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Autore: hinata 92    03/03/2013    3 recensioni
Uno e Pikappa si conoscono bene, ma da qui a capirsi del tutto... ho deciso di dar loro un'occasione unica per mettersi l'uno nei panni nell'altro... letteralmente!
Imbarazzi, equivoci, imprevisti e un milione di danni vi aspettano!
Genere: Comico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Paperino aka Paperinik, Un po' tutti, Uno
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Problemi di adattamento

 

Uno, immobile all’interno dell’ascensore che fino ad allora si era limitato solo a pilotare, era emozionatissimo, anche se cercava di non darlo a vedere. Il cuore gli batteva a mille, nonostante continuasse a ripetersi che non stava per fare nulla di eccezionale. In fondo doveva solo fingere di essere Paperino, e il papero non avrebbe avuto alcun problema ad andare a prendere un pacco per lo Zio Paperone e consegnarglielo, come gli aveva appena richiesto al telefono. Già, per Paperino non sarebbe stato nulla di eccezionale, ma per lui…

« Non sono sicuro che dovresti andare. »

Uno sorrise nel sentire la voce del suo socio dagli altoparlanti: « E perché? »

« Prima di tutto perché in una mattinata hai imparato sì e no a stare in piedi… »

« Me la caverò, stai tranquillo! Non corro di sicuro, anche perché non so come si faccia, e poi è meglio che vada a piedi, non hai fatto in tempo a insegnarmi anche a guidare la 313! »

« No, ti prego, lascia la mia auto fuori da questa storia! Fosse per me ti avrei fatto salire sulla PiKar e l’avrei guidata io da qui… »

« … ma Paperino non può andare in giro con l’auto di Pikappa e il supereroe paperopolese non può certo ridursi a fare il fattorino di Paperon de Paperoni! Non abbiamo altra scelta, sei già sparito per mezza giornata, non possiamo nasconderci per sempre, soprattutto tu! Della mia assenza, del resto, non si accorgerà nessuno… »

Paperino non riuscì a nascondere la sua preoccupazione: « Non spegnere mai l’auricolare, così potrò suggerirti cosa dire… e resta sempre sotto l’occhio vigile delle telecamere di sorveglianza! »

Uno sfoggiò un sorriso a tutto becco: « Sì, mammina! »

Paperino rise: « Ehi, che fai, mi rubi pure le battute adesso? »

Il papero fece un occhiolino: « Diciamo che cerco solo di calarmi nella parte! Ci vediamo dopo! »

Con nonchalance Uno uscì dall’ascensore, attraversò il corridoio, salutò con un cenno il custode come aveva visto fare a Paperino un’infinità di volte e si avviò verso l’uscita. Le porte scorrevoli s’aprirono, ma il papero indugiò qualche secondo prima di uscire. Stava per compiere un’impresa che fino a poche ore prima avrebbe classificato non solo come impossibile, ma addirittura inimmaginabile. Prese un profondo respiro.

 

Questo è un piccolo passo per un papero, ma un grande passo per un computer…

 

E ridendo al curioso pensiero, Uno uscì dalla Ducklair Tower.

 

Il papero si guardò intorno incredulo. Ancora non poteva crederci, ce l’aveva fatta! Era veramente uscito dalla torre, dalla sua casa, da quella che qualche volta aveva anche considerato una prigione. Era fuori, in mezzo alla gente, in mezzo alla folla, papero fra i paperi, libero. Respirò a pieni polmoni l’aria, ignorando il fatto che nel centro di una metropoli non fosse esattamente fra le più pure del pianeta. Era una sensazione curiosa ma piacevole. Si chiese che sensazione dovesse dare l’aria pura di campagna, magari da quella Nonna Papera che ogni tanto il suo socio nominava. Era bello essere in mezzo alla sua città di persona e non mediato dalle telecamere. Finalmente poteva scegliere cosa guardare senza coinvolgere un satellite!

Uno cercò di riprendersi. Non era lì fuori per fare turismo, aveva una missione da compiere. Si concentrò: prima doveva stendere la gamba destra, con l’aiuto della caviglia appoggiare delicatamente il piede sul terreno, appoggiarci il peso del corpo, piegare la gamba sinistra e ripetere il tutto con l’altra zampa. Non era affatto facile, e il papero pregò che nessuno interrompesse la sua concentrazione. Aveva molta strada da fare e ripassare passo dopo passo tutte le istruzioni necessarie a camminare avrebbe reso il cammino ancora più lungo e complesso.

 

Paperino sospirò. Era più che comprensibile che Uno fosse entusiasta della gita fuori porta, ma questo imprevisto gli stava facendo salire la pressione. Se solo avesse avuto ancora un sistema sanguigno, ovviamente.

