Anime & Manga > Tokyo Mew Mew
Segui la storia  |       
Autore: _ALE2_    14/09/2007    1 recensioni
Angel e Ryan...due vite che si intrecciano per volere del destino...un nuovo pericolo minaccia Tokyo...riuscirà l'amore a vincere sul male?
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
 
 
Ryan era stato portato immediatamente all’ospedale più vicino.
I corridoi dell’edificio erano gremiti di uomini e donne, vestiti con il classico camice bianco, e di graziose infermiere che si prodigavano con solerzia per rendere più confortevole la degenza dei diversi pazienti.
L’inconfondibile, ed alquanto persistente, odore di disinfettante colpiva le narici di tutti, ma risultava piuttosto fastidioso per coloro che, non abituati ad esso, sedevano tranquilli nella sala d’attesa.
Tra tutti gli occupanti di quella stanza, sei ragazzine colpivano immediatamente l’occhio, a causa dei colori sgargianti delle divise da cameriera che indossavano.
- IO NON CE LA FACCIO PIÙ!- esclamò la più piccola di loro, vestita d’arancio, agitandosi sul sediolino in plastica- Quando arriva Kyle? Voglio sapere come sta Ryan!-
- Paddy non urlare, sei in un ospedale…- la rimproverò la più bella di loro, vestita di viola- E calmati; Kyle sarà qui a momenti; avrà trovato traffico.
La biondina smise subito di divincolarsi ed, immediatamente, il silenzio ripiombò cupo sul quel gruppetto.
Il pallore diffuso sul viso accomunava tutte quante loro, causato sicuramente dalla tensione e dalla preoccupazione che stavano subendo.
Un singhiozzo soffocato distolse le ragazze dai loro pensieri, facendole voltare verso la fonte di quel rumore angosciato: Strawberry, in un angolo, piangeva sommessamente e, sentendosi gli sguardi delle altre puntati addosso, alzò gli occhi gonfi e lucidi verso di loro.
- Ra- ragazze, scu-scusatemi… non so cosa mi prende è che…
Berry, l’altra biondina del gruppo, non attese nemmeno che l’amica finisse di parlare per stringerla in un abbraccio carico di affetto sperando, con quel gesto, di trasmetterle un po’ di forza.
- Devo co-confessarvi una cosa- continuò la rossa, balbettando- io… non so da quanto, ma mi sono resa conto di…
- … amarlo?- completò Mina con la voce ridotta ad un sussurro che, comunque, risultò ben udibile da tutte.
Strawberry, arrossita in viso sia per il pianto che per l’imbarazzo, annuì flebilmente e le altre sospirarono. 
- Ci dispiace…- confessò Berry, stringendo ancora di più l’abbraccio.
 
 
 
 La rivelazione di Strawberry, pensò Pam, era alquanto ovvia e così la Mew viola decise di rimanere seduta al suo posto, a rimuginare sui pensieri che le affollavano la mente: scoprire che Hunter, la misteriosa eroina che più volte aveva aiutato lei ed il suo gruppo in situazioni critiche, era nient’altri che la nuova cameriera del cafè era un colpo difficilmente digeribile in poche ore.
Assorta nei suoi ragionamenti, non si accorse dell’arrivo di un affascinante moretto di sua conoscenza; fu la sua voce a ridestarla.
- Dov’è? Come sta?- chiese immediatamente il nuovo arrivato, che non faceva nulla per mascherare l’evidente nota di preoccupazione nella voce.
- Non ci hanno detto nulla, occorreva aspettare te…
Il ragazzo, quasi non attendendo risposta, si precipitò nel corridoio immacolato, per ricercare informazioni.
Intercettò un medico che passava li vicino e lo raggiunse all’istante.
- Dottore, mi scusi, mi chiamo Kyle Akasaka e sono il tutore di Ryan Shirogane. Vorrei sapere come sta, a chi posso chiedere sue notizie?- esordì educatamente.
- Ryan Shirogane? Può chiedere a me, è un mio paziente. Sono il dottor Nakamura.- disse, porgendo la mano- Se vogliamo andare, le spiego…- aggiunse, lanciando uno sguardo alle sei ragazze che, nel frattempo, erano sopraggiunte.
- Non si preoccupi per loro, possono ascoltare. Allora, come sta?
- Considerate le condizioni con cui è arrivato qui, direi bene. Abbiamo eseguito una trasfusione e tutti gli esami necessari; adesso è in camera sua, ma non ha ancora ripreso conoscenza…
- E questo è un male?- s’intromise Strawberry, riuscendo a malapena a contenere le lacrime.
Il dottore occhialuto, prima di risponderle, le scoccò un’occhiata stizzita: sembrava piuttosto infastidito dalla presenza delle ragazze.
- Non lo sappiamo ancora: potrebbe essere un fattore irrilevante come potrebbe essere un sintomo di un qualche problema. Se non si sveglia entro 48 ore cominceremo a preoccuparci ma, in ogni caso, siamo ottimisti: a parte la costola rotta, si riprenderà perfettamente.- controllò l’orologio e ricominciò a parlare- Fra mezz’ora potrete fargli visita. Un’ultima cosa: abbiamo avvisato la polizia; due agenti verranno qui non appena il vostro amico si risveglierà, in modo da tracciare un identikit degli assalitori. Adesso, se volete scusarmi, devo andare a controllare alcuni pazienti…
- Si, certo, vada pure…- lo congedò Kyle- e grazie di tutto, dottore.
L’interpellato fece un gesto vago con la mano e se ne andò.
L’atmosfera tra i sette amici di colpo diventò più serena e rilassata: le facce sollevate delle ragazze ne erano una prova tangibile ed Kyle abbozzò addirittura un sorriso.
Solo allora un pensiero balenò nella mente di Pam che, con una scusa, abbandonò le altre alla ricerca di un telefono, mentre Mina, nella felicità generale, fu l’unica ad accorgersi che la modella, quel giorno, era alquanto strana.
 
