Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: bluemary    13/09/2007    3 recensioni
"La Regina del Crepuscolo sedeva in mezzo al nulla. Ammantata di tenebre, giaceva nel silenzio simile ad un’ombra più scura della notte, il suo passo era l’Oblio, il suo sorriso la fine di ogni respiro, il suo sguardo uno sconfinato dolore." Una ragazza priva di passato alla ricerca di un luogo in cui non è mai stata, un mercenario dagli occhi di ghiaccio, quattro ombre senza volto che parlano di una leggenda ormai perduta.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ringrazio di cuore per i commenti Shirahime88, Yami e Rakyr il Solitario (bello scoprire un commento nuovo quando si sta per aggiornare!), sono felice che il prologo vi abbia incuriosito, mi auguro che questo capitolo mantenga le vostre aspettative. Siccome la storia è già conclusa, procederò ad aggiornare ad intervalli regolari e non vi farò attendere troppo. Buona lettura^^




Capitolo 1: La ragazza e il mercenario

Aryen vagava in un luogo sconosciuto.
Non c’era né cielo su cui alzare lo sguardo, né terra sotto i suoi passi, tuttavia continuava ad avanzare in quella combinazione di cupi colori che componeva la realtà in cui si trovava; una luce rosso sangue si irradiava da un punto imprecisato sopra di lei ed un fiume dorato scorreva a pochi metri dai suoi piedi, delimitato da rive invisibili, fino a terminare in una cascata senza fine.
La ragazza provò a seguirne il corso, ma divenne subito preda delle vertigini quando si rese conto del baratro privo di fondo e confini in cui si gettava il corso d’acqua.
-Finalmente sei giunta.
Aryen si girò di scatto, riconoscendo le quattro ombre che in quegli ultimi mesi avevano accompagnato i suoi sogni. Come al solito non la guardavano, ma si tenevano voltate verso destra, quasi i loro occhi potessero vedere ciò che a lei era precluso.
-Amica, figlia, sorella… sono anni che ti aspettiamo, vagando in quest’oblio di incubi e tenebre privo di risveglio.- mormorò sempre la stessa figura, prima che un’altra ne continuasse il discorso.
-Le Streghe dell’antichità devono tornare su questa terra, in modo da sconfiggere il nemico o morire per sempre nel tentativo.
-Se esse falliranno – se noi falliremo – l’umanità intera sarà condannata.
Aryen scosse la testa, stordita da quei sussurri che raggiungevano in pari misura le sue orecchie e la sua mente, come se cercassero di insinuarsi nella sua coscienza.
-Chi siete?- riuscì a mormorare, infine.
-Lei si sta risvegliando e noi abbiamo bisogno di te.
Il richiamo risuonò nelle orecchie della ragazza come un’inesorabile condanna a morte.
-Perché io?- chiese, in un urlo di disperazione, ma già le figure incappucciate stavano svanendo nelle tenebre, incuranti della sua domanda.
-Devi risvegliarti e ricordare, Lylen, prescelta dalla Magia.- mormorò l’ombra più alta, prima di sparire del tutto.
La sua immagine venne sostituita da una sequenza di visioni raccapriccianti: morti e lamenti, sangue che impregnava la terra ed infine un silenzio tanto profondo e soffocante nell’oscurità da risultare insopportabile.
-E fermare tutto questo.

Aryen si svegliò urlando.
Subito un’ombra scura fu al suo fianco.
-Tutto bene, piccola?- chiese la voce familiare di Ravhen.
La ragazza sbatté le palpebre un paio di volte, prima di mettere a fuoco i lineamenti del suo accompagnatore; a giudicare dalla prontezza con cui le era arrivato vicino, doveva essere rimasto sveglio fino a quel momento, eppure il suo volto non recava alcuna traccia di stanchezza.
Annuì, ancora tremante per gli strascichi di quella visione che esitavano ad abbandonarle la mente. Ormai erano quasi due mesi che sognava sempre le stesse ombre, tuttavia, da quando si era messa in viaggio, la frequenza di quelle visioni era divenuta quasi insostenibile. Non aveva mai pensato che fossero solo fantasiosi parti della sua mente, fin dall’inizio le erano sembrate troppo vivide e reali per poter anche solo accarezzare quell’illusione.
-Cos’hai visto?
La ragazza si voltò verso il mercenario senza nemmeno vederlo.
