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Autore: Jo Lupo    28/02/2013    3 recensioni
«Adesso i gatti sono tre!» Avete mai provato a fare amicizia con un vicino, fallendo miseramente nel tentativo? Non vi siete mai chiesti perchè non abbiano voluto parlare con voi? Cosa nascondono? Magari un segreto...
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Rientrò in casa, stando attento come al solito a non far scappare il gatto. Martino era già sulla porta del soggiorno, pronto per aiutarlo a mettere via la spesa, ma lui era troppo agitato per pensare a sciocchezze come non far scongelare i piselli nel soggiorno: aveva uno scoop!
Non riuscì neanche a togliersi il cappotto. Doveva condividere tutto prima di dimenticarsi i particolari più piccoli.
«Shhhhh!!!!»
«E chi ha parlato? Ma cos’hai??» Martino, d’istinto, aveva iniziato a parlare sottovoce anche lui, come se qualcuno potesse sentirli.
«Adesso te lo dico, ma non dobbiamo farci sentire! Oddio che news! Ho uno scooppone!»
Certo che quando si infervora così inizia a parlare come una checca isterica. Enzo Miccio gli fa ‘na pippa! «Dimmi!»
«Allora, senti qua: ho parcheggiato fuori, perché poi devo riuscire, no?» Raffa stava continuando a bisbigliare. Evidentemente si era immedesimato nel personaggio “spia supersegreta del KGB”. Era un miracolo che ancora non avesse iniziato a parlare in codice.
«Eh..» perché doveva partire dalle calende greche? Martino si stava incuriosendo e iniziava a non vedere la fine del racconto.
«Allora sono lì con le mie buste e sto camminando lungo la strada, quando da una macchina parcheggiata subito dopo l’incrocio scende una ragazza e viene nella mia direzione. Io la guardavo e pensavo: va’ a finire che viene proprio nel condominio. Ma non avevo mai visto quell’auto parcheggiata nei dintorni e non avevo mai visto lei: bionda, capelli lunghi e ondulati. No, aspetta, non bionda bionda. Un castano chiaro con le meches, ma di quelle fatte bene, non come un’attrice di B-movies. Naturale, sembrava quasi... tigrata, non so se mi spiego.
Insomma, arrivo al cancello e lei è proprio dietro di me. Allora le chiedo se deve entrare e lei fa sì, poi la precedo alla porta, la apro, mi giro a sorriderle e lei mi fa: “grazie”. Quindi prendo le scale, per capire dove va e lei mi segue. Arrivato davanti al portone, armeggio un po’ con le chiavi e sento che lei è andata di sopra e ha aperto un portone! Cioè, aveva la chiavi, capisci?? Magari è amica della tizia dei gatti, quella strana che è scappata! Forse lei non c’è e questa va a dare da mangiare ai gatti!»
«O magari vivono insieme» Martino si era stufato di parlare sottovoce. Di sicuro la vicina matta non aveva installato delle microspie nell’appartamento.
«Oddio! Non ci avevo pensato! Ma allora come mai non abbiamo mai visto la sua macchina qui intorno? E perché la parcheggia così lontano e non vicino alla tua?»
«Forse perché sono fatti suoi? Perché ti sto immaginando mentre le aliti contro al finestrino per cercare di vedere cosa c’è in macchina?»
«Ma smettila! Non lo farei mai! Non in pieno giorno almeno… L’ho già detto che devo fare più attenzione alle macchine parcheggiate qui fuori?»
«Non negli ultimi dieci minuti…»
«Ma tu non capisci! Io devo capire!! Siamo quattro gatti in questo condominio! Mi sembra assurdo che non sappiamo neanche di chi abita al piano di sopra!»
«Per la precisione, al momento siamo una decina di umani, tre gatti e tre cani… »
«Oddio! Ma come faccio io con uno così pignolo!! Almeno potresti sfruttare in meglio questa pignoleria e aiutarmi a spiar… ehm…  conoscere meglio i vicini»
«Già! Senti, te la butto lì: ma se adesso mi aiuti a sistemare la spesa?»