*
 
- Angy! Ti puoi calmare una buona volta?- sbottò esasperato Maxwell Dashwood, decisamente stanco di vedere sua nipote girare a vuoto per il salotto, borbottando frasi incomprensibili all’orecchio umano.
- Calmarmi? CALMARMI? Come credi che possa farlo?!- l’aggredì la ragazza, interrompendo la sua camminata e voltandosi verso di lui- L’ultima volta che ho visto Ryan era svenuto e coperto di sangue! E adesso non so né dove l’hanno portato e né come sta!
- Lo so, ma calmati… agitarti non ti servirà a nulla.
Rassegnata, Angel si sedette di fianco allo zio sul divano panna, fingendo di vedere un quiz televisivo; in realtà, gli occhi ambrati fissavano il vuoto e la mente, pervasa dalla preoccupazione e dall’agitazione, galoppava lontano, ad un fantomatico letto d’ospedale ed al suo occupante.
Uno squillo di telefono, però, la fece ritornare con i piedi per terra e, senza aspettare che Annah prendesse la chiamata, sollevò la cornetta.
- Pronto?
- Angel? Sono Pam, ho recuperato il tuo numero da un elenco telefonico. Ti chiamo dall’Ospedale di Beika…
- Ospedale?- chiese la ragazza, tentando di simulare una curiosità che non le apparteneva, mentre il cuore le batteva al ritmo di un tamburo.
- Si, Angel, chiamo dall’ospedale e sai benissimo il motivo per il quale sono qui, quindi risparmiati pure la commedia.
Udendo quelle parole, la ragazza strabuzzò gli occhi; un vortice di sentimenti contrastanti cominciò ad agitarsi all’interno del suo petto… gioire per Ryan o preoccuparsi per il suo segreto?
- Come hai fatto?- domandò quasi subito, cercando di mantenere il controllo sulla propria calma.
- È stato un caso: ero tornata nel parco per vedere se Hunter stava bene ed ho assistito alla tua trasformazione…
- Chi altri lo sa?
- Per il momento solo io. Voglio parlare con te, prima di decidere se dirlo alle ragazze o meno… L’orario delle visite sta per iniziare, quindi ti consiglio di sbrigarti. Ti aspetto nell’ingresso.
E, senza aspettare una risposta, Pam riattaccò, lasciando dall’altra parte una Angel completamente confusa, con la cornetta muta in mano.
 
