Anime & Manga > Naruto
Segui la storia  |       
Autore: Rhaenyra17    12/03/2013    3 recensioni
[Dal capitolo 3:
«Menti a tuo fratello?»
«Non ti sto mentendo».
«E io sono solo un’illusione: il vero me è a casa».
«Plausibile».
«Impossibile, otouto. Dimmi, per caso ti piacciono i ragazzi?»
Beccato.
«Fatti gli affaracci tuoi!»
«Ti piacciono i ragazzi».
«Taci!»]
[ItachixSasuke; Uchihacest; Yaoi; accenni NaruSasu]
[QUESTA STORIA SI È CLASSIFICATA TREDICESIMA AL CONTEST "FAMMI INNAMORARE! MIGLIOR COPPIA YAOI/SLASH" INDETTO DA FAFFINA SUL FORUM DI EFP.
QUESTA STORIA SI È CLASSIFICATA SESTA AL CONTEST "TEMPO DI LACRIME - FLASH CONTEST" INDETTO DA CHISANA KITZUNE SUL FORUM DI EFP.
QUESTA STORIA SI È CLASSIFICATA QUARTA AL CONTEST "A SENTENCE TO DREAM" INDETTO DA KIRAME27 E MARY DB SUL FORUM DI EFP.
QUESTA STORIA PARTECIPA AL CONTEST "RED CARPET, FANFICTION DA OSCAR!" INDETTO DA CLALLA97 SUL FORUM DI EFP.
QUESTA STORIA PARTECIPA AL CONTEST "QUELLO CHE NON UCCIDE FORTIFICA" INDETTO DA SHIZUE ASAHI SUL FORUM DI EFP.]
Genere: Angst, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Itachi, Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha
Note: AU | Avvertimenti: Incest | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 3 – Castore and Polluce

Nove agosto.
Esattamente due mesi prima, quella stessa notte, Sasuke festeggiava assieme ad Itachi il suo ventiduesimo compleanno.
E a proposito di compleanni, il minore dei due desiderò come non mai che sparissero per sempre dalla circolazione, o che almeno potesse addormentarsi la sera prima e svegliarsi il giorno seguente, pur di non rivivere le sensazioni che i ricordi di compleanni precedenti gli donavano.
Se ne stava steso sull’erba fresca, guardando il cielo cosparso di stelle. Erano circa un paio d’ore che se ne stava lì a contemplarlo, non pentendosi della mancata partecipazione al falò organizzato da Naruto e altri compagni. Non se la sentiva proprio di stare in compagnia, in una serata così malinconica nella quale avrebbe celato a malapena il pessimo umore e di certo non voleva rovinarla anche al compagno.
L’immensità di quella distesa oscura e puntellata di meteore luccicanti estasiava i sensi dell’Uchiha e lo rilassavano profondamente. Non ci volle molto prima che decidesse di mettersi a cercare qualche costellazione.
Da piccoli, lui e Itachi trascorrevano molto tempo a sfogliare libri con le illustrazioni di insiemi di stelle che formavano delle figure umane, animali, o altro, e avevano imparato a distinguerle nelle notti in cui il cielo era gremito di stelle.
Decise di fare lo stesso quella sera, mentre con una mano strappava steli d’erba al prato costantemente innacquato, alcuni boccioli di rosa nelle vicinanze, gli alberi a contornare quella distesa verde: un melo, un pero e… un ciliegio.
Ringhiò sommessamente e strappò altri fili, gettandoli con forza sul terriccio umido e ridonando la propria attenzione al cielo stellato.
Con l’indice indicava delle stelle, tracciando dei segmenti immaginari e congiungendole mentalmente, così che gli apparisse vivida l’immagine della costellazione riscontrata.
«Orsa Maggiore», segnalò la prima; «Orsa Minore», trovò anche la seconda.
«Polluce, Alhena, Castore, Tejat Posterior e Mebsuta…», elencò, «La costellazione dei Gemelli… Regolo, Algieba, Denebola, Zosma, Ras Elased Australis e Coxa… La costellazione del Leone…»
«Sapevo che ti avrei trovato qui», lo interruppe qualcuno alle proprie spalle.
«Nii-san?»
«Sono qua».

