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Autore: vampiredrug    25/02/2013    10 recensioni
La storia è (molto) liberamente tratta dall'omonimo film del 2003.
Castiel è un giovane redattore in una rivista per ragazze, Dean un brillante e fascinoso pubblicitario all'interno di una grande agenzia. Si incontreranno per motivi esclusivamente lavorativi (il primo ha solo dieci giorni per scrivere un importante articolo, l'altro deve vincere una scommessa ad ogni costo) ben decisi a non farsi coinvolgere, ma i sentimenti ci metteranno lo zampino...
- Dean Winchester. - disse infine, tendendo la mano a Castiel.
- Affascinante…- mormorò quest’ultimo, stringendola brevemente e osservandolo con la testa inclinata da un lato, studiandolo.
- Bè… grazie. - disse Dean, compiaciuto, con il sorriso di chi è assuefatto a complimenti del genere.
- Intendevo il cognome. - specificò Castiel con un piccolo ghigno malefico, sgretolando quel sorriso - Castiel Novak.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Balthazar, Castiel, Dean Winchester, Gabriel
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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How to Lose a Guy in 10 Days

 
 
PROLOGO


 
New York, lunedì, ore 10.53

 
- Ragazzi? Riunione di redazione! Tutti nell’ufficio del capo tra quaranta minuti! Portate gli appunti con le idee per il nuovo numero, mi raccomando! -
 
La vocetta garrula e petulante di Becky, accompagnata da un ciuffo di capelli chiari e da un paio d’occhi decisamente spiritati che sbucavano a malapena dalla bassa parete divisoria che frazionava il grande open space in tanti mini uffici, come al solito irritò Castiel ad un livello viscerale.
Non sapeva spiegarselo, ma ogni volta che quella ragazza faceva capolino da uno dei separé come un uccellaccio del malaugurio annunciando riunioni a sorpresa, anticipi sulle consegne dei pezzi o anche solo che era terminato il caffè, avvertiva l’impulso irrefrenabile centrarla in fronte con la spillatrice solo per farla tacere.

Scambiò uno sguardo eloquente con Balthazar, suo amico e collega, placidamente intento a sorseggiare l’ultima moda in fatto di intrugli a base di caffeina: frappuccino alla nocciola con scaglie di fave di cacao e schiuma di latte di capra biologico.
Dove diavolo si procurasse simili porcherie, e soprattutto come facesse a conoscerne l’esistenza, per Castiel restava un mistero.

Ma d’altra parte Balthazar viveva praticamente in un universo parallelo, rispetto a quello del giovane redattore: mentre Castiel arrancava fra improbabili decaloghi di comportamento e domande francamente inquietanti, occupandosi della rubrica “Angelo Custode”, una sorta di help desk che forniva a giovani donne l’opinione spassionata di un uomo sui vari problemi quotidiani (dal farsi togliere una multa snocciolando vergognose bugie su nonnine moribonde ai consigli per depilarsi con la maionese come Mac Gyver), Balthazar fluttuava senza pensieri in un mondo dorato fatto di feste, inviti esclusivi, amicizie vip, regali costosi e viaggi da favola, in quanto titolare della rubrica di gossip, trend e lusso.
 
- Secondo te sniffa coca? - domandò svogliatamente a Castiel, che non potè reprimere un sorriso.
 
- Con il suo stipendio da stagista, al massimo sniffa colla… ma no, Balth, temo che quella sia la sua condizione naturale. Anzi, ti confesso che a volte vorrei un po’ della sua energia, soprattutto in mattine come questa… - commentò l’altro, sbadigliando senza alcuna grazia e stiracchiandosi sulla poltroncina girevole.
 