Hedda fece l’ultima rampa di scale attenta a non farsi prendere dalla fretta di raggiungere l’appartamento. Non era proprio il caso di incuriosire ulteriormente il ragazzo, anche se molto probabilmente era solo una coincidenza  il fatto che stesse armeggiando così con le chiavi. Forse davvero non stava trovando quella giusta. Sì, sicuramente si stava già facendo condizionare da Cat, anche a distanza. Quando era costretta dagli impegni di lavoro a stare fuori casa, diventava schizzata e ipersospettosa. Ok, lo era già, ma in quei casi esagerava, quindi meglio non dirle niente. Soprattutto questa volta in cui doveva star via ben cinque giorni.
Entrò nell’appartamento e richiuse la porta con tutti i giri di chiave.
« È permesso? Ragazzi, tutto ok?»
Il suono smorzato delle fusa dei gemelli la raggiunse fino dalla camera da letto.
«Eccomi finalmente! Lo so che ci ho messo tanto, scusatemi! Comunque ora sono qui, pronta a farvi compagnia per cinque luuuunghi giorni!»
Si stava già sbottonando la camicetta, quando notò un biglietto sul frigo:

“Per Hedda!!! Per favore, leggi prima di trasformarti!!!
Ciao, bella! Grazie ancora per l’enorme favore! Trovi i numeri di emergenza nella mail che ti ho mandato stamattina. Puoi usare il tablet, l’ho lasciato qui perché non mi serviva. Lo so che sono una rompiballe, ma per favore, state attenti a non farvi notare troppo e controlla di aver chiuso le finestre prima di trasformarti. Lo sai che ho sempre paura dei vicini impiccioni. E attenta a quelli del piano di sotto!!
Un bacio
Cat
P.S.: e di’ ai ragazzi di non fare troppo casino, per favore. Tutti pensano che ci sia solo io, con due gatti. So che te l’ho già detto, scusa. E chiudi sempre il lucernaio con il lucchetto! Anzi, forse è meglio se proprio non lo apri… scusa, ti ho già detto anche questo.
P.P.S.: lo so che queste cose le sapevi già. Magari il biglietto neanche te lo metto…”

Hedda si fermò un attimo a ridacchiare pensando a Cat. Era sempre così: si fidava, ma l’ansia le faceva scrivere lunghissimi biglietti di raccomandazioni. Come se non si fossero sentite almeno dieci volte negli ultimi tre giorni. La faceva ridere il tono del biglietto, perché come al solito si percepiva che Cat aveva cercato di trattenersi, con scarsissimi risultati.
Pensandoci meglio, l’idea di mandarla a casa sua non era stata una precauzione esagerata: l’esperienza le aveva insegnato che una donna sconosciuta in un condominio, specie se piccolo, desta sì curiosità, ma almeno non viene guardata con quel misto di sospetto e paura che incute un uomo. O forse stavano diventando entrambe matte a furia di nascondersi da tutto e da tutti, tanto da non riuscire più a distinguere un pericolo da una scemata?
Ad ogni modo, le faceva piacere passare qualche giorno con i ragazzi e dal suono che continuava a sentire dalla camera, sembrava che neanche a loro dispiacesse.
«Ok ok! Arrivo!» disse mentre finalmente si liberava dei vestiti.

