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Autore: Mary P_Stark    12/03/2013    5 recensioni
Brie e Duncan guidano il branco di Matlock, il Concilio di Anziani è stato destituito e un nuovo corso è iniziato. Assieme a questa nuova via, nuovi amici e vecchi nemici fanno il loro ingresso nella vita dei due licantropi e un'antica, mistica ombra sembra voler ghermire tra le sue spire Brie, che non sa, o non ricorda, chi possa volerla morta. SECONDO CAPITOLO DELLA TRILOGIA DELLA LUNA. (riferimenti alla storia presenti nel racconto precedente)
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'TRILOGIA DELLA LUNA'
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7.

 
 N.d.A: Ed ecco che arriva Cecily!!!
 
 
 
 
 

 

Non avevo fatto alcun accenno a Duncan del mio incontro-scontro con Alec.
Avevo altresì chiesto a Branson di fare la stessa cosa, poiché non volevo creare dei problemi prima ancora che la riunione iniziasse.
Non appena tutto questo fosse stato alle nostre spalle, forse glielo avrei accennato – ovviamente, quando fossimo stati abbastanza lontani da Alec – ma, di sicuro, non glielo avrei detto in quel momento.
Perciò, quando uscii dalla tenda che avevo diviso con lui, dopo aver dormito saporitamente tutta la notte, mi stampai un candido sorriso in volto e cercai di sfoderare la mia migliore faccia da poker.
(Sono una schiappa a giocare, per la cronaca).
Il sole splendeva all’orizzonte, lambendo le morbide colline in lontananza e tingendo di caldi colori la brughiera ricolma di erica, cardo selvatico, artemisia e tarassaco.
L’aria era fresca e frizzante, del tutto priva degli aromi di cibo affumicato e brace rovente della sera precedente.
Una leggera brezza portava con sé il profumo dei fiori che ci circondavano, dell’erba umida e della terra rigonfia di vita.
Calpestai a piedi nudi il terreno schiacciato di fronte alla tenda, inspirando a pieni polmoni l’aria del mattino e percependo sotto di me, tutt’intorno a me, il canto leggiadro della Terra al suo risveglio.
“Buongiorno” sussurrai tra me, allargando le braccia come a voler abbracciare tutto ciò che mi circondava.
Un attimo dopo, mi ritrovai ad abbracciare un corpo caldo e morbido, che avevo imparato a riconoscere dal profumo: Estelle.
Risi nel sentirmi stringere in un abbraccio stritolante, mentre la sua voce soave mi sussurrava: “Ah, mia cara, eri un bocconcino troppo appetitoso, per non essere divorato. Ho colto la palla al balzo non appena ti ho vista.”
Subito dopo, mi stampò un bacio sulla guancia e mi sorrise cordiale.
Avevo imparato in fretta che, l’estrema dolcezza di Estelle, era il suo tratto caratteristico.
Sebbene Bright avesse tentato, la sera precedente, di tenere a freno gli istinti predatori della moglie, niente e nessuno era riuscito a tenerla lontana da me che, di buon grado, avevo accettato le sue attenzioni.
Kate, giungendo accanto a noi assieme a Bright, sogghignò divertita e commentò: “Non sembra mamma koala con il suo cucciolo?”
Bright sghignazzò annuendo ed Estelle, voltandosi verso di loro per fare la linguaccia, replicò: “Sei tu, Kate, che non vuoi sottoporti allo stesso trattamento. Sai benissimo che sarei espansiva anche con te!”
Quest'ultima sollevò le mani in segno di protesta e, ammiccando nella mia direzione, mormorò: “Mi perdonerai se non voglio diventare il suo orsacchiotto di peluche.”
“Perdono accordato, Kate” ammiccai, prima di sentire la risatina di Duncan alle mie spalle.
“Buongiorno a tutti. Ma ti ha già placcata?” esalò, sorridendo comicamente a Estelle.
“Sì” annