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Autore: gorgosprizzi    01/03/2013    5 recensioni
Louis, in quel momento, stava bene.
Stava bene nel senso che le sue condizioni fisiche gli impedivano di ricordare i momenti dolorosi, che lo dilaniavano dall’interno provocandogli un tale stato di stordimento da sembrar quasi irreale, da fargli credere che la sua intera vita fosse un incubo, un brutto sogno dal quale si sarebbe svegliato a breve.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Buonasera a tutti!
Eccomi –di già- con il primo capitolo di questa long, purtroppo scrivere mi diverte davvero e oggi mi sono occupata di questo mio nuovo hobby piuttosto che fare i miei compiti, applausi per me! Spero di non deludere le persone che hanno apprezzato il prologo; un grazie enorme, ma enorme davvero va di nuovo a @maaacith che ha betato il capitolo e mi ha suggerito di correggere altre varie schifezzuole. Buona lettura, se vi va lasciatemi una recensione (anche piccola piccola) con scritto che ne pensate, perché come ho già scritto prima del prologo sono solo agli inizi e mi piacerebbe sapere cosa devo migliorare.
Ele


Capitolo I



Louis non riusciva a smettere di ridere. Lo sconosciuto –bellissimo- continuava a fissarlo con gli occhi spalancati e lui continuava a sganasciarsi dalle risate, il viso ormai di un’accesa sfumatura di rosso e le lacrime agli occhi. “dai, tirati su” gli disse il ragazzo allungandogli una mano –enorme, notò- per aiutarlo ad alzarsi, e proprio non poteva dire di no a quella sottospecie di divinità, così la afferrò con un’espressione abbastanza ebete a decoragli il suo bel viso. Non appena fu in piedi non riuscì proprio a resistere, la possibilità di non farlo non la prese nemmeno in considerazione, la marijuana in circolo nel suo corpo e la bellezza di quel ragazzo erano decisamente troppe, così sì alzò sulle punte dei piedi e lo baciò a stampo sulle labbra. Quest’ultimo, ovviamente, si scostò con un “ma che cazzo stai facendo?” e Louis ricominciò a ridere. Solo dopo vari minuti duranti i quali Louis proprio non riusciva a smettere mentre lo sconosciuto lo fissava stante con le braccia incrociate sul petto e il viso corrucciato, Louis si calmò, rendendosi conto della figuraccia appena fatta e borbottando quindi un “scusa, amico” poco convincente e il ragazzo rispose, con grandissima sorpresa di Louis, sorridendo. “non preoccuparti, è evidente che tu non sia in pieno possesso delle tue facoltà mentali. Cosa ne dici di tornare a casa tua?” alla parola casa Louis rabbrividì e la sua espressione allegra si tramutò velocemente in una spiazzata; “ehi, non volevo turbarti, va tutto bene. Posso aiutarti in qualche maniera? Hai bisogno di un passaggio?” Louis è un ragazzo fortunato, lo ha sempre saputo. Si è ridotto in pessime condizioni fumando marijuana tutto da solo, si è ritrovato disteso in mezzo ad una strada per un motivo che non gli è ancora ben chiaro e, al posto che finire investito da un'auto, ha incontrato uno splendido ragazzo che gli ha offerto un passaggio dopo che lui si è comportato da psicotico con lui, baciandolo con foga subito dopo che questo lo ha cortesemente aiutato ad alzarsi in piedi. A questo punto venne sfiorato dal pensiero che avrebbe potuto trattarsi di un pazzo maniaco, per che altro motivo starebbe altrimenti facendo il gentile con lui? Se avesse accettato il passaggio, pensò, avrebbe potuto violentarlo e poi ucciderlo lasciando il suo cadavere a marcire in un bosco o in una valle fino a quando i vermi non lo avrebbero divorato per intero. Peccato solo che era troppo bello per meritarsi una risposta negativa da Louis così “te ne sarei eternamente grato”, rispose; il ragazzo sorrise e “bene, posso avere l’onore di conoscere il tuo nome, ragazzo-fumato-fino-al-cervello-che-bacia-altri-ragazzi-completamente-sconosciuti?” questa sottospecie di nomignolo lo fece arrossire ma blaterò un “Louis. Mi chiamo Louis.” “io sono Harry. Adesso sali in macchina, per l’amor del Cielo, e dimmi dove ti devo portare”. Harry gli stava già simpatico.

-

Come era possibile trovarsi così a proprio agio con una persona conosciuta da.. dieci minuti? Il viaggio in macchina fu tranquillo, nessuno dei due riuscì a stare zitto mezzo secondo e passarono gran parte del tempo a ridere e scherzare. A Louis sembrava di essere in paradiso, non si era mai trovato così bene insieme ad una persona. I minuti però passarono e Harry arrivò esattamente dove Louis gli aveva indicato in precedenza, davanti ad un piccolo cottage inglese nella cittadina di Doncaster; i due ragazzi adesso si trovavano, per la primissima volta, in un imbarazzante silenzio, pronti al congedo. Probabilmente le loro menti furono attraversate dallo stesso pensiero, “non lo vedrai mai più”, perché le loro teste si girarono quasi in contemporanea a guardare l’altro e presto le loro labbra si incontrarono a scambiarsi un bacio umido e prepotente, come se quello fosse stato l’obbiettivo di una vita intera. Una mano di Louis, dopo solo pochi secondi l’inizio del bacio, premeva forte dietro al collo di Harry e l’altra invece si aggrappava alla sua maglia, per tirarselo il più vicino possibile, come se non lo volesse lasciare mai, e Harry semplicemente lo lasciava fare, voleva lasciarlo fare, e in cambio le sue mani accarezzavano Louis delicatamente sulla schiena e i capelli. Nessuno dei due aveva mai scambiato un bacio così intenso e passionale, malgrado entrambi avessero già fatto più volte sesso con mooolte persone diverse.

