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Autore: Desperate Housewriter    27/02/2013    8 recensioni
Prova ad immaginarti la scena. Trovi una lettera molto lunga, c'è scritto sopra che è vietato leggerla. Con la coda dell'occhio riesci a leggere questa frase:
"Nascondo un segreto che non ho mai detto a nessuno, ma finchè non lo svelerò sarò rinchiusa qui dentro. Tutti nella vita abbiamo un piano A, come uno B, uno C e come ultimo uno D. Ecco, io sono stata costretta a portare a termine l'ultimo. Ho esagerato. Capisco che è giunto il momento di confessare. Ecco perchè ti sto raccontando tutto questo."
Continueresti a leggerla?
Se decidi di farlo, pian piano scoprirai il motivo per cui Sisi è andata in prigione, o, meglio, perchè ha voluto andare in prigione. Sí, perchè per una serie di problemi ha dovuto cercare di farsi beccare dalla polizia.
Perchè mai avrebbe voluto?
E tu, caro intruso, sei pronto a scioccarti?
"Un giorno tutti mi ameranno. Un giorno tutti verranno da lontano per sentire la mia voce. Un giorno tutti faranno a gara per starmi accanto. Ma non oggi."
Oh, dimenticavo, È ASSOLUTAMENTE VIETATO LEGGERE QUESTA LETTERA.
Genere: Avventura, Generale, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Sognatore è chi trova la sua via alla luce della luna... punito perché vede l'alba prima degli altri. Oscar Wilde


4 Settembre 2012
Sto aspettando che arrivi il mio turno per parlare con la Segretaria, nella cosiddetta Reception. "Chiusa per questioni di Privacy" c'era scritto nella porta. Mamma, essendo segretaria, resta anche lei in segretaria, ma non è aperta al pubblico in entrata. Non è poi così tanto male, dal tono di voce delle ragazze mi era apparso che fossero trascinate in un carcere minorile. È ben pulita ed ordinata, molto grande e spaziosa e in un luogo chiuso. Che cosa mancava? All'ingresso c'era una bandiera d'Inghilterra, con accanto un'altra più piccola dell'America. Che cosa c'entra l'America, mi chiedo? È forse considerata come una sorta di idolo da cui prendere esempio? Mamma dice che sono loro che inquinano più di tutti, sono loro che secondo gli scienziati stanno causando maggiormente il riscaldamento globale , è lì che sono stati compiuti maggiori omicidi. Spero che non vogliano che prendiamo esempio in questo tipo di atti che hanno compiuto.
Ecco, la porta si sta aprendo, finalmente.


<< Il prossimo >> disse la signorina in modo scocciato, forse perchè quella di prima le aveva fatto già perdere molta della sua pazienza.
Entrai cautamente a schiena alta, cercando di mostrarmi perfetta sebbene avessi l'alito pesante, gli occhi gonfi, i sandali consumati e i vestiti poco adatti all'evento. Sembrava che non le importasse, perfortuna. Mi aveva guardato con la coda dell'occhio e poi aveva continuato a lavorare con il computer.
<< Vuoi i compiti per le vacanze? Non credi sia un po' troppo tardi per iniziarli?>>chiese in tono sgarbato passandomi un foglio che riposai subito nel tavolo.
<< No ehm... Ecco... Cioè, è che io volevo, tipo iscrivermi, si può? >>
Sospirò, aprì un cassetto e mi diede un altro foglio.
<< Compila il questionario, perfavore. >>
<< Si, non è che potrebbe darmi una penna, perfavore? >> Questa volta mi guardò intensamente, stranita, abbassandosi i suoi occhiali verde scuro.
<< Puoi compilarlo anche a casa, non serve mica la mia supervisione. Oggi è Domenica e abbiamo dovuto tenere aperto proprio per le mamme che hanno cambiato idea sulla scuola del proprio figlio e, quindi, ho tantissimo da fare, non posso aiutarti. >>
Perchè mai avrei dovuto farlo a casa se poi sarei dovuta tornare indietro per riportarglielo?
<< Oh, stia tranquilla, non mi serve il suo aiuto ma.. Mi conviene restare qui. >>
<< Va bene >>disse sospirando.
Alla fine chiedevano solo il mio nome, l'indirizzo, il Paese e i genitori.

<< Finito, le dissi porgendole il foglio >>
Neanche lo prese << Guarda che devi farlo firmare da un tuo genitore, da chi altri, sennò? >>
<< Ah, avevo.. Credevo.. C'è ho firmato io >>
<< I minorenni non possono firmare mai! >>disse scoppiando in una risata amara.
Poi prese il questionario per cancellare la mia firma. Lo ripassò tutto.
<< Aspetta..>> disse silenziosamente imbarazzata abbassando la schiena < tu sei una clandestina?>>
Me ne ero completamente dimenticata. In quel posto ero considerata come un'intrusa. Stavo compiendo qualcosa di illegale. Come se non bastasse, un altro problema mi era arrivato addosso come un colpo di vento.
<< No, mio padre viene da qui>>
<< Si ma tu sei nata in Inghilterra?>>
<< Certo>> dissi abbassando il capo per non far vedere il mio sguardo. Odiavo mentire, una bugia porta sempre ad altre mille.
<< Ah, ma allora perchè c'è scritto che sei nata in Uganda?>>
<< Ah, no è che.. Pensavo stessi parlando di mia madre. >>Ecco. Era già uscita dalla mia bocca la seconda menzogna.
<< Oh, no. Allora si che ti serviva il mio aiuto eh?>> d'un tratto era diventata più amichevole, che avesse pensato che io avessi avuto dei problemi mentali?
<< Comunque, ora ho corretto. Hai a casa uno dei tuoi due genitori?>>
Oh, come dimenticare. Helen stava infrangendo un'altra legge, l'avermi lasciato senza la vigilanza di un maggiorenne. Dovevo dire un'altra bugia, di nuovo. La terza in pochi minuti.
<< Si, c'è mio padre>>
<< Bene, dovrà pur sapere quanti soldi spende al semestre no?>>
< Soldi?> le chiesi scioccata.
<< Oh, forse non puoi ancora capire. In tutti i colegge bisogna pagare, ma queste sono cose da grandi. >>
Ancora meglio.
Iniziai ad avanzare verso la porta.
<< Ciao cara, ci vediamo domani! >>
Si, certo, come no, ci poteva contare. Una sola visita mi aveva fatto escludere tutte le scuole. E per di più mia madre era una fuorilegge. Tra l'altro mi sembrava incredibilmente strano il fatto che si sia lasciata sfuggire di mano questo.
No, non potevo cedere ai primi ostacoli. Il costo della scuola era di quattrocento sterline al mese. Dovevo prenderne almeno dieci al giorno e sarei riuscita a pagarmi il cibo.
Per quanto riguardava la firma, bastava falsificarla, che ci voleva?
Il mio ragionamento era completamente illogico e sbagliato. Le riporto quello che avevo scritto dopo il mio primo giorno di carriera nel chiedere l'elemosina di fronte ad un supermercato.
Sono stata qui al freddo per piú di quattro ore. Già verso le cinque ho iniziato a battere i denti. Le mie labbra si sono tutte screpolate, ho mal di gola e la mia fronte è caldissima, credo di essermi presa la febbre. Tutto questo per neanche un dollaro. Solo per poche monetine di nessun valore. Mi era arrivato un bel pezzo di carta da cinque dollari, ma poi è scomparso quando mi sono risvegliata dopo il mio piccolo pisolino. È la prima volta che vedo i soldi in vita mia. Me li ero immaginati d'oro, sinceramente. Sono peggio di quello che mi aspettavo. Ho fame e sete, muoio dalla voglia di sedermi a tavola. Per bere non sarà un problema, ma come farò a mangiare? E a dormire? Sono costretta a farlo per terra? Non ci riuscirei, soffro troppo il freddo. La mia pelle è diventata tutta rossa e i miei piedi sono diventati gelidi. Ho sempre avuto le mani, i piedi e il naso freddi, quando ero bambina mi chiamavano "il piccolo cadavere".
Campane. Le mie orecchie riescono a percepire quel rumore che mi mette inquietudine. Da dove arriva quel suono? Certo, dalla chiesa. Ovvio, è Domenica, come dimenticarlo. In vita mia non ho mai mancato una messa e non intendo certo farlo ora. Forse l'unica speranza che mi resta è la preghiera.
