, davanti a lei, nel suo mondo di tenebra. E l’avrebbe illuminata, con la sua luce splendente.
 
Eppure, se ne rese conto in quello stesso momento: non era una finzione, ma la sola e unica verità.
E faceva male…
Un male terribile al petto, che cominciò a divorarla ogni secondo di più, partendo dal centro ed espandendosi fino alla gola, soffocandola.
Si sentì avvampare, mentre deglutiva a fatica. Gli occhi le pizzicarono… Storse il naso.
Stava piangendo?
Eppure non sentiva nessuna lacrima rigarle il volto.
Possibile che fosse così crudele, così insensibile, da non fare una piega nemmeno per la morte di suo fratello?
Eppure per Ted, Anais ed Emily aveva pianto, aveva gridato, e aveva quasi dato un pugno a Tyki…
 
Già, Tyki… l’uomo che aveva aiutato lei e Alan, e che ora si rivelava per quello che era. Un bugiardo.
Un’orribile, schifoso bugiardo, che li aveva salvati, aveva infuso loro false speranze e infine li aveva pugnalati alle spalle.
Ora che aveva ucciso Alan… sarebbe toccato a lei?
Poco importava. Senza suo fratello, il suo scopo di vita, non era altro che una triste ragazza vuota e sola, incapace persino di difendere le persone a lei care. Come sua madre…
Se l’avesse uccisa, sarebbe stato meglio. Almeno, non avrebbe più dovuto provare tutto quel dolore…
 
… Nonostante non stesse piangendo.
Perché voleva essere forte per Alan, fino alla fine. Non gli avrebbe mai dato motivo di essere triste, o di preoccuparsi per lei. Mai. Fino all’inesorabile fine. Ed ora quella era molto vicina…
 
‘Addio…’
 
Così, senza voler difendersi, senza poter reagire, lasciò cadere la testa all’indietro e sussurrò una sola e unica parola, piena di tutto il sentimento che riuscì a raccogliere, con voce impercettibile appena tremolante.
- Alan. . .
 
 
- Sì?
 
 
Leda si bloccò all’istante.
Spostò lo sguardo su Alan, e a quel punto poco mancò che cadesse a terra svenuta.
Lui era davanti a lei.
 
Vivo, e vegeto.
 
E la guardava come se fosse uscita di matto, con uno strano sorriso in volto. Eppure la mano di Tyki, il quale le aveva rivolto un’occhiata confusa, era ancora infilata attraverso il suo cranio.
Fu così in quel momento che la ritirò, accompagnato da un inquietante rumore che a Leda ricordò molto quello del sangue che si spandeva sul terreno una volta fuoriuscito dal corpo. Ciò la fece inorridire ancora di più. Una volta tornata completamente indietro, la testa di Alan era intatta, senza lesioni o ferite di alcuna entità. Anzi, pareva anche essere molto allegro.
E nello stesso istante in cui la punta del dito medio di Tyki si separò da lui, Leda arrivò rapida con un pugno ben assestato sulla faccia dell’uomo. Il colpo riuscì alla perfezione e questo cadde all’indietro, battendo violentemente la testa contro la parete metallica del condotto e producendo un rimbombante eco che si propagò fino all’oscurità più nera.
Alan strabuzzò gli occhi e rimase a bocca aperta, mentre osservava la sorella che, piegatasi appena nel stampargli le sue cinque dita sul grugno, ora si rialzava con uno sguardo a dir poco irato e al tempo stesso orripilato.
Lo raggiunse a grandi passi e lo sollevò per il colletto, portandolo a pochi centimetri dal suo viso e guardandolo negli occhi con fare di sfida.
- Chi diamine sei tu?! – esordì, con una potenza vocale senza precedenti – Rispondi!!
Tyki cercò di tenere aperti gli occhi, per ricambiare lo sguardo. Si accorse però di stare sanguinando dal naso, a causa dell’acre odore del liquido che gli impediva di respirare correttamente. Inoltre, gli girava la testa.
Certo che non si era proprio controllata quella mocciosa…
 
Il forte colpo dietro la nuca non gli consentiva di essere molto presente con la testa, ma sfortunatamente, la voce squillante della ragazza lo tenne sveglio, abbastanza da permettergli di risponderle.
Si sarebbe limitato a spiegarle la verità, mentre avrebbe però lasciato gli insulti per quando si fosse sentito meglio.
 