Pikappa era sempre più stupito dalle potenzialità che scopriva pian piano di possedere. Stava contemporaneamente controllando Uno, guardando un film, sorvegliando i corridoi della Ducklair Tower, togliendosi un po’ di curiosità personali sulla rete e analizzando i dati sul fulmine che aveva provocato quel disastro. Non aveva mai pensato veramente alle comodità del multitasking!

« Se adesso mi mettessi a fare contemporaneamente un po’ di lavoretti per lo Zione, probabilmente avrei una speranza di esaurire la lista dei debiti… eheh! »

Nei corridoio della Ducklair Tower, intanto, Angus Fangus si avviava al settantacinquesimo piano.

« Ma chi si vede… dopo l’ultimo servizio denigratorio su Paperinik dell’altra sera avrei voglia di pizzicargli il becco nell’ascensore! »

« AHIA!!! »

Paperino fu certo che se fosse stato ancora un papero sarebbe sbiancato a quell’urlo. Si concentrò sulle telecamere dell’ingresso. Angus era effettivamente incastrato fra le porte dell’ascensore, e sbraitava come un pazzo.

« Tiratemi fuori di qui! Tiratemi fuori di qui, branco d’incompetenti!!! Queste cose in Nuova Zelanda non succedono!!! »

Lyla, alle sue spalle, cercava faticosamente di aiutarlo a disincastrarsi senza mostrare la sua forza da droide. Paperino in condizioni normali si sarebbe messo le mani nei capelli dalla disperazione, immaginando le sgridate di Uno al suo ritorno. Cercando di ritrovare la calma, faticosamente riuscì ad aprire le porte dell’ascensore.

Finalmente Angus fu liberato, seppure con il becco un po’ ammaccato: « Sarebbe anche il caso di chiamare un tecnico! Ringraziate il cielo se non vi denuncio tutti! »

Lyla, vedendo il collega allontanarsi dall’ascensore, chiese: « Non vieni in ufficio? »

Il kiwi si aggiustò il cappello sbuffando: « Sì, ma fino a quando non vedrò un tecnico mi rifiuto di rientrare in quella macchina infernale! Meglio le scale! »

Mentre il cronista si avviava verso i gradini, Paperino non poté non notare l’occhiataccia che Lyla aveva diretto dritta dritta in una telecamera di sorveglianza e si sentì tremendamente in colpa. Non avrebbe voluto incastrare davvero Angus, ma evidentemente un computer doveva fare molta attenzione ai suoi desideri.

« Promemoria, Paperino: fra il dire e il fare c’è di mezzo il mare… ma solo se non sei un computer, in tal caso basta una frazione di secondo! »

 

« Grazie e arrivederci! »

Uno sbuffò. Alla faccia del pacco, quello che aveva fra le braccia era uno scatolone gigantesco!

« Puff… pant… mi copre completamente la visuale, non vedo dove vado… »

Una voce familiare nell’auricolare gli rispose: « Tranquillo, ti guido io! Vai dritto per venti metri, poi ti dirò dove girare. »

« Grazie, socio, ma dimmi: è normale che tuo zio ti dia lavori di questo tipo? Se non sapessi che è anatomicamente impossibile, giurerei che il peso di questo pacco mi stia staccando le braccia! »

Paperino sospirò: « Quel pacco non è nulla rispetto a quello che mi ha costretto a fare… in certi casi c’è da rimpiangere alcune imprese di Pikappa! »

Uno alzò gli occhi al cielo: « E non so nemmeno cosa contenga… »

« Ehi, serve una mano? »

Uno continuò imperterrito per la sua strada.

« Paperino! »

Il papero continuò a camminare, concentratissimo, e solo la voce del suo socio all’auricolare lo risvegliò dai suoi pensieri.

« Uno! Ce l’hanno con te, ora sei tu Paperino! »

« Eh? »

Due mani l’aiutarono a sollevare il voluminoso pacco.

« Accidenti, cosa c’è qui dentro? »

Uno arrossì: « Oh… ciao, Archie! »

Dal piano segreto della Ducklair Tower, Paperino sospirò. Incontrare Archimede Pitagorico non era esattamente nei programmi, ma evidentemente la sua sfortuna non l’aveva abbandonato neppure in versione I.A.

Uno si sentì dire nell’auricolare: « Mi raccomando, sii naturale! »

Macché naturale e naturale, il papero era agitatissimo per l’imprevisto! Come doveva comportarsi con una persona che aveva sempre solo sentito nominare? Quanto gli mancava il suo database sui dati comportamentali…

L’inventore non si accorse di nulla: « Dove vai con questo pacco gigantesco? »

« Devo consegnarlo allo Zione… »

Archimede sorrise: « Capisco, uno dei suoi soliti lavoretti… ma perché non vai al deposito con la 313? »

Uno iniziò a sudare dall’agitazione: « Perché… perché ho bucato! Sai com’è, la mia solita sfortuna… »

« Ti accompagnerei volentieri, ma sono a terra anch’io! Ieri ho fatto un paio di modifiche al motore, ma a quanto pare non hanno funzionato… »

Archimede e Uno appoggiarono il pacco vicino allo strano mezzo dell’inventore e Uno si avvicinò incuriosito.