-Le solite ombre.- deglutì a fatica, nel tentativo di scacciare l’oppressione che si era insinuata nel suo petto, come sempre succedeva al termine di uno di quei sogni -Mi hanno… parlato.
-Cosa ti hanno detto?
Aryen scosse la testa in silenzio.
Invece di insistere, Ravhen attese che il suo respiro tornasse calmo e regolare, quindi le poggiò una mano sulla spalla.
-Cosa ne dici se ci mettiamo in cammino?
Pochi minuti dopo, quando ancora i primi bagliori dell’alba stentavano a far capolino nel cielo, la giovane ed il mercenario avevano ripreso il loro viaggio. Avanzavano senza parlare, ad un ritmo abbastanza sostenuto, nonostante il sentiero sconnesso ed irregolare presentasse diverse asperità che avrebbero infastidito la marcia di chi non fosse allenato. Ravhen non trovava alcuna difficoltà nel proseguire ma, conscio che la sua compagna non possedeva la sua stessa resistenza o la sua agilità, il suo braccio era pronto a sostenerla lungo il cammino. E la ragazza accettava il suo aiuto con un sorriso, appoggiandosi a lui un istante più a lungo del necessario, come se quel fuggevole contatto potesse in qualche modo ripagarla degli affetti che non aveva mai conosciuto.
Aryen non ricordava nulla della sua infanzia.
Alcuni abitanti di un villaggio delle Terre dell’Ovest l’avevano trovata svenuta ai limitari di una foresta, quasi cinque mesi prima, e quando aveva ripreso conoscenza non era riuscita a dire altro che il suo nome. Aveva provato invano a ricostruire la propria vita fino a quel momento, così si era limitata a trascorrere alcuni giorni in balia degli eventi, in attesa di una memoria che non era tornata. Una coppia di artigiani tra le persone che si erano prese cura di lei aveva deciso di adottarla e per breve tempo Aryen aveva creduto di poter sopravvivere senza un passato; ma poi erano arrivati i sogni: immagini di ombre, posti in cui non era mai stata ed una voce quasi impercettibile, proveniente dalle lontane Rovine di Ghizmor, che la chiamava, invitandola a raggiungerla in quel luogo sperduto. Le visioni arrivavano quasi ogni settimana ed ogni volta il turbamento con cui si risvegliava rimaneva persistente nel suo petto per quasi l’intera giornata, simile ad una morsa soffocante al cuore ed ai suoi pensieri.
Non aveva raccontato a nessuno di quei sogni, spaventata per il loro significato: ormai la magia era esclusivo appannaggio dei racconti popolari riguardanti il passato più remoto, l’ultima traccia di questo potere si riscontrava nelle Streghe delle antiche leggende, le cinque fanciulle che un centinaio d’anni prima avevano liberato il Continente del Sole dalla demoniaca Regina del Crepuscolo; coloro che si professavano stregoni in realtà non possedevano nulla di quel potere primordiale, ma si limitavano ad ostentare qualche trucchetto, frutto più di abilità o intelligenza piuttosto che di reale magia.
Costretta a nascondere la propria angoscia per quelle strane visioni, era vissuta in quel villaggio per quattro mesi, aiutando come poteva la famiglia che l’aveva trovata e sembrava averla accettata subito come figlia adottiva. Piano piano aveva scoperto una spiccata attitudine per lo studio della natura e delle arti mediche: le bastava un unico sguardo per comprendere se una pianta fosse commestibile o avrebbe potuto essere utilizzata per creare degli unguenti, riconosceva senza incertezze ogni tipo di erba o radice ed a volte le era parso perfino di comprendere lo stato d’animo degli animali a lei vicini.
Nel villaggio aveva cominciato a ritagliarsi uno spazio come guaritrice, sentendosi in tal modo parte di quella piccola comunità, e nonostante questo l’inquietudine era rimasta, così come i sogni.
Le ombre non le avevano mai parlato, tuttavia la voce che la chiamava tornava puntuale a ricordarle una missione incisa profondamente dentro di lei, un richiamo tanto urgente e penetrante da renderle difficile ignorarlo. Infine, dopo l’ennesima visione, aveva deciso di lasciare il villaggio, alla ricerca di quelle Rovine che era certa di non aver mai visto prima e tuttavia le apparivano stranamente familiari.