 
 
Abbozzata una frettolosa spiegazione allo zio, evitando accuratamente di rivelargli l’ultima sconcertante notizia, Angel uscì di casa e si diresse rapidamente verso la sua amata Ninja, che aspettava impaziente la sua padrona sotto il sole del vialetto di casa.
La ragazza indossò il casco nero, in tinta con la carrozzeria, mentre si accomodava sul sellino e, con un gesto esperto, fece partire la sua moto, che rombò dolcemente prima di schizzare via veloce come il vento.
Zigzagando abilmente nel traffico cittadino, in meno di dieci minuti arrivò a destinazione; parcheggiò il suo veicolo e si diresse quasi correndo nell’atrio dell’imponente edificio candido che la sovrastava.
Li, trovò immediatamente Pam che, rivolgendole solamente un saluto molto vago, cominciò a camminare.
- Aspetta…- disse Angel, poggiandole una mano sulla spalla.
In tutta risposta, la Mew viola si girò verso di lei ed incatenò il suo sguardo di fredda ametista con quello ambrato della sua interlocutrice.
Nessuna delle due abbassò gli occhi per prima.
- Ne riparleremo dopo, non voglio spiegazioni affrettate… un’unica cosa: quello che c’è tra te e Ryan…- chiese la modella, senza distogliere lo sguardo duro.
- È tutto vero- rispose l’altra semplicemente e continuando a sostenere l’occhiata gelida.
Pam non rispose. Si limitò a riprendere a camminare, ma Angel poté quasi giurare di aver visto i suoi occhi addolcirsi impercettibilmente.
Arrivarono rapidamente nel corridoio della stanza 714, la stanza di Ryan, davanti alla quale un gruppetto di ragazzine aspettava il proprio turno per far visita al paziente; le due non fecero neanche in tempo ad aprir bocca, per rendere nota la propria presenza, che furono aggredite da Mina.
- Perché è qui?- domandò quest’ultima rivolgendosi alla modella ed indicando con un dito, in maniera piuttosto maleducata, la nuova arrivata.
- L’ho chiamata io- rispose tranquillamente l’altra.
- Ti rendi conto che è solo per colpa sua se Ryan è qui?- chiese, ormai furente, la Mew ballerina, silenziosamente sostenuta dalle altre quattro combattenti.
Proprio in quel momento, Kyle uscì dalla camera e, mentre Angel, invitata dal sorridente moretto, si apprestava ad entrarvi, Pam rispose.
- Agli occhi dei cittadini, sarete anche delle grandi eroine, ma per me siete soltanto cinque sciocche ragazzine infantili, capricciose ed egoiste. Provate a passarvi una mano sulla coscienza prima di parlare e poi vedremo se avrete ancora il coraggio di incolpare Angel per tutto quello che gli è successo.
A quelle parole, un silenzio attonito piombò sulle ragazze che, incapaci di rispondere, lasciarono passare la ragazza dai capelli verdi, sconfitte.
 
*
 
Ryan non aveva ancora ripreso conoscenza, quando Angel entrò nella sua camera: il volto, incorniciato dalla sua chioma di fili d’oro, era pallido e parzialmente coperto da una mascherina trasparente, collegata ad un respiratore; il torace, o almeno ciò che si poteva intravedere dalla camicia da notte, era ricoperto da un sapiente bendaggio mentre dalle braccia inermi pendeva il tubicino di una flebo, oramai vuota.
Prepotente come non mai, il senso di colpa si fece largo nella mente e nel cuore di Angel, non appena lo vide in quelle condizioni; con l’umore sotto ai tacchi, si avvicinò al letto e prese posto su di uno sgabello li accanto.
Fissò a lungo il ragazzo, prima di parlare.
- Ryan, guardami: sono talmente tanto fredda da non riuscire nemmeno a piangere. Sono stata una sciocca, un’ingenua: se non avessi abbassato la guardia, quei bastardi sicuramente non ti avrebbero attaccato… avranno percepito la tua energia… Perdonami, Ryan… perdonami non solo perché non sono stata in grado di proteggerti, ma anche perché ti sto nascondendo troppe cose… ma, se adesso ti dicessi tutto, se adesso ti raccontassi la verità, cosa faresti? Sei uno scienziato, dopotutto: studieresti il mio corpo e lo scopriresti… e ho paura della tua reazione, di ciò che potresti fare… adesso svegliati però, mi stai facendo preoccupare, Ryan…-
Il ragazzo non diede alcun segno di aver compreso quelle parole e rimase immobile, Angel sospirò: era stata una stupida a sperare che Ryan si sarebbe svegliato, udendo semplicemente la sua voce. Certe cose succedono solo nei film, pensò e, a malincuore, si diresse verso la porta.
- A-Angel?
Quella voce, così sofferente e stordita, la fece voltare verso il letto.
I suoi occhi stupiti incrociarono quelli semi aperti di Ryan; fu immediatamente avvolta da quel meraviglioso color oceano delle sue iridi ed, in un punto imprecisato del petto, quel gravoso peso, che sentiva fino a pochi istanti prima, si dissolse in un attimo. 
- Ryan…- fu l’unica cosa che riuscì a mormorare, esterrefatta, prima di riavvicinarsi al letto.
- Cos’è successo?- chiese il ragazzo, con uno sguardo confuso.
- Nulla… adesso è tutto a posto, non preoccuparti.
Il ragazzo le regalò un sorriso sincero e meraviglioso ed Angel si sentì un vago pizzicore agli occhi; una lacrima scappò al suo controllo e rotolò rapida sulla guancia.
Si passò una mano sugli occhi, stupita: aveva pianto… dopo tanto tempo era riuscita a piangere di nuovo…
E dopo la prima, altre lacrime cominciarono a rigarle il viso ed Angel si sciolse in un pianto di gioia.
- Ehi, sto bene, non piangere- cercò di rassicurarla il ragazzo, vedendola singhiozzare; lei scosse il capo e gli regalò un umido sorriso, prima di precipitarsi fuori dalla stanza, per chiamare le ragazze ed il dottore.
- Si è svegliato!- disse, finalmente ridendo.
 
