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Autore: Ceci Princessofbooks    19/09/2007    1 recensioni
Sta per iniziare il quarto anno a Hogwarts,ma una serie di eventi inquietanti sconvolge la quiete del rientro: un misterioso mago lancia maledizioni a Privet Drive, Harry sogna un misterioso simbolo, una schiera di creature oscure attenta alla sua vita, e una ragazza dal passato ammantato d'ombra, Ween Hallo, sembra custodire un terribile segreto...Una serie di domande tomenta i nostri amici: sarà davvero Voldemort il nemico che si cela dietro le aggressioni di Harry? Cosa riguarderà il "patto" di cui parlano Silente e Ween nei loro numerosi incontri? Ma soprattutto ,cosa custodisce lo strano pentacolo intravisto da Harry,e a cui sembra sia legato qualcosa che potrebbe decidere le sorti del Mondo dei Maghi? In una spirale di eventi misteriosi ed inquietanti,Harry si troverà davanti ad una battaglia che dovrà vincere. Ma la vittoria,queta volta,esigerà un tributo...
Genere: Drammatico, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Nuovo personaggio
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1

Capitolo 1

-Presagio –

“Alcuni simboli sigillano i nostri incubi…ma possono anche farli  tornare…”

 

La sveglia lanciò improvvisamente il suo trillo insistente, diffondendolo rapidamente nella piccola stanza rettangolare.

Harry aprì piano gli occhi, allungando un braccio quel tanto che bastava per spegnerla e fissando il fuligginoso soffitto scrostato:il consueto odore della sua camera, un disgustoso misto di caffè e amido, gli aggredì le narici.

Ruotò rapidamente lo sguardo, pilotandolo sull’ampia libreria costruita con i vecchi scaffali rotti dello zio, sulla gabbia della sua civetta, sul libro di magia abbandonato la sera prima sul letto; sembrava tutto assurdamente normale, ma Harry si sentiva strano, inquieto:era qualcosa nell’aria come una vibrazione, pericolosa e potente, che gli aggrediva lo stomaco da quella sera…eppure, nonostante avesse cercato di scoprire cosa lo turbasse non ci era ancora riuscito, e la nausea iniziava a diventare fastidiosa e preoccupante…

Scosse la testa, come per mandare via quei pensieri, e balzando giù dal letto andò ad aprire la finestra.

L’aria era calda e ferma, ricordo indelebile di ogni sua estate, ma per fortuna una brezza leggera e la pioggia della sera prima avevano contribuito a rendere il clima più accettabile.

Respirò profondamente, cercando di lavar via con quell’aria salubre e piacevole il suo malessere:per un attimo chiuse gli occhi, sforzandosi di immaginare i suoi amici, Hogwarts, la sua scopa…come avrebbe voluto far passare quei pochi giorni che lo separavano dal rientro a scuola in un attimo! Ma ormai non doveva aspettare molto, e avrebbe rivisto tutte le persone alle quali voleva bene…

Al solo pensiero la sua inquietudine diminuiva:se qualcosa avesse continuato a non andare, qualcuno gli avrebbe creduto…

-Harry!-la voce stridula e fastidiosa di Zia Petunia si insinuò nei suoi pensieri, rovinandoli completamente.

-Che c’è?!?-chiese svogliatamente, preparandosi ad adempiere uno dei numerosi compiti che, per motivi sconosciuti, erano riservati a lui.

-Ricordati che oggi vengono i signori Vasberg, quindi non farti vedere e non fare quelle tue solite…stramberie!-strepitò ancora la donna, lasciando trasparire tutto il suo disprezzo.

L’ombra di un sorriso si dipinse sulle labbra del ragazzo:-Perfetto- pensò –un’ottima occasione per svignarmela…-.

Da un po’ di tempo a quella parte, infatti, Harry aveva preso l’abitudine, una volta relegato dallo zio nella sua camera, di calarsi dalla finestra e girovagare fino alla sera per il quartiere:certamente non era il massimo dell’avventura ma almeno si poteva sgranchire un po’ le gambe e pensare in pace e da solo…

Con questa intenzione, il ragazzo iniziò a prepararsi:raccolse al volo qualcosa da mettersi,  indossò le scarpe da ginnastica più vecchie che aveva, e infilò qualcosa da mangiare in uno zainetto nero dalla dubbia origine.

Prima dell’evasione, Harry si guardò per un attimo allo specchio:un paio di pantaloni color kaki,anche se piuttosto logori e slavati, accompagnava la maglietta verde militare e la felpa color oliva legata in vita.