- Perché mai… ti scaldi tanto? – chiese, abbozzando un sorriso sfrontato.
Leda strinse ancora di più la presa, mentre si preparava a colpire nuovamente. Figurarsi se gli avrebbe risposto! La sua era la domanda più sciocca del mondo, ben sapendo quanto lei volesse bene ad Alan. Arrivare però al punto di giocare con questi suoi sentimenti, metterli in mostra e poi… ridicolizzarli…
Trattare il suo dolore come se fosse una cosa di poco conto…
E poi, ancora, fare quella dannata faccia da saccente buono a nulla e fingere che non fosse successo niente…
Esibì ancora il pugno chiuso, per dimostrargli che se non avesse dato spiegazioni al più presto le cose per lui si sarebbero messe molto male. E che se non si fosse sbrigato, avrebbe ricevuto da lei molta più sofferenza. La stessa che lei, pochi attimi prima, aveva sentito spaccarle violenta il cuore a metà.
 
Tyki non parve farci caso. Certo, era in una posizione svantaggiosa, ma le minacce di una ragazzina, per giunta confusa, erano la cosa che meno lo preoccupava in quel momento.
Sollevò a fatica un braccio, e afferrò il polso della ragazza stringendolo con poca forza.
Leda ritrasse con rapidità la mano, leggermente intimorita, ma non abbassò la guardia. Si avvicinò ad Alan, il quale era rimasto in silenzio tutto il tempo, e lo tenne dietro di sé come per difenderlo.
Ma gli sguardi preoccupati del fratello non sembravano essere per lei, bensì per Tyki. Rimase in silenzio, senza muovere un muscolo. Evidentemente la reazione della sorella l’aveva scosso. Non credeva che potesse arrivare a tanto in così pochi secondi, che potesse diventare così simile a una belva.
Lei, che in passato era stata una persona allegra e sorridente, sempre col sole in faccia, ora non riusciva nemmeno a mantenere la calma di fronte a un banale scherzo, o a una parola di troppo detta per errore.
Era così triste a pensarci; a pensare che forse la Leda che gli sorrideva e gli raccontava tutte quelle belle storie fosse morta. Che il sole dentro di lei si fosse spento.
Alan però era fiducioso. Sapeva che la sorella, nel suo profondo, rimaneva comunque la bambina spensierata di tanti anni prima, e che un giorno, quando quella orribile guerra fosse finita, sarebbe tornata ad esserlo.
E allora avrebbero finalmente vissuto come una famiglia. Una bella famiglia felice…
 
Tyki diede qualche colpo di tosse, mentre con una manica cercava di levarsi il sangue dalle labbra. Voltò la testa all’indietro per fermare l’emorragia, respirando profondamente.
Se avesse potuto, l’avrebbe insultata e persino picchiata, per quello che aveva osato fargli. In quel momento però non ne aveva le forze. Doveva contenersi e fare la parte dell’uomo ponderato e superiore…
 
- Tu… - sibilò Leda, stringendo a sé Alan e tastandogli sospettosa la fronte e la testa, per accertare che stesse bene – … Che razza di mostro sei?
Il modo con cui disse quella frase… Forse il tono, o forse la parola ‘mostro’… Era come se ne avesse paura ma che al tempo stesso fosse abituata. Certo, si sarebbe potuto dire dal fatto che era riuscita a sfuggire per un pelo a un livello 3, eppure qualcosa nel suo sguardo suggeriva che non era così. Che aveva visto molti altri ‘mostri’ ancora prima di quel giorno.
Forse anche lei…
 
Tyki si mise a ridacchiare sotto i baffi, ancora con la testa voltata all’indietro per impedire al sangue di colargli giù dal naso. Non se ne era reso conto, ma l’appellativo col quale gli si era rivolta aveva fatto scattare qualcosa dentro di lui. Una sorta di nodo allo stomaco, accompagnato da una vaga e indistinta sensazione nostalgica che s’impossessò di lui per qualche secondo, distaccandolo dal mondo terreno.
E quando riportò dritta la testa e si fermò a guardare la ragazza, accadde qualcosa di strano. Davanti a lui c’era un’altra persona.
Be’, ammesso che potesse definirsi tale, date le strane fattezze. Si trattava di una figura tutta nera come la pece, alta e snella. Ma c’era una cosa che risaltava, in modo quasi inquietante, in tutto quel mare di tenebra: un sorriso, che si allargava fino agli angoli della bocca, sinistro, tremolante, sulla sua faccia. priva di un qualsiasi altro elemento.
Pareva un’ombra spuntata da un incubo, o l’uomo nero che si nascondeva negli armadi dei bambini per rapirli e terrorizzarli.
Tyki rimase come paralizzato, a fissare l’orribile ghigno senza poter distogliere lo sguardo. Sembrava essere caduto in uno stato d’ipnosi; quei denti bianchi e affilati che sembravano appartenere a una belva imprigionavano il suo sguardo su di essi.
E per tutto il tempo ebbe il presentimento che qualcosa, dentro di lui, si stesse per rompere…
 
- Allora?!
 
La voce infuriata di Leda lo portò alla realtà. E Tyki vi tornò alquanto confuso, constatando che l’irritante ragazzina che poco prima l’aveva colpito in faccia fosse ancora davanti a lui. Quella figura scura era quindi stata un’allucinazione, forse dovuta alla forte botta in testa?
Non era questo comunque il tempo di chiederselo. In quel momento si stava scatenando un essere ancora più pericoloso, che meritava tutta la sua attenzione. Detestava ammetterlo, ma avrebbe preferito non ricevere più alcun pugno da lei. Erano piuttosto seccanti.
In compenso, ora il senso di confusione era diminuito, quindi poteva rispondergli senza problemi.
- Non sono un mostro, ragazzina – disse, tornando a esporre il più strafottente dei sorrisi, tutto per lei – Ma sono un essere umano.
 
- E allora come diamine sei riuscito a fare… - cominciò a gridare Leda, ma poi si bloccò. Ancora non aveva superato quel momento, e non voleva ricordarlo.
Tyki si appoggiò con la schiena al muro, sollevando un piede e portandolo contro la parete.
- Semplicemente, perché possiedo una capacità particolare, ovvero…
- Passare attraverso gli oggetti – terminò la ragazza al posto suo.
E in quell’istante venne colta da un lampo di luce improvviso. Ogni cosa, ogni tassello del puzzle, si incastrò al posto giusto e risolse tutti i suoi  interrogativi. Ecco perché, mentre la stava aiutando a scappare, le era sembrato di volare; ecco perché era riuscito ad attraversare una porta chiusa da centinaia di anni… Ecco perché Alan stava bene e sorrideva.
 
Osservò prima suo fratello e poi Tyki, con aria confusa e smarrita.
Poi, la bestia esplose.
- E CI AVRESTI FATTO PERDERE TEMPO IN MEZZO A QUESTO SCHIFO PER NULLA?!
 
E Alan si allontanò dai due, rassegnato ormai all’imminente catastrofe, pestando i piedi nell’acqua putrida e producendo fastidiosi scalpiccii.
A quel punto Tyki perse le staffe, e rispose alla ragazza con meno calma e compostezza del solito.
- Non volevo dirvelo perché altrimenti non ti saresti mai fidata a lasciare il marmocchio!
- Non mettere in mezzo mio fratello! – gridò Leda, agitando i pugni.
Litigi. Di nuovo. Alan ne aveva abbastanza. Il nervoso che gli provocavano quei due non era paragonabile a niente di concreto.
Decise così di farla finita.
Si mise in mezzo ai due, e a voce molto alta esclamò:
- Razza di stupidoni, possiamo uscire da qui!
I Litiganti tacquero all’istante. Leda diede le spalle a Tyki e bofonchiò qualcosa che Alan non fu in grado di decifrare. Probabilmente le seccava di essere stata rimproverata dal fratello minore.
Ogni tanto, comunque, anche a lei faceva bene ricevere qualche strigliata.
- E dimmi, tu vorresti farci uscire da qui passando attraverso questo muro di metallo? – domandò a quel punto la ragazza, portando le mani ai fianchi.
Tyki annuì.
- Sì. Ma…
- Ma?
Leda si voltò, perplessa. Ancora problemi?!
- Posso portare solo il piccoletto – pronunciò l’uomo, indicando Alan con lo sguardo.
- E perché io no? – chiese la ragazza, con una vena di rabbia sulla fronte.
- Non lo so. Su di te il mio potere non funziona.
- E da cosa lo avresti capito?
 
Ma si rispose da sola.
Lo schiaffo. E il pugno. Se avesse potuto, li avrebbe schivati. Invece non lo aveva fatto, perché probabilmente non ne era stato in grado.
Che significava?
 
- Comunque sia… - riuscì comunque a dire Leda, calmandosi un poco – Non lascerò Alan nelle mani di uno sconosciuto.
Tyki serrò ancora di più le labbra.
In quel momento qualcosa attirò la sua attenzione nell’oscurità, dietro ai due fratelli. Una strana sensazione di inquietudine lo pervase.
- Sappi che non ho cattive intenzioni. Anch’io, come te, ho delle persone a me care… - pronunciò, con voce più grave del solito – Ma fuori da qui, sarete al sicuro.
Leda guardò rassegnata Alan, che a sua volta fece lo stesso, solo con più determinazione. Poi guardò lo straniero che li aveva aiutati.
Aveva deciso di fidarsi di lui. Perché non aveva altra scelta. O forse perché, dopotutto, non le sembrava poi così sospetto.
Comunque, ora la sua priorità era portare in salvo suo fratello. E se lui diceva di esserne capace, allora non le restava altro da fare se non credergli. In fondo, in quel momento lui era la persona più affidabile che le potesse capitare.
 E Alan sembrava andarci d’accordo, motivo in più perché acconsentisse.
- Va bene… - sussurrò. Poi, ripeté, con più convinzione – Va bene. Te lo affido.
Prese Alan per le spalle e si chinò su di lui, determinata, scura.
- Alan – disse, seria – Vai con lui. Ti porterà in un posto sicuro.
L’espressione allegra del bambino s’incrinò.
- E tu? – chiese, con tono preoccupato.
- Vi raggiungerò il prima possibile. Sta’ tranquillo. Ah, e ricordati… - disse, sussurrando poi vicino al suo orecchio – Fai attenzione a quel damerino da strapazzo.
A quel punto Alan sorrise, trattenendo una risatina.
- A me sta simpatico! – esclamò, senza peli sulla lingua.
 
Leda cadde per terra, sconcertata. E in quel momento pensò che quella fosse una congiura, e che fossero tutti contro di lei. A chi poteva mai stare simpatico un ombroso buono a nulla come quello?
 
Senza che neanche l’avesse chiamato, Tyki le si affiancò, serio come non mai.
- Io come esco da qui? – gli domandò allora, leggermente seccata.
- Continuando ad andare dritta, dovresti arrivare alla fine della galleria e davanti a un bivio. Tu vai a sinistra, e nel giro di qualche ora sarai fuori. Noi ti aspetteremo all’uscita – spiegò l’uomo, frugando nella borsa e tirando fuori una torcia nuova. Gliela porse.
Leda l’afferrò e capì che avrebbe continuato a vagare nel buio ancora per un po’.
- Quella dovrebbe bastarti – fece Tyki, estraendo dalla borsa anche l’ultimo pezzo di pane. Lo diede alla ragazza, che ricambiò con un’occhiata perplessa.
- Da quando tanta premura? – chiese canzonatoria, con un sorrisetto malevolo.
- Zitta e prendi – rispose sillabico l’altro, con un tono che non ammetteva alcuna replica.
 
A quel punto Leda tacque, senza aggiungere più nulla.
Ancora non era riuscita a capire che tipo di persona fosse. Ma ormai non le sembrava più un tipo sospetto. Era come se, nonostante fossero passati solo un paio di giorni o poco più, lo conoscesse da una vita. Il che, da parte sua, era molto strano.
Alan raggiunse Tyki, il quale gli prese la mano e con un sorriso rassicurante fece:
- Ora rilassati e non spaventarti, ok?
Il bambino annuì energicamente.
- Sì!
Poi si voltò verso la sorella. Sollevò la manina e la salutò con foga.
- Ci vediamo dopo! – esclamò, con vocetta allegra e spavalda.
 
Sulle labbra di Leda si accese un piccolo sorriso, più simile a un fiore che sbocciava che a un semplice cambio d’espressione. Imitò il fratello, agitando la propria mano, con meno energia ma con altrettanto affetto.
Poi, come per magia, Tyki si sollevò da terra. Alan guardò i propri piedi staccarsi dal terreno, ed ebbe solo il tempo di gridare “Wow!” che era già sparito sopra al soffitto della galleria, passando attraverso la barriera metallica che li separava dalla salvezza.
Leda stette per tutto il tempo ad osservare i due scomparire sotto i suoi occhi, ancora sorpresa e incredula, ma fiduciosa. E quando fu rimasta in sola compagnia del perpetuo gocciolio che possedeva quel luogo orribile, si decise a stringere maggiormente la torcia nella propria mano e a proseguire senza timore nell’oscurità.
Eppure ora era diverso. Senza la compagnia di Alan, e di Tyki, sebbene da un certo lato di sentisse sollevata di non dover più litigare con lui, ora era come se fosse vuota, annoiata.
Si guardò attorno, spostando la sua unica fonte di illuminazione in più punti per vedere meglio.
Niente. Era proprio sola.
Sola. Che strana parola, detta in quel momento.
Fortunatamente Leda vi era abituata. Nei suoi viaggi lo era sempre stata, perché per suo fratello sarebbe stato uno sforzo troppo grande.
Chissà se stava bene?
 
A qualche ora dalla sua separazione da Alan e Tyki, Leda si trovava ancora a marciare all’interno del condotto.
L’odore stagnante era nauseabondo, e la vista non era da meno. Nella sua immaginazione, cercava di contrapporre a quelle schifose sensazioni altre che fossero più di suo gusto: il rumore della cascata nel boschetto vicino a casa, l’odore del pane appena sfornato, e la luce mielata del sole.
Eppure non ci riusciva, e i suoi bei cinque sensi le sbattevano in faccia l’orrida realtà.
Per distrarsi, ripensò alle parole di Tyki:
 
“Continuando ad andare dritta, dovresti arrivare alla fine della galleria e davanti a un bivio.”
 
Un bivio?
Voleva forse dire che c’era più di una strada?
E se una di queste portava in superficie, per giunta lontano dalla Sede e quindi al sicuro, perché non era stata sfruttata?
Perché la porta per accedere era chiusa ermeticamente?
 
Tante domande, troppe. E nessuna risposta.
Se mai avesse rivisto l’orribile volto di Renny Epstain, glielo avrebbe chiesto sicuramente; poi l’avrebbe fatta fuori con le proprie mani.
Perché se gli Akuma non avevano presidiato quella via d’uscita, significava che non ne erano a conoscenza. Forse, utilizzandola a loro insaputa, avrebbero potuto salvare delle vite umane…
E probabilmente Ted sarebbe ancora vivo. Così come tutti gli altri.
Si sentì improvvisamente rodere dalla rabbia, talmente tanto che senza volerlo stava insaldando sempre più la presa sulla torcia. Si calmò, poi la guardò. Stava già per spegnersi…
Tra breve l’avrebbe sostituita. Poteva ancora durare qualche minuto, però.
Avanzò ancora, con lo sguardo sempre puntato in avanti, dritta e fiera.
 
