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Autore: white mirror    27/02/2013    2 recensioni
"Nome!" dice diretta.
"A dire il vero non lo so.."
"Ma come!?! Non sai il suo nome??"
"Non quello vero.." sottolineo.
"Quindi sai un nome falso...? Scusa ma come si è presentato??"
" Ha detto di chiamarsi Manet, Edouard Manet" sospiro.
In una Parigi misteriosa Alessia cerca di combattere gli amari scherzi del destino.
Genere: Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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  salve miei cari lettori!!

mi scuso per aver impiegato così tanto tempo, ma la storia stava prendendo forma...
spero che questo capitolo sia di vostro gradimento! aspetto con ansia una vostra recensione !

buona lettura!
 










David Green
 
Alessia è corsa via.. E io non l'ho fermata.. Forse perché sembrava sotto shock.. E probabilmente lo era...
..in fondo ..... Io sono un mostro...un assassino.
Afferro il cellulare dalla tasca posteriore dei pantaloni e, dopo aver preso un bel respiro, digito il numero.

Suona a vuoto.

Aspetto.

 
"Pronto tesoro! " risponde con quella sua voce profonda ma altrettanto melodiosa.

"..Ho rovinato tutto.."

"Che cosa é successo??" domanda preoccupata.

"Ho appena detto alla donna che amo di come ho ucciso un uomo a sangue freddo e di come scappato all'estero per non finire in prigione.."

"Ottimo! .. Aspetta .. La donna che Amo...? "

" .. E lei mi ha chiesto di scomparire dalla sua vita.."

"Si va di bene in meglio.." Commenta in tono sarcastico.

"E poi è scappata.."

"Basta?"

"Beh sì, mi sembra abbastanza .. Non credi? Io mi chiedo..
perché non me ne va dritta una? .. Sono un disastro; dico sempre la cosa sbagliata, al momento sbagliato, nel luogo sbagliato e alla persona sbagliata.."

"David.. Non ti crucciare, vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole e più non dimandare."

"Dante! Divina commedia, inferno , III canto, versi 94-96"

"Bravo!"

"Grazie, ma non mi aiuta.."

"Hakuna Matata"

"Dalle stelle alle stalle.."

"Non ti preoccupare David, alla fine si risolverà tutto..io lo so!"

"Tu dici?"

"Sì, vedrai.. Lasciale la mattinata per rifletterci sopra e poi valla a trovare a lavoro.. Chiedile un opportunità"

"Hai ragione bisogna pensare positivo! 
Ehm.. Grazie Nicole"

"Di nulla figliolo.."
 
 
Alessia Ferrari
 
Con il cuore in gola raggiungo di corsa la porta del mio appartamento, infilo la chiave nella serratura e prego perché Martina sia in casa.

Sfortunatamente le mie aspettative si infrangono non appena metto piede in salotto; le stanze buie e silenziose sembrano quasi inghiottite dalle tenebre. Un memo arancione evidenziatore é attaccato sullo sportello del frigo: " Stanotte rimango da Veronique. Torno domani mattina. Non finire tutto il gelato al cioccolato che c'è nel frizer. Ti voglio Bene Martina."

Stremata e confusa mi appropinquo verso la camera da letto; apro il cassetto del comodino, mando giù con un po' di acqua un farmaco in compressa per facilitare il sonno e mi sdraio sperando di riuscire ad addormentarmi il più presto possibile.
 
A svegliarmi è la voce squillante di radio Paris che, come ogni mattina, parte alle 8.00 con un sobrio e tranquillo.." BONJOUR A TOUT LE MONDE!!!! Pappa para parappapara ..." E così via.

In preda al nervoso scaravento contro il muro, senza alcuna pietà, quella piccola scatola parlante , riducendola in un ammasso rottami di plastica.
 Dopo aver tentato, con scarsi risultati, di tornare nel mondo dei sogni ( assai più gradevole di quello reale) mi tiro su dal letto e mi dirigo verso il bagno, spaventata e inorridita di dover affrontare un altra giornata simile a quelle passate.

Un ora e sono pronta, lavata e vestita di tutto punto; recupero la borsa da giorno, afferro gli occhiali da vista e, con passo deciso, mi dirigo verso l'unico posto in cui posso trovare un po' di pace. 
Il Jules Verne Café.
 
