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Autore: Dante_Chan    02/03/2013    1 recensioni
Questa storia parla di due ragazzini. Di un metallaro allevatore di ratti (o un allevatore di ratti metallaro?) che si innamora irrimediabilmente di un truzzo un po' particolare. La trama...beh, in realtà la scopro scrivendo, ma in generale il primo incontra il secondo, rimane colpito e tenta di ritrovarlo. Seghe mentali comprese nel prezzo :3
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questo capitolo è corto fino alla vergogna é_è ma quello dopo sarà più lungo, yup ùoù



«E quindi ecco. È una situazione di merda e io sono un idiota.».
«Io ti avevo detto che forse era meglio se tornavi a casa…».
Era ricreazione; Trunks e Dante stavano seduti sopra ad un bancone. Il più giovane aveva spiegato nuovamente la propria situazione, questa volta all’amico, che forse sarebbe stato in grado di dargli consigli un po’ meno metafisici di quello che gli aveva dato il ratto. A Trunks si poteva parlare di ogni cosa, non si scandalizzava di niente e sapeva mettere gli altri a proprio agio; Dante gli raccontava sempre tutto, ma proprio tutto, anche le cose che faticava a discutere con se stesso. Era un ragazzo molto saggio nonostante i suoi soli diciassette anni e riusciva a dare sempre validi consigli e ottime motivazioni.
«Cosa mi sta succedendo, Trunks?».
«Oh, sono solo gli ormoni che iniziato a lavorare. All’inizio fa paura, ma presto ti ci abituerai, tranquillo, e ti piacerà pure.».
«No, no, ormoni un cavolo! Non può piacermi un truzzo!!».
Trunks sospirò. «I sogni non significano mai ciò che sembra palese, hanno sempre significati che bisogna cercare. Ma, certamente, un sogno simile credo stia ad indicare un forte legame, o un bisogno di attenzione da parte della persona sognata. Se è vero che quel ragazzino ti ha sconvolto l’idea che avevi del tamarro medio –oh, Dante! Mica uno è scemo solo perché va in discoteca! Anche le persone normali ci vanno!-, magari sta a sottolineare proprio questo sconvolgimento. Ma devi capirlo tu, amico mio. Hai sentito una qualche attrazione fisica quando l’hai visto?».
«Non mi si è nemmeno avvicinato, come faccio a dirlo?».  Abbassò gli occhi, pensieroso. «Però, le sue mani…».
«Mh? Cosa?».
«No, niente.». Dante si coprì la faccia portandosi il colletto del maglione fin sopra il naso, imbarazzato.
«No, dai, dimmi! Non ho sentito. Cos’hai detto?».
«Le sue mani…mi piaceva come muoveva le mani.» disse, con la voce soffocata dal vestito.
«Sì? Come le muoveva? Non c’ho fatto caso.».
«Non saprei dire…». Fece per ripetere la gestualità, ma si fermò subito. «Un po’ teatrale, tipo. Comunque...non è solo questo…non è tanto il sogno, nel senso…quello è un sogno e basta, non significa niente…ma perché sento di doverlo rivedere?».
«Ti ha colpito, è normale che tu voglia saperne di più su di lui. Non ci trovo nulla di strano.».
La campanella di fine ricreazione suonò, assordandoli: era proprio sopra la loro testa.
«Quindi non mi piace. Mi ha solo colpito perché mi sembra una persona interessante, ecco tutto! Grazie, ora mi sento un po’ meglio.».
«Mai dire mai…non credo che comunque sia normale avere una fissazione simile per qualcuno che hai visto una sola volta, eheh!».
«In ogni caso, voglio conoscerlo.» disse Dante saltando giù dal bancone, seguito da Trunks. «Voglio tornare alla discoteca, sabato. Prima o poi dovrei trovarlo, no?».
«Mah, non credo sia facile trovare qualcuno fra tutta quella gente, è una delle discoteche più affollate. Se credi che sia la soluzione giusta, comunque, tentare non nuoce. Ciao fratello, buona lezione. Non pensarci troppo, però!».
Dante credette che fosse la soluzione giusta. Si era detto che non sarebbe andato se in settimana la sua fissazione sarebbe scomparsa o anche solo affievolita, ma così non fu: passò i quattro giorni che mancavano a immaginarsi improbabili incontri di modalità sempre diversa. Aveva smesso di preoccuparsi della questione truzzo/non truzzo e si godeva gongolante l’attesa. Sognò pure il ragazzino un’altra volta, per fortuna in maniera più innocente rispetto alla precedente. Fece da culo entrambe le verifiche programmate in quella settimana, perché non era riuscito a concentrarsi a dovere. Trunks già aveva iniziato a preoccuparsi e non vedeva l’ora che quella storia finisse; in quei giorni il suo amico sembrava vivere fuori dal mondo. Che trovasse ‘sto tipo e si mettesse il cuore in pace!
 Dante gli aveva chiesto di non dire nulla agli altri, perché credeva che non sarebbero stati comprensivi come lui. Con loro si comportava normalmente, quindi era riuscito a non destare sospetti di alcun genere; non voleva avere questioni coi suoi amici per una cavolata simile. Non si sa mai, la gente. Ti mette in croce sempre per i motivi più stupidi, e il Diama non sembrava il tipo di persona capace di accettare un metallaro che sogna d’avere tresche con un truzzo, specialmente se il truzzo in questione ha osato dire qualcosa riguardo la sua macchina. Ci voleva poco per perdere la credibilità agli occhi degli altri, e voleva evitare che ciò succedesse.
Sabato, comunque, arrivò velocemente. Dante non sapeva cos’avrebbe fatto se avesse trovato quel ragazzo, tutte le sue fantasie non l’avevano aiutato a decidere un piano concreto; avrebbe improvvisato e tanti saluti. Tanto non sapeva nemmeno se l’avrebbe trovato, era un’impresa piuttosto ardua.
Fece credere agli amici di avere una cena con la sua vecchia classe delle medie, e di dover declinare il loro invito per quel motivo. All’uscita di scuola Trunks gli aveva arruffato i capelli in segno di buona fortuna e gli aveva raccomandato di informarlo sul risultato il prima possibile. Passò il pomeriggio pulendo gabbie e snobbando i compiti nel nervosismo più totale. “Il Target”, come aveva iniziato a chiamarlo nella sua testa per cercare di dare alla propria missione un alone di figosità, la settimana prima si era fatto vedere verso le 23, quindi era plausibile (sempre se sarebbe andato, quella sera) che a quella stessa ora si trovasse in discoteca. In ogni caso, Dante finse di doversi trovare come sempre con Trunks e gli altri e uscì di casa verso le 21. Non avendo alcun accompagnatore, dovette inforcare la bici e pedalare per trentacinque minuti buoni, lottando contro l’aria gelida di fine gennaio, chiedendosi mille volte chi glielo faceva fare, arrivando davanti alla disco congelato per metà.
Appena entrò una musicaccia trashissima lo aggredì, facendogli subito sentire il bisogno di uscire; si tappò le orecchie automaticamente, finché non si accorse di un tizio grande, grosso e con la testa rasata vicino alla porta. Il buttafuori, che sia selezionava la gente sia raccoglieva i soldi dell’ingresso, lo squadrò; Dante abbassò le braccia e fece un sorriso poco convinto, più simile a una smorfia imbarazzata.
«Ma tu ce li hai almeno quindici anni?» gli chiese l’omaccione con voce roca, osservandolo poco convinto.
Dante si gelò all’istante: la carta d’identità, quella fottutissima carta d’identità! Era riuscito a dimenticarsela! Perfetto. Non l’avrebbero mai fatto entrare. «Ehm, sì.» disse, cercando di avere un atteggiamento convincente. Si aprì la giacca: in quel posto faceva un caldo fottuto. D’altra parte, doveva esserci una temperatura tale da permettere alle varie zoccole di stare mezze nude.
Improvvisamente il buttafuori sgranò gli occhi, lo afferrò per un braccio e prese un’espressione leonina: «Ah, no! No, no, no! Se la metti così va’ via, tu non entri!».
«M-m-ma io ce li ho quindici anni, davvero!! È che mi sono dimenticato-».
«Fuori! Sciò!» prese a spingerlo l’uomo, non dandosi la pena di ascoltarlo.
«Va bene, VA BENE! Me ne vado!» si divincolò lui. «Ma perché tutta questa violenza???».
«Già la settimana scorsa sono arrivate lamentele, se vieni qui per fare casino ti conviene sparire alla svelta! Non li vogliamo quelli come te, qui! Per cui muovi quel culetto e vattene!».
Dante si guardò e capì: aprendosi la giacca aveva messo a nudo la felpa dei Megadeth. «Ma porca troia!!» sbottò, uscendo imbufalito dal locale.
 
