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Autore: Moon Angel    05/03/2013    1 recensioni
Un amore impossibile,
Una ribellione che sconvolgerà le regole dell'universo,
Un cigno innamorato dell'angelo sbagliato:
Il paradiso e la terra non sono mai stati così vicini.
Sopratutto se ad unirli è solo una semplice ragazza
_________________________________________
Ditemi cosa ne pensate, grazie!
Moon Angel
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO DUE

 
 Un brivido scosse la schiena di Sophie, facendole aprire gli occhi. Si guardò intorno: riusciva a vedere tutto nitidamente. Ora, anche le profondità più oscure del lago non avevano segreti per lei. Batté le palpebre un paio di volte. Un senso di inquietudine la attanagliò. Si sentiva diversa, ma non sapeva cosa era cambiato in lei. Sentì l’impellente bisogno d’aria e di vedere la superficie cristallina delle acque che la circondavano. Si protese verso l’alto inarcando la schiena e allargando le braccia. Senza il minimo sforzo, si ritrovò a fare un salto che spaccò la superficie gelida dell’acqua in moltissime goccioline che brillarono alla fredda luce di quel pomeriggio d’inverno. Respirò a pieni polmoni l’aria che le riempiva gli organi tagliando come lame. Si rimmerse e nuotò verso la scogliera da cui si era tuffata. Appena appoggiò le mani sugli scogli , le vide più bianche del solito. Si tirò su dalle acque e si alzò in piedi. Si passò una mano sul viso per asciugarlo e una sensazione di morbidezza seguì le sue dita come una scia.
Sentiva un brutto presentimento, di li a poco le sarebbe accaduto qualcosa di importante.
Represse l’istinto di rituffarsi nel lago e ritornò al cipresso dove aveva lasciato i suoi vestiti. Si rivestì, incurante del costume bagnato.
***
La sveglia riscosse Sophie dai suoi sogni e lei allungò una mano per fermare quel maledetto trillo che, ogni mattina, la costringeva ad alzarsi dal suo letto. Ma un pensiero prese il sopravvento sulla sua mente, per la precisione un ricordo in particolare: nel giro di tre settimane avrebbe compiuto diciassette anni. Niente feste di compleanno, solo la solita cioccolata calda con la zia e un film con Lorenzo. Così, come sempre, si vestì, fece solazione e s’incamminò verso la scuola. Il rumore dei suoi stivali rimbombava nella piccola viuzza davanti a casa sua. Era la sola quella mattina a percorrere quella strada. D’un tratto sentì altri passi avvicinarsi a lei, una mano le toccò la spalla, costringendola a voltarsi. Ad attenderla vi erano due occhi verdi ed un viso familiare.
–Lorenzo, mi hai fatto spaventare– disse con un velo di paura.
–Ma che dici, sei proprio strana, ultimamente. Ti ho chiamata urlando ma sembrava che fossi in trance– il rumore di un camion interruppe la loro conversazione, con un rimbombo assordante. Una folata di vento fece cadere della neve da un tetto dietro di loro. Formando una leggera cortina bianca sulle loro teste. Sophie si aggrappò al giubbotto di Lorenzo, poggiandogli la testa sul petto. Anche il minimo rumore la spaventava. Un profondo silenzio scese sui due adolescenti, creando un certo imbarazzo tra i due. Non erano mai stati così vicini, il loro rapporto era molto distaccato, nonostante si confessassero ogni loro segreto. La candida carnagione di Sophie si tinse di rosso sulle guance.
Abbassò lo sguardo da quello intenso dell’amico. 
–Sarà meglio andare a scuola…– balbettò lui. Per tutta la giornata non si rivolsero più la parola, quell’episodio li aveva entrambi turbati.
Le due settimane successive passarono molto velocemente e ripetitive. Fino a quando, una mattina di gennaio, un incontro la turbò profondamente. Quella mattina, infatti, era uscita di casa molto presto, per evitare Lorenzo e la sua amicizia, che stava cambiando in qualcosa di più grande. Così, approfittò dell’ora per andare a fare una nuotata. Appena mise la mani sul ferro battuto del cancello, sentì una voce chiamarla. Ma non era familiare, anzi, del tutto estranea alle sue memorie. Voltò il viso, una sagoma maschile le stava a pochi passi. Era alto, lineamenti marcati, e grassoccio.
Una macchia di fuliggine gli segnava una parte del volto, accentuandogli gli zigomi. Le si avvicinò lentamente, guardandola negli occhi, come un avvoltoio che si appresta ad uccidere la sua preda. Tirò fuori da uno stivale infangato un piccolo coltello arrugginito. Sophie cominciò a correre senza sapere dove andare. D’un tratto le venne un’idea.
–Non mi farai del male, vero?– gli chiese Sophie, sapendo già la risposta.
–Certo che no, perché dovrei fare del male a una povera ragazza come te?– rispose l’uomo avvicinandosi ancor di più, girandole in torno –vieni con me– riprese lui –o ti ammazzo–. A questo punto Sophie si girò verso il lago e corse, corse pregando che quell’uomo fosse lento come aveva sperato. Non voleva che la sua vita finisse così, in un modo così stupido. Voleva lottare, per la zia, che l’aveva allevata senza mai farle mancare nulla. Doveva combattere per Lorenzo, per i suoi sguardi sinceri e per la loro “amicizia”. E voleva vincere a tutti i costi, per avere un futuro, si promise. Se fosse rimasta viva, magari le cose sarebbero cambiate. Chiuse gli occhi mentre correva con l’acqua alle caviglie. Si tuffò nell’acqua sperando che quel luogo tanto amato fosse la sua salvezza. Si slanciò verso il lago, pensò a tutta la sua vita, di come fosse stata monotona fino a quel momento, voleva che qualcosa cambiasse. E così stava per accadere. Sentì un mano toccarle la gamba e trascinarla verso la riva. Era lurida e unta, ma al contempo aveva una presa molto forte. Le mise il pugnale alla gola,
–Alzati, o la tua vita finirà qui, e non penso che un’allettante giovane come te desideri una vita così breve– . La costrinse ad alzarsi, e la portò verso un albero. La sbatté sulla sua ruvida corteccia, cercando di sfilarle la maglietta. Poi tutto fu buio.
 