*
                                                                                                  
Erano passati oramai due giorni dal risveglio di Ryan ed Angel continuava a passare la maggior parte del suo tempo libero in camera del ragazzo, per tenergli compagnia durante la degenza.
Più volte, durante quei due giorni, aveva incrociato la Mew modella senza rivolgerle altro che un saluto e, tutte le volte che lo faceva, si malediceva mentalmente: odiava avere conti in sospeso con qualcuno e, quello con Pam, era certamente bello grosso. Così, raccolta una buone dose di coraggio e faccia tosta, decise di affrontarla quel giorno stesso; la intercettò nell’atrio ed insieme andarono nel parco dell’ospedale, dove si sedettero su di una panchina ben ombreggiata.
Le raccontò tutto ciò che poteva; le parlò della sua famiglia, di suo padre, dei suoi poteri, della natura di quei mostri che infestavano la città e della sua missione; evitò accuratamente di menzionarle alcuni particolari: non si sentiva ancora pronta a liberarsi di ogni peso con qualcuno; anche il solo raccontare il suo passato a Pam, la faceva sentire fastidiosamente nuda e priva di difese.
E poi voleva che fosse il Ryan il primo a conoscere a fondo tutta la sua storia.
A racconto terminato, Pam parve abbastanza soddisfatta delle informazioni ricevute, ma non promise all’altra di mantenere il segreto con le ragazze, dicendo che si doveva schiarire un po’ le idee.
Angel annuì in silenzio. Era stranamente tranquilla, nonostante il suo segreto fosse ancora in pericolo; aveva come la sensazione, quasi come se glielo suggerisse l’istinto, che quella ragazza non l’avrebbe mai tradita, salvo in casi di estrema necessità.
Si congedarono in fretta; Pam si diresse verso l’uscita, Angel verso la stanza 714.
Bussò due volte, prima di entrare, e sperò che Ryan fosse sveglio; aveva voglia di parlare un po’ con lui, di osservare il suo viso assorto, di ammirare il suo sorriso aprirsi ad una battuta spiritosa…
Cielo, ma dov’è finita l’Angel fredda ed insensibile?- si ritrovò a pensare, mentre un vago rossore le imporporava deliziosamente le guance- Sono diventata una sentimentalona sdolcinata!
Aprì la porta sorridendo e, con un’occhiata al letto, si rese conto che il suo desiderio era stato esaudito fin troppo bene: le lenzuola erano quasi del tutto ricoperte da fogli e da documenti fittamente scritti; sulle ginocchia, il ragazzo aveva appoggiato il computer portatile sul quale stava lavorando alacremente, mentre i suoi occhi si muovevano febbrili, leggendo un qualcosa sullo schermo. Era talmente concentrato che a stento ricambiò il saluto di Angel, mentre lei, un po’ delusa, si sedeva sullo sgabello al suo fianco.
- Come va oggi?- chiese, cercando di instaurare un dialogo.
Ryan impiegò un po’ di tempo prima di rispondere; finì di leggere un documento e, finalmente, alzò gli occhi verso la ragazza.
- A parte la costola rotta,- e fece una smorfia, portandosi una mano sull’addome- va tutto bene… mi sto riprendendo alla perfezione- concluse tutto contento, prima di rivolgere nuovamente la sua attenzione al computer.
