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Autore: sterekheart    06/03/2013    4 recensioni
«Clarks, lei dovrà fare il suo progetto con Horan» disse il professore, guardandoci entrambi, da dietro i suoi occhiali.
«Cosa?» urlai, alzandomi in piedi «non ci penso neanche».
«Beh, se preferisce un’insufficienza…»
Mi girai a guardare Niall, che stava osservando tutto con un’espressione scocciata.
«In questo caso, lo prenderò come un sì» constatò il professore «lavorerete sul vostro progetto nel weekend, penso proprio che Horan avrà il suo primo voto positivo» continuò, con un sorrisetto sghembo sulle labbra.
No no no NO. Non può essere vero, perché capitano tutte a me? Oltre a sopportare lui e i suoi amichetti a scuola, dovrò anche passare due lunghe giornate con la persona che più detesto al mondo, per di più facendo uno stupido progetto di chimica? Preferirei spararmi.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Niall Horan, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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You’re a loser.

 
 

Chapter one.

 
Quella mattina mi svegliai alle 11 am, per fortuna mia madre aveva capito che anch’io avevo bisogno di riposare un po’ e mi aveva lasciata dormire fino a tardi.
Passai tutto il giorno sperando che le quattro non arrivassero mai perché a quell’ora avrei dovuto già essere a casa di quel cretino, altrimenti detto ‘Niall’.
Era l’ultima cosa che mi andava di fare in quel momento.
Erano le 3 pm quando aprii la finestra e scoprii che stava ancora nevicando, aveva cominciato la sera precedente e non aveva mai smesso.
Andai in bagno per fare una doccia calda e rimasi sotto il getto dell’acqua per un quarto d’ora. Dopodichè girai la manopola e uscii dalla vasca avvolta da un asciugamano che avevo poggiato sul termosifone poco prima di entrare.
Mi diressi nella mia camera dove aprii l’armadio e scelsi cosa indossare: optai per un paio di jeans e un maglioncino che mi avrebbe tenuta calda.
Mi asciugai e mi vestii, presi la mia borsa e ci misi dentro il mio libro di chimica e il quaderno.
Scesi al piano di sotto per prendere il giubbotto e salutare mia madre.
«Mamma io esco, vado a fare il progetto di cui ti avevo parlato. Torno verso le otto» le urlai, mentre infilavo la sciarpa e il cappello.
«Va bene Allison ma fa attenzione, c’è il ghiaccio per terra, non farti male!» mi disse, dalla cucina.
«Non sono una bambina, mamma» strillai, prima di prendere le chiavi e il cellulare. La vidi comparire nel corridoio con il suo solito grembiule che indossava mentre svolgeva le faccende di casa. Mi schioccò un bacio sulla guancia.
«Lo so, e questo mi fa star male» disse con un tono melodrammatico.
Le feci un cenno con la mano per poi uscire.
Fortunatamente la casa di Niall non era molto distante dalla mia, mi bastava fare qualche isolato e poi svoltare l’angolo.
Feci attenzione a non scivolare sul ghiaccio e, quando arrivai davanti alla sua abitazione, mi appoggiai allo stipite del portone per tenermi in equilibrio.
Vidi la porta aprirsi pochi istanti dopo che suonai il campanello. Niall, in una semplice tuta blu, apparse davanti alla porta facendomi segno di entrare.
Non esitai ad eseguire la sua richiesta e mi precipitai dentro dove un’aria calda e confortevole mi accolse. Casa sua era davvero grande e molto bella.
«Allora…vuoi venire in camera mia o il progetto lo facciamo qui per terra davanti alla porta?» mi chiese, con un pizzico di ironia nella voce. Lo guardai male prima di seguirlo su per le scale.
Nel corridoio del piano di sopra c’erano appese diverse foto incorniciate che ritraevano la sua famiglia al completo, ma una colse più di tutte la mia attenzione: una giovane donna con un volto alquanto familiare stava baciando un uomo altrettanto giovane e infine due bambini biondi si stringevano in un abbraccio, probabilmente lui e suo fratello maggiore.
«Ma qui ci vivi da solo?» gli chiesi mentre entravamo insieme nella sua camera.
«Mio fratello è al college e i miei genitori, beh penso che tu lo sappia già…» rispose, sistemando una seconda sedia davanti alla sua scrivania.
«Che cosa dovrei sapere?» aggrottai le sopracciglia con fare interrogativo sedendomi affianco a lui.
«Non sai chi sono i miei genitori?» mi domandò sorridendo ironicamente.
«Perché dovrei saperlo?»
Mi guardò con gli occhi spalancati.
«Mio padre è uno dei registi più famosi d’Inghilterra e mia madre, beh mia madre era una modella ma ora aiuta mio padre con il suo lavoro. Non ci sono quasi mai.» rimasi a bocca aperta, non ci avevo mai pensato. Ecco perché aveva lo stesso cognome di ‘Troy Horan’, il mio regista preferito.
«E dire che io adoravo i suoi film, come può aver concepito un figlio così…così?» gli dissi, con una faccia disgustata. Lui si limitò a fulminarmi anzi accoltellarmi con lo sguardo.
«Ora capisco perché sei così montato, superbo, arrogante, presuntuoso e pallone gonfiato» continuai con uno dei sorrisi più falsi del mondo stampato in faccia.
«Senti non rompere i coglioni, questa è casa mia e posso sbatterti fuori quando voglio» mi disse, sfogliando nervosamente le pagine del libro.
«L’hai mai aperto quel libro prima d’ora?» gli chiesi indicando il testo che aveva tra le mani con un cenno della testa.
Fece spallucce con un’espressione innocente in volto. Sbuffai e tirai fuori il mio quaderno e il mio libro dalla borsa.
«Sarà un pomeriggio molto lungo…» annunciai con tono affranto.
 