Ti lascio, mio piccolo Notebook.

Si rende conto, Mr. Absolute? La mia sola speranza rimanente su cui potevo contare era pregare. Ero disperata, il mio sogno di costruire una vita si era infranto.
Appena entrata nell'edificio santo le mie mani, piedi e naso hanno cominciato a bruciare. Si vede che avevano subito un colpo troppo brusco tra caldo e freddo.
Chiesa Cattolica, c'era scritto in un foglio attaccato alla porta.
Mi sedetti su una panchina e mi tolsi le scarpe, i calzini e iniziai a massaggiarmi i piedi. Non alzai neanche il volto per guardare gli sguardi disgustati della gente. Non mi interessava più il loro giudizio. Tanto, che bella figura ci poteva fare una che per loro era considerata una barbona?
<< Che cosa crede di fare quella zingara?>> sentì sussurrare dietro le spalle.
Secondo Dio, da quello che ho imparato in tutti questi anni, non si deve giudicare il prossimo, tantomeno in una chiesa. Non potevano vedere che certe parti del mio corpo erano viola?
E non le ho detto tutto. Ovviamente, non starò qui a elencarle dettaglio per dettaglio tutta la messa, ma una parte è stata a dir poco interessante.
Una donna sulla quarantina aveva letto una lettera di San Paolo Apostolo e, alla fine, il suo argomento aveva cambiato rotta.
<< Chiedo cortesemente alle persone che sono venute qui non per lo scopo di ascoltare la parola del nostro Signore di lasciare questa Chiesa.>> Inutile dire che il suo commento era riferito a me. Mi aveva guardato intensamente, con un sorriso malvagio. Ma io non mi alzai, perchè avrei dovuto farlo? Perchè una donna bianca me lo aveva imposto? No di certo. Ero venuta lì per pregare e avevo addirittura sopportato quel lungo bruciore per portare a termine il mio compito.
La persona che mi ha sorpreso maggiormente in tutta la mia vita è stato quel prete, Don Diggory. Non me lo dimenticherò mai.
Quando uscirò, sarà la seconda persona che andrò a trovare. La prima l'ha già conosciuta, ma non se la ricorderà sicuramente. Lo scoprirà leggendo più in là.
Ebbene, il Don aveva iniziato a fare domande alla signora di fronte a tutti noi interrompendo la messa.
La sua voce era calma, tranquilla e paziente.
<< Non è cortese fare nomi, Don Diggory>>
<< Joselyn, credo che tu non sia stata cortese comunque. Se la tua paura è offendere la persona accusata... Mi spiace deluderti ma temo che tu lo abbia già fatto.>>
<< Non voglio mettere in imbarazzo nessuno. Io sono una persona per bene.>> Credo che in quel momento nell'edificio l'unica persona imbarazzata fosse lei e me.
<< Suvvia, Joselyn. Ti prometto che non accadrà. É forse la ragazza che è seduta in quartultima fila?>> Cioè io.
Joselyn sospirò e annuì subito dopo. Non riuscivo più a resistere allora mi rimisi le scarpe e feci per andarmene, ma il sacerdote interruppe il mio cammino con la sua voce simile a quella di Robert De Niro.
<< No, non andartene, voglio solo parlarti, come ti chiami?>>
Tutta l' "audience" si era girata per sentirmi parlare.
<< Ecco, io... Sisi>> Di colpo avevo cominciato a tremare, il mio carattere impavido e forte era scomparso ed era rimasto di me solo la debolezza.
<< Sisi, ma che bel nome. Avvicinati pure, Sisi, così riesco meglio a sentirti>>
Guardando il basso mi avvicinai, così nessuno avrebbe potuto leggere il timore nei miei occhi.
Mi mise una mano piena di calore sulla mia spalla tremante insieme al resto del corpo e mi sorrise.
<< Quanti anni hai, Sisi?>>
<< Sedici>>
<< Che bello che è>> disse indicando il mio bracciale di legno con una croce al centro, l'avevo fatto con le mie mani a scuola, quando ero piccola. Forse è l'oggetto a cui tengo di più.