«Tsk», sbuffò, «che perspicacia».
«Noto con piacere che le mie parole sono ancora impresse dentro te, otouto», pronunciò con fierezza, ignorando l’ironia dell’altro, «quindi sai ancora parlarmi di queste costellazioni?»
Sasuke annuì e, dopo aver preso un respiro profondo, iniziò a parlare.
«La costellazione del Leone si trova tra quella della Vergine e del Cancro, sull’eclittica solare. Secondo il mito di Eratostene e Igino, il leone fu posto nel cielo perché re degli animali e si ritiene che sia il leone nemeo, sconfitto da Ercole nella prima delle sue dodici fatiche. Nemea si trovava a sud est della città di Corinto e le persone lì sparivano a vista d’occhio a causa di questo leone che si nascondeva in una caverna dotata di due aperture. Un giorno uscì e si addentrò nel bosco, dove vi trovò Ercole: riuscì a distruggergli l’armatura con i propri artigli e a strappargli un dito, ma Ercole lo afferrò per la criniera e il re di Nemea fu sconfitto. Da allora, fu posto da Zeus nei segni zodiacali e formò la costellazione del Leone. Al giorno d’oggi, invece, questa costellazione può essere interpretata come l’avvento di una primavera, di un periodo particolarmente sereno della vita di una persona. La stella più luminosa della costellazione è Regolo, che emana una luce azzurrina e raggiunge l’apoteosi della sua luminosità ogni diciassettemila anni».
«E Gemelli?»
«La costellazione dei Gemelli è attraversata dall’eclittica e si trova tra le costellazioni del Toro, del Cancro, dell’Auriga, della Lince, dell’Unicorno e del Cane Minore. Nella mitologia i Gemelli erano Castore e Polluce, i Dioscuri, cioè i figli di Zeus; i due crebbero insieme e nessuno dei due agiva senza prima consultarsi con l’altro, né litigarono mai. I due gemelli si unirono alla spedizione di Giasone e degli Argonauti per la conquista del vello d’oro, riuscendoci dopo che Polluce, grazie alla sua bravura nell’arte del pugilato, riuscì a sconfiggere Amico, lo sbruffone più sbruffone di tutti. Tante furono le avventure che li resero i gemelli inseparabili e invincibili, ma durante lo scontro contro un’altra coppia di gemelli, Castore fu trafitto da una spada e morì. Polluce pianse la morte del gemello e poi decise di chiedere a Zeus l’immortalità per entrambi; il dio li accontentò, ponendoli nel cielo. Vengono raffigurati abbracciati, indivisibili per l’eternità. Le orbite delle stelle di Castore e Polluce s’intersecano solo una volta ogni mille anni e solo allora… Ma, Itachi…»
«Sì, otouto: quelle sono le stelle Castore e Polluce, i due gemelli».
Due stelle, una bianca e una arancione, si avvicinavano sempre più e mancava poco ormai prima che la più piccola si trovasse tra le braccia della più grande, coprendone la parte centrale e lasciando che la luce arancione si intensificasse attorno alla propria forma.
«Che spettacolo…»
«Un doppio spettacolo», lo corresse il maggiore, sedendosi al suo fianco e cingendogli la vita con un braccio; poi prese a carezzare un lembo di pancia e il fianco destro, alzandogli di poco la maglietta che indossava e lasciando che il più piccolo gli si accoccolasse tra le braccia, estasiato dalla magnificenza di quello spettacolo galattico.
«Doppio spettacolo, già».
«Per me sei tu la stella più bella di tutte, otouto».
Il diciassettenne alzò lo sguardo e incontrò quello sincero del fratello. Se una parte di lui era colma di disprezzo per quello che aveva visto un paio di settimane prima, prevaleva comunque quella pregna d’amore; quel lato di lui che amava Itachi come un fratello non dovrebbe fare. E il batticuore aumentò notevolmente e la percezione sensoriale calò in maniera drastica: non esisteva più nulla, se non la figura di Itachi, i suoi occhi, il suo profumo, il suo respiro sulla pelle del minore, i capelli lunghi legati in una coda bassa e alcune ciocche che cadevano deliziosamente sul viso, il colorito eburneo, le mani grandi e le braccia forti.
«Nii-san…», tentò Sasuke, ma fu interrotto dall’indice di Itachi posato con leggiadria sulle proprie labbra, l’intenzione di farfugliare qualche parola sconnessa del più piccolo disintegrata in un battito di ciglia.
Rimasero in silenzio per un tempo indefinito, il più piccolo disteso tra le braccia del più grande che gli carezzava i capelli in maniera soave, il bisbigliare di Itachi trasformatosi in un canticchiare canzoni ugualmente sottovoce, il fiato che solleticava la cartilagine delle orecchie del diciassettenne, il calore che gli infondeva, delle stelle cadenti e desideri espressi, nella speranza che fossero esauditi. O delle richieste telepatiche all’unica persona che poteva intendere qualunque cosa di sé senza bisogno di parlare, sbuffare di continuo, gesticolare né niente.
«Non sono fidanzato, otouto», affermò il maggiore, assorto nei propri pensieri e perso nell’immensità del cielo. Sasuke, dal canto suo, si voltò immediatamente verso di lui e lo guardò in maniera stralunata.
«E questo cosa c’entra adesso, Itachi?»
«Eri tu a volerlo sapere, quattro anni fa», rammentò, «e io non ti ho mai tolto il dubbio».
«Non sembravi tanto single, il ventidue luglio scorso con Sakura», sputò con amarezza.
«Hai una visione solo sentimentale del sesso, otouto?», domandò incuriosito dall’affermazione convinta del fratellino. «A pensarci bene, non ne abbiamo mai parlato prima d’ora».
«Di certo non farei sesso col primo che mi capita davanti!»
Due furono le domande che piombarono nella mente di Itachi, ma avrebbe dato tempo al tempo e avrebbe riservato la domanda cruciale a qualche minuto più tardi.
«Credi che abbia pescato dal ciglio della strada Sakura?»
«Non mi sorprenderei», sbuffò stanco il minore.
«Lo dici solo perché l’hai beccata in atteggiamenti… ambigui e l’hai conosciuta come “la ragazza che vuole scoparsi mio fratello”».
«NON È VERO!», ribatté sicuro Sasuke, lanciando uno sguardo inceneritore al fratello che, nello stesso istante, gli prese una mano e iniziò a giocherellare con le sue dita.
«Sì, invece, se tu la conoscessi, concorderesti con me: è una brava ragazza, disponibile e intelligente».
«Non mi interessa, Itachi».
«E cosa ti interessa? O meglio, chi ti interessa?», il ventiduenne colse la palla in balzo e rigirò la frittata, ponendogli il fatidico secondo quesito; al che il fratellino impallidì ancor di più di quanto non fosse già di suo e trattenne il respiro per qualche istante, la bocca spalancata mentre sicuramente era alla ricerca di una risposta plausibile.
«N-nessuno».
«Menti a tuo fratello?»
«Non ti sto mentendo».
«E io sono solo un’illusione: il vero me è a casa».
«Plausibile».
«Impossibile, otouto. Dimmi, per caso ti piacciono i ragazzi?»
Beccato.
«Fatti gli affaracci tuoi!»
«Ti piacciono i ragazzi».
«Taci!»