«Sì?».
«Oi, Trunks. Senti…dove siete?».
«Ah, ciao. Siamo da Zanna, ma tecnicamente tra poco usciamo da qualche parte, stiamo ancora decidendo. Perché? Hai già finito?».
«Lasciamo perdere, ti racconterò. È che è un’ora che sono qui fuori e mi sono rotto i coglioni.».
«Ah…maa come sei andato? Sei in bici?».
«Sì, per forza.».
«No, perché è prevista neve per stanotte. Magari se vai a portare a casa la bici prima di venire qui dopo sei più comodo...».
«Non ho voglia di tornare a casa, è più vicina la casa di Zanna. In caso mi beccherò la neve, non m’importa.».
«Sicuro? …oh, maaa…quindi zero?».
«Stavo aspettando che eventualmente uscisse o arrivasse, dato che non mi hanno fatto entrare, ma sto iniziando ad avere troppo freddo e…oh cazzo, sì, SÌ, me ne vado, porca Eva!!! Me ne sto andando, ora me ne vado!! Rompicazzo!! Ma ‘sta calmo un po’!!».
«Dante?!».
«Scusami, è quel buttafuori di merda…si è accorto che sono ancora qui, s’è messo in testa che voglio dar fastidio. IO, capisci. Perfino il Grande Puffo è più minaccioso di me, cazzo!».
«Dio, mi dispiace… Mh? No, niente, la cena non gli è andata molto bene…sì…beh ma dai, aspettiamolo, poverino… Ok, Dante? Su, sbrigati ad arrivare, che ti aspettiamo.».
«’rrivo…».

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