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Autore: Mary P_Stark    08/03/2013    3 recensioni
Brie e Duncan guidano il branco di Matlock, il Concilio di Anziani è stato destituito e un nuovo corso è iniziato. Assieme a questa nuova via, nuovi amici e vecchi nemici fanno il loro ingresso nella vita dei due licantropi e un'antica, mistica ombra sembra voler ghermire tra le sue spire Brie, che non sa, o non ricorda, chi possa volerla morta. SECONDO CAPITOLO DELLA TRILOGIA DELLA LUNA. (riferimenti alla storia presenti nel racconto precedente)
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'TRILOGIA DELLA LUNA'
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 6.

 
 
 
 


 

L’imbrunire era alle porte, quando raggiungemmo la piccola vallata a forma di ferro di cavallo che era stata scelta per il nostro raduno tra clan.
Il cielo terso, tinto di arancione, rosso e viola, lasciava presagire una serata colma di stelle e uno spicchio di luna crescente, con il suo sorriso benevolo, mi diede il suo personale benvenuto in quel luogo di magia e incanto.
L’essere divenuta licantropo non aveva fatto che acuire il mio amore per la natura.
Trovarmi circondata da quello spettacolare pezzo di paradiso terrestre, mi fece sorridere spontaneamente, nonostante sapessi che non mi trovavo lì in gita di piacere.
Dietro di me, Freki e Geri controllavano ogni angolo visibile – e invisibile – che ci circondava, mentre Fenrir e Hati coprivano i miei fianchi, neanche si aspettassero un agguato da un momento all’altro.
Non che non ve ne fosse motivo. Quel che era successo a Londra mi aveva, ci aveva messi tutti in allarme.
Abbassare la guardia proprio in quel momento sarebbe stato da stupidi, cosa che non eravamo.
A casa, le difese erano state innalzate ai massimi livelli affinché, nei pressi dell’abitazione della mia famiglia, non si avvicinassero facce sconosciute.
In mancanza di Lance, che era dovuto venire con noi per sottostare alla formalità dell’incontro, alla sicurezza di Mary B badavano Anthony e un altro paio di sentinelle.
Erika, venuta a sapere della telefonata, non aveva perso di vista Gordon per più di un secondo.
Anche se Jessie aveva la sua piena fiducia, sapevo da fonti certe che la sorella di Jerome stava spendendo fior di sterline per telefonare alla sventurata sentinella, per essere certa delle condizioni del suo ragazzo.
Non invidiavo Jessie.
Mentre compiangevo silenziosamente la mia amica sentinella, lanciai uno sguardo intorno a me, lasciando perdere quei pensieri per dedicare la mia attenzione al luogo scelto per la riunione.
Poco lontano, intorno a un falò acceso, vidi alcune tende da campeggio già montate e pronte per la notte.
I primi clan erano giunti per quella riunione tra i branchi inglesi che, ogni anno, si svolgeva in uno shire differente.
Quest’anno era toccato al clan di Bradford, accoglierci. Nientemeno che ad Alec.
Piegandosi verso di me, Duncan sussurrò: “Come ti senti?”
“Nervosa come al mio primo giorno di università” ridacchiai, ammiccando.
L’odore dei licantropi – e di Kate – mi scivolò nelle nari come un dolce ed esotico profumo, e la mia bestia rispose al loro richiamo graffiando come un gatto contro le pareti del mio cervello.
Era desiderosa di uscire e di strusciarsi contro di loro, per rinsaldare un rapporto vecchio di secoli.
La azzittii – non era il momento per simili esibizioni – e mormorai: “Percepisco l’odore di Bright, del suo Hati e di Kate… e di una femmina con loro. Estelle?”
“Sì, è lei” annuì Duncan.
“E naturalmente, Alec è già arrivato. Poi ci sono Joshua e Frederick, … Gwen,… ma gli altri non mi dicono niente” ammisi, facendo l’elenco di ciò che sentivo.