Il Jules Verne Café è un piccolo bar lungo la Senna, frequentato quasi unicamente dagli amanti della letteratura. La particolarità del posto è data dalle pareti, lungo le quali si ergono fino al soffitto enormi librerie dell'Ottocento colme di classici e non. 
I tavolini e le sedie in legno colorato precedono l'ampio bancone di vetro dietro al quale Maurice, il proprietario, gestisce la zona alimentari.

Il nome del café venne deciso dalla moglie del proprietario, che era in possesso di un autografo de 'Il giro del mondo in 80 giorni'. Ora il libro viene esposto ai clienti del bar dietro una teca, all'interno di un mappamondo.
 
"Buongiorno Alessia! Da quanto tempo!" Esclama Maurice non appena mi vede comparire dalla porta.

"Buongiorno !"

"Cosa ti posso offrire per stuzzicare il tuo appetito e il tuo intelletto letterario?"
 
"Sogno di una notte di mezza estate e ... un cappuccino e…una brioche grazie"

"Arrivano subito!"

Mi siedo al mio solito tavolo e aspetto il mio libro. 
La luce mattutina si fa strada, faticosamente tra i vetri delle finestre accanto all'entrata principale. I libri, ordinatamente disposti negli scaffali, osservano i clienti, in attesa che qualcheduno li prenda con se al tavolino.

Nell'aria l'odore di caffè e pagine antiche.
Il fruscio dei fogli, nel silenzio più completo, accompagna in sottofondo la lettura di tutti i presenti. La calma e la tranquillità dominano sovrane.

"Ecco qua! Un cappuccino, una brioche.. E sogno di una notte di mezza estate.. Il grande Shakespeare non passa mai di moda.." Commenta Maurice dopo aver appoggiato tutto sul tavolo.

"Grazie , quant'è ?" Domando tirando fuori il portafoglio.

"Baaaahhhh!!! Figurati se ti faccio pagare!! "

"Ma.. Maurice.. "

"Niente MA...! Sono io il proprietario... E se dico che non devi pagare nulla... Tu non paghi nulla!" Risponde sorridendo.

"Grazie.."
Mentre Maurice si allontana, dirigendosi verso il bancone, noto che nel tavolo di fronte a me un uomo di mezza età mi fissa con insistenza.

"Mi scusi, ha bisogno di qualcosa?" Domando gentilmente.

L'uomo dai capelli bianchi non proferisce parola, impassibile nella sua immobilità.

"Ehm.. Mi.. mi scusi?"

"Sí?" Risponde.

"Ha.. ha bisogno di qualcosa?"

"No, no..."

"Ehm.. Potrebbe allora smetterà di fissarmi..?? Perfavore"

"Oh, mi scusi.. È che stavo provando a decifrarla.."

"Stava provando a far cosa??"

"Lacourt! Non mettere a disagio Alessia! Decifra i tuoi alunni, non i miei clienti!"

"Oh Maurice, come siamo scontrosi oggi, eh? Ci siamo svegliati con la luna storta?"

""Alunni?" Domando cercando di seguire la conversazione.

"Sí, alunni! Sono professore di psicologia alla scuola S.Froid di Versailles"

"Ah.. Ecco perché.."

"Sí ecco perché la fissavo. Oggi dovrei tenere una lezione sul rapporto tra comportamento e psiche.. Quindi stavo analizzando le sue reazioni e i suoi movimenti."

"Mmmmm...e che cosa ha capito?"

"Eh eh eh non molto credo.."

"Spari" dico incuriosita.

"Ok, come vuole lei.. Allora.. Non è parigina, si è trasferita qualche anno fa e vive con una persona a lei cara che però non è un parente. Ama il suo lavoro anche se non è quello che ha sempre sognato. Qualcosa la preoccupa; non crede che tutto quello che le sta accade sia reale. Il suo cuore è diviso tra due uomini: uno le da quella stabilità e sicurezza emotiva che stava cercando da tempo; l'altro invece riesce a farle vivere quel genere di avventura che la fa sentire viva. 
Sono entrambe persone valide ma lei non riesce ad aprire il suo cuore perché ancora spaventata da un fantasma del passato.
Ehmmm ... giusto?"
Il mio mutismo lo preoccupa.
"Mi dispiace, non dovevo.."

