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Autore: Nikki Cvetik    24/02/2013    5 recensioni
"-Lei come ci riesce?
-A fare cosa?
-Ad essere così luminosa." Da Il secondo dei tre Spiriti.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Patrick Jane, Teresa Lisbon | Coppie: Jane/Lisbon
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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A/N: Eccoci qui al nostro penultimo incontro (sob,sob). E devo avvisarvi. E' stato straziante per me scriverlo, davvero. Perciò, se vi da fastidio vedere i vostri personaggi preferiti bistrattati e ridotti male, be', passate oltre. Non sarà veloce, non sarà delicato e, soprattutto, non sarà piacevole. Quello di questo capitolo, è il Terzo Spirito, quello per sua natura più temibile. E, di sicuro, io non ho fatto sconti per trattenere la sua furia. Quindi siete ancora in tempo per passare oltre. Altrimenti, vi consiglio di stringere i denti assieme a Jane e bere questa medicina amara fino in fondo. In cambio, vi prometto che il prossimo capitolo sarà (quasi totalmente) Fluff e sarà lungo. Molto lungo. Parecchio lungo. Cercherò di far far pace tra Jane e il "destino", per così dire. Infone, ci sarà l'Epilogo, che posterò in contemporanea. E' totalmente in continuità con l'ultimo capitolo, ma voglio che sia staccato da questo perchè parlerà del futuro. Perciò, due "capitoli" insieme, ok? state pronti. Volevo inoltre dirvi, anche se so che ve ne fregherà altamente, che ho i biglietti per il concerto dei The Killers. Sono superstramegacosìtantissimodeliceimmensamentegrazie!!! Se non aveste letto l'A/N del primo capitolo, tornate indietro per capire perchè. Ringrazio Elixana e Theresa_94 per le recensioni dello scorso capitolo. You go, girls!! ;)
Alla prossima
Nikki C.

 

STROFA QUARTA

 
 
L’ultimo degli spiriti

With my face flashing crimson from the fires of hell.
What are you afraid of?
And what are you made of?

Flesh And Bone– The Killers

 

Il Fantasma si avvicinava lentamente, con silenziosa gravità e, quando gli fu vicino, Jane cadde in ginocchio, giacché l'aria stessa attraverso la quale si muoveva questo Spirito sembrava diffondere tutt'intorno l'oscurità e il mistero. Era avvolto in un'ampia veste nera che gli nascondeva la testa, il volto e la forma, e non lasciava vedere di lui che una mano tesa e due lunghi fasci di capelli che scendevano sulle sue spalle. Quando gli fu accanto, Jane sentì che era di statura alta e imponente e che la sua presenza misteriosa lo riempiva di un solenne terrore. Altro non sapeva, giacché lo Spirito non parlò né si mosse.
-Sono alla presenza dello Spirito del Natale Avvenire?
Lo Spirito non rispose, ma additò in alto con la mano.
Jane rimase sorpreso dal gesto. Gli altri Spiriti lo avevano più e più volte incitato, avevano parlato con lui, pur se con parole di fuoco. Questo, invece, era fermo al centro della stanza, immobile nella sua maestosità. Aveva riposto la candida mano vicina all’altra, facendole entrambe riposare sul grembo.
-Spirito, perché taci? Perché mi è nascosto il tuo volto e la tua parola mi è negata?
In quel momento, lo Spirito alzò solo lievemente il capo, in modo che i suoi lineamenti fossero, per un attimo e per un attimo soltanto, visibili all’uomo. Jane spalancò gli occhi, un misto di emozioni aleggiava nel suo cuore. Sollievo, orrore, amore, ma, soprattutto, paura.
-Oh…
Fu l’unica cosa che uscì dalle sue labbra, solo un’unica sillaba d’assenso. Colei che aveva davanti, aveva diritto di non rivolgergli alcun suono, lo sapeva bene. Non poté far altro che allontanare gli occhi dal suo sguardo vuoto e chinare il capo. Se con gli altri Spiriti era stato un segno di rispetto, questa volta era la dimostrazione della sua più totale sottomissione. Avrebbe potuto fare di lui qualsiasi cosa volesse, non avrebbe meritato meno.