 
 
Tre ore dopo.
Avevo un mal di testa che nessun altro avrebbe battuto e da quasi due ore e mezza stavo cercando di spiegare a quel ritardato che avevo a fianco l’argomento del nostro progetto, era peggio di una capra.
«Senti io mi arrendo, non è colpa mia se hai qualche neurone in meno di tutti gli altri esseri umani. Anzi, dubito che tu abbia un cervello» gli dissi, prendendomi la testa fra le mani.
«Ma tu non eri miss Intelligenza? Non ti facevo così…fallita» rispose fermamente offeso, buttando la schiena contro lo schienale della sedia.
Alzai subito la testa sentendo pronunciare quelle parole.
«Come mi hai chiamata?!» strillai con un tono più acuto di quel che mi aspettavo.
«Fallita, ti ho chiamata fallita. Fallisci prima ancora di provare» disse con aria scocciata, la sua solita aria scocciata.
«Oh, certo. Provaci tu ad insegnare la chimica a una capra senza cervello»
Mi alzai facendo strisciare rumorosamente la sedia per terra.
«Ora basta» urlò lui sbattendo le mani con forza contro la sua scrivania «ne ho abbastanza dei tuoi insulti, non fai altro che offendermi. Non è colpa mia se non passo la mia vita rinchiuso in casa a studiare giorno e notte» si alzò anche lui dalla sua sedia, rosso in volto.
«No, caro io non passo la mia vita ‘rinchiusa in casa a studiare’. È solo che io sono dotata di un cervello, come tutti gli altri esseri umani al mondo» constatai, incrociando le braccia al petto.
«Senti vattene via, non voglio più vederti» disse con tono duro.
È vero: di lui non me ne fregava niente, ma quelle parole mi ferirono. Presi velocemente la mia borsa e ci rimisi dentro il libro e il quaderno, uscii dalla sua camera e cominciai a scendere le scale quando sentii dei passi dietro di me.
Qualche istante dopo, Niall mi sorpassò e arrivò alla porta.
Che maleducato. Pensai infastidita.
Finii di scendere le scale e mi accorsi che stava entrando in salotto.
«Porca puttana» lo sentii imprecare dall’altra stanza.
«Cosa c’è?»
«La neve ha bloccato le strade» disse, rientrando nell’atrio.
«Cosa?! Ma è impossibile…» strillai sgranando gli occhi.
«Vuoi venire a controllare con i tuoi occhi?» mi chiese alzando le sopracciglia.
Lo sorpassai infastidita, colpendolo con la spalla prima di entrare in salotto e scostare la tenda dalla finestra.
Rimasi a bocca aperta quando vidi almeno 1 metro di neve nel vialetto davanti al
portone.
«Ora mi crede, Sua Maestà?» mi domandò facendo finta di inchinarsi con ‘eleganza’. Alzai gli occhi al cielo sbuffando.
«E adesso come farò? Mia madre mi ucciderà se non torno a casa alle otto»
«Chiamala al telefono, no?» disse,  come se stesse dicendo qualcosa di ovvio e, in effetti, lo era.
Sbuffai di nuovo.
«Non c’è campo» constatai arrabbiata, in quel momento avrei seriamente ucciso qualcuno.
«Chiamala col telefono fisso…» rimasi sbalordita dalle numerose idee che stava avendo Horan, faceva progressi il ragazzo.
Presi la cornetta del telefono appeso al muro e digitai il numero.
«Pronto?» sentii la voce di mia madre rispondere dall’altra parte dell’apparecchio.
«Mamma? Sono io, Allison. Ti ho chiamata per avvisarti che sono bloccata a casa del mio…‘amico’ a causa della neve» le spiegai, con più disinvoltura possibile.
«Cosa!? Oddio, tu stai bene vero?» mi chiese cominciando ad agitarsi.
«Sì, stai tranquilla mamma io sto bene. Volevo solamente avvisarti, quando la neve si scioglierà tornerò subito a casa, okay?»
«Va bene, va bene…stai attenta e assicurati che questo ragazzo non ti sfiori neanche» scoppiai a ridere sentendo quelle parole.
«Non preoccuparti, ti assicuro che non succederà» le dissi tra le risate. La sentii salutarmi mentre stavo ancora sogghignando.
Misi la cornetta a posto e, quando mi girai, Niall mi stava guardando in modo strano.
Oddio, è anche un maniaco. Pensai, mentre andavo a sedermi sul divano.
Sarà una serata molto, molto, molto lunga.



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BUONDI', CAZZE <3

Oggi sono azzurra lol, non nel senso che mi chiamo azzurra, io non mi chiamo azzurra senza offesa per chi si chiama azzurra...
Okay, non perdiamo il filo ahahahahahah
Questo è il primo capitulooooo come vi è sembrato?
Lo so che fa cagare (infatti, dopo averlo riletto sono andata in bagno per fare i miei bisogni lol) però abbiate pietà :c
All'inizio è un po' bruttino, alla fine diventa più 'interessante'...MA CHE DICO? FA TUTTO SCHIFO AHAHAHAHAHAHAH
Spero che la mia storia vi piaccia, vorrei ringrazie le due ragazze che hanno recensito il prologo, le tre che hanno messo la storia tra le seguite e l'unica che l'ha messa tra le preferite ahahahahahah
Okay ora potete andare, adiooooooooooos.
I love ya <3

  
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