"No, no va tutto bene" dico ancora un po' sotto shock ".. Come hai fatto?"

"L'ho analizzata, ho osservato le sue scelte e i suoi gesti e ..ho tratto le mie conclusioni"

"Impressionante"

"Se mi posso permettere... vorrei che mi aiutasse per un esperimento.. Che forse potrebbe chiarirle un po' le idee ..."

"Va bene, cosa devo fare?"

"Praticamente nulla, deve solo chiudere gli occhi e di volta in volta far comparire nella sua mente le immagini delle parole che le dico.. Ok?"

"Ok" rispondo serrando le palpebre " inizi pure"

"Ok vorrei che visualizzasse la sua casa"

"Poi?"

"Ora la tour Eiffel"

"Ok"

"Il suo posto di lavoro. Sua madre. Suo padre . Suo cugino e .. ..... L'uomo che ama." Dice concludendo l'elenco.

Io rimango zitta nel buio della mia mente domandandomi se la persona comparsa nella mia testa sia davvero quella giusta.

"Oh mio Dio come è tardi !!" Esclama Lacourt riportandomi psicologicamente al café " devo correre, altrimenti non arriverò in tempo per la lezione! Alessia è stato un vero piacere chiacchierare con lei! Spero di rivederla presto! " dice alzandosi dalla sedia e dirigendosi di gran carriera verso l'uscita.

"Arrivederci" sussurrò mentre la porta si chiude alle sue spalle.
 
 
Con immensa gioia arrivano le 14.00 e con esse anche i miei 'colleghi di lavoro'.

Tutti sembrano aver cominciato la giornata con il piede giusto: Julienne saltella da un armadietto all'altro rinfacciandomi la sua serata di sesso sfrenato con un tipo conosciuto al bar la notte prima; Lukas,a torso nudo, canticchia alcune canzoni dei Queen battendo il tempo con i piedi; Antonio non si stacca dal cellulare, in attesa di una chiamata dalla sua adorata mammina che lo dovrebbe venire a trovare nei prossimi giorni mentre Pierre, già tutto tirato a lucido, sfoggia felicemente il suo nuovo Rolex, regalo di papà per il compleanno.

L'euforia generale,che stava appestando tutti i camerini, viene improvvisamente smorzata dall'apparizione del direttore che ci esorta a strisciare il badge e prepararsi al cambio di guardia.

L'ampia sala dei pittori italiani, si presenta gremita di gente, tutti si urtano e si spostano freneticamente cercando di osservare al meglio le opere. Fiori, bandierine e bacchette di ogni tipo, tenute alte dalle guide dei numerosi gruppi turistici, si aggirano con passo da bersagliere cercando di evitare di creare ingorghi.
Fortunatamente il caos creatosi nella galleria mi impedisce di preoccuparmi di altro che non sia il mio lavoro; e, per un felice attimo, mi dimentico tutti quei dubbi, tutti quei problemi legati al nome di David Green.

Questo breve secondo di stabilità psico-emotiva termina non appena intravedo ciò che aveva turbato i miei pensieri fino a quel momento. 
Il panico mi sorprende non lasciandomi la possibilità di reagire.
 La colazione comincia a risalire velocemente lungo le pareti del mio esofago, con la stessa determinazione di un alpinista.
Con falsa prontezza afferro il walkie talkie e comunico al capo della sicurezza di non sentirmi bene e di mandare il prima possibile un sostituto che prenda il mio posto.

Qualche minuto dopo una biondona con un tailleur nero e una perfetta messa in piega è pronta per darmi il cambio, ma ormai è troppo tardi; Quegli occhi azzurri si posano su di me con insistenza cercando di decifrare il mio sguardo.

Barcollando mi dirigo verso una delle uscite di sicurezza, cercando di passare inosservata, ma inutilmente.

La maniglia antipanico è a pochi metri da me.
Solo qualche altro passo e sono libera.
 Libera da questo posto soffocante, da questi ricordi dolorosi, da queste folli idee che mi occupano la mente sopprimendo il buon senso e la mia lucidità emotiva.

Ormai sono arrivata, afferro la maniglia e spalanco l'imponente porta di metallo, unica mia via di uscita.