Lo Spirito puntò le dita verso di lui e sentì come una forza tirarlo su. Questi aveva di nuovo abbassato il cappuccio sul volto, in modo che solo le labbra e il mento fossero visibili.
Cominciò a camminare verso la porta. Jane sentì il coraggio tornare e alzò appena lo sguardo verso di lui. Lo Spirito si fermò, come se avesse visto la scena proprio davanti ai suoi occhi e si voltò verso l’uomo alle sue spalle. Jane sembrò per un attimo indeciso se parlare o meno. Ma alla fine la voce tornò, sottile, e costrinse la sua lingua a parlare.
-Dimmi, quale destino ha scelto te per condurmi? Quale oscura divinità ha voluto proprio te per affiancarmi nell’ora più oscura? Perché…
Le sue domande furono bloccate dall’Ombra, che alzò di scatto una mano per farlo tacere. Jane comprese che la sua parola non era richiesta e si rimise nuovamente alle volontà dello Spettro.
-Avanti! Conducimi! La notte sta per finire, e so che per me il tempo è prezioso. Conducimi innanzi, Spirito.
Lo Spirito obbedì.

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I due camminarono a lungo senza dire una sola parola. Jane ormai aveva perso il senso dell’orientamento. Gli sembrava di camminare da ore, cosa impossibile dato che il cielo era del nero più profondo e nessuna luce sembrava ergersi all’orizzonte. I piedi cominciavano a dolergli, ma lo Spettro continuava la sua marcia con la stessa andatura solenne.
La strada a un tratto sembrò voltare a sinistra e Jane rimase pietrificato davanti agli angeli di pietra che si ergevano ai lati del sentiero. Oltre questi c’era un cancello dall’aspetto antico, ma al contempo non c’erano tracce di ruggine sulle sbarre. A Jane non sfuggì la natura di quel luogo. Si trovavano in un cimitero.
L’uomo si voltò verso lo Spirito, gli occhi pieni di domande. Come mai stavano visitando un cimitero? Chi mai era sotterrato lì? L’Ombra non rispose in alcuna maniera, se non ricominciando a camminare verso l’interno.
Lapidi si ergevano alla loro destra e alla loro sinistra, una nebbiolina spettrale sembrava esser parte del terreno, come sorretta dai sottili fili d’erba verde. Si vedevano le luci lontane della città, ma a Jane pareva di camminare nella completa oscurità. Lo guidavano solo i riflessi argentati della luna sul lungo mantello dello Spettro e qualche sprazzo dei suoi occhi.
La figura lo portò oltre, lontano dalle lapidi più comuni, verso una collina isolata. Su questa si ergeva un maestoso salice piangente. I suoi lunghi rami sfioravano il terreno, come una carezza leggera, appena mossi dalla flebile scia notturna. Nascosta da questi c’era una lapide solitaria, semplice. Lo Spirito lo stava guidando proprio in quella direzione e entrambi cominciarono a risalire il colle.
La vegetazione era scivolosa a causa dell’umidità e Jane perse l’equilibrio più e più volte. Ma lo Spettro non sembrava voler attendere la sua esitazione e, senza neanche voltarsi, continuò come se stesse camminando su una strada appena battuta.
Arrivati in cima, Jane guardò in direzione dello spettro per cercare di capire, almeno in parte, il motivo della loro presenza in quel posto. Lo Spettro distolse gli occhi dalla lapide e si voltò verso di lui. Con un movimento lento del braccio, alzò l’argentea mano in direzione della lapide, indicando a Jane la direzione su cui avrebbe dovuto muovere lo sguardo.
L’uomo obbedì allo spettro, seppur il nome della persona sepolta in quel luogo restasse ancora nascosto dai lunghi rami del salice. A un tratto, una folata più fredda, proveniente dal nord, spostò vistosamente le lunghe appendici, rivelando finalmente le lettere scolpite nella pietra.