“Avrai tempo per conoscere tutti” mi promise Duncan, balzando giù da un masso, subito seguito a ruota dalla sottoscritta e dagli altri membri del nostro gruppo.
Quando finalmente raggiungemmo i margini del campo improvvisato, l’odore del cibo messo a cuocere sulle griglie, e quello dei licantropi presenti, si fece così marcato che, per un momento, storsi il naso.
Era ancora difficile schermare le bordate sensoriali che il mio nuovo stato di licantropo mi obbligava a sopportare.
Concentrandomi maggiormente su quello che stavo percependo, mi sforzai di relegare il tutto in secondo piano, in modo tale da non esserne troppo distratta.
Quando, però, i miei occhi incrociarono quelli di una donna alta e flessuosa come un giunco, la mia concentrazione andò a zero.
Spalancando lentamente la bocca nel fissare la creatura più bella ed elegante che avessi mai visto, sbattei confusamente le palpebre prima di esalare: “Oh. Mio. Dio.”
La donna in questione sorrise con la bocca morbida e carnosa e, avvicinandosi a noi con andatura ferina – tipica di tutti i licantropi – protese una mano ed esordì allegramente: “E’ un vero piacere conoscerti, wicca, io sono Estelle McNamara.”
Riscuotendomi quel tanto che bastò per non apparire una completa deficiente, accettai la mano e, arrossendo mio malgrado, gliela strinsi.
“Il piacere è mio, Estelle. Io sono Brianna Ann Smithson.”
Ora che la vedevo da vicino, mi accorsi che i suoi occhi non erano grigi come avevo pensato in un primo momento, ma verdi.
Sottili pagliuzze nocciola tingevano quelle iridi brillanti e piene di una cortesia che, raramente, avevo visto nelle persone.
Lei ridacchiò, facendo tintinnare i begli orecchini a forma di campanella che indossava.
Ammiccando a Duncan, che ci osservò con un sorriso furbo sul volto, asserì maliziosa: “La tua Prima Lupa è molto più carina di quanto pensassi. Sono un po’ gelosa.”
A quel punto, lo sconcerto prese il sopravvento sulla sorpresa e, fissando quella splendida Venere dalla chioma dorata, esalai: “Io, bella? Qui c’è qualcosa che non quadra. Dovrei scavarmi una fossa e sotterrarmi, per fare un bel lavoro.”
La risatina di Estelle si trasformò in un’aperta risata di gola e Duncan, avvolgendomi le spalle con un braccio, rise del mio commento. “Ti sottovaluti sempre, mia cara.”
“No, ho gli occhi che funzionano bene. E’ un po’ diverso” replicai,  continuando a guardare Estelle per capire se mi stesse prendendo in giro o meno.
Ovviamente, essendo wicca, potevo percepire benissimo le menzogne. Poiché non avevo avvertito nessun prurito sotto il naso, sapevo perfettamente che le sue parole erano state sincere.
Ugualmente, non me ne capacitavo.
A grandi passi, possente di fisico e di aura, Bright ci raggiunse in poche, rapide falcate e, dopo aver stretto la mano a Duncan e Lance, mi sorrise, inchinandosi con fare comico.
Strizzandomi l’occhio, asserì: “E’ sempre un piacere vederti, wicca. Ed è una gioia sapere che sei la nuova Prima Lupa di Duncan.”
“Il piacere è ricambiato, Bright” replicai, alzandomi in punta di piedi per baciarlo sulle guance.
Avrei lasciato a dopo i saluti lupeschi. Per il momento volevo comportarmi da umana.
Lui mi lasciò fare, limitandosi a sostenermi con il tocco leggero di una mano su un braccio dopodiché, lanciando un’occhiata alla moglie – come per scusarsi – esalò: “E’ più forte di me, tesoro. Lo senti anche tu, no?”
“Oh, lo sento eccome…” ammiccò Estelle, sorridendomi comprensiva. “… e vorrei stritolarla in un abbraccio soffocante, tanto il suo potere mi ingolosisce. Ma sarebbe quanto meno… eccessivo.”