- Se avessi quel tipo di energia, ti avrei già fatto rinchiudere, Cassy. Ha detto quaranta minuti? Che palle… -
 
- Sì… a proposito, dov’è Gabriel? Tu l’hai visto oggi? - domandò il ragazzo con gli occhi blu, allungando il collo oltre i divisori e guardandosi attorno preoccupato per l’insolita assenza dell’amico - Se dovesse mancare di nuovo alla riunione, Pamela se lo mangerebbe vivo… dannazione, credo che sia rimasto a casa… venerdì sera doveva vedersi con quella ragazza che ha conosciuto al Taj Mahal Café e ho un brutto presentimento. Senti, faccio una corsa e vado a prenderlo, tu intanto procura del caffè… del verocaffè! - ordinò sbrigativo, prima che l’altro potesse obbiettare che il suo eraa tutti gli effetti caffè, afferrando il trench e contemporaneamente un’elegante scatola di macarons arrivati freschi da Parigi per Balthazar, gentile omaggio della Maison Chanel.
 
- Ehi! Ma quelli sono miei! - tentò di lamentarsi il legittimo proprietario.
 
- Consideralo un esproprio a fin di bene! - gli urlò Castiel uscendo dall’ufficio, per precipitarsi poi in strada alla ricerca di un taxi.

Gabe abitava a soli due isolati di distanza, ma non era il caso di stare a perder tempo.
 
Fece i tre piani di scale che portavano all’appartamento del brillante critico gastronomico salendo i gradini due a due, quindi entrò nella casa buia e silenziosa con le chiavi di riserva che l’altro gli aveva affidato, spingendosi fino alla camera da letto, da cui arrivavano suoni attutiti.
Sì accostò alla porta socchiusa, da cui filtrava una lama di luce azzurrina proveniente dalla tv, anche se sarebbe stato più opportuno parlare di luce rossa, visto che Gabe stava chiaramente guardando un porno di pessima qualità, almeno a giudicare dai gemiti gutturali e dai… dialoghi in una lingua incomprensibile.

Castiel si schiarì la voce, e senza entrare parlò attraverso la fessura.
 
- Ehm… Gabe? Gabe sono io, Castiel. Smetti di fare qualunque cosa tu stia facendo e metti le mani dove io possa vederle. Ora conto fino a tre e poi entro, ok? Non farmene pentire, ti prego… - mormorò, sperando di non doversi cavare gli occhi con due tizzoni ardenti.
 
Quando finalmente si decise a varcare la soglia lo spettacolo che gli si parò davanti, una volta che i suoi occhi si furono abituati al buio della camera, non fu dei migliori: Gabriel, in tuta da ginnastica e con la barba sfatta, era spiaggiato sul letto circondato da un vero e proprio cimitero di incarti di dolciumi.
La stanza odorava di chiuso ma soprattutto di zucchero, e a Castiel venne immediatamente la nausea.
Si affrettò ad aprire la finestra per arieggiare un po’, sollevando un pochino anche le tapparelle e tornando ad osservare Gabriel avvolto dalla penombra.
 
Nel complesso, l’insieme era davvero desolante. Alla barba lunga si sommavano sguardo vacuo e profonde occhiaie, e anche i capelli, di solito lucidi e ben curati, avevano visto tempi migliori.
 
- Oh, Gabe… - sussurrò il giornalista, impietosito da un tale scempio, senza trovare nulla di meglio da dire.
 
- Cassy… ciao. - farfugliò Gabriel, monocorde, per nulla stupito dalla sua presenza - Sei venuto a portarmi i Kit-Kat? -
 
- Che… che cosa? -
 
- I Kit-Kat. Ti ho mandato una mail all’alba, erano il mio ultimo desiderio… cosa sei venuto a fare se non me li hai portati? - chiese Gabriel, lentamente, come se parlare gli costasse una fatica immane.
 
- Stamani non ho controllato la mail, Gabe. Si può sapere di cosa vai blaterando? Che… che diavolo significa “ultimo desiderio”? Perché sei in questo stato? Come mai non sei in redazione? -
 
- E tu? Perché sei qui se non per consegnarmi lo Snack Supremo? - lo rimbeccò l’altro, infastidito da quella raffica di domande - Se non hai niente da darmi vattene. Voglio stare solo. - mugugnò, voltando leggermente le spalle a Castiel per appallottolarsi fra le cartacce.
 