Jane sentì l’aria lasciargli i polmoni e cominciò a sudare freddo. Ma aveva visto tante cose orribili in quei giorni e, quasi col cuore sollevato, poté dire a se stesso che quella non era stata una delle peggiori. Impose alla sua persona di ritrovare più in fretta il contegno e ci riuscì con il minimo sforzo. Mandò giù un grumo di saliva e si spinse all’interno dei fitti rami, raggiungendo la lapide.
Lo Spettro sembrò guardarlo sorpreso dall’interno del suo cappuccio, e senza errore. Un qualsiasi altro uomo sarebbe andato nel panico a una simile vista. Qualsiasi uomo da aggettivarsi sano, intendiamoci. Eppure, Patrick Jane sembrava sostenere più che bene quello che i suoi occhi gli stavano mostrando. Non senza paura certamente, ma con quella rassegnazione di un uomo che ha ormai preso in considerazione ogni eventualità. Anche quella eventualità.
Jane si piegò su un ginocchio, in modo da avere gli occhi all’altezza della semplice scritta al centro stele. Con le dita, sfiorò le lettere una ad una. Non c’era incredulità. Non c’era sorpresa. Soltanto, sospirò e, con un ghigno quasi malvagio, si voltò verso l’ombra alle sue spalle.
-Credevi che portandomi qui saresti in qualche modo riuscita a far entrare il timore dentro di me? Ti sbagli. Aspetto questo momento dal giorno che ti ho trovata morta nella nostra camera da letto. E ho passato giorni, mesi, anni interi, a pensare a come sarei riuscito ad appagare questo mio deside…
Le sue parole furono interrotte da una sensazione che aveva provato una sola volta in vita sua. Per la precisione, quando l’esplosione di quel furgone, anni prima, l’aveva accecato. Ricordava il modo in cui il suo corpo era stato sbalzato lontano, alzato quasi senza peso, e guidato da una forza terribile. In quel momento, sentiva come se un treno in corsa l’avesse travolto e sbattuto per terra. Qualcosa datata di una forza incredibile l’aveva colpito.
Aprendo gli occhi, sentì una fitta stilettargli lungo la guancia destra e, portando una mano alla bocca, si accorse che il labbro inferiore era spaccato di netto. Con la lingua, pulì via parte del sangue, assaporando la sensazione amara. Guardò in direzione dello Spettro e notò la mano ancora abbassata, quella che si era scontrata col suo volto pochi secondi prima. L’Ombra sembrava possedere una forza straordinaria e, se un solo schiaffo era riuscito a ridurlo in quel modo, si chiese cosa sarebbe successo se le sue azioni l’avessero fatto arrabbiare sul serio. Ma la cosa non sembrò spaventarlo, anzi. Si rimise in piedi in un attimo e camminò di nuovo al suo posto, vicino alla pietra mortuaria. I suoi occhi sembravano animati da un fuoco che chiunque avrebbe riconosciuto in lui. Lo stesso che si trovava lì quando le sue azioni erano richieste nei confronti di un uomo in particolare.
Si passò una mano sulle labbra a mo’ di sfida, colorando la guancia destra con una striscia del suo stesso sangue e puntò gli occhi in direzione dello spettro con sfida.
-Non ho paura di quelle lettere. Non mi fa paura il mio nome scritto su una fossa, Spirito! Sono passato troppe volte vicino alla morte, per temerla. Si è mostrata davanti ai miei occhi troppe volte, per non comprendere la sua ineluttabilità.
Aspettò un nuovo colpo, ma lo spirito non si mosse. Piuttosto, guardò verso la base della collina, dove due figure nere si stavano avvicinando lentamente. Jane non spese neanche un secondo per riconoscere la lunga chioma vermiglia della donna e i tratti duri dell’uomo che la stava accompagnando.