Io risi nervosamente – sapevo che il mio potere di wicca, combinato con quello di lupo, era peggio di un afrodisiaco, per loro – e dichiarai: “Non mi offenderò se mi abbracci. Ma lasciami qualche costola intera.”
Estelle ammiccò imbarazzata e annuì, prima di prendermi sottobraccio per accompagnarmi verso il centro del campo.
“Molte Prime Lupe vorranno toccarti, per non parlare dei Fenrir. Dovrai portare pazienza. E’ una cosa talmente nuova, per noi, che la curiosità dà forza al nostro desiderio di conoscerti. Facendoci diventare come delle mosche col miele.”
Lanciando un’occhiata divertita all’indirizzo di Duncan – che sogghignò – replicai bonariamente: “Mi sottoporrò stoicamente alla vostra curiosità. Spero solo di sopravvivere a tanto calore.”
“Sopravvivrai, te lo assicuro” mi promise Estelle, dandomi un colpetto con la spalla. “So cosa significa essere sbattuti nel bel mezzo della mischia, senza che nessuno ti aiuti.”
Annuendo, le confidai: “Duncan mi ha detto che tu hai avuto un battesimo del fuoco, per così dire, piuttosto burrascoso, e che potevi capirmi meglio degli altri.”
Estelle sorrise a Duncan, che asserì: “Ho pensato poteste parlarne un po’, se ti va.”
“Ma certo. Sarà un onore essere d’aiuto alla tua compagna” annuì Estelle. “Però, affronteremo l’argomento più tardi, perché credo che ora vogliano conoscerla tutti. Almeno i presenti.”
Il nostro arrivo nei pressi del falò, in effetti, sortì l’effetto di un cantante rock in mezzo a un branco di fan in delirio.
Tutti gli sguardi si posarono su di me con la velocità del fulmine e parecchi licantropi, annusando l’aria nell’avvertire il mio odore e il mio potere, sorrisero spontaneamente.
Il contegno impiegò qualche attimo per tornare sui loro volti, così rimasero passivamente fermi nelle loro posizioni, pur desiderando avvicinarsi.
La loro curiosità, mista a dubbio e timore, si infranse contro il mio cervello come le onde sulla battigia, stordendomi.
Passando velocemente una mano sulla fronte, chetai il mio respiro per controllare quel flusso di informazioni fino a bloccarle fuori dalla mia testa.
Quando fui in grado di parlare senza apparire dislessica, mi esibii in un breve sorriso e, con un grazioso cenno del capo, mormorai a mezza voce: “Buonasera a tutti. Io sono Brianna Ann Smithson. E’ la prima volta che incontro molti di voi.”
Un coro di buonasera si levò intorno al fuoco e Joshua, avvicinandosi al nostro gruppo con un sorriso, ci abbracciò a turno, dicendo: “E’ un piacere rivedervi così presto. Il rientro è andato bene?”
“Benissimo” asserii, prima di intercettare lo sguardo di Alec oltre le spalle di Joshua.
Vicino a lui, Frederick – Fenrir di Glasgow – era in posizione di attesa, quasi lo stesse tenendo d’occhio in previsione di guai.
Sorprendendo tutti, però, Alec si avvicinò a noi con l’aria di uno studentello timido e dichiarò: “E’ un piacere e un onore rivederti, wicca e Prima Lupa di Matlock. E’ stata una sorpresa venire a sapere del tuo nuovo status. Non si era mai sentito nulla del genere.”
“Amo stupire” commentai, accettando la sua mano protesa senza smettere di guardarlo negli occhi.
Quella sfumatura grigio ghiaccio non mi faceva più paura come un tempo.
La bestia dentro di lui, a stento trattenuta dalle sue buone maniere, era comunque da tenere sott'occhio.
La mia aura lo eccitava ancor più degli altri, e ne conoscevo bene il motivo.
La sua bramosia era molto superiore a quella di molti altri Fenrir poiché, più di ogni altra cosa, Alec desiderava il potere, e il mio era prelibato e succulento come un frutto maturo, pronto per essere colto.