<< Oh, l'ho fatto in Uganda.>>
<< In Uganda eh, interessante>> Non voleva farsi gli affari miei, preferiva che parlassi io di mia volontà della mia vita.
<< Vivo.. vivo lì>>
<< Meraviglioso. Qual buon vento ti porta qui?>>
<< Beh, diciamo che credevo di poter avverare un sogno ma invece ho fallito>> Avevo risposto superficialmente ma, tutto sommato, non mentivo.
<< Mia cara, ricorda, se ci credi veramente puoi fare qualsiasi cosa>>Non ho mai scordato quella frase, è stata quella che mi ha portato sempre avanti.
<< Ebbene, Joselyn, che cosa può aver fatto di male una ragazza come Lei?>>
<< Credo che sia venuta qui solo per riscaldarsi. Insomma, si può notare le sue condizioni da come è ridotta. Dobbiamo portare esempio ai nostri figli.>>
<< Perchè sei venuta qui, Sisi, ricorda, la verità rende liberi. >>
<< Volevo pregare per avere una risposta a delle mie domande>>
<< Ti turba se ti chiedo il motivo per cui ti sia tolta i tuoi sandali, Sisi?>>
<< Ho patito il freddo lì fuori e sentendo questo caldo le mie mani e i miei piedi hanno cominciato a bruciare.>>
<< Joselyn, credo che il cattivo esempio qui lo stia portando tu ai tuoi figli. Non si giudica una persona senza mettersi nei suoi panni. Io credo che l'unica cosa che è venuta a riscaldare Sisi è stato il suo cuore.>>
La donna prese i suoi figli per mano e se ne andò indignata. Il prete scrollò le spalle e sussurrò << Ognuno fa le sue scelte>>
<< Avevo preparato una predica ma.. Credo che questa conversazione che abbiamo avuto con Sisi l'abbia già fatta. Consideriamo questo arrivo come un dono da lassù.>>
Poi si schiarì la voce e disse << Procediamo con il canto di Comunione>>
Il coro della chiesa aveva iniziato a cantare, formato da molte giovani bambine e alcuni uomini che suonavano la tromba. Mi sentivo gli occhi puntati addosso, ma non mi girai. Mi ero scaldata eccome, lì in chiesa, il mio corpo era tutto sudato.
Ecco, un avanzamento di persone si metteva in fila per prendere la particola. Mi unì tra la folla. Forse non dovevo, avevo mentito, avevo commesso un peccato. Ma lo avevo fatto anche per il bene di mia madre. Non mi potevo concedere un breve momento di preghiera?
La particola mi aveva dato un senso di sollievo. Anche perchè quello era il terzo giorno che non mettevo qualcosa di solido in bocca. Ma non mi bastava per sfamarmi. Avevo un incredibile voglia di prenderne un'altra, ma, la Comunione, non si può fare per la seconda volta.
Cominciai a pregare e, sinceramente, Mister Absolute, non mi ricordo bene che cosa gli abbia chiesto. Forse di darmi un aiuto, un'indicazione, un piano... Ne avevo veramente bisogno.
E chiesi perdono.

Perdono per non aver portato rispetto a mia madre e per averla fatta fuggire. Perdono per aver odiato delle persone incontrate in città. Perdono per essermi tolta le scarpe durante la messa. Perdono per essere sempre così sfacciata, testarda ed egoista. Perdono per essere nata da un rapporto fuori dal matrimonio, o, meglio, perdono per essere nata.

Sono queste le cose che avevo sussurrato nella mia mente. Durante la preghiera mi uscì una lacrima, che raccolsi subito con il pollice.
Quei due brevi minuti di silenzio finirono. Un'interruzione brusca l'aveva fatto sparire senza il suo volere, di chi? Di una voce bassa e roca, quella del prete.
Stava elencando gli eventi della giornata. Poi fece il noto segno della croce e ci benedisse.
La gente avanzò lentamente verso l'uscita. Io restai, volevo parlargli. Non sapevo neanche di che cosa, forse desideravo solo sentire ancora la sua voce.
Ed infatti < Che cosa ti turba, Sisi?> mi disse dall'altare, mentre io ero ancora seduta tra le ultime panche.