In un moto spontaneo, si mosse per nascondersi. Ma le parole del Primo Spirito risuonarono nelle sue orecchie e, invece di spostarsi, attese l’arrivo dei due sulla cima della collina.
Grace e Cho avevano i volti chini, bassi. La prima portava in mano un piccolo mazzo di margherite, il secondo aveva le mani affondate nelle tasche. I loro occhi, però, mandavano un messaggio di inequivocabile dolore. Entrambi dovevano aver pianto, e molto, a considerare le macchie rosse intorno ai loro occhi. In più, Grace stava mordendo il suo labbro inferiore, cercando in qualche maniera di frenare un impulso profondo ed opprimente.
Jane rifletté sull’ironia della situazione. Anni prima, lui e Lisbon si erano trovati in cima al terrazzo del loro caffè preferito, mangiando un gelato, ed a un tratto Lisbon gli aveva chiesto quali reazioni si sarebbe aspettato dai suoi cari, una volta morto. Lui aveva scioccamente risposto di non importarsene. Era stata una cosa semplice da rispondere, soprattutto da vivo. Ma adesso, essendo venuto a conoscenza del fatto che presto sarebbe giunta la sua ora, era impaziente di conoscere i pensieri dei suoi colleghi.
Cho si fermò a circa due metri dalla lapide e lo stesso fece Grace. Il viso della donna si contorse in una maschera di disgusto, una volta letto il suo nome. La cosa non sorprese Jane. Era consapevole che la sua morte avrebbe causato qualche danno alla squadra e a Lisbon. Forse gli aveva fatto ricevere un richiamo un po’ troppo duro. Forse aveva fatto perdere il lavoro a qualcuno.
Ma era convinto di una cosa. Sarebbe passato. Presto tutti avrebbero ripreso la propria vita come se nulla fosse. Sarebbero andati avanti, questo era inevitabile. E con lui fuori dalla scatole, le cose sarebbero state presto migliori per tutti.
-Spero che il bastardo stia bruciando tra le fiamme dell’Inferno per ciò che è successo.
-Ehi!
Esclamò Jane, nonostante la donna non potesse sentirlo. Grace aveva pronunciato quelle parole dopo aver lanciato il mazzo di margherite contro la lapide. Il suo volto era sconvolto e sembrava a stento trattenere le lacrime.
-Non è stata colpa sua. Grace, lui è morto da sei mesi.
La donna fece segno di no con la testa, in disaccordo col collega. Stava cercando di controllarsi, in qualche maniera. Le lacrime cominciarono a rigarle il volto e si portò una mano alla bocca per trattenere il suono dei singhiozzi.
-E’ solo colpa sua, Cho…È sempre stata colpa sua!
Jane si rivolse allo Spirito. Non capiva di cosa stesse parlando Grace e, soprattutto, era sorpreso di essere morto da così tanto tempo. Per quale motivo allora quei due si trovavano lì?
-Hai sentito quelli dell’obitorio, Cho?
Domandò Grace, sibilando. Aveva gli occhi pieni di rabbia mentre continuava a fissare la tomba.
-Hanno eseguito ieri l’autopsia. Stavo parlando con Tony a pranzo. E’ nella squadra dell’obitorio. Era lì, col medico legale. Ha detto che non hanno trovato segni di difesa, sul corpo. Non ha lottato. Neanche per un secondo. Mi ha detto che non lo diranno alla sua famiglia. Finirebbe per distruggerli. E non se lo meritano, dopo tutto quello che hanno passato. Non lo meritano…
Grace si pulì il volto dalle lacrime col dorso delle mani.
-Io sono stata la prima a entrare nel bagno, Cho. Penso di non aver visto tanto sangue dai tempi di Red John. E a un tratto ho pensato che fosse resuscitato, se non fossi stata io a fargli esplodere la testa. E il suo corpo era lì…così bianco…e i suoi occhi…Pensavo che sarei impazzita, se li avessi guardati un solo secondo in più.
La donna emise un profondo sospiro, guardando il cielo e sorridendo sconfitta. Poi si girò verso il collega e continuò a parlare, stavolta la voce più bassa e roca per il pianto.