- Sono qui per evitarti il licenziamento, Gabe, se proprio lo vuoi sapere. - precisò il più giovane aggirando il letto, indispettito dall’insofferenza dell’amico - Tra mezz’ora c’è una riunione, e tu ci sarai, dovessi trascinarti per i capelli, anche se l’idea francamente non mi alletta. Fai schifo, sai? - commentò, osservando con occhio critico le ciocche unticce.
 
- Ah sì? Bè, anche tu. Non mi hai nemmeno portato quello che ti avevo chiesto… sei uno schifoamico. -
 
Castiel perse definitivamente la pazienza. Se c’erano due cose al mondo che detestava, erano il vittimismo e la maleducazione.
E Gabriel gliele stava servendo su un piatto d’argento, entrambe.
 
- Gabe! - tuonò, esasperato - Non costringermi ad essere cattivo, e finiscila con queste cazzate da moribondo! Ora ti vesti, usciamo e per strada mi spieghi quando, di preciso, sei finito sotto un rullo compressore! - continuò, afferrando l’amico per un braccio e cercando di metterlo in piedi, anche se era come cercare di far stare dritto uno spaghetto bollito.

Gabriel si sollevò parzialmente sul letto, sedendosi, la testa ciondoloni, e mormorò qualcosa d’incomprensibile.
Castiel, capito che forzandolo non avrebbe ottenuto nulla, si sedette sconfitto accanto a lui, inclinando il viso per cercare almeno di guardarlo in faccia.
 
- Gabe… - tubò nel suo miglior tono da mamma chioccia, poggiando una mano sul ginocchio dell’amico con fare comprensivo - Dai, dimmi che succede. Troveremo una soluzione insieme, ok? Anche Balth è preoccupato, ci sta aspettando in ufficio… - continuò, omettendo il piccolo particolare che Balthazar era preoccupato più che altro del doversi sobbarcare una dose di lavoro extra, a causa della sua assenza.
 
Gli incredibili occhi color ambra di Gabriel, tremolanti di lacrime, finalmente si sollevarono e incontrarono quelli sinceramente preoccupati di Castiel, fissandolo tra i ciuffi di capelli sporchi.
 
- Kalì mi ha mollato. - dichiarò, funereo.
 
- Chi? - domandò Castiel, spaesato.
 
- Kalì! -
 
- Kalì chi? -
 
- Kalì! Devo farti lo spelling? K-A-L-Í, comprendi? La mia ragazza! -
 
- Ma chi, quella del Taj Mahal? -
 
- Evviva, bentornato nella mia miserevole vita! - ringhiò Gabe, esasperato - Mi ha mollato! Venerdì sera! Ha detto che sono troppo oppressivo! Io, ti rendi conto? -
 
- Gabe, ehm, scusa ma… non stavate insieme da una settimana o giù di lì? -
 
- Sì, e allora? -
 
- B… bè… - mormorò Castiel, con cautela, scegliendo accuratamente le parole - Non ti pare un tantino eccessivo uno stato di prostrazione simile, dopo una sola settimana? Non per sminuire Kalì ma-
 
- Tu non capisci. - lo interruppe Gabriel - Io la amo. -
 
- Tu… tu cosa? -
 
- Cos’hai oggi, Cassy, sei diventato sordo? Ho detto che la amo! -

- Ma non puoi… -
 
- Non posso cosa? -
 
- Non puoi… non si può amare una persona dopo una settimana Gabe, è assurdo! -
 
L’amico gli rivolse un’occhiata astiosa, raddrizzandosi.
 
- Stai forse ridicolizzando i miei sentimenti per Kalì? - chiese, trapassandolo con lo sguardo.
 
- M… ma no, è solo che… -
 
- Solo cosa? Se non stai cercando di banalizzare il mio amore per lei spiegati, coraggio. -
 
- Io… cioè… non lo so, mi stai mandando in confusione! Dico solo che mi sembra un po’ presto per parlare d’amore, ecco. -
 
- Ma che ne sai tu? Non ti sei mai innamorato! - l’aggredì Gabriel, rialzando la testa e ringhiandogli contro.
 
Poi notando lo sguardo mortificato di Castiel, tornò improvvisamente mesto.
 