Uno a uno, i Fenrir – con i relativi Hati e Prime Lupe – formarono un capannello intorno a noi,  mentre i Freki e i Geri continuavano a rimanere in disparte, nell’ombra, senza mai perdere di vista quel pericoloso concentrato di potere.
Conobbi così Gilbert, Fenrir di Skye, la sua compagna Stephanie e il loro Hati, Robert.
Finalmente, ebbi il piacere di fare la conoscenza con Becca, la Prima Lupa che Duncan aveva salvato a Glasgow, e il suo piccolo Matthew, che gorgogliò felice quando lo presi in braccio per qualche coccola.
E conobbi – anche se non mi fece particolarmente piacere – Sebastian, Fenrir dell’Isola di Man, che mi squadrò con il suo unico occhio nero come pece, prima di stringermi la mano e sentenziare: “Hai fin troppo potere, per i miei gusti, ma una wicca non si tocca, lo so bene.”
Duncan non commentò – non so se per educazione, o per altro – limitandosi a stare al mio fianco per tutta la durata di quelle presentazioni. Alla fine di quel balletto interminabile mi guardai intorno con aria dubbiosa, e chiesi: “Gli altri, quando arriveranno?”
“Pascal mi ha chiamato al cellulare mezz’ora fa. Sono bloccati sull’autostrada, e contano di arrivare domattina. Non possono certo piantare l’auto in mezzo alla strada” celiò Frederick, scrollando le spalle.
“Fenrir di Cardiff” mi sussurrò all’orecchio Duncan.
Annuii, prima di chiedere: “E Cecily, Fenrir di Falmouth?”
Ammettevo tra me e me che conoscere l’unico Fenrir donna dell’isola mi intrigava molto, e scoprire che era in ritardo mi aveva un poco deluso.
Sapevo di essere eccessivamente ansiosa, ma non potevo farci nulla.
Non avevo la più pallida idea di come fosse, sapevo solo della sua esistenza, e che Duncan nutriva un profondo rispetto per lei, il che non poteva che deporre a suo favore.
Da lì a sapere se le sarei stata simpatica, o se mi avrebbe trovato pericolosa per la sicurezza dei clan, non potevo saperlo.
Sebastian aveva messo ben in chiaro il fatto che, secondo lui, il fatto di essere sia Prima Lupa che wicca poneva nelle mie mani fin troppo potere.
Ero più che certa che, quando tutti fossero stati presenti, lo avrebbe riportato all’intero comitato di Fenrir.
Dalla mia avevo parecchi clan, era vero, ma dovevano ancora arrivare Pascal, Cecily, Eric, Fenrir di Colchester, e Bryan, il capo branco delle isole Orcadi.
Davvero non sapevo cosa aspettarmi.
Ma, soprattutto, non sapevo da che parte prendere Alec. Il suo apparente buonismo mi preoccupava.

***

Seduta su un ceppo, intenta ad aiutare Branson a pulire la canna di una delle sue Beretta 9 mm, lanciai uno sguardo curioso tutt’intorno a me.
In lontananza, notai il gruppo dei Fenrir al gran completo – Eric era finalmente arrivato, in compagnia di Bryan e soci – e il piccolo crocchio di Prime Lupe, sedute vicino al fuoco.
Avrei dovuto unirmi a loro? Restare con Branson? Onestamente, non lo sapevo.
“Non ti preoccupare, Brianna…” si intromise all’improvviso Branson, mettendo un po’ di olio lubrificante sullo stoppino, per poi pulire una delle canne “…fino a domani non ci sarà nulla di ufficiale, e la tua presenza o meno in mezzo al gruppo non darà adito a nessun pettegolezzo.”
“Sono così trasparente?” mi lagnai con lui, sospirando pesantemente.
“Abbastanza, per chi ti conosce” ammiccò Branson, dandomi un colpetto con la spalla.
Poco lontano, Gwen mi sorrise dalla sua postazione nei pressi della tenda di Joshua.