-E’ colpa sua se non ha lottato. L’ha smesso di fare il giorno in cui questo bastardo è morto. Quindi non venirmi a dire che non è colpa sua. Sono solo stronzate!
E Grace si voltò, scendendo dalla collina. Jane stava iniziando a sentire una forte stretta allo stomaco, come se un mirino fosse puntato alla sua testa e l’arma fosse pronta a sparare. Stava per accadere qualcosa. Qualcosa di grosso. Qualcosa a cui, era sicuro, non sarebbe sopravvissuto.
Cho, nel frattempo, era rimasto fermo, al suo posto. La sua stoica statura tradiva ben poco del suo tormento interiore, Jane lo sapeva bene. Si mosse verso il collega, ma questo si avvicinò alla lapide, posando qualcosa sul terreno.
-Forse non sarai stato tu a ucciderla. Ma Grace ha ragione. Se non ti fossi comportato come un completo stronzo, forse sareste ancora vivi entrambi.
Si alzò e seguì la collega, sparendo nella notte nebbiosa.
Jane stava cominciando pian piano a mettere assieme i pezzi. La sua mente fin troppo allenata stava facendo due più due e la soluzione a cui stava giungendo non poteva essere in alcun modo possibile.
-Spirito, di chi stavano parlando?
Ma l’Ombra non mosse neanche un muscolo. E la cosa stava spaventando Jane sempre più.
-Spirito…? Perché stai facendo questo? Cosa sta succedendo?
Lo Spettro alzò sola una mano in direzione della sua lapide, ma non indicò la pietra, bensì il terreno. Qualsiasi cosa Cho avesse portato lì, era la chiave per risolvere il mistero dietro quelle parole. Jane mosse pochi passi, cauto. Come se qualsiasi cosa fosse nascosto nel terreno avesse potuto saltargli addosso e non lasciargli scampo.
Si inginocchiò sull’erba bassa e tese la mano dove sapeva essere l’oggetto. Le sue dita toccarono qualcosa di una consistenza diversa dalle foglie. Strinse il pugno attorno a quello e lo avvicinò al corpo per osservarlo. Era un involto stropicciato rosso e bianco, di cui non riusciva a capire la provenienza o l’utilizzo. Mosse le dita per svolgerlo leggermente. A quel punto, spalancò gli occhi dal terrore e urlò con tutto il fiato che aveva in gola. La consapevolezza lo travolse come una valanga e buttò via l’oggetto come se improvvisamente avesse preso fuoco.
Si spinse su braccia e gambe per allontanarsi da lì e incontrò le gambe di marmo dello Spirito. Cercò di tirarsi via anche da lui, ma la sua mano gelida e inclemente lo afferrò per una spalla e lo sollevò. Voleva scappare, urlare, cercare una via di fuga, ma tutto quello che riusciva a fare era piangere come un bambino e tentare invano di slacciare la ferrea presa di quell’ombra.
-No…Non puoi farmi questo…non proprio tu…DIO, NON TU!
Lo spirito strinse ancora di più la mano, facendolo singhiozzare dal dolore. Lo trascino giù dalla collina, via, lontano dal cimitero. Condusse l’uomo all’interno di una grotta cupa e nera e lì scomparvero.

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Jane si stringeva contro la parete dell’ingresso, tremante, sull’orlo di una crisi di panico.
Lo Spirito lo aveva barbaramente trascinato e buttato per terra sul tappeto, come se fosse un sacco di spazzatura. E così si sentiva dopo tutti quei giorni. Stanco, distrutto, con il cuore e la mente a pezzi. Stavolta i suoi trucchi sarebbero stati inutili, non avrebbero potuto evitare ciò a cui stava per assistere. Aveva cercato di buttare quelle immagini fuori dal suo castello della memoria, inutilmente.  Com’era possibile che la sua salvezza fosse così dolorosa? Com’era possibile che il destino si stesse comportando così, senza un minimo di pietà?