Quella sua mania di pronunciare sempre il nome del suo interlocutore era adorabile, un gesto molto affettoso, come per dare un segnale di essere disponibile ad aiutare.
< Oh, io non lo so è che...> Lui si avvicinò e si mise accanto a me.
Mi sorrise e mi guardò intensamente, quello sguardo aveva troppo forza sovrumana di amore e dolcezza, non potetti resistere e mi girai. Altre lacrime mi scesero rapidamente. Misi una mano sulla fronte in modo da non fargli vedere che stavo piangendo.
< Piangi, sfogati. Lo sapevi che fa pure bene?> continuò lui, sorridendomi < Non devi vergognarti di farlo, anzi, colui che non piange si dovrebbe vergognare>
Allora smisi di nascondere il volto e mi girai verso di lui, ma non lo guardai, non mi meritavo tutta quella sua dolcezza. Aspettai di sentire la sua voce, ancora una volta, ero sicura che sarebbe stato il primo a parlare.
<< Non sei riuscita a realizzare il tuo sogno, non è vero?>>
Io annuì con la testa ripetitivamente, continuando a piangere, questa volta ancora più forte.
<< Dio ci mette sempre alla prova con degli ostacoli ma se vuoi veramente qualcosa riuscirai a superarli>> Poi mi prese per il mento per farmi alzare la testa < Tu lo vuoi veramente?>
La sua domanda mi rimbombò sulla testa più e più volte, come un eco. Le sue parole rimbalzavano sul mio cervello e mi favevano male. Non riuscivo a trovare una risposta, eppure c'erano solo due opzioni di replica, si e no.
<< Non lo so>> sussurai a fatica, tanto singhiozzavo. Come la tempesta lascia il suo segno con la terra bagnata e il cielo grigio, le mie lacrime avevano lasciato traccia di silenziosi singhiozzi.
Don Diggory voleva da me qualcosa di più di un 'non lo so'. Perciò stette in silenzio e mi guardò ancora negli occhi.
<< Non so se poter affrontare la fatica nel superare l'ostacolo..>>
<< Nessuno ti obbliga>> mi rispose << Non sei tenuta a farlo se non è questo quello che desideri>>
<< Ma ti chiedo una cosa>>continuò lui << rifletti sulla mia domanda, tu lo vuoi veramente?>>
<< Lo farò>> gli promisi. Anche, se forse, quella domanda era più impegnativa dell'ostacolo da superare.
<< Bene, ora mia cara, se non ti turba, vado a cenare. Ci rivedremo, spero.>>
<< Sicuramente>> risposi. *********************************************************************
Finalmente ho smesso di singhiozzare, era cominciato ad essere fastidioso. Questà è la sesta chiesa in cui sono passata. Per prendere la particola, lo so, che non è corretto. Ma avevo fame. Un giorno riuscirò a farmelo perdonare, ne sono sicura. Sono negli scalini dell
Interrotta. Da qualcuno che già conoscevo. Colui che mi aveva dato le indicazioni per la scuola.
<< Che ci fai tu qui? >> gli dissi scocciata.
<< La Santa Chiesa. Il parcogiochi dei buoni. Il posto perfetto per chiedere l'elemosina. >> Mentre mi parlava giocherellava con una monetina splendente lanciandola e riprendendola al volo.
Io sbuffai e mi voltai da un'altra parte fissando il cielo che si scuriva, saranno state almeno le sette di sera. Gli stavo voltando la schiena, ma lui sembrò fregarsene e continuò a parlare.
<< Te lo volevo dire, sai, che la scuola aveva un costo, ma non so che accidenti ti è preso, perchè diavolo sei scappata? >>
<< Non lo so. >>
<< Ragazze di oggi >> disse sbuffando << Dico, non si rendono conto neanche di quello che fanno. >>
<< Che cosa hai progettato? >>
<< Come scusa? >>
<< Che piani hai, dico, non te ne vai dai tuoi? >> Come se tutto fosse così semplice.
<< Non posso. >>
<< No, dico, è che ti dispiacerebbe farti capire ogni tanto? >> Quel tipo era un duro, o, almeno, voleva far sembrare di esserlo. Il suo atteggiamento continuava a cambiare, prima gentile e poi scocciato. E quel suo "dico" che metteva in ogni frase mi ha sempre innervosito.