Memore delle sue parole, mi volsi verso Branson – che a sua volta aveva notato la collega – e gli chiesi: “Gwen mi ha detto che avete avuto alcune divergenze, voi due. E’ vero?”
“Non come crede lei” replicò, facendo spallucce. “Le ho solo salvato le penne durante un lavoro congiunto tra clan, e lei l’ha presa come un’offesa personale. Io le ho detto che, per essere una donna, ha un destro micidiale, ma che non sarebbe bastato contro un licantropo inferocito, e lei mi ha accusato di essere un misogino maschilista... e non dico il resto.”
Sollevando un sopracciglio con espressione interessata, insistetti in quello strano interrogatorio improvvisato. “Sei sicuro che sia andata esattamente così?”
Branson mi fissò con i suoi gelidi occhi da killer e, rabbrividendo leggermente, gli sentii dire: “Non sono problemi miei, se Gwen detesta gli uomini e le piacciono le donne, ma quel che va detto, va detto. Pur con tutta la ginnastica che potrà mai fare, il suo fisico è - e rimane - più debole del mio. Potrà essere agile, veloce e letale finché vuole, ma la sostanza non cambia.”
Gwen, omosessuale? Questa non me l’aspettavo. Non che me ne importasse qualcosa, ma forse poteva spiegare la vera acredine tra i due.
Poggiando il mento sul palmo della mano, fissai un momento Branson prima di chiedergli a bruciapelo: “Non è che tu avevi una cotta per lei e, quando ti ha dato picche, ti sei infuriato?”
Con mia somma sorpresa, Branson arrossì fino alla radice dei capelli scuri e, reclinando il viso, borbottò: “Non penso sia un argomento da trattare qui, dove ci sono troppe orecchie ad ascoltare.”
“Oh, giusto” annuii, infilando il caricatore nella pistola che avevo in mano, per poi inserire la sicura.
Fatto ciò, depositai l’arma nella fondina ascellare della mia guardia del corpo – Sarah si stava occupando, assieme a Lance, della sicurezza di Duncan – e, presolo per mano, dissi: “Vieni con me. Voglio arrivare in fondo alla questione.”
“Ma Brianna, perché?” esalò, seguendomi senza protestare troppo.
Sapevo di comportarmi da impicciona, ma non volevo ci fossero acredini del genere, tra il nostro branco e quello di Joshua.
Una sola incrinatura poteva portare a fratture ben più grandi, e io volevo un clan forte, così come alleanze altrettanto resistenti, per Duncan e me.
Quindi, dovevo arrivare in fondo alla questione.
Quando fummo a una distanza che giudicai accettabile – ora, eravamo immersi in un’oscurità densa e umida – dichiarai: “Bene. Fammi capire.”
Incrociando le braccia possenti sul torace, Branson brontolò: “Davvero non capisco perché tu voglia perdere del tempo per una bazzecola simile.”
“Non desidero ritrovarmi con una lite tra clan, e solo perché voi due non riuscite ad andare d’accordo. Siamo solo all’inizio del nostro governo senza il Consiglio, e non voglio per nessun motivo che ci siano increspature sul mio placido laghetto, okay?” gli spiegai succintamente, sospirando e passandomi una mano tra i folti e lunghi capelli.
Sbuffai, chetandomi, e aggiunsi: “So che ti può sembrare un’esagerazione, o una prevaricazione, ma credimi, lo faccio solo per il bene del branco.”
Sospirando a sua volta, Branson replicò: “Non metto in dubbio la tua buona fede, Prima Lupa…” nel sentirglielo dire, percepii quanto rispetto mi portasse nonostante, tra noi, ci fossimo sempre comportati con estrema disinvoltura. “…ma non so quanto potrà servirti sapere che sì, avevo un’infatuazione per Gwen prima che venisse dichiarata Geri, e sì, mi sono infuriato parecchio quando lei mi ha sbattuto in faccia la sua omosessualità… dopo essere stata con me per più di sei mesi.”
Quello, di certo, non me l’ero aspettato.
Sgranai gli occhi, arrossendo fino ai capelli e sentendomi tremendamente in colpa per averglielo chiesto.