Un cappellino da baseball bianco e bordò recava sopra la scritta a caratteri cubitali LION.

Per un attimo rimase lì, sorpreso, con lo sguardo perso nel vuoto oltre il vetro:se non fosse stato per la cicatrice appena coperta dalla frangia e l’espressione decisa e matura, forse troppo per i suoi quattordici anni, sarebbe potuto sembrare un ragazzo assolutamente normale.

-Già- rifletté, e un sorriso amaro gli passò per un attimo sul volto -…peccato che i ragazzi normali non abbiano dei maghi assassini  e pronti a tutto per ucciderti come nemici…-.

Si riscosse, cercando di allontanare quei pensieri; -Su, Harry- pensò avviandosi verso la finestra -…è vero che hai passato dei gran brutti momenti, ma ora hai degli amici, una patria,una famiglia…ti annoieresti troppo ad essere un babbano…-.

Ed ,effettivamente, non c’era niente di più giusto:il ragazzo adorava la sua esistenza avventurosa, il mistero, il pericolo, il rischio cui andava quotidianamente incontro a Hogwarts;però, in certi momenti, mentre guardava i ragazzi passeggiare canticchiando per i vicoli bui del quartiere,spensierati come lui non era da tempo,o le ragazze dall’aria timida, nervose per il primo appuntamento, che aspettavano frementi davanti al parco,si ritrovava a pensare che,qualche volta,sarebbe stato piacevole essere sereni e senza pensieri come loro,completamente all’oscuro di ciò che si nascondeva nell’ombra del mondo…la sua vita era stata un continua lotta,prima per trovare una famiglia e dopo per proteggerla…sarebbe stato bello, passare un giorno,o anche solo un’ora, senza le conoscenze che, bene o male, aveva e avrebbe sempre avuto, senza il bisogno di guardarsi sempre alle spalle, senza la necessità di stare continuamente all’erta…

Sospirò, tornando a concentrarsi sulla realtà:uno scatto secco gli disse che Zio Vernon aveva provveduto a barricarlo nella sua camera, dandogli inavvertitamente il via libera.

Si infilò lo zainetto in spalle, pronto ad uscire:passando davanti alla scrivania raccolse dopo un momento di incertezza la bacchetta, infilandosela in tasca. Un sorriso gli si dipinse sul volto –Ecco l’ennesima prova della mia stranezza-pensò, sfiorando il legno contorto della fida arma magica –sono talmente avvezzo a essere in pericolo che devo sempre stare in guardia…-.

Raggiunse il davanzale, allungando una gamba oltre la finestra e appoggiandola sul cornicione che costeggiava tutta la casa:facendo attenzione a non fare rumore, Harry fece uscire anche l’altra gamba, raddrizzandosi sull’improvvisato piedistallo in cemento.

Mosse sicuro qualche passo, fino a raggiungere la grondaia che scendeva fino al giardino qualche metro più sotto; doveva solo afferrarla e scivolare, l’aveva fatto decine di volte, e sarebbe stato libero.

Allungò il braccio, riuscendo finalmente ad agguantare il tubo. Una sostanza viscida gli toccò i  polpastrelli –Non è il momento di fare gli schizzinosi-si ripromise il ragazzo, reprimendo il disgusto e cercando disperatamente di ignorare l’orrenda cosa che gli stava ammorbando la mano –vuoi  andartene o no?-.

Forte di questo pensiero, Harry si aggrappò alla grondaia, lasciandosi scivolare dolcemente e atterrando dopo qualche secondo sul soffice tappeto d’erba.

Con un’espressione a dir poco schifata si pulì le mani sui pantaloni, non indagando sulla natura di ciò di cui erano sporche;quando ebbe finito, si girò ancora una volta a controllare se qualcuno non avesse visto qualcosa, e poi si avviò furtivo lungo il vialetto.

La luce viva e intensa del mattino inondava le ordinate schiere di case di Privet Drive, proiettando lunghe ombre sui giardini ingialliti dal caldo e lanciando riverberi sulle auto lucide che facevano capolino dalle porte accostate dei garage.

Le fronde rade dei pochi alberi si stagliavano nitide contro il cielo, di un turchese acceso e privo di nuvole, in cui splendeva il sole dorato d’Agosto.

L’aria era immobile ed afosa, ma ad Harry in fondo piaceva:la calma, la solitudine,la possibilità di perdersi sui sentieri impervi dei suoi pensieri, erano il miglior antidoto per le emozioni e i dolori che provava ogni giorno una volta nel Mondo dei Maghi…

Soprappensiero, superò l’ennesimo angolo,ritrovandosi davanti al luogo che più gli piaceva in tutta Privet Drive:il Parco.