- Bè, in ogni caso non importa che cosa pensi, perché a quanto pare lo pensa anche lei… - aggiunse.
 
- Cosa? Oddio Gabe, no… non gliel’avrai mica detto? - chiese Castiel, mentre un’orrenda consapevolezza prendeva forma nella sua mente.
 
- Certo che gliel’ho detto! L’altra sera, a cena. Lei si è come… irrigidita, e da lì in poi le cose hanno preso una brutta piega… -
 
- E vorrei vedere! Ma sei impazzito? Oh no, dimmi che non le hai fatto anche un regalo… - mormorò il più giovane, ben conoscendo i contorti percorsi mentali dell’amico.
 
- Certo che sì, volevo rendere tangibili i miei sentimenti. Con un anello. Uno piccolo… minuscolo... - aggiunse subito, nel notare lo sguardo di rimprovero di Castiel.
 
Quest’ultimo si ficcò le mani tra i capelli già scombinati, esasperato, senza nemmeno sapere da dove cominciare a spiegare all’altro i mille motivi per cui il suo comportamento si poteva definire solo come sconsiderato e malsano.
Con una sfumatura di schizofrenia.
 
- Ok. Ok, senti Gabe, razionalizziamo: adesso non abbiamo tempo di sviscerare il come ed il perché quella donna sia fuggita da uno da cui, francamente, fuggirei anch’io. Ti prometto che più tardi ne parleremo fino allo sfinimento, ma ora dobbiamo portare il culo in redazione, e subito. Alzati e lavati la faccia, usciamo tra due minuti esatti, sotto c’è un taxi che ci aspetta e non voglio dargli cinquanta dollari per due isolati. Va bene? -
 
Gabriel annuì debolmente, alzandosi in piedi con l’entusiasmo di un condannato a morte e dirigendosi meccanicamente in bagno.
 
- Devo sbarbarmi… - valutò, atono, guardandosi allo specchio.

- Assolutamente no! - gridò Castiel dalla camera attigua - Non abbiamo tempo, in ufficio c’è il mio rasoio elettrico, lo farai lì. - ordinò, raggiungendo Gabe in bagno e porgendogli un paio di scarpe da tennis.

L’amico le guardò, senza capire.
 
- E queste? -

- Mettitele e usciamo, non c’è tempo per trovarti qualcosa di decente da mettere. -

- Ma sono in tuta… -
 
- Appunto. Lunedì casual. -

- Ma… -
 
- Gabe, no. Ora si va. E guarda… - disse in tono allettante, estraendo la scatola di macarons dalla tasca del trench e agitandola davanti agli occhi di Gabriel come se fosse un’esca - Guarda che ti darò se farai il bravo e verrai immediatamente con me… - sussurrò invitante, con l’aria di uno spacciatore.
 
Gabriel afferrò scarpe e dolci, indossando le prime e abbracciando la scatola dei secondi come se fosse un’ancora di salvezza, dirigendosi in silenzio verso l’uscita.
 
Frattanto, a una ventina di isolati da casa di Gabriel, una vistosa Harley-Davidson V-Rod serpeggiava agile nel traffico congestionato del mattino, arrestandosi nei pressi della sede della King Advertising.
Ne discese un ragazzo piuttosto alto, dalle spalle ampie, che si diresse con piglio deciso verso l’entrata dell’agenzia pubblicitaria, rallentando poi nel notare una persona ferma sulla soglia.
 
- Buongiorno Talbot! Cosa leggi? Hai finalmente deciso di smettere i panni del robot e di diventare una ragazza vera? - esordì il motociclista in tono scanzonato, togliendosi il casco e rivelando una notevole faccia da schiaffi abbinata ad altrettanto notevoli occhi verdi.
 
La giovane ed elegantissima donna che stazionava nei pressi delle porte a vetri con una rivista di moda fra le mani strinse gli occhi fino a ridurli a due fessure, per nulla divertita dall’ennesima battutina sulla propria inflessibile condotta lavorativa.
 