Sopraffatta più dal male psicologico, che dal male fisico, mi accascio sul corrimano delle scale antincendio, inspirando a pieni polmoni tutto l'ossigeno presente in modo tale da risvegliare i miei neuroni apparentemente morti.
 Per alcuni interminabili attimi rimango immobile; aspetto.
 Mi sento veramente a mio agio, in questa falsa solitudine; nulla fuori dall'ordinario può disturbare i miei pensieri, se non...
 
"Ale, va tutto bene?" La sua voce profonda, venuta a sopraggiungere in un momento così delicato, ha lo stesso effetto di una mazza da baseball diritta alla nuca.

"No!" Rispondo secca tentando di tirarmi su dal corrimano mentre la massiccia porta si chiude alle sue spalle.

"Cosa hai? Mal di stomaco? Mal di testa?"

"No ,nulla di tutto questo.."

"Hai bisogno che ti porti all'ospedale o che ti sia un passaggio a casa?"

"No! David! Voglio stare sola!"

"Ma Ale non stai bene.. Permettimi di.."

"No! Ho detto che ho bisogno di stare sola! Non l'hai ancora capito!"

"Non posso lasciarti sola! Non in queste condizioni!"

"Avevi promesso!"

"Le promesse non contano nulla se uno rischia di lasciarci le penne! non fare la bambina!"

"Lasciami sola!" Grido cercando di trattenere il più possibile le lacrime.

"Non posso vederti così! ..Andiamo!" 
Senza ripensarci mi afferra il polso e mi tira con se lungo le scale antincendio.

"Lasciami!!"gli urlo da dietro senza ottenere alcun risultato.
"Lasciami ho detto!!!!" Dico sfilando dalla sua presa la mia mano.

"Ale, ti prego"
 
"Vattene" 

"Ale..."

"Vattene!!!" Ripeto a gran voce, ....poco prima di perdere i sensi e cascare a terra.
 
 
 
Una leggera brezza mi accarezza la pelle fuori dalle coperte, svegliandomi. Le palpebre ancora un po' affaticate si aprono con estrema cautela, sperando in una buona visione.

La sveglia lampeggia.
 
" ...mmmm.. Le 21:30..?? Ma che diavolo...".
Mi interrompo all'istante.
Poco distante dal letto, sulla sedia di legno appoggiata al muro, dorme Louis.
 La mia testa si affolla di domande inutili come: cosa ci fa in camera mia? Come è entrato? Cosa è successo?
Confusa e ancora un po' febbricitante mi tiro su dal letto. Una busta di ghiaccio, ormai sciolto, mi scivola dalla fronte non appena mi metto a sedere.
Lo osservo senza fare rumore.
Il silenzio viene interrotto unicamente dai suoi respiri profondi che con un impeccabile frequenza fanno vibrare le piccole ciocche di capelli cadute sul viso.

È bellissimo; Nella sua semplicità, pur indossando solamente un paio di jeans e una camicia bianca, è veramente bello.
Un silenzioso tremito e una luce proveniente dal comodino mi avvisa che mi è appena arrivato un messaggio; Decido quindi di provare ad alzarmi dal letto tentando di non disturbare quel povero santo.

Sfortunatamente i miei buoni propositi vanno a carte quarantotto.

"Sei sveglia..." Dice sorridendo mentre si stira le braccia e si sistema quelle poche ciocche in disordine.

"Ehm.. Si... Mi spiace averti svegliato"
 
"No, non ti preoccupare. Come ti senti?"

"Bene, o almeno credo..."

"Sai, mi sono veramente spaventato quando mi ha chiamato Martina.. Ha detto che stavi malissimo e che aveva bisogno di aiuto..appena me lo ha detto ho infilato la giacca e sono venuto di corsa... Era sconvolta... Ha subito chiamato il suo capo e ha chiesto di poter essere sostituita al lavoro... Ma lui le ha detto di no.... Insomma.. Ha detto che l'avrebbe licenziata se non si fosse presentata... Quindi mi ha lasciato il compito, e l'onore, di prendermi cura di te.."

"Quindi mi hai messo tu a letto, la sacca con il ghiaccio...?" 
Annuisce.

"Quando sei arrivato non ero in pijama vero?"

"No..."
 
"Me lo hai messo tu?"
 
"Yes...."
 
Sento le mie guance andare in fiamme al ricordo della biancheria che ho scelto di mettermi stamattina.

"Non ti preoccupare.." Dice accennando un sorriso " anche io ho le mutande con i panda.."
.
A questa risposta non riesco proprio a trattenermi e scoppio in una fragorosa risata.

"Vedo che ti senti meglio.." Commenta scherzoso con aria un po' indispettita.

"Scusa" dico asciugandomi le lacrime.

"Ti va.. Di mangiare qualcosa? Posso cucinare qualunque cosa tu voglia.."

"C'è solo una cosa che potrebbe aiutarmi a stare meglio, in questo momento.."

"Dimmi.."

"Un bacio di Venere".
“Ai suoi ordini Madame” conclude dirigendosi verso la cucina con aria soddisfatta.
 
Dopo aver sistemato i capelli, raggiungo Louis e mi posiziono su uno sgabello accanto ai fornelli. Continuo a guardarlo mentre, con la stessa precisione di un chimico, aggiunge ingrediente su ingrediente.
“Voilà” dice posando poco dopo il piatto con dolce di fronte a me.
“Merci”  rispondo impugnando il cucchiaino con forza, pronta per degustare quello che potrebbe essere definito il Santo Graal della pasticceria.
“ Sai che quando cucini .. ti brillano gli occhi?” aggiungo tra un boccone e l’altro.
Louis sorride “ e tu sai che non ho mai visto nessuno mangiare un mio dolce con tanta voracità..??”
“è BUONO!”
“Sarà anche buono…ma..” dice avvicinandosi “ ti sei sporcata tutta la faccia di crema di gianduia…”.
“Oddio! Dove??”
 “Qui…” mi risponde pulendomi con un tovagliolino di carta tutto il viso.
“Grazie……..sembro una bambina, ho bisogno di essere accudita e controllata…… neanche avessi dieci anni..”
“A me piace prendermi cura di te!”
“Eh .. immagino..” commento sarcasticamente.
“Vorrei… poter prendermi cura di te …tutti i giorni..”.
Prima che riesca a dire altro le labbra di Louis hanno già trovato le mie.
Le sue mani si spostano sul mio corpo, quasi avidamente, provocandomi una magnifica sensazione.
Io a mia volta cerco i bottoni della camicia; li apro ad uno ad uno in modo maldestro, troppo presa dai numerosi baci dello chef.
Non sono sicura di ciò che sto facendo. Non lo so, e non ci voglio pensare.
Stanotte desidero affidarmi al mio istinto. Così facendo, mi alzo dallo sgabello e trascino Louis sul divano. In meno di dieci secondi il pijama è scomparso. Quando si sfila i jeans però non riesco a trattenermi; cerco di soffocare il tutto in una innocente risatina. Non ho mai visto un uomo con i boxer coi Panda!
“Non ridere ti prego..” commenta lui, rosso in viso.
“Allora era vero!!”
“Io non ti dico bugie” dice tirandomi a sé e riprendendo da dove si era interrotto. “Ale…io…io ti amo”.
Il mio cuore mi dice di fermarmi e di chiedere spiegazioni ma i miei neuroni, probabilmente troppo indaffarati a recuperare l’ossigeno perduto, non me lo permettono. Le spalline del mio reggiseno scivolano velocemente lungo le mie braccia. Le sue labbra percorrono ogni parte del mio corpo fino all’ombelico. Il mio cuore batte all’impazzata senza alcuna regolarità.
Uno dei più bei momenti della mia vita… se non fosse stato per quel maledetto campanello.
“Louis..aspetta…” devo dire mio malgrado “ hanno suonato..”
“Martina?”
“No…dovrebbe avere le chiavi….uff.. chi è che viene a suonare a casa mia alle 22.45?? Un cafone! Ecco chi!...” commento infastidita mentre mi rinfilo il pijama e mi dirigo verso la porta di ingresso.
“Magari è qualcuno che si è sbagliato..”
“Spero per lui che non sia così..” dico aprendo la porta.
Il sangue che prima circolava con la tessa velocità di un treno in corsa, mi si blocca nelle vene. Il respiro sempre più corto e le gambe sempre più deboli.
Non avrei mai pensato di rivederlo. Non volevo rivederlo. Ma la situazione chiaramente non me lo permetteva.
“Ciao Alessia!”
“C..C…Ciao…..J..Jan!” 

  
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