In verità, quello non era più un vero parco da parecchi anni, abbandonato per la sua posizione scomoda e per l’apertura del giardino pubblico ufficiale del quartiere,in cui gravitavano bambini e bulletti a tutte le ore del giorno e della notte. Nel lungo periodo di inattività, l’erbetta che circondava i giochi era cresciuta a dismisura, i rampicanti avevano ricoperto di una spessa ragnatela verde le attrazioni, il muretto di mattoni rossi che lo costeggiava era caduto a pezzi:ma al giovane mago quel luogo piaceva, esercitava su di lui uno strano fascino; adorava passare lì intere giornate, a pensare, leggere, fantasticare sull’idea sempre presente di scappare da Privet Drive o far scemare la rabbia dopo un diverbio con i suoi zii. Quel posto in qualche modo lo tranquillizzava, gli ricordava un vecchio cane, fedele e paziente, che anche dopo anni continua ad aspettare il ritorno dei suoi padroncini:e forse era proprio questo che lo rassicurava di quel posto, un senso quasi inconscio di protezione, come un abbraccio di un vecchio dolce e comprensivo…

Il ragazzo percorse il breve sentiero di ghiaia che portava al cancelletto arrugginito, superandolo con un salto e affondando fino alle ginocchia nell’erba alta e selvaggia.

 Si sdraiò vicino alla scivolo di un rosso stinto, incrociando le braccia dietro la testa e osservando il cielo; circondato solo dall’alone caldo del sole e dal frinire ritmico e instancabile dei grilli, seguì con lo sguardo la piccola e arrugginita giostrina davanti a lui, l’altalena tormentata dalle crepe, i dondoli ormai scoloriti e sgraziati ma che non avevano perso il loro immutabile sorriso dipinto.

Certe volte si sentiva proprio come quel parco:stanco, terribilmente stanco, nonostante avesse compiuto da poco quattordici anni, come se ogni anno avesse aggiunto una crepa nella sua anima: il disprezzo dei Dursley, la scoperta di tutte le bugie che gli avevano raccontato, la verità sui suoi genitori, il primo confronto con Voldemort, e il sapere che non si sarebbe fermato senza averlo ucciso. Quella coscienza gli gravava sul petto come un macigno, e quando cercava di non pensarci diventava una leggera sensazione, ma rimaneva.

Ed Harry, anche se non lo aveva mai detto a nessuno, primo fra tutti lui stesso, aveva paura che un giorno sarebbe stata quella consapevolezza stessa a consumarlo…

Un coro di voci lontane lo distolse dai suoi pensieri, facendolo sedere di scatto con le orecchie tese: a giudicare dalle risate di scherno e dagli schiamazzi, doveva essere il gruppo di bulletti capeggiato da suo cugino Dudley,l’essere umano che Harry trovava più vicino come aspetto fisico e ingordigia ad un suino.

Il ragazzo non potè trattenere una smorfia di disgusto:probabilmente se la stavano prendendo di nuovo con un bambino, massacrandolo di botte e vantandosi subito dopo per la loro capacità di spaccare il grugno ad un ragazzino con metà della loro massa corporea.

Forse poteva abbandonare un momento il suo rifugio per andare ad aiutare il malcapitato e…

-Avada Kedrava!- un’unica parola raggelò istantaneamente il ragazzo, chiudendogli lo stomaco.

 Harry si immobilizzò, incapace di credere a ciò che aveva sentito, il cervello che vorticava confuso, la gola chiusa in una morsa di ferro;era tutto troppo irreale, troppo improbabile per essere vero.

Senza quasi rendersene conto, mentre dentro di lui esplodeva un turbine di emozioni contrastanti, il ragazzo schizzò in piedi.

-Devo agire…- pensò, correndo verso il cancello del parco –Devo agire, al resto penserò più tardi e…-.

Successe tutto troppo in fretta. Un dolore accecante gli esplose dietro la cicatrice, mozzandogli il fiato. Un turbine di colori e immagini gli esplose davanti agli occhi, mentre aghi invisibili gli affondavano nella testa.

Non riusciva a pensare, a parlare, non sapeva più se avesse gli occhi aperti o chiusi:colse la vaga sensazione di cadere a terra, di sbattere sul morente tappeto erboso,di stringere le mani intorno alla testa ma il dolore lo attanagliava, gli strappava il suo corpo, riempiva ogni angolo della sua mente. Fotogrammi confuso gli scorrevano davanti agli occhi, sussurri lontani gli si insinuavano nel cervello , mentre il mondo circostante spariva nel rosso accecante del dolore.