Era tutto il frutto del dolore che aveva causato. Maturato, cresciuto in seno al tempo, e finalmente divenuto quella bestia che lo stava distruggendo. Avrebbe dato via qualsiasi cosa per tornare indietro, per cambiare la maniera con cui si era comportato. Esattamente com'era successo con la sua famiglia. Tornare indietro nel tempo, cambiare il passato, cambiare se stesso.
Ma ciò che stava vedendo in quel momento, gli stava facendo capire di non aver ancora imparato la lezione. Se la morte di Charlotte ed Angela avesse cambiato il suo essere cinico ed egoista, adesso non si sarebbe trovato lì. Cominciava a comprendere con quale criterio fossero stati scelti gli Spiriti. E pregava il cielo di non voltare loro le spalle ancora una volta.
Dei passi sulle scale fecero voltare Jane e lo Spirito. Un uomo alto e magro stava lasciando l’appartamento. Jane lo guardò in volto, ma non lo riconobbe affatto.
-Spirito, non anche questo…
Sussurrò, singhiozzando. Posò la testa sulla parete al suo fianco, arrivato ormai allo stremo delle forze. L’uomo passò al suo fianco, senza vederlo, ed esitò un attimo prima di estrarre di tasca un mazzo di chiavi. La porta si chiuse alle sue spalle e Jane rimase accucciato a terra in posizione fetale, senza riuscire a muovere un muscolo. Stava per toccare il fondo. Sentiva il suolo avvicinarsi. E lui era caduto per troppo tempo per poter sopravvivere.
Lo Spirito si avvicinò di nuovo e strinse il tessuto della camicia sulla sua spalla destra. Jane mise su una debole protesta, ma subito capitolò. L’Ombra lo spinse in piedi conducendolo alle scale.
Aveva ripercorso quella scena mille volte nella sua testa. In un’altra casa, in un’altra era, in un’altra vita. Quei gradini, ancora una volta, lo avrebbero condotto in un corridoio. E il corridoio, in una stanza. E la stanza, alla sua fine.
Come spinto da qualche forza nascosta, mosse il primo passo in avanti. E poi il secondo. E un terzo. La sua mente era una stanza vuota.
Senza quasi saperlo, si ritrovò di fronte alla porta. Non quella di una camera, ma di un bagno. E su questa non c’era nessun biglietto, nessun pezzo di carta a presagire quello che avrebbe trovato oltrepassando la soglia. Dall’interno, proveniva solo una nuvola di vapore caldo e lo scroscio dell’acqua all’interno di una vasca da bagno. La contemplò per un attimo, assaporando gli ultimi momenti di sanità.
Il freddo respiro dello Spirito alle sue spalle lo costrinse a compiere l’ultimo gesto e, toccando appena la porta con la punta delle dita, la aprì verso l’interno.
La prima cosa che lo colpì, fu l’odore penetrante e ferroso del sangue. Poi il rumore ancora più forte dell’acqua, ormai arrivata all’orlo della vasca. Infine la vista di un mare di rosso, sparso su tutto il bagno. Schizzi e strisce sottili sui mobili color crema. Sulle piastrelle bianche e lucide. Sullo specchio appannato. E infine per terra, un corpo nudo e senza vita  allungato scompostamente, coperto soltanto da un asciugamano grondante di sangue.
Accanto a quel corpo, stavano gli altri due Spiriti. Il Primo, chino per terra con le mani grondanti di rosso. Il Secondo, in piedi, statuario, a pochi passi. Entrambi alzarono gli occhi mesti verso di lui, ma solo uno parlò.
-Non siamo bastate noi? Avevi bisogno anche del suo sacrificio?
Domandò, non aspettandosi tuttavia alcuna risposta.
-D’altronde le avevi già preso tutto. La vita era l’unica cosa che l’era rimasta. E alla fine hai preso anche quella.