Una vena ballerina cominciò a spuntare sulla fronte di Angel; con un profondo respiro, però, fece appello a tutta la sua pazienza per mantenere un certo autocontrollo sulla rabbia, che ormai le cominciava pericolosamente a ribollire.
- Beh… meno male.- sibilò, vagamente sarcastica- A cosa stai lavorando?- aggiunse poi, tentando di ripristinare il tono neutro nella voce, che non coincideva con il suo umore.
- Sto cercando di capire qualcosa su quei mostri… devono avere anche loro un punto debole!- sbottò il biondino, senza staccare gli occhi di dosso allo schermo luminoso.
- Ma sei ancora convalescente, non dovresti ricominciare già a lavorare…
- Lo so, ma sono l’unico che può scoprire qualcosa.- rispose seccamente Ryan.
La ragazza fece un altro profondo respiro.
Calma, comincia a contare… uno, due…
- Quando ti ho visto steso su questo letto, mi sono sentita male… - iniziò a dire dolcemente.
- Purtroppo, sono cose che succedono.- concluse lui con un irritante tono spiccio- Non è né la prima e né sarà l’ultima volta.
-  Ma tu non sei come loro Ryan!- esplose finalmente Angel- Loro possono combattere, ma tu sei normale! Non hai poteri particolari! Sei un semplice uomo!
- E allora cosa dovrei fare? Rimanere in disparte, mentre le ragazze rischiano la vita? Io devo aiutarle! Lavorerò notte e giorno, rimarrò rinchiuso dentro al mio laboratorio finché…
Ma Angel non lo ascoltava più.
Per un momento, la faccia furente di Ryan si offuscò, come il resto della camera; i suoi occhi d’oro osservavano una scena a lei fin troppo familiare: un uomo, alto ed imponente, era appoggiato allo stipite di una porta, mentre litigava furiosamente con una donna minuta di fisico, ma forte di carattere, che gesticolava animatamente.
Suo padre e sua madre, che litigavano… non ricordava nient’altro di loro, oramai.
Chiuse, riaprì gli occhi e la scena cambiò: suo padre si era rinchiuso nella stanza, sbattendo la porta a cui si era appoggiato prima, mentre sua madre piangeva, tossiva e piangeva e lei guardava quella maledetta porta con odio, quasi come se fosse la sua peggior nemica.
Quella, era la porta del laboratorio… la causa di tutto… delle furibonde litigate, della malattia della mamma, della morte di suo padre…
Angel trasalì e ritornò alla realtà.
Non fece neanche in tempo a rendersene conto, che il suo braccio scattò e la sua mano colpì il viso di Ryan.
In quel momento, nella stanza piombò un silenzio gelido e palpabile, carico di rabbia mista ad incredulità; il suono sferzante dello schiaffo rimbombò tra quelle quattro mura quasi come fosse un colpo di pistola.
Il biondo spalancò gli occhi azzurri e fissò il pavimento con sguardo vacuo, mentre con una mano si toccava la guancia offesa; lei, invece, non diede alcun segno di rimorso e guardò il ragazzo con gli occhi ridotti a due fessure fiammeggianti.
- E le persone che si preoccupano per te? A loro non pensi? SEI SOLO UN EGOISTA! UN EGOISTA, PAZZO E MEGALOMANE PROPRIO COME LUI!
E, ignorando apertamente i farfugliamenti di Ryan, scappò via dalla stanza, sbattendo rumorosamente la porta.
 