- No Winchester, ho intenzione di continuare ad essere seria, professionale e vincente, al contrario di te e della tua banda di piazzisti da quattro soldi. Per tua informazione, quello che sto sfogliando è il magazine per giovani donne in più forte ascesa, al momento, e ci sta concedendo parecchi nuovi spazi pubblicitari. Non farebbe male neanche a te dargli un’occhiata, sai? Così come non ti farebbe male vestirti in maniera più consona al tuo ruolo, non stai andando ad una partita di baseball… - replicò la ragazza, squadrando con aria disgustata la giacca di pelle consunta che Dean indossava quel mattino sopra ad una t-shirt sbiadita.
 
- Ho un cambio in ufficio, Bela, ma grazie: mi commuove sul serio la tua preoccupazione per il mio look. - rispose il ragazzo, imperturbabile, con un gran sorriso - Sei così suscettibile solo perché non ti ho mai fatto fare un giretto sul mio gioiellino… -
 
- Mi auguro che con “fare un giretto sul mio gioiellino” tu intenda il trabiccolo che hai appena parcheggiato o quell’altra carretta che guidi ogni tanto, Winchester, sarebbe davvero spiacevole se finissi di nuovo al seminario dell’azienda sulle molestie sessuali… - s’intromise una voce sarcastica alle spalle del ragazzo.
 
Dean si voltò a guardare la propria nemesi, Ruby, collega perfida e arrivista, nonché degna compare della spilungona inglese.
 
- Oh, ciao Ruby. Dolce, molesta Ruby. Mancavi giusto tu per completare quest’irritante quadretto. - ringhiò tra i denti - E per la cronaca, quella volta ti avevo solamente chiesto se ti eri goduta il fine settimana ad Aspen… -
 
- Uhm, sì ma… avevo avvertito una nota lasciva nella parola “goduta”. Sai, sono ipersensibile… -
 
- Immagino. Più o meno come un fachiro… - commentò Dean, acido, guadagnandosi la seconda occhiata di fuoco in nemmeno cinque minuti.
 
- Bè, supermacho, mi piacerebbe tanto stare qui a litigare tutto il giorno, ma io e Bela abbiamo appuntamento a Grace Magazine. Salutaci la tua combriccola di sfigati. - cinguettò soavemente Ruby, prendendo sottobraccio l’amica e allontanandosi alla ricerca di un taxi.
 
Dean, irritato, coprì tutta la distanza tra l’ingresso dell’agenzia e il proprio ufficio imprecando tra sé, trovandovi i colleghi ad attenderlo, palesemente agitati.

Garth Fitzgerald, nonostante i modi eccentrici, sul lavoro era un collaboratore eccellente, archivista dalla memoria prodigiosa e imbattibile nelle ricerche, mentre Chuck Shurley, quando accantonava l’abituale insicurezza e l’aria perennemente sperduta, aveva un intuito formidabile nel prevedere i trend del momento, dote fondamentale per un pubblicitario, e non per niente era soprannominato “il Profeta”.
 
- Che succede ragazzi? Notizie fresche? - domandò, entrando e levandosi distrattamente la giacca di pelle, seguita immediatamente dopo dalla t- shirt, per la gioia di tutte le impiegate che assistevano alla loro personale matinée ogni santo giorno attraverso le fessure delle tapparelle che ombreggiavano le pareti di vetro dell’ufficio.
 
- Non fresche, succose, Dean! Avevi ragione! - esordì Garth, quasi saltellando sul posto per l’eccitazione - Crowley è stato contattato dalla Roadhouse Incorporated! - annunciò, recuperando una camicia immacolata da un cassetto della scrivania e lanciandola a Dean con un gesto collaudato.
 
Dean la indossò con calma mentre ascoltava l’amico, lasciando aperti gli ultimi due bottoni del colletto e arrotolando le maniche sugli avambracci abbronzati in una sorta di spogliarello al contrario, mentre i sospiri delle segretarie echeggiavano probabilmente fino al palazzo di fronte.
 
- La signora Harvelle sarà qui per la presentazione della campagna fra nemmeno due settimane e… bè, questa è la bella notizia. - continuò Garth, un po’ titubante.
 
- Ok, fantastico, e quella cattiva sarebbe…? - lo spronò a continuare Dean, mentre l’altro assumeva un’aria imbarazzata, osservandosi i piedi.
 