Ma a Jane parve solo un rumore lontano. Spalancò gli occhi davanti a quella scena e, come se gli fosse caduto addosso il peso del mondo, finì in ginocchio per terra. Il sangue penetrò tra le fibre del tessuto dei suoi pantaloni. Si sciolse attorno alle sue lacrime che erano cadute sul pavimento.
-Teresa…
Sentì le sue labbra sussurrare, ma si domandò se fosse stato lui a dirlo. Non sembrava la sua voce, era rauca, graffiante, quasi non umana. I suoi occhi non erano in grado di lasciare quella forma, seppur oscurati da un fiume di lacrime. Non c’era più nulla che avesse importanza al mondo.
Si spinse sulle braccia e si accostò al corpo dell’Agente Teresa Lisbon, accoltellata a morte nel bagno di casa propria la sera del 22 dicembre 2013 da Eugene Finnigan. Il fratello, il magnante della coca Ferdinand Finnigan, era stato ucciso quattro giorni prima durante una retata organizzata dalla SCU del CBI.
Nel rapporto definitivo, l’omicidio sarebbe stato motivato dal fatto che Eugene ritenesse l’Agente responsabile della morte del fratello. Pochi giorni dopo, la SCU avrebbe arrestato l’uomo, mentre stava cercando di lasciare il paese. Condannato all’ergastolo per l’omicidio di un pubblico ufficiale, si sarebbe tolto la vita due anni dopo.
Tutto questo, Patrick Jane non l’avrebbe mai saputo. E sicuramente, non gli sarebbe mai importato.
Le sua dita erano impegnate a spostare alcune ciocche di capelli dalla fronte fredda della donna. Le ciocche erano morbide e lisce, esattamente come le aveva sognate. I capelli erano lievemente più corti, ed indossava di nuovo la frangia, dello stesso colore delle lunghe ciglia scure, disposte a ventaglio sulle guance ancora rosee. Da quella posizione, riusciva a scorgere bene la manciata di lentiggini disegnate attorno al suo naso e alle guance. E la corona delle orecchie, bianca e sinuosa. Sembrava addormentata in un sonno leggero, riposando alla fine di uno dei tanti, lunghissimi giorni che avevano passato insieme.
Solo in quell’istante, si accorse che la sua mente stava parlando come se non ci fosse una pozza di sangue raccolta sotto la sua schiena, come se il suo ancora più fragile corpicino non fosse ferito da chissà quante coltellate. Come se ancora si potesse fare qualcosa.
La realizzazione, lo colpì quasi come lo schiaffo qualche ora prima. Si trovò catapultato in quella realtà, dove lui era morto, l’aveva abbandonata e non era più in grado di proteggerla. E lei se n’era andata, per sempre, dalla propria vita e da quella della squadra.
Dalla sua gola risuonò un singhiozzo spezzato. Sollevò Lisbon, adagiando la sua testa sulla spalla. Con le braccia circondò la sua vita e la schiena nuda. Sentì il liquido appiccicoso sulla pelle, come una carezza tiepida. Affondò il viso nella piega del suo collo, lasciando dei piccoli e casti baci sul suo percorso. La pelle avrebbe dovuto avvampare sotto le sue labbra, i muscoli tendersi in imbarazzo per quel gesto.
Un oggetto fece rumore cadendo per terra da chissà dove. Jane si destò. Un’intera batteria di cannoni sarebbe parsa silente, in quel momento, ma quel suono leggero sembrò rimbombare tra le pareti strette della stanza. Si voltò a vedere cosa fosse e notò la sua rana di carta che cominciava ad inzupparsi lentamente di sangue. La mano destra di Lisbon era leggermente chiusa, come se fosse stato quello il posto dell’origami fino a quel momento.
Lisbon era morta tenendo in mano uno dei pochi regali sinceri che le aveva fatto. Se, in un altro mondo, questo avrebbe potuto sollevarlo e onorare la sua persona. In realtà non fece altro che dargli il colpo di grazia. Raccolse la rana accartocciata e la pose vicino al cuore, stringendo al contempo il minuscolo corpo della donna. Sembrava ancora più piccolo, ancora più di un anno prima e, nel suo abbraccio, sentiva le ossa premergli sulla pelle. Le baciò la fronte, le sopracciglia, le palpebre chiuse, il naso. Poi fece riposare le labbra sui suoi capelli e ne annusò l’odore, ancora forte e persistente.