«Hai già avuto rapporti?», Itachi s’irrigidì, capendo solo dopo che la risposta di Sasuke avrebbe potuto cambiare le carte in tavola; voleva davvero saperlo?
«Ribadisco: fatti gli affari tuoi, Itachi!», Sasuke sembrava già più calmo, mentre si ridestava controvoglia; il maggiore se ne rese conto e lo forzò a rimanere, e l’altro non ribatté.
Calò di nuovo un pesante silenzio attorno a loro, interrotto soltanto dal fievole rumore delle onde in lontananza, le foglie degli alberi mosse dalla brezza d’agosto, i loro respiri, gli steli d’erba mossi dai piedi del diciassettenne e il bubolare di un gufo.

[ Shayne Ward - No promises ]

«Vieni con me, Sasuke», lo invitò il ventiduenne dopo un po’, alzandosi e porgendogli una mano; dal canto suo il minore, mordendosi le labbra e indispettito dall’eccessiva premura di Itachi, poggiò stancamente le mani sul terreno e facendo leva sulle proprie braccia, si rialzò. Si pulì distrattamente i pantaloni e la maglietta, sistemò la corta chioma corvina e si limitò a seguire le orme invisibili lasciate dal nii-san; non avrebbe mai ammesso che, più che guardare i suoi passi o ricordare a memoria la strada di casa, il più piccolo si affidava all’olfatto, inebriandosi dell’odore mascolino del fratello.
Il più grande rallentò un po’, permettendo al suo otouto di raggiungerlo e rimanere al passo. Camminarono così, fianco a fianco in perfetto silenzio, sino a quando non giunsero nella propria dimora; in un tacito accordo, si sfilarono con lentezza spossante le scarpe e Sasuke fu il primo a raggiungere la scalinata. Salì appena due scalini, poi si voltò verso il fratello che lo stava raggiungendo. Itachi sostò dapprima sullo scalino più in basso, poi attirò il minore a sé facendolo scendere e abbracciandolo forte, quasi stritolandolo; senza però fargli male. Le mani calde del ventiduenne si adagiarono sul viso mingherlino e d’alabastro del minore, adattandosi alle forme delle guance lievemente arrossate e alzandogli il capo; remissivo, il ragazzino issò il viso di sua spontanea volontà, lasciandosi andare alle docili blandizie degli arti carnosi e morbidi del maggiore. I loro occhi s’incrociarono, s’incatenarono per davvero dopo tanto tempo trascorso ad evitarsi, effetto scaturito perlopiù dall’incertezza di Sasuke; e fu allora che Itachi intuì la concreta realtà dei fatti.
Senza alcuna fretta e con una rincarata dose di assoluzione, avvicinò piano la propria fauce a quella dischiusa e desiderosa del fratellino; cercò un qualunque cenno di marasma o titubanza, ma non ve ne scovò nemmeno in minima parte. Una delle sue mani si posò sulla nuca dell’altro, attirandolo a sé con un lieve tocco e delle carezze appena accennate, senza smettere nemmeno quando finalmente, dopo la separazione forzata e necessaria, congiungendo le loro labbra, si ritrovarono.
E quel bacio fu il simbolo del ricongiungimento più agognato e strepitoso che potesse esistere sulla faccia della Terra. Un’invasione perpetua di emozioni contrastanti, uno scambio reciproco di affetto fraterno e amore puro; un amore sbagliato, condannato per la consanguineità, perché erano due semplici fratelli e non potevano assolutamente pensare nemmeno ad anni luce di distanza di potersi lasciar andare in una maniera del genere.
Eppure una forza maggiore rispetto alle proprie li induceva a stare uniti, permettendo alle loro lingue di incontrarsi, rincorrersi, leccarsi, assaporarsi, lasciare scie roventi sulle labbra dell’uno e segni di denti su quelle dell’altro, le mani diafane di Sasuke che stringevano con forza il collo e carezzavano con dolcezza i capelli ordinati del più grande; quella voglia matta di marchiare l’uno e l’altro e poter dire: «Lui è mio».
E la libidine del momento, capace di scacciar via il più assurdo e doloroso pensiero, che diede la forza ad Itachi di prendere in braccio il fratello, unendo le proprie mani tra i glutei e il posteriore dell’altro, e a Sasuke di agganciare le proprie gambe lunghe al bacino del fratello, le braccia attorno alle spalle e le labbra instancabilmente in collisione.