Per la prima volta in vita sua, Harry desiderò che qualcuno gli lanciasse un Avada Kedrava,  se fosse servito a far terminare quella sofferenza:le immagini davanti ai suoi occhi aumentarono il ritmo con cui scorrevano fulminee e vivide, la mano gelida e artigliata che gli sembrava di avere sul cranio aumentò la presa.

Harry urlò, ma la sua voce non gli arrivò, mentre bisbigli confusi lo tormentavano ingarbugliandosi coi suoi pensieri sconnessi.

-Basta!-pensò, mentre avvertiva la lontana sensazione di stringere maggiormente le mani sulla testa, come se quello non fosse il suo corpo-…Basta…!-.

Poi, improvvisamente, tutto finì.

Harry si trovò a terra, madido di sudore:per un attimo, fu cosciente solo del fatto che quel terribile dolore se ne era finalmente andato.

Respirò profondamente, tentando di riprendere il controllo, e socchiuse gli occhi:il parco era immerso nel solito ozioso silenzio, rotto solo dal frinire dei grilli e dal suo respiro affannato;con un moto di sorpresa ottenebrata dalle ultime tracce del dolore, il ragazzo notò che la strada dalla quale provenivano le voci era assolutamente tranquilla. Non una bruciatura, non un grido, non un gruppo di persone terrorizzate, niente provava che qualcuno avesse veramente urlato quella maledizione.

Se non fosse stato per il lieve pulsare della cicatrice, ricordo della sofferenza di poco prima, e per la convinzione che sognare un Avada Kedrava fosse almeno molto improbabile anche per lui, Harry avrebbe quasi potuto pensare di essersi immaginato tutto.

Cercò di alzarsi, ma un attacco di nausea gli fece tremare le gambe; il giovane mago ricadde a terra, mentre mille interrogativi si accavallavano nella sua mente: in che diavolo di situazione assurda era finito? Cosa ci faceva lì un mago sufficientemente potente e crudele da lanciare un Avada Kedrava? Che cosa era successo? E che significato avevano quelle immagini e quei sussurri che aveva percepito durante l’attacco di dolore?

Stava succedendo qualcosa di molto strano, e probabilmente anche di molto pericoloso…doveva tornare a Hogwarts il prima possibile, anche solo perché lì avrebbe potuto contare sull’appoggio e sull’aiuto di persone di cui si fidava ciecamente.

Forte di questo pensiero, riuscì finalmente ad alzarsi, decidendo di restare in guardia ma di non buttarsi in nessun pasticcio da solo:aveva già fatto troppe stupidaggini, e se in quel mistero c’era qualcuno che non si faceva problemi a lanciare un Avada Kedrava in pieno territorio babbano poteva veramente andare in contro a qualcosa di più che un mal di testa.

Rimuginando su questa decisione, rimase ancora per un attimo a contemplare sospettoso la strada deserta davanti a lui.

C’era una cosa, però, che sembrava non volerlo lasciare in pace, qualcosa che era rimasto marchiato a fuoco nella sua mente, l’unica immagine nel turbinio che aveva visto a non essere confusa, e che gli gettava addosso un gelo inspiegabile e invisibile:un cerchio con racchiuso all’interno un pentacolo nero stagliato su un mare scarlatto.

 

 

Ciao a tutti miei cari lettori,e come sempre un enorme bacione a vo che avete letto questo ennesimo parto della mia mente contorta! Come sapete per me questa storia è un esperimento, e quindi più commenti ricevo più mi convinco che non è un’idea malaccio…in ogni caso ringrazio comunque ringrazio chiunque abbia letto,recensito,messo tra i preferiti la mia fanfiction o vomitato sulla suddetta (no, aspetta ,quest’ultima categoria di persone forse no…).

In ogni caso, un grazie speciale va ad:

HarryEly: grazie socia,sapevo di poter contare su di te! Spero ovviamente che anche questo capitolo ti piaccia, tu che aspetti paziente nei lunghi intervalli tra una storia e l’altra causati dalla mia immensa sbadataggine…un bacio,  dalla tua svagatissima amica!

 

Ladymarie:Un grazie enorme per la tua recensione, sono contenta che apprezzi!Eccoti il primo (o secondo…uff,che confusione!) capitolo,se hai voglia di recensirlo io PENDO LETTERALMENTE DALLE TUE LABBRA!(Troppo teatrale,eh?)UN bacione,e ovviamente Ciaociao da Ceci!

 

Bene,ora vi lascio , ci vediamo al prossimo chappy (spero!), e Ciaociao da Ceci!

   
 
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