« Uhm… hai provato a collegare il chip mesonico direttamente alle candele? »

« Come? »

Uno si rilassò improvvisamente, parlando di argomenti a lui familiari: « Credo che questo alternatore aggiuntivo sia solo d’impiccio, disperde la corrente prima di farla arrivare a destinazione… »

« In effetti… ma da quando t’intendi così tanto di meccanica? »

Archimede guardò meravigliato Paperino e la macchina. Uno non aveva ancora alzato lo sguardo dal motore, rimpiangendo il fatto di non avere un paio di pinze con sé, quando un urlo diretto al suo padiglione auricolare lo fece trasalire.

« UNO!!! CHE. DIAVOLO. STAI. FACENDO??? IO NON SO NULLA DI QUESTE DIAVOLERIE MECCANICHE, DOVRESTI SAPERLO BENISSIMO!!! »

Uno si morse la lingua, e solo a quel punto si rese conto che Archimede lo stava guardando in modo strano: « Ah… eheh… te l’ho detto che ho iniziato un corso per corrispondenza? Volevo capire come poter migliorare il motore della 313… »

« Interessante… me lo faresti vedere? Se fanno corsi così approfonditi a un prezzo accessibile anche a te, potrebbero tornarmi utili! »

« Sì, volentieri, ma un’altra volta, ok? Adesso lo Zione mi sta aspettando, e sono già in ritardo! Ci vediamo Archie! »

E spiazzando l’inventore, Uno riprese il suo pacco e s’avviò verso il deposito sorbendosi le ramanzine di Paperino all’auricolare.

 

« Era ora, nipote! »

Uno posò faticosamente il pacco a terra. Aveva il fiatone, i suoi polmoni si contraevano contro la sua volontà e sentiva il corpo formicolare per il pesante sforzo fisico. Si chiese se fosse quella che il suo socio biologico chiamava stanchezza. Nonostante tutto si accorse che l’anziano papero gli aveva parlato senza nemmeno sollevare gli occhi dai fogli che stava leggendo.

« Scusa, ma mi si è rotta l’auto e ho dovuto venire a piedi… »

« Capisco… hai fatto bene, del resto se avessi preso l’autobus ovviamente non te l’avrei rimborsato e non credo che tu abbia i soldi per il biglietto. »

Scese un imbarazzante silenzio. Uno non sapeva cosa fare, Paperino non gli dava suggerimenti all’auricolare e per un attimo si chiese se dovesse andarsene.

« Scusa, per curiosità… cosa c’è in quel pacco per essere così pesante? »

Paperone gli rispose senza nemmeno guardarlo: « Aprilo, se vuoi, così mi risparmi un lavoro! »

Con molta accuratezza, Uno aprì il pacco.

« Cosa? Questi sono… tappi di bottiglia? »

Le mani del papero affondarono in una miriade di tappi metallici a corona.

Paperone annuì distrattamente: « Quello è il campionario per scegliere il nuovo modello… »

Uno sbarrò gli occhi sconvolto: « E non potevi farti mandare via mail le foto? »

« Non mi sono mai fidato troppo di queste diavolerie elettroniche. »

Il volto di Paperino avvampò dalla rabbia, ma Paperone non ci fece caso.

« Preferisco vedere le cose con i miei occhi e toccarle con le mie mani, fin dai tempi del Klondike non ho mai delegato nulla del mio lavoro a nessun altro, e non ho intenzione di farlo adesso, tanto più a qualche ammasso di chip e circuiti senza cervello. »

Uno si sentì punto sul vivo. In condizioni normali lui era un ammasso di chip e circuiti, ma tutt’altro che senza cervello!

Aprì il becco per rispondere malamente al papero più ricco del mondo, quando qualcosa lo bloccò. Perché Paperino non interveniva all’auricolare in nessun modo? D’accordo, una reazione irascibile dal suo socio sarebbe sembrata tutto fuorché anomala, ma si sarebbe aspettato che quantomeno gli arrivasse un suggerimento all’orecchio sul mantenere la calma, perlomeno per il bene della sua lista dei debiti. E invece c’era solo silenzio.

Perché?

« Senti, zio, ora ho un impegno, devo andare. »

« Vai pure, se avrò di nuovo bisogno di te ti chiamerò. »

« Grrr azie! »

Uno uscì digrignando i denti e calandosi il cappello sul volto, in un tipico gesto di stizza che tante volete aveva visto fare al suo socio. Degnò appena di un cenno di saluto Miss Paperett, che non fece troppe domande, abituata a scenate del genere fra zio e nipote.