Il ventiduenne concluse la scalinata e si apprestò a raggiungere la propria stanza, incoraggiato dagli ansimi del più piccolo e dagli «Itachi…» sussurrati al proprio orecchio, mentre con maestria leccava e succhiava il lobo.
Stesisi sul letto, Sasuke non perse tempo e liberò il petto del fratello da quell’ingombro che era la maglietta e poi scese a carezzargli la pancia; si alzò a sedersi per accarezzare la schiena del fratello e baciargli il petto, succhiandogli i capezzoli e giocherellando, lasciandosi andare a ciò che il proprio istinto lo induceva a fare. Il più grande senza fatica attuò lo stesso procedimento con la maglietta del fratellino, accarezzandolo con frenesia e baciando e leccando il busto, lasciando scie roventi di saliva al suo passaggio.
«Otouto…»
«Nii-san…»
«Perché non me l’hai mai detto?»
Sasuke arrossì vistosamente e, nonostante il buio della camera, il fratello lo intuì.
«Itachi…»
«Non devi vergognarti di me, Sasuke».
«Mh».
«Otouto, ti prego, parlami», Itachi gli lasciò un dolce bacio a fior di labbra, che venne ben presto approfondito dal più piccolo, che aveva tutta l’intenzione di far cadere il discorso; ma il più grande non gliel’avrebbe data vinta.
«Nii-san!», protestò il diciassettenne non appena il fratello si staccò da lui, insistendo con lo sguardo a voler sapere tutto ciò che taceva… da ormai troppo tempo.
In effetti nemmeno Sasuke stesso sapeva da quanto provava tutto ciò, era semplicemente qualcosa covato dentro sé, sopito ancor prima che potesse sbocciare, ignorato e ricordato in determinati istanti della propria vita e riemerso un paio di settimane prima; grazie a quella brava ragazza di Sakura.
«Ti ascolto», ribadì il maggiore.
«Mpf, non c’è niente da dire!», lo aggredì Sasuke, scostandosi con poco garbo e spalancando gli occhi, non appena lucidamente rielaborò ciò che stava accadendo tra loro; ma c’era anche qualcosa in basso che lo induceva a non sconvolgersi e a non tirarsi indietro.
«Oh, sì invece. Ad esempio, da quand’è che ti sei accorto di, come dire… provare certi sentimenti per me?», lo provocò.
«M-ma cosa vai blaterando!»
«Sasuke, smettila di fare il bambino», lo richiamò Itachi.
«Non lo so! Non ne ho idea, okay? So solo che… argh!», sbuffò esasperato il minore, «So solo che…»
«Otouto, guardami», lo pregò il nii-san, «va tutto bene, sono sempre io».
«So solo che tu sei perfetto, Itachi e che ti…», tossì, «Che ti voglio e non sopporto il pensiero che qualcun altro possa toccarti, baciarti, averti per sé…», digrignò i denti e a stento trattenne un ringhio, le mani serrate attorno al tessuto dei jeans che aveva indosso, quelle di Itachi tra i suoi capelli.
«L’hai fatto con Naruto?», domandò al fratellino, accarezzandogli una guancia e nascondendosi nella penombra della propria imperscrutabilità e la pacatezza invidiata da chiunque.
Silenzio.
«Io…»
«Rispondi, Sasuke», ordinò con fermezza.
«… Sì», ammise controvoglia il più giovane, non trovando la forza di mentire ancora.
Itachi sospirò.
«Non sei arrabbiato con me, vero, nii-san?», si premurò di domandargli Sasuke, avvicinandosi sul letto e mettendosi a cavalcioni sul corpo rigido del maggiore. Deglutì a fatica e continuò a fissarlo, ma ogni suo respiro, ogni espressione era così indecifrabile; il che era avvilente, data l’ottima capacità di intuizione di Itachi quando si trattava del fratellino.
Senza emettere alcun suono, il ventiduenne ribaltò le posizioni,
coprendo il fratello e fungendo quasi da protezione al suo corpo in fase di sviluppo, carezzandogli il petto e rubandogli un bacio lento e profondo, successivamente trasformatosi in uno pieno di libidine, passione e rudezza.
«Tu sei solo mio», ribadì, «lo sei sempre stato e sempre lo sarai».
«Allora fammi tuo…», Sasuke spalancò gli occhi e si coprì il viso con le mani, mordendosele con forza, «Ah, ma che cavolo mi fai dire, nii-san!»
«Lo vuoi davvero?», chiese Itachi.
Il diciassettenne si prese qualche attimo prima di sentenziare, estremamente imbarazzato: «Sì».