Branson, del tutto tranquillo, continuò nel suo racconto. “Le feci notare che forse, se ci avesse riflettuto sopra prima, avremmo evitato di star male in due. Lei mi rinfacciò di aver tentato di amarmi e di non esserci riuscita, e così ogni occasione diventò buona per beccarci. Ma non farei mai nulla contro di lei né, meno ancora, contro il mio branco, o il suo. Non devi temere che i nostri battibecchi possano minare l’alleanza con Joshua.”
Reclinando il capo, mi avvicinai a Branson fino a poggiare la testa contro il suo petto, sentendo con maggiore chiarezza il battito affrettato del suo cuore e il sangue che pulsava nervosamente nelle vene gonfie.
Era agitato, nonostante non volesse apparirlo. E io ne ero la causa.
“Scusami, non pensavo che le cose fossero andate così” sussurrai, sollevando le mani per stringerle intorno alle braccia imponenti di Branson.
Lui rimase immobile, replicando pacatamente: “Una Prima Lupa non si deve scusare. Agisce per il bene del branco, e ogni sua domanda è lecita. Non sono offeso, ma mi spiace averti causato turbamento. Hai già fin troppe cose a cui pensare.”
Sollevai di scatto il capo per fissarlo in viso – che io vedevo chiaramente, nonostante l’oscurità che ci circondava – ed esclamai: “Ma no! Non devi preoccuparti di questo! E’ che temevo, insomma…”
Sorridendomi gentilmente, Branson mi sfiorò una spalla con l’enorme mano, mormorando: “…temevi che potessi essere un potenziale pericolo per la leadership di Duncan e, da brava Prima Lupa, te ne sei occupata personalmente.”
“Devi scusarmi se non faccio le cose come dovrei, ma …” brontolai, non sapendo bene cosa dire.
“Le fai esattamente come dovresti. Sono le Prime Lupe a occuparsi di questioni simili” replicò Branson, scrollando le spalle. “Solo, non pensavo che il mio… disaccordo con Gwen avrebbe potuto turbarti. Vedrò di parlare anche con lei, per chiarire le cose. In fondo, lo so che a volte esagero, con le battutine. Mi scuserò, promesso.”
Abbozzai un mezzo sorrisino di scuse e chiesi: “Sicuro che non sono stata un’impicciona?”
“Sei stata una brava Prima Lupa” mi rassicurò Branson, annuendo con forza.
Feci per ringraziarlo quando, di colpo, i miei sensi si tesero come corde di violino ben accordate mentre Branson, notando il mio irrigidimento improvviso, mi sussurrò turbato: “Problemi?”
Annuii mentre lui, con un movimento fluido di braccia e gambe, mi accompagnò lesto verso terra, inglobandomi completamente nella sua stretta protettiva.
L’Abbraccio della Morte.
Quella tecnica di protezione non era chiamata a quel modo per la fine a cui si andava incontro ma perché, ad applicare quel tipo di sistema difensivo, erano solo Freki e Geri che, di fatto, dispensavano morte.
Perciò, era come essere abbracciati dalla Falce Mietitrice.
Inginocchiata a terra e con i sensi in allarme, percepivo distintamente il tepore del braccio di Branson che mi avvolgeva il corpo, mentre il mio busto era premuto contro la sua gamba, ripiegata per darmi un appoggio laterale.
Di fatto, era come trovarsi all’interno di un bozzolo caldo e protettivo.
Rabbrividii comunque, nel sentire il click delle sicure delle pistole mentre venivano disinserite e, cauta, brontolai: “Alec, ho percepito il tuo odore. Vieni fuori e smettila di fare lo stronzo. Sia tu che il tuo amico, grazie.”
Una risatina stridula si fece largo nell’oscurità densa come melassa, mentre dei passi soffusi si avvicinavano a noi da due differenti direzioni.
“Anche se eravamo sottovento, ci hai percepito lo stesso. I miei complimenti, wicca” dichiarò Alec, a non più di tre metri da noi, nascosto fino a quel momento alla nostra vista grazie a una serie di affioramenti rocciosi.