Purtroppo quel momento non durò per sempre; Louis si levò il giacchetto leggero di jeans e lo lanciò nei sedili posteriori dell’auto, voleva altro, aveva bisogno d’altro, ma Harry fu come colto all’improvviso dalla consapevolezza che aveva una vita al di fuori di quella macchina e –per quanto contrario a ciò che la ragione gli stesse suggerendo- non poteva dare a Louis quello che avrebbe voluto. “Louis, fermo, scusascusascusa, non posso, basta così” Louis rimase immobile, aveva bisogno di un attimo di tempo per realizzare quello che l’altro ragazzo gli aveva appena comunicato.“non devi scusarti, ho esagerato, lo so, è meglio che levi immediatamente il disturbo e grazie ancora per il passaggio” il suo tono era freddo, deluso e sbrigativo, non era mai stato abituato a ricevere rifiuti, né da ragazze (anche se aveva ormai capito di non essere minimamente interessato al sesso femminile) né da ragazzi, andiamo, chi avrebbe mai potuto rifiutare un sedere come il suo?
Aprì lo sportello, fece per andarsene quando Harry “aspetta!” lo richiamò, ma lui “non ti devi scusare, sono stato uno stupido a comportarmi così con te senza nemmeno chiederti cosa tu volessi” rispose, si girò e gli schioccò un ultimo bacio, questa volta sulla guancia, poi se ne andò.
Harry, dopo che Louis fu sceso dalla macchina, chiuse gli occhi e prese un respiro profondo, poi li riaprì e partì sgommando diretto a casa sua, con il cazzo ancora duro nei pantaloni.
Louis, invece, si sdraiò nel giardinetto della casa di suo nonno, non poteva di certo suonargli al campanello a quell’ora di notte e nelle condizioni in cui si trovava. Fortunatamente anche a Londra nel mese di agosto non faceva tanto freddo nemmeno di notte, così si addormentò quasi subito, fatto, deluso e di nuovo triste.


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“Louis! Per l’amor del Cielo!” Louis si risvegliò con la voce preoccupata di suo nonno Keith e le sue mani addosso a scuoterlo per svegliarlo. “ciao, nonno” furono le sue prime parole quella mattina, pronunciate ancora ad occhi chiusi, con la voce stanca e impastata dal sonno “che ore sono?” “maledetto ragazzo, ti fai trovare addormentato nel mio prato alle 7,30 del mattino e tutto ciò che mi dici è ‘che ore sono’? Cosa diavolo ci fai qui?!” “è mattina, Keith, non urlare per favore, ho sonno” detto questo cercò perlomeno di mettersi seduto, non smettendo un secondo di sfregarsi gli occhi stanchi “sono arrivato qui stanotte ma non ho suonato perché non volevo disturbarti. Devo chiederti un grosso favore, ho litigato con mamma e papà e non mi vogliono nei dintorni, per ora. Va bene se rimango da te per un po’?” suo nonno sospirò e borbottò tra sé stesso “mio nipote è pazzo”, poi diretto a Louis “certo che puoi, non penserai mica che ti lasci in mezzo alla strada! Ed è forse meglio che io non sappia il motivo per il quale tu hai litigato con la tua famiglia. Adesso entra in casa, dai, ti faccio un tè per colazione” Louis borbottò un “forse è meglio che tu non lo sappia”, che Keith non sentì a causa del suo udito debole. Louis si rifiutò di fare colazione e se ne andò invece a dormire in quella che era stata la cameretta di suo papà da piccolo.

-

Quando Louis aprì gli occhi per la seconda volta quella mattina la sveglia sul comodino segnava le 13,37. Nell’aria c’era un intenso profumo di lasagne, uno dei suoi piatti italiani preferiti, che suo nonno usava sempre cucinargli quando era piccolo. Suo nonno. Era un santo quell’uomo, Louis ne era convinto. Sì alzò dal letto e si incamminò verso la cucina, ora che ci pensava aveva davvero fame non avendo nemmeno soddisfatto quella chimica causatogli dalle canne la sera prima. Quando lesse il biglietto che gli aveva lasciato Keith sul tavolo della cucina “sei un nipote leggermente fuori di testa, ma ti voglio bene. Mi hai fatto spaventare davvero tanto. Ti ho cucinato le lasagne, so che ti piacciono, se quando ti svegli hai fame mangiale. Mi dispiace di non essere in casa ma sono ad accompagnare la signora Margaret a farsi fare la pedicure. Ti voglio bene, Keith” ebbe la conferma che suo nonno era un santo. Decisamente un angelo sceso dal cielo, pensò con un sorriso. La sua allegria mattutina però svanì presto: la sua immagine riflessa allo specchio aveva un succhiotto enorme sul collo, che gli riportò in mente quel meraviglioso ragazzo. Un’altra volta Louis si era comportato da madornale idiota: era riuscito a farsi scappare per sempre l’unica cosa che riuscisse a farlo stare bene che non fosse erba o droga, Harry. Anche mentre si godeva appieno il suo piatto preferito non poteva fare a meno che pensare “sei uno stupido, stupido stupido stupido stupido stupido stupido” all’infinito, ma non era questo a farlo star male, sapeva già di essere uno stupido. Quello che lo faceva stare male era la consapevolezza che probabilmente non avrebbe più rivisto quegli splendidi occhi verdi, quei riccioli scomposti e quelle magnifiche fossette che si formavano puntualmente ogni qual volta Harry sorridesse.
  
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