–Ci sei?– un sagoma slanciata la sovrastava.
–Sì… ma, chi sei?– chiese Sophie frastornata.
–Non è cortese rispondere ad una domanda con un'altra domanda. Non credi?–
–No, ma non mi hai risposto, chi sei?– chiese la ragazza, passandosi una mano tra i capelli ricci nero-pece.
–Sei ostinata eh? Comunque io sono Erik, tu?–
–Non sono affari tuoi– rispose fredda. Non le andava di parlare con un estraneo, specialmente dopo quello che le era appena accaduto.                      
–Strano, ti ho salvato la vita, e non posso sapere nemmeno il tuo nome?
–No– tagliò corto lei –ed ora, se non ti spiace, vorrei alzarmi ed andare a casa– concluse Sophie rapidamente, tirandosi in piedi. Barcollò per qualche istante, prima di cadere tra le braccia di Erik.
–Non ti sono così indispensabile, a quanto pare– disse lui, ironico, mettendole le mani sulla vita. Lei si voltò, fulminandolo con lo sguardo di quei bellissimi occhi azzurri.
–Tu mi avresti salvato? Nei miei ricordi non c’eri– si staccò dalla sua presa e cercò di mantenere l’equilibrio, senza però riuscirci. Ma non voleva mostrarsi debole, soprattutto davanti ad un maschio, così si tirò su attaccandosi alla corteccia dell’albero a fianco del quale era caduta.
–Sei testarda, non preferisci farti aiutare?– chiese avvicinandosi.
–Posso fare da sola– bofonchiò, secca. Questa volta riuscì a camminare, e si avviò verso il cancello.
–Ma dove vai?– lei tacque.                                                                                            
–Ci rincontreremo, ne sono certo…– sussurrò lui, consapevole di essere rimasto solo. Sophie si voltò un’ultima volta, per vedere il viso angelico del suo salvatore. Ma il paesaggio era deserto, eccetto per una piccola macchia scarlatta sul manto innevato. Sophie le si avvicinò, cercando di capire cosa fosse. Si chinò su di essa.
Una rosa rossa, come se quel ragazzo, entrato ed uscito in un attimo dalla sua vita volesse lasciarle un segno, le volesse dire qualcosa.

  
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