“Uh, niente meno che l’Abbraccio della Morte” ridacchiò una seconda voce, poco lontana da noi. “Non siamo un po’ esagerati, Geri?”
“Mai, per la mia wicca” ringhiò tra i denti Branson, rialzandosi lentamente e portandomi con sé, senza mai lasciare la presa sulla mia vita.
“Hai un cagnolino davvero fedele, mia cara” convenne Alec, muovendosi a destra e a sinistra, come una iena di fronte a un animale morente. “In pochi mesi ti sei fatta amare e rispettare da tutto il branco?”
Aggrottai la fronte, stringendo una mano sul braccio possente di Branson perché non si scatenasse in tutta la sua furia omicida.
Gelida, replicai: “Ma come? Conosci la parola amore? Pensavo fosse bandita dal tuo vocabolario.”
Un’altra risata, più aspra, stavolta. Quindi a ridere, in precedenza, era stato il lupo misterioso, quello dall’aura così sinistra.
“Spiritosa e pungente proprio come ti ricordavo, piccola. La mutazione non ha cambiato il tuo caratterino. Ne sono lieto” commentò Alec, facendo un passo per avvicinarsi.
Ringhiai istintivamente, snudando le zanne e mostrandole ad Alec perché si rendesse conto di cosa fossi capace.
Potevo ancora avere dei problemi nel gestire i miei sensi sovra sviluppati ma, nella mutazione mediana, ero un asso non meno di Duncan.
Non appena lo notò, Alec bloccò i suoi passi e si fece un poco più guardingo, mormorando subito dopo: “Oh, bene. Pur così giovane, sai già mutare parzialmente?”
Con voce leggermente metallica, ringhiai: “E aspetta di vedermi domani. Farai meno il furbo.”
Fu la volta di Branson di calmare i miei bollori.
Sentivo distintamente la bestia ringhiare e graffiare dentro di me, desiderosa di uscire per dare una bella lezione ad Alec, che stava deliberatamente mancando di rispetto a un lupo alfa come io ero di diritto.
Era raro che la parte lupesca di me si facesse così aggressiva e sì, infastidita dalla mancanza di rispetto mostrata da un altro lupo.
Andava pur detto, però, che non avevo un gran feeling con Alec, e questo sicuramente peggiorava le cose.
“Mia wicca, ti prego. Niente risse” mi pregò Branson, tendendo i muscoli del braccio per trattenermi.
Non mi ero accorta di essermi già piegata in avanti per attaccare.
Alec rise ancora, ma pensò bene di arretrare di un passo, prima di asserire beffardo: “Ah, la nostra cara, bellicosa lupetta. E io che ero solo venuto per presentarti il mio nuovo Freki.”
Mi volsi un secondo verso destra per lanciare uno sguardo al lupo che, dall’ombra, era emerso come un’emanazione spettrale.
Con un inchino, irrispettoso al pari del ghigno ferale con cui si esibì, celiò: “E’ un onore conoscere colei che è riuscita a sconfiggere, da umana, il mio predecessore. I miei rispetti, wicca, io sono Gregory.”
Feci schioccare la lingua contro il palato, irritata dal suo modo di parlare così sfrontato, e replicai: “Dal tuo tono vuoi farmi capire che ora, pur essendo Prima Lupa e wicca, non avrei alcuna chance, contro di te?”
Sollevò un folto sopracciglio rossiccio, asserendo: “Oltre che bella e brava, sei anche acuta. I miei più vivi complimenti. Duncan si è scelto una buona compagna con cui scaldarsi la tana.”
Guardai il cielo, imprecando tra i denti mentre Branson si irrigidiva di fronte a tanta sfrontatezza.
Fissando poi Alec, ironizzai sardonica: “Devi avere un fiuto speciale, se riesci a sceglierli tutti stronzi come te.”
Entrambi i lupi scoppiarono a ridere di gusto, evidentemente divertiti dalla mia battuta.