<< Ehi, Alice Nel Paese Delle Meraviglie, dico, ci sei? >> Spazientito.
<< Mia madre non è qui, mio padre chissà dove. >>
<< Lo posso vedere anche io che i tuoi non sono qui presenti. >> Idiota.
Sbuffai, sembrava facesse apposta a non capire. << Mia madre se ne è tornata in Uganda e mio padre non ha mai avuto il coraggio neanche di sentire la mia voce. >>
<< Chi sei, la ragazza Hulk? No è che dico, solo questa ragione può spiegare perchè tutti scappino da te. >> Buffone
<< Si, molte grazie per il supporto, hai altro da rinfacciarmi?>>
<< Ora che vuoi fare? >> Gentile.
<< Credo tornare da lei. >>
<< Non credo che voglia che tu la insegui se è scappata da te, almeno che giochiate a prendervi. >> Scortese.
<< L'ho mandata io via. >>
<< Con i tuoi denti arguti? >> Spiritoso.
Feci l'offesa ma mi scappò un sorriso.
<< Se vuoi ti presto il cellulare per chiamarla. >> Cortese.
<< Ha rotto il cellulare prima di andersene. >>
<< Certo che sei Miss. Fortunatella. >> Sarcastico.
<< La smetti? >> Ora ero io quella scocciata.
<< Ma scusa, dico, dove diavolo è andata? >> Scocciato.
<< In Uganda, almeno credo. >>
<< E i biglietti se gli è pagati da sola? >>
<< No, prima è andata dalla Polizia per chiedere aiuto a tornare. >>
<< Fallo anche tu no? >>
<< Uhm...>> Gli dissi al posto di ammettere che mi aveva introdotto nella strada giusta. <<É che.. Non so dove sia. >>
<< In questo caso si chiede all'esperto. >> Vanitoso.
<< Saresti tu? >>
<< Hulk, non scherzare su queste cose, io so tutto e me ne vanto. E so anche che dobbiamo fare una lunga passeggiata per arrivarci. >>
Durante il tragitto gli raccontai tutto quello che Le ho scritto finora, in pratica. Di come sono finita a Londra, di come Mamma mi ha abbandonata e del sogno che avevo nel cassetto. Ormai ai suoi sbalzi di umore ci avevo già fatto l'abitudine.
Oh, mi sono scordata di dirLe quanti anni lui avesse avuto! Mi sembra di ricordare ventisette. Ma non sono sicura.
Arrivammo. Una scala stretta portava alla porta della polizia. Invitai il ragazzo ad entrare con lo sguardo.
<< Non ci penso nemmeno. Quel posto è un inferno. Ti aspetto qui. Tu hai un senso dell'orientamento che ti fa perdere anche dentro ad una scatola. >>
Entrai abbastanza intimorita. Si poteva ben notare una scrivania di legno appena entrata. Un uomo paffuto si era chinato per prendere un foglio tra le mani che gli era caduto.
Eri tu. E avevi in mano una mia foto.



Salve amori miei!
Non sapete quanto vi sono grata per tutte le recensioni che mi avete scritto. 41?
Wow! Non ne ho mai avute così tante. Anche in una storia che poi ho abbandonato dopo almeno sedici capitoli sarò arrivata massimo a dieci. Se non meno.
Comunque, per questo capitolo ci ho messo l'anima e l'ho fatto anche più lungo, contente. Vi è sembrato un po' troppo veloce? L'ho fatto leggere ad una mia amica e ha detto di no ma...
Beh, insomma, perfavore abbiate pietà di me anche se ho lasciato un po' di sospeso... Please...
Non faccio ringraziamenti specifici perchè siete diventate tante! ;) Quindi, se hai letto fino a qui, sei meravigliosa. Ah, dimenticavo.. Domanda giornaliera.. Perchè Mr.Absolute aveva una foto di Sisi in mano?
Un bacione e..
Salutatemi Qualcuno
Girl Dude


Gli ostacoli sono quelle cose spaventose che vedi quando togli gli occhi dalla meta. Henry Ford
  
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