*
 
Dopo quella sfuriata, Angel non si fece né vedere né sentire e, confinato dentro quelle quattro mura intonacate, Ryan ne avvertiva la mancanza ogni giorno di più.
Non che fosse solo; Kyle e le Mew Mew, infatti, si erano organizzati in modo da tenergli compagnia una volta a testa, ma era come se una parte della sua anima fosse uscita da quella porta assieme alla ragazza.
Era la prima volta che Ryan provava quella sensazione; era la prima volta che gli mancava davvero qualcuno, dalla scomparsa dei suoi genitori.
Quanto desiderava vederla, ascoltare la sua voce melodiosa, perdersi nell’oro splendente delle sue iridi, parlare con lei, chiederle scusa…
Era la prima volta che, nella sua vita, Ryan Shirogane si sentiva in dovere di chiedere scusa a qualcuno.
Cominciò ad essere impaziente, quasi nervoso, come un animale in gabbia: voleva tornare a casa, al café, alla sua vita di sempre e, finalmente, tre giorni dopo il suo desiderio fu esaudito.
Arrivò davanti alla struttura rosa a bordo della sua auto sportiva, premurosamente scortato da Kyle; ad attenderlo nel vialetto, sei ragazze in divisa esibivano sorrisi gioiosi. Ryan rivolse loro uno sguardo rapido: rossa, blu, verde, giallo e arancio… mancava il fucsia, il colore che stava aspettando di vedere da quel fatidico schiaffo e che adesso agognava più di ogni altra cosa al mondo.
Che fine aveva fatto Angel?
- Si è licenziata due giorni fa- disse Kyle improvvisamente, quasi leggendogli nel pensiero.
A quelle parole, qualcosa all’interno del biondino si spezzò: se Angel se n’era andata, significava che non voleva più vederli e questo portava all’unica conclusione che…
- … non vuole avere più niente a che fare con me.-
 
*
 
Strawberry aveva finalmente ritrovato un po’ di buon umore: la ricomparsa di Ryan nel café era un ottimo motivo per ricominciare a lavorare con il sorriso sulle labbra.
E se poi si contava anche il fatto che Angel non si faceva vedere nel locale da una settimana buona, c’era da stare felici e contenti come pasque.
Finalmente era ritornata la normalità al café Mew Mew: Kyle preparava sempre ottimi dolci, Ryan, dopo averle perdonate, lavorava senza sosta alla ricerca di un modo per sconfiggere quei mostri e loro e le Mew Mew, erano le uniche cameriere del locale… nessuna nota stonata, solo la vecchia e tranquilla vita di sempre…
Questo, almeno, era ciò che si vedeva all’apparenza: in realtà il biondino non riusciva più a lavorare; non dormiva neanche più, nella speranza di riuscire a concentrarsi meglio la notte, ma ogni mattina si ritrovava punto e a capo, con la testa fra le nuvole e senza aver concluso niente.
Ovviamente, questo alle ragazze veniva celato, ma che il biondino si aggirasse spesso senza metà nel locale, durante la giornata, era un fatto nuovo anche per loro.
Ne discussero ampiamente in un momento di pausa del locale.
- Ragazze, avete notato anche voi che Ryan è, come dire, strano ultimamente?- chiese Lory, mentre prendeva posto su di una sedia.
- Non è che ce l’ha ancora con noi?- domandò a sua volta Berry, ansiosa.
- No, non credo… è come se fosse distratto da qualcosa o, forse, da qualcuno…- ipotizzò pensierosa Mina, sedendosi su una sedia accanto alla Mew focena.
- Non ti riferirai mica ad Angel?
- E perché no? Ormai è da una settimana che non si fa più viva… o è malata oppure…
- Credi che abbiano litigato?- mormorò Strawberry che, improvvisamente interessata al discorso, smise di raccogliere le stoviglie sporche dai tavolini.
- In effetti, potrebbe essere… e, a giudicare dalla reazione, direi che è stato un litigio piuttosto pesante…- rispose Lory, soprappensiero.
- Tanto meglio, ce ne siamo sbarazzate in fretta direi…- concluse Mina, pratica.
- Possibile che ogni momento è buono per non lavorare? Il locale è aperto e non possiamo pensarci solo io e Strawberry! Al lavoro, forza!- il rimprovero di Pam fece scattare tutte le ragazze in piedi e subito ognuna si concentrò sul proprio ruolo.
Strawberry, però, era distratta.
- Se è vero che hanno litigato, è la mia occasione!- pensò, mentre serviva una meringa ad una studentessa liceale- Basta! Ho deciso! Stasera gli confesserò tutto!
 
 
 