Dando una pacca sul braccio a Branson perché mi lasciasse andare, mi avvicinai con due rapide falcate ad Alec, prima di sputargli in faccia: “Ridi finché vuoi, maledetto lupo dei miei stivali, ma non aspettarti gentilezza da parte mia. Sei e rimarrai uno stronzo presuntuoso!”
“E tu una lupacchiotta con la lingua troppo lunga” replicò, perdendo di colpo ogni voglia di fare dell’ironia e sollevando una  mano per colpirmi.
Era quello che volevo.
Sogghignai vittoriosa e, facendo appello ai miei poteri di wicca, accumulai dentro di me l’energia rilasciata dalla sua aura iraconda, rigettandogliela addosso decuplicata, mandandolo così lungo riverso a terra, a una ventina di metri da me e Branson.
Sorpreso e irritato – forse il giovanotto si era dimenticato che ero ancora una wicca – Alec si passò una mano sulla bocca, dove un rivoletto di sangue scendeva a macchiargli il pizzetto scuro sul mento.
“Hai imparato bene.”
Freki mi guardò torvo, indeciso sul da farsi così, ironica, gli chiesi: “Ne vuoi anche tu?”
Alec si alzò con la grazia ferina di cui solo i licantropi sono i padroni indiscussi e, fissando un momento il suo Freki per frenarne lo spirito battagliero, si limitò a dire: “Ho avuto la prova che cercavo.”
“E cioè?” volli sapere.
“Che hai troppo potere dentro di te. Sei una minaccia per i clan” mi riferì beffardo.
Sollevai un sopracciglio con evidente scetticismo e replicai: “E tu credi che, se raccontassi quel che è successo, gli altri avrebbero qualcosa da ridire sul mio comportamento?”
Quella frase lo colse di sorpresa. Forse non si era aspettato il mio silenzio.
Aggrottando la fronte, chiese dubbioso: “Che intendi dire?”
Ero veramente stanca di lui, e glielo dissi.
Passandomi una mano tra i capelli, asserii fiacca: “So che tu sei abituato a vivere in un mondo dove l’egemonia vale sopra ogni altra cosa, ma forse ti stupirai nel sapere che non tutti la pensano come te. Io non ho alcun bisogno di andare a spifferare a Duncan e agli altri quel che hai fatto stasera visto che, spero, tutto si risolverà con un pacifico buonanotte. Ma sei padronissimo di non crederci e spiattellare tutto tu alla riunione di domani sera, cercando di difenderti da accuse che non ti muoverò contro.”
Sprezzante, si volse per andarsene e sentenziò: “La tua generosità non ti porterà da nessuna parte, Prima Lupa.”
“Pensala come vuoi” sbottai, tornandomene al fianco di Branson che, fino a quel momento, aveva tenuto tra le mani le sue fide pistole.
Gregory seguì Alec dopo un attimo. Attesi che fossero abbastanza lontani, per sciogliermi contro il torace teso allo spasimo di Branson. “Sto per svenire, sai?”
“Ah, ecco. Pensavo fossi diventata la Regina di Ghiaccio tutto di colpo” ironizzò, pur con voce tesa.
Emisi una risatina tremula prima di cercare il suo braccio e lui, avvolgendomi protettivo le spalle, mi riaccompagnò verso il campo.
“Perché questa dimostrazione di forza con quell’idiota?”
“Volevo che fosse chiaro ad Alec che non ha a che fare con una giovane licantropa spaesata, ma con una Prima Lupa tosta, e per nulla ben disposta a farsi mettere i piedi in testa” ammisi, appoggiandomi quasi completamente a lui.
Se non ci fosse stato Branson, sarei sicuramente morta di paura, ma era meglio non dirlo ad alta voce. C’erano un po’ troppe orecchie indiscrete, in giro.





____________________________
N.d.A: ecco, finalmente, l'incontro tra clan e, come sempre, Alec si fa riconoscere! :)
Grazie a tutti/e voi che avete letto e/o commentato! Mi fa sempre molto piacere...^_^

 

  
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