Non aveva chiesto a nessuno di accompagnarla: ancora non si sentiva abbastanza in confidenza con la sua famiglia adottiva per parlarle di quegli strani sogni ed una parte del suo animo preferiva la solitudine al contatto con le altre persone. O almeno questo succedeva prima di aver conosciuto il suo protettore, ricordò, mentre lanciava uno sguardo carico d’affetto al mercenario.
Il suo primo incontro con Ravhen era avvenuto oltre due settimane prima, quando il suo viaggio durava già da dieci giorni.
Con le sue capacità di guaritrice era riuscita a guadagnare abbastanza da pagarsi vitto e alloggio nelle locande per tutta la durata della missione, così non aveva riscontrato alcuna difficoltà in quel primo tratto di cammino. Tuttavia, una volta lasciate le Terre dell’Ovest ed entrata in una zona ben più selvaggia e abitata per la maggior parte da ricercati o mercenari, aveva scoperto quanto pericolosi potessero risultare certi incontri. All’inizio gli uomini con cui incrociava il cammino si erano limitati a guardarla con una curiosità che le aveva dato i brividi e tuttavia avevano proseguito per la loro strada senza fermarsi, ma poi aveva avuto la sventura di incappare in un gruppo di briganti meno misericordiosi dei precedenti.
I tratti delicati del suo volto, i lunghi capelli biondi striati di calde sfumature color miele ed il corpo esile ed aggraziato, coperto da una casta tunica bianca dai bordi azzurrini, erano stati un richiamo troppo forte per quei guerrieri senza alcuna morale. L’avevano aggredita in quattro, certi di poterla sopraffare senza alcun problema, e, incuranti delle sue suppliche, non si erano fatti alcuno scrupolo nel dimostrarle le loro ripugnanti intenzioni.
Un altro mercenario era sopraggiunto all’improvviso, proprio mentre Aryen si era lasciata invadere dal terrore e, stretta tra le crudeli braccia dei suoi aguzzini, aveva cominciato a singhiozzare sommessamente.
Per un istante l’uomo era sembrato deciso a proseguire, ignorando con un annoiato disinteresse l’ennesimo atto di violenza a cui stava assistendo, ma poi l’aveva guardata in volto e tutto era cambiato. Gli occhi castani della ragazza l’avevano incatenato, costretto ad una scelta che prima di allora la sua mente non aveva mai nemmeno contemplato.
In un impulso totalmente irrazionale la sua mano destra si era mossa da sola, trafiggendo l’uomo più vicino, per poi rivolgersi contro i due che la tenevano ferma e strappar loro la vita in due rapidi affondi; l’ultimo aggressore aveva provato a sguainare la spada ed attaccarlo, ma infine era caduto dopo un preciso fendente diretto alla gola.
Appena concluso lo scontro, Ravhen era rimasto immobile, a fissare stupido le sagome morenti accasciate a terra e la propria spada imbrattata di sangue; per la prima volta nella sua vita aveva combattuto per qualcun altro, non per soldi, né per il bottino, ma solo per un paio d’occhi disperati.
Finalmente libera, la ragazza era scoppiata in lacrime di sollievo, abbracciandolo e premendo il volto umido di pianto contro il suo petto, ed il mercenario si era ritrovato a cullarla contro di sé, ad accarezzarle i morbidi capelli profumati di rugiada, a stringere la sua vita sottile come fosse stata una bambina.
Una volta cessati i singhiozzi, Aryen gli aveva parlato dei sogni e delle proprie intenzioni e lui si era offerto di accompagnarla fino alle Rovine di Ghizmor.
Da allora Ravhen era stato il suo protettore, l’uomo che vegliava il suo sonno, la sua unica certezza in quel mondo sconosciuto.
La ragazza sollevò la testa verso di lui, guardando con un sorriso il volto segnato da una cicatrice sulla guancia sinistra, gli occhi grigi privi di qualunque emozione ed i capelli neri lunghi fino alle spalle, raccolti in una coda disordinata, che lasciavano intravedere il pendente a forma di teschio attaccato al lobo dell’orecchio destro.
Il suo fisico asciutto ma muscoloso, che veniva evidenziato da una canottiera sdrucita e stinta dal sole, unito all’aria di guerriero tenebroso ma nobile, doveva renderlo il sogno proibito di molte fanciulle, ma a lei bastava averlo accanto, come una muta presenza portatrice di conforto. E, come sempre le accadeva quando si soffermava a studiare il suo protettore, si sentì quasi rassicurata.

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: bluemary