Dello strano comportamento del biondino, ovviamente, non se n’erano accorte solo le ragazze.
Il moretto pasticciere, infatti, vegliava da giorni sul suo protetto e, nonostante non lo desse a vedere, era piuttosto preoccupato per lui. Lo fissò sottecchi: Ryan era seduto al tavolo della cucina con un’aria smunta e depressa, mentre gli occhi zaffiro, spenti e vuoti, fissavano una tazza di the, oramai fredda, che giaceva sul tavolo.
Non poteva continuare così: doveva intervenire.
- Guarda che per quanto tu possa fissarla, la tazza non ti parlerà mai.
Ryan trasalì: evidentemente era perso nei suoi pensieri.
- Beh… tentar non nuoce- abbozzò.
Kyle sorrise e prese posto accanto a lui.
- Almeno hai ripreso a parlare, credevo ti fossi dimenticato come si faceva. Allora, si può sapere cos’hai?
- Non lo so, Kyle… non ci capisco più niente.- disse lui, alzando lo sguardo.
- Parlarne ti aiuterà a schiarirti le idee…
- Si tratta di Angel…- cominciò, con un sospiro.
- Avete litigato?
- E tu come lo sai?- domandò sorpreso il biondino.
- Chiamalo sesto senso…- rispose sorridendo il più grande, vagamente ricambiato dall’altro- Che è successo?
Ryan gli raccontò del litigio per filo e per segno. Alla fine, trasse un sospiro di sollievo: si sentiva improvvisamente più leggero.
- Beh… non mi sembra tanto grave… ma chi è “lui”?
- Non lo so, ma ho fatto qualcosa che glielo ricorda…
- Non conoscerò bene Angel quanto te, ma credo che le dovresti parlare.- cominciò Kyle, alzandosi- Il suo licenziamento, probabilmente, è stata una mossa avventata causata da un momento di profonda rabbia e, per lo schiaffo, credo che fosse solo preoccupata per te e ha esagerato un po’… Chiamala; è la cosa giusta da fare.
- Si, hai ragione, sono stato uno stupido a non pensarci io! Devo chiamarla, altrimenti non risolverò niente!
A quelle parole, Kyle scoppiò a ridere.
- Ma guardati! Sei innamorato cotto!
- E allora? Mica è la prima volta…- rispose secco il biondo, guardando l’altro torvo.
- Questa è la prima volta che ci tieni veramente…- rispose il moretto, ritornando serio.
- Cioè?- gli chiese, spiazzato.
- Capirai…- rispose l’altro, vago- e chiamala!
Obbedendo al consiglio di Kyle, Ryan si diresse verso il telefono, alzò la cornetta e compose il numero di casa di Angel.
Si presentò ad una voce femminile ed aspettò paziente che all’altro capo della cornetta rispondesse una voce a lui molto familiare.
- Ryan?-
Nell’udire quella domanda, il cuore del biondino ebbe un tuffo… da quanto tempo non sentiva quella voce?
- Ciao…- riuscì a dire semplicemente.
- Ciao...- fu l’identica risposta della ragazza.
Tra di loro, ci fu una pausa dettata dall’imbarazzo. Fu Ryan a parlare di nuovo per primo.
- Ehm… senti Angel, mi dispiace molto per quello che è successo l’altra volta… non avrei dovuto, ma cerca di capirmi: io devo continuare a lavorare; ne va della sicurezza del mondo.
Lei rimase per un altro momento in silenzio: quelle parole l’avevano riportata indietro ad un altro flashback. Ryan e suo padre erano davvero simili.
- Io non dovevo schiaffeggiarti in quel modo, Ryan, sono mortificata…
- Lascia perdere, non è importante. Ti devo parlare, ma non lo voglio fare per telefono… puoi passare al café appena vuoi?
- D’accordo. Potrei venire li adesso, le ragazze chiuderanno tra un po’. Per te va bene?
- Si, nessun problema.
- Allora a dopo…
- Angel?
- Si?
- In questi ultimi giorni, non ho fatto altro che pensarti…
La ragazza arrossì e ringraziò il fatto che erano al telefono e che il biondino non poteva vedere l’effetto delle sue parole.
- Anche io…- mormorò.
- Allora a dopo…
- A dopo…
E riattaccarono.
Il cuore di Ryan batteva talmente forte da minacciarlo di uscire dal petto.
Ti aspetto, amore mio…
 