- Oh. Ehm… Crowley… lui… bè, lui ha affidato la campagna alle ragazze. - intervenne Chuck, balbettando come se fosse colpa sua.
 
Dean sollevò un sopracciglio, sospettoso, volgendo lo sguardo in direzione dell’amico
 
- E con “ragazze” tu intendi… -
 
- Bela e Ruby. -
 
- Non è possibile! - sbottò improvvisamente Dean, ricevendo conferma dei propri peggiori sospetti e sbattendo un pugno su uno schedario - Quelle due! Sempre quelle due! Possibile che ovunque mi giri mi ritrovi i loro culetti ossuti sotto al naso? Come diavolo ha fatto Crowley a preferire loro a noi? A me? Sono io che ho portato la notizia che la Roadhouse era tornata su piazza, dannazione, non mi sono spupazzato una delle loro addette al marketing per un’intera settimana solo per vedermi soffiare l’affare da quelle due streghe! - ruggì, esasperato, misurando a grandi passi l’ufficio, mentre gli altri due si facevano sempre più piccoli, rifugiandosi dietro la scrivania.

- Non possiamo farci niente Dean, lo sai che Crowley ha un debole per le belle gnocche. E noi non abbiamo né tette né altro… - farfugliò Chuck in tono sempre più dimesso, mentre avvertiva già l’insorgere di uno dei suoi abituali mal di testa.
 
Dean continuò a marciare avanti e indietro per alcuni secondi, masticando imprecazioni sottovoce, poi improvvisamente si interruppe, voltandosi verso gli amici.

- Ok, non abbiamo le tette, ma abbiamo me. Questa storia deve finire. Adesso. - dichiarò semplicemente, riacquisendo una calma innaturale che faceva presagire solo guai e muovendo in direzione della porta - Ora vado da Crowley, l’affronto a muso duro e mi riprendo la campagna. -
 
- Non puoi. – replicarono in coro Chuck e Garth.
 
- Lo vedremo. - ringhiò l’amico.
 
- No, Dean… davvero non puoi. È partito stamattina con i legali per chiudere un contratto a Detroit, ma so per certo che stasera sarà di nuovo in città, l’ho sentito che dava appuntamento alle ragazze allo Sky Lounge per discutere della campagna… domattina lo troverai di sicuro in ufficio. -
 
- Domattina? Non credo proprio. Sky Lounge, eh? - ghignò Dean, facendo l’occhiolino ai colleghi, mentre nella sua mente un piano prendeva velocemente forma - Indovinate chi capiterà lì per puro caso, stasera? -
 
- Parli seriamente Dean? Vuoi tendere un agguato alle ragazze? -
 
- Chi ha tempo non aspetti tempo… e il tempo è denaro. Il nostro, denaro. Avremo quella campagna ragazzi, ve lo prometto, e farò rimpiangere a quelle due di aver mai messo piede in quest’agenzia. - dichiarò, bellicoso.
 
- “Il vostro Kung Fu non è forte” [1], sgualdrine... - sogghignò Garth, osservando Dean colmo d’ammirazione e pregustando già la vittoria.


 
 
 
[1] Frase pronunciata dallo stesso D.J. Qualls nel film “The core” (2003).



NDA:
Eccomi qua con questo esperimento... non so chi abbia avuto modo di vedere il film che mi ha ispirato la storia, ma se lo avete fatto, saprete che è una commedia degli equivoci dove il personaggio di Castiel (all'origine una ragazza, Andy) esaspera i tipici comportamenti femminili... ovviamente la faccenda, al maschile, assume tutto un altro significato: sto cercando di adattare la trama in modo che Castiel non sembri una macchietta e spero tanto di riuscire a fare un buon lavoro!
Siete libere di lapidarmi.

L'aggiornamento non sarà settimanale come per "Il duro prezzo dell'arte", non ci sarà una cadenza precisa perché sono in altre faccende affaccendata... sorry!


Grazie a chi è arrivato a leggere fin quaggiù! 
A presto! ^__^


 
 
 
 
   
 
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