«Otouto, svegliati», Itachi scosse con leggerezza il fratellino, che si ridestò quasi in automatico e con un sorriso sincero stampato sul volto, «vieni con me».
Ancora mezzo addormentato, il più piccolo lasciò che il maggiore lo issasse dal caldo giaciglio, senza curarsi di dove lo stesse portando e per quale ragione; semplicemente gli si concesse di nuovo. Avrebbe potuto fare tutto ciò che voleva: lui non si sarebbe opposto.
«Itachi…», soffiò il suo nome appena sul collo del fratello, rannicchiandosi contro il suo corpo caldo, il suo porto sicuro.
«Siamo arrivati, Sasuke», così dicendo, il minore si trovò seduto tra le gambe lunghe del fratello, i loro piedi nudi che si strusciavano e solleticavano, i capelli del più piccolo sul mento di Itachi, le mani del più grande attorno al petto nudo del fratello.
«Da quanto tempo…», osservò il ragazzo dai capelli corti, guardando in estasi il turbinio di colori chiari e caldi nel cielo rischiarato dalle prime luci del sole, il silenzio più idilliaco di tutti nell’arco delle ventiquattro ore della giornata.
«Mi sembrava opportuno farlo, otouto».
«Portarmi qui?»
«Sì», disse, carezzandogli una guancia e girandogli il viso, così da lasciargli un bacio sulle labbra, «ohayougozaimasu».
«Ohayougozaimasu», rispose il minore.
Il sole sorse con lentezza, infondendo tranquillità nei cuori scalpitanti dei due fratelli, immobili e abbracciati, le mani congiunte, le menti perse in vari pensieri.
«Non sarà mai facile, vero?»
«No, otouto. Nessuno dovrà mai sapere di noi».
«Cosa c’è di sbagliato?!», Sasuke capiva, eccome se lo faceva, eppure non se ne capacitava; perché non doveva essere libero di amare la persona che lo faceva stare bene, che gli stava sempre accanto nonostante i suoi modi discutibili, il suo pessimo carattere, la sua infantilità che veniva fuori specialmente nei momenti meno opportuni e, cosa più significativa di tutte, che ricambiava il suo amore profondo?
«Siamo fratelli, Sasuke, un rapporto del genere è malsano e proibito».
«Ma non mi pare tu ti sia tirato indietro, questa notte!», lo assalì Sasuke, ferito dalla freddezza riscontrata in quelle parole, l’atonia del maggiore a ghiacciare il paesaggio circostante nonostante fossero in pieno agosto e il sole sempre più alto in cielo.
«Nemmeno tu, otouto».
«Non ne ho mai avuta l’intenzione, se è per questo!», si trovò a confessare.
«Credo tu abbia frainteso le mie parole».
«Oh, no, Itachi, io ho capito benissimo! Ti stai pentendo di ciò che è successo perché ero lo sfizio di una nottata, mentre quella Sakura è la persona che vuoi veramente! E per chissà quale ragione non l’hai riportata qui e non te la sei scopata! Fallo, sentiti pure lib…»
«Sasuke, ricordi le mie parole di quattro anni fa?», lo interruppe con tono quieto Itachi, carezzandogli le braccia e prendendo a fargli rilassanti grattini.
«Smettila di ignorarmi!»
«Non ti lascerei mai per una qualunque, tu sei la persona più importante per me; ti proteggerò e ti amerò per sempre…», marcò le ultime quattro parole baciando il collo del fratello e stringendo la presa del suo abbraccio, appoggiando poi il mento sulla sua spalla e cercando uno sguardo che il più piccolo si rifiutò di donargli; almeno per il momento.
«Io non…»
«Aishiteru, otouto».
«Nii-san!»
«Non dimenticarlo».