Improvvisamente, udì un rumore sospetto provenire da dietro di lei. Si voltò di scatto, puntando l’ormai flebile luce della sua fiaccola verso le tenebre. Non vide nulla. Uno strano tremore le percorse la schiena.
Ed ecco spuntare un paio di topolini grigi e sporchi, che la superarono a gran velocità e sparirono poi nell’oscurità.
Si riassettò, leggermente in imbarazzo per la reazione avuta. Davvero aveva avuto paura? Per dure miseri topi?
- Pff! – si lasciò sfuggire, per trattenere una risatina nervosa.
Non aveva nulla da preoccuparsi, perché tanto quella via era chiusa, e anche volendo nessuno sarebbe mai riuscito ad oltrepassarla. Tirò un grosso sospiro, continuando a camminare.
No, non c’era nessuno. Poteva stare tranquilla. Ma perché proprio ora che Tyki e Alan l’avevano lasciata, provava tanta inquietudine?
Forse si trattava della preoccupazione dovuta alla solitudine. Infatti, ora Leda era da sola, indifesa e persino in una posizione svantaggiata. Perché qualcun altro avrebbe potuto benissimo vederla, mentre lei, oltre il bagliore della sua torcia, non avrebbe scorto nulla.
Era vulnerabile.
 
“Ma la porta è chiusa” pensò, per rassicurarsi “Non c’è nulla da tem…”
 
Non ebbe neanche il tempo di formulare quel pensiero nella sua testa, che udì uno scoppio agghiacciante alle sue spalle. Poi, cadde. E la torcia finì nell’acqua, spegnendosi all’istante.
 
Uno sparo. Aveva forse sentito uno sparo?!
Veniva da dietro di lei, l’aveva sentito!
Tentò di alzarsi, ma qualcosa la costrinse a ricadere a terra, in mezzo all’acqua putrida: un dolore che, sempre più grande, cominciò a divorarle tutto il corpo. Si toccò il fianco, e sulle sue dita si depositò una sostanza vischiosa e nauseabonda.
Sangue.
Il suo sangue.
Qualcuno le aveva sparato dal buio.
 
Il respiro cominciò ad accelerare, e il battito cardiaco ad impazzire. Era come se il cuore potesse esploderle nel petto da un momento all’altro. Uno strano senso di vertigine l’assalì, confondendola.
Buttò una mano in acqua per cercare la torcia, tastando alla cieca. Udì lo scroscio dell’acqua al suo passaggio, sempre più rumoroso. Riuscì ad afferrare il pezzo di legno. Lo strinse tra le dita e lo attirò a sé, usandolo come appoggio per sollevarsi.
Ogni sforzo sembrava essersi moltiplicato all’inverosimile, e il dolore cresceva sempre più. Ora le era arrivato ai muscoli, che non ne volevano sapere di obbedirle e farla alzare.
Sentiva il sangue colarle sulla pelle, sempre più copioso, caldo e bagnato. Che orribile sensazione.
Un altro sparo la congelò all’istante, bloccandola. Avvertì attorno a lei un breve e fugace lampo nell’oscurità, che subito si estinse. Poi lo scoppio, e il rumore di metallo che si spacca.
C’era qualcuno dietro di lei. Qualcuno che stava cercando di ucciderla.
E fu allora che capì. Capì che era in pericolo, e che doveva scappare al più presto.
Ma… con la ferita che le impediva i movimenti e il buio attorno a lei, come diamine avrebbe mai fatto?!




♣ Angolo di Momoko 

Yep, eccomi qua con un nuovo capitolo!
Questa mattina le scuole erano chiuse per neve, così ne ho approfittato per 
finire di scrivere e correggere.
E ci ho messo meno del previsto! Non lo credevo possibile.
So che voi starete dicendo "Che palla ancora in 'sta galleria del cippio?!", e avete ragione. Ne ho le scatole piene pure io. Per questo dal prossimo capitolo i nostri eroi si troveranno in un ambiente del tutto nuovo, in compagnia di certi personaggi... No, niente spoiler u.u Lo scoprirete leggendo il prossimo capitolo.
Ringrazio come sempre voi tutti che leggete e in maniera speciale Kanda_90 per aver recensito l'ultimo capitolo! Spero che anche questo qui possa piacerti ;)

Ora mi dileguo, a prestooooo,

Momoko <3
   
 
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