-Dove sei andata, piccola mia…?
Chiese, facendo scivolare il suo respiro a scaldarle la pelle della fronte. Abbassando le palpebre, cominciò a piangere compostamente, in silenzio, in rispetto della persona appoggiata contro di lui.
Nel frattempo, i Tre Spiriti non avevano smesso un secondo di osservarlo, silenti. Lo vedevano cullare avanti e indietro quel corpo senza vita, le lacrime rigare lentamente il volto rilassato sotto di lui. L’uomo di soli tre giorni prima era scomparso, la sua maschera distrutta. Sarebbero dovuti essere soddisfatti del loro lavoro, ma davanti a quella scena, neppure il più freddo degli Spettri avrebbe esultato.  
Il tempo sembrò rallentare fin quasi a fermarsi. L’acqua nella vasca cadde oltre il bordo, diluendo il sangue sul pavimento, riflettendo il soffitto. Per un attimo solo, la stanza sembrò tornare pulita, ma le cinque persone al suo interno testimoniavano gli eventi che l’acqua non avrebbe potuto lavare via.
Ore dopo, un raggio caldo penetrò dalla finestra. In un ultimo atto di forza, Jane alzò il volto sfigurato verso i Tre.
-Spiriti, ascoltatemi. Io non sono l'uomo che ero prima e non sarò l'uomo che sarei stato se non vi avessi incontrato. Perché mi mostrate tutto questo, se per me ogni speranza è perduta?
Sussurrò rivolgendosi agli Spiriti, tenendo ancora stretta a sé Lisbon. Come se fosse in grado di pronunciare quelle parole soltanto appoggiandosi segno sua definitiva sconfitta. Alzò una mano tremante verso gli Spettri, in attesa di un impossibile aiuto.
-Spiriti buoni, la vostra natura intercede per me ed ha pietà di me. Assicuratemi che io posso ancora, cambiando la mia vita, cambiare queste ombre che mi avete mostrato.
Ma nessuna parola lasciò le loro labbra e tre paia di occhi scuri continuarono a osservarlo, vuoti. Sconsolato, abbassò gli occhi al volto di Lisbon un’ultima volta, abbandonando un bacio in mezzo alle sue sopracciglia. Poi la posò delicatamente per terra, come se non volesse farle male, e la sistemò in una posizione rilassata, con le braccia incrociate in grembo. Infine, prendendo il suo viso tra le mani, sfiorò appena la sua bocca, come il bacio del Principe alla Bella Addormentata.
-Addio.
E si allontanò per concederle riposo.
Lentamente, andò in contro agli Spiriti, mai alzandosi da terra e mai sollevando il volto. Si prostrò ai loro piedi e, tenendo gli occhi serrati, parlò con l’ultima voce che gli era rimasta.
-Voglio onorare il Natale nel mio cuore e cercare di osservarlo per tutto il corso dell'anno. Voglio vivere nel Passato, nel Presente e nel Futuro. Gli spiriti di tutti e tre vivranno dentro di me. Non rimarrò sordo alle loro lezioni. Oh, ditemi che posso cancellare questo sangue dalle mie mani!
Nel suo tormento afferrò la mano spettrale dell’Ultimo Spirito.Questo cercò di liberarsi, ma egli lo stringeva con tutta la forza e la trattenne. Lo Spirito, più forte di lui, lo respinse. Alzando le mani in un'ultima preghiera perché il suo Fato mutasse, vide un'alterazione nel cappuccio e nella veste del Fantasma. Questo si contrasse, cadde e, in quel momento, Jane aprì gli occhi sotto il soffitto del suo attico, inondato dalla luce del nuovo giorno.

 

-Fine Strofa Quarta-

 

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