___________________________________________________________________________________________________________________________

Giappo-glossario:

Ohayougozaimasu: buongiorno.

NB:
La mia intenzione iniziale era quella di stabilire un anno di nascita per Sasuke e Itachi, così da ritrovarmi ad assegnare loro il segno zodiacale giapponese. Siccome non ho dato una collocazione annuale precisa, nonostante sia un’Alternative Universe ai giorni odierni, e non solo avrei dovuto intersecare i loro anni di nascita con l’uscita, ad esempio, del profumo Obsession Night eccetera, ho preferito usare i segni zodiacali nostri. E aggiungerei anche il fatto che ci sono le costellazioni di questi due.
L’argomentazione e la descrizione delle due costellazioni l’ho scritta ricavando informazioni da Wikipedia; per esigenza, ragioni di trama, mi sono permessa di inventare dei dettagli. Ad esempio: la stella più luminosa della costellazione del Leone raggiunge l’apice del proprio splendore ogni 17.000 anni, o che le stelle di Polluce e Castore saranno ferme sullo stesso punto ogni 1.000 anni; il buon augurio dato dalla prima costellazione citata: aggiunta mia. Anche il vederle in agosto, durante la notte di San Lorenzo, è una licenza che mi sono concessa per ragioni di trama: la costellazione dei Gemelli si vede soltanto in febbraio (circa il 20), mentre quella del Leone in aprile (il 15). Anche il vedere determinate cose ad occhio nudo è una mia scelta per riferimenti ai due fratelli, come infatti si nota l’intersecazione tra le stelle dei Gemelli.
I battibecchi tra i due fratelli rendono una vaga idea di come sarebbe stato il loro rapporto se non fosse stato Itachi ad uccidere i genitori e se Sasuke non fosse diventato un decerebrato idiota.
“Aishiteru, otouto” è sempre tratto dal capitolo 590 del manga.

Note dell'autrice:
Hello, dear readers! How r u? ... Okay, scusate, torno a parlare in italiano. Come state? Vi sono mancata? °-° Sto dando di matto ultimamente *ç*
Comunque sia, il mio umore nemmeno oggi è dei migliori (direte voi: ma ci sarà una cazzo di volta in cui stai bene? ebbene (?) è un evento raro!) per cui non sarò particolarmente loquace. Ma approfitto ancora per ringraziare coloro che hanno recensito e aggiunto la storia tra le preferite e le seguite ^^
Pubblicherò il prossimo capitolo il giorno 17 marzo!
*regala abbracci a chiunque e si chiude nel suo mutismo*
Bacioni, Giacos.

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Naruto / Vai alla pagina dell'autore: Rhaenyra17