*
 
Dopo un’estenuante giornata lavorativa, era giunto finalmente l’orario di chiusura.
Le ragazze si erano divise i compiti, per ottimizzare il lavoro, e a Strawberry era toccato spazzare il vialetto.
Era un incarico piuttosto automatico da svolgere, così la Mew rosa ebbe tutto il tempo che voleva per riflettere sui mille interrogativi e dubbi che le affollavano la mente.
Ormai era decisa: doveva confessare il suo amore a Ryan. Non riusciva quasi più a trattenersi quando lo vedeva e Mark era diventato soltanto un peso inutile. Il problema era riuscire a trovare un momento adatto per parlare al biondino, senza sembrare invadente o inopportuna.
Quella sera, la fortuna le diede una mano; Ryan, infatti, era appena uscito fuori dal locale e, da quanto la ragazza poté intuire, era piuttosto di buon umore.
- Ciao, Strawberry- esordì, esibendo un sincero sorriso.
 La rossa si girò di scatto, trovandoselo vicinissimo. Non riuscì a fare a meno di arrossire, appena lo vide.
Ryan era cresciuto molto, da quando si erano conosciuti: il viso acerbo aveva assunto dei tratti più maschili, che lo rendevano senz’altro più affascinante, mentre il corpo si era allungato notevolmente ed ispessito di muscoli. In altre parole, Ryan era diventato più adulto e decisamente più attraente.
- Ehm… ciao Ryan. Stai uscendo?- domandò con la faccia in fiamme.
- Prendo solo una boccata d’aria. Se hai finito e se ti va, puoi venire con me.
- Perché no?- e detto questo, la rossa appoggiò la scopa al muro e lo seguì.
Camminarono vicini e silenziosi, raggiungendo velocemente il parco.
- Allora…- esordì Ryan, fermandosi nell’ingresso del giardino- cosa c’è che non va, Strawberry?
- Eh?- riuscì a dire la ragazza, mentre il cuore le mancava un battito.
- Ultimamente sei… come dire… depressa, meno vitale del solito, ecco.
Strawberry arrossì ancora di più. Era quello il momento che aspettava.
- Io, io mi sono resa conto di una cosa…
- Ed è tanto grave da farti smettere di sorridere?- chiese il biondino gentilmente, avvicinandosi.
La rossa non rispose; si limitò ad abbassare il capo e a cominciare a singhiozzare silenziosamente, mentre Ryan le si avvicinava ancora di più. Le sollevò il mento con una mano e la ragazza incrociò il suo sguardo. Era davvero bellissimo.
- Ehi, ti prego dimmi qualcosa, mi fai preoccupare…- insistette Ryan, dolcemente.
- È che io…- cominciò lei tra i singhiozzi- BASTA! Devo dirglielo!
E, non aspettando una risposta o un qualsiasi altro cenno, la ragazza si alzò sulla punta dei piedi, chiuse gli occhi e poggiò le sue labbra su quelle morbide e vellutate del ragazzo.
Il biondino rimase impalato, con gli occhi spalancati dalla sorpresa e la mente completamente svuotata da ogni minimo ragionamento logico.
- Ryan, io… io ti amo.- soffiò lei dolcemente.
Quelle parole, da lui tanto bramate neanche un anno prima, risultarono affilate e sgradevoli; gli unici pensieri che riusciva a formulare erano indirizzati alla ragazza che doveva incontrare di li a poco.
- Ryan, ti prego, rispondimi…
- Strawberry… io…- cominciò a balbettare il ragazzo, ancora turbato.
Lei capì: ormai, per lei ed il suo amore, non c’era più posto nel cuore di Ryan. Le lacrime le ricominciarono a scendere copiose dagli occhi.
Ryan la strinse a sé in un fortissimo abbraccio.
 - Cerca di capirmi… Angel…
Il solo sentir pronunciare quel nome fu, per la rossa, doloroso come una pugnalata. Si strinse ancora di più al petto forte del ragazzo.
- I-io ti continuerò ad amare, Ryan. Ormai non posso più soffocare questo sentimento…- e detto questo, si rimpossessò delle labbra dell’americano un’altra volta.
Un’ultima volta.
- Scusami- mormorò il ragazzo e si scostò.
Un tonfo sordo fece voltare entrambi.
Ryan fece appena in tempo ad intravedere una figura nell’ombra che fuggì subito.
Un brillo smeraldino della chioma dello sconosciuto, gli fece gelare il sangue nelle vene.
-Angel?
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 

 

 

 
Ciao a tutti!
Come al solito, ci scusiamo per l’immenso ritardo che dovete sopportare, ma tra l’estate e la pubblicazione di altre fan fiction, non abbiamo avuto un momento di tempo!
Speriamo di essere perdonate con questo nuovo capitolo… ormai siamo quasi alla fine! ^__^
Ringraziamo tutti coloro che ci leggono ed, in particolare, quelli che ci commentano!
Ci vediamo alla prossima!
 Baci Ale&Ale
Ah, come al solito… commentate, commentate e commentate! XD

 

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Tokyo Mew Mew / Vai alla pagina dell'autore: _ALE2_