No, decisamente non gli era andato giù il discorso di Paperone, ma aveva cose più importanti a cui pensare. Uno uscì fuori dall’edificio e armeggiò con l’auricolare.

« Certo che tuo zio ha proprio un brutto caratteraccio, eh socio? »

« Bzzzrtp… »

« Socio? Rispondi, per favore! »

« Bzzzrtp… »

« Paperino? »

Uno sentì il battito cardiaco accelerare. Cos’era quella sensazione di vuoto nel petto? Era una sensazione spiacevole… un termine per lui prima del tutto incomprensibile si affacciò prepotentemente alla mente.

Presentimento.

Uno girò i tacchi e tornò all’interno del deposito.

« Battista? »

« Sì, signorino? »

« Avresti per caso un cacciavite a stella da prestarmi? »

Il maggiordomo annuì: « Dovrei averne uno nella cassetta per la manutenzione dei sistemi di allarme… »

Mentre Battista si allontanava, Uno cercò di recuperare la calma e la razionalità che l’avevano sempre caratterizzato. Respirò profondamente. No, non doveva farsi coinvolgere dalle strambe sensazioni dei biologici, spesso dimostratesi fallaci. Lui era una sofisticatissima Intelligenza Artificiale, non doveva scordarlo. Non c’era motivo di agitarsi, probabilmente Paperino aveva pasticciato involontariamente con qualche circuito e avevano perso il collegamento. Nulla d’irreparabile, con i giusti strumenti.

Battista tornò con l’intera cassetta degli attrezzi da cui dopo qualche secondo estrasse quanto richiesto.

« Mi avevate chiesto il cacciavite a stella, giusto? »

« Grazie mille! »

« Perdonate la mia curiosità, signorino, ma a cosa le serve? »

Uno arrossì leggermente, alla ricerca di una scusa accettabile, ma un urlo nel corridoio distrasse l’attenzione del maggiordomo.

« Perdonatemi, a quanto pare vostro zio richiede la mia presenza, con permesso… »

Uno tirò un sospiro di sollievo e si tolse l’auricolare. Prendendo in prestito parecchi attrezzi e non solo il cacciavite, armeggiò con il ricevitore per aumentarne la potenza. Pienamente soddisfatto del risultato, prese la cassetta degli attrezzi, la riportò a Miss Paperett (delle urla che sentiva dall’ufficio di Paperone dedusse che il povero Battista aveva già le sue beghe) e uscì nuovamente dal deposito.

« Socio, mi senti adesso? »

Il segnale era ancora disturbato, ma Uno riuscì quantomeno a distinguere qualche parola: « Uno… bzzzrtp… pa! »

« Cosa? »

« Sc… bzzzrtp…  »

« Ancora? Ma che cavolo… »

Senza riflettere, attuò un comportamento tipicamente biologico che fino a quella mattina avrebbe classificato come maltrattamento nei confronti dell’elettronica.

Dopo la botta all’auricolare, però, il segnale si ristabilì definitivamente.

« Uao, magie dei biologici! Cosa mi stavi dicendo, socio? »

« SCAPPA, UNO!!! Prendi i nipotini e mettiti in salvo!!! Non tornare alla Ducklair Tower!!! »

« Eh? »

Un boato sopra la sua testa fece alzare a Uno lo sguardo. Un gruppo di evroniani su dei dischi individuali stava sfrecciando sui cieli di Paperopoli diretti proprio verso il palazzone a centocinquantuno piani.

« Oh no… no… »

Senza pensare a niente, Uno iniziò a correre giù per la collina Ammazzamotori a tutta velocità. Non poteva lasciare il suo socio nei guai. Non l’aveva mai fatto quando era un computer, non avrebbe iniziato ora che era un papero. Paperino al suo posto avrebbe fatto lo stesso.

Solo quando iniziò ad ansimare, si rese conto di stare correndo.

« Anf… anf… e pensare che stamattina… anf… anf… non camminavo nemmeno… »

Alzò lo sguardo verso la sua casa.

« Arrivo, socio… non so cosa potrò fare, ma sto arrivando! »

 

E rieccomi qui! Sì, lo so, vi ho lasciato un po’ in sospeso, ma fra esami, corsi e influenze… spero comunque di non aver deluso le aspettative!

Ringrazio chi mi ha commentato lo scorso capitolo, ovvero Nightrun, darkroxas92, Evose e Jan Itor 19, e vi aspetto numerosi all’ultimo capitolo… sì, alla fine ho deciso di optare per una storia breve, stavolta!

CIAO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Hinata 92

  
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