Tre giorni dopo suonò il campanello.
Chi diavolo può essere? Cat dovrebbe tornare dopodomani e di sicuro non mi farebbe prendere un infarto suonando!
Si erano addormentati tutti e tre sul letto e Hedda era ancora intontita. Decise di lasciar perdere e fingere che in casa non ci fosse nessuno. Fuori era praticamente buio e non poteva essere di sicuro il postino, o un corriere. Non si accorse che erano rimasti in due.
Cinque minuti dopo, suonò il campanello del portone.
Ma che cazzo! Com’è possibile che siano saliti? Se becco quello che lascia la porta di sotto aperta per far uscire il suo stupido cane, lo strozzo!
Mentre si trasformava, le cadde lo sguardo sul letto, dove Fedelmid si era appena svegliato. Da solo.
Oddio! Angus! Dov’è finito!!
Il campanello suonò un’altra volta.
Hedda e Fed si guardarono, il terrore iniziava ad essere palpabile. Che diavolo stava succedendo? E dov’era Angus?
Intanto, alla porta avevano iniziato a bussare.
Hedda stava cercando di vestirsi più in fretta che poteva, quando si accorse che anche Fed si era trasformato e si stava infilando un vecchio paio di jeans.
«Che diavolo stai facendo?? Tu non dovresti farti mai vedere da nessuno qui! Non sognarti di andare alla porta!»
«Se vai tu, vengo anche io. E poi che fine ha fatto Angus? Dai, liquidiamo l’intruso e poi cerchiamo di capire dove si è cacciato. Quando fa così mi fa veramente incazzare! Avevi chiuso il lucernaio? Vedrai che è andato a correre dietro alla gatta dei vicini!»
Bussarono ancora. Finalmente, raggiunsero la porta. Hedda aprì mentre un ragazzo ricciolino dai capelli scuri stava per bussare una terza volta. Aveva ancora il pugno a mezz’aria quando iniziò a parlare.
«Ciao… Scusate se vi ho disturbato… mi dispiace… di sotto hanno trovato un gatto nero, non molto grande: è vostro?»
«Ah, sì, sì, grazie»
«Ok, ciao allora. E scusatemi ancora... per il disturbo»
Appena chiusa la porta, Fed scoppiò a ridere.
«Te l’avevo detto io! Quella baldracca lo chiama sempre dal giardino!»
Hedda si sentiva mancare.
«Questa a Cat non la racconto manco sotto tortura! Almeno non era lo stesso che ho incrociato io l’altro giorno, quello che mi squadrava. Ancora un po’ e gli davo una fotografia! Adesso mi sente quello! Vado a recuperarlo, ma tu per favore, resta qui! »

«Una bionda e un ragazzo moro? La bionda dev’essere quella che ho visto l’altro giorno, ma il tipo? Sei sicuro di aver visto bene? Sicuro che non fosse una ragazza rossa? Magari non l’hai vista bene… forse è rimasta indietro, un po’ nascosta?»
«Ma ti dico che si sono affacciati tutti e due! So distinguere un ragazzo da una ragazza! Cavolo, che vergogna! Non la finivo più di scusarmi: mi sa che li ho beccati mentre erano a letto!»




Note
Non era previsto un secondo capitolo per questa storia,  ma visto che il destino riserva strani incontri, soprattutto in condominio, eccolo qua. Quindi, la vita vera continua a far da musa ispiratrice, seppur in misura minore.
Una piccola spiegazione per i nuovi nomi che compaiono qui:
Raffa, il compagno di Martino. Nel primo capitolo non scrivo mai il suo nome, ma nelle note spiego che una delle sue caratteristiche viene da una mia convinzione, quindi ho scelto Raffaele, perché è il nome che avrei avuto se fossi nata maschio.
Hedda. I capelli della ragazza mi ricordano molto il manto del Norvegese delle Foreste quindi ho cercato un nome norvegese che potesse piacermi. Conoscevo una Edda, le ho voluto bene e il suo nome mi è sempre piaciuto, quindi la scelta è stata ovvia.
Angus e Fedelmid sono nomi irlandesi. Visto che Cat ha i capelli rossi, ho pensato di dare loro una provenienza comune. Angus mi piaceva e basta (valore aggiunto: AC/DC e ho detto tutto), mentre Fedelmid si pronuncia Felim (adesso sembra molto più scontato, non è vero?)
Ringrazio tantissimo Vannagio per il betaggio al volo e l’incoraggiamento: sei veramente taaaaanto paziente!
Grazie anche a tutti quelli che hanno letto fino a qui, spero che vi siate divertiti!
Un grossissimo ronfmiao a tutti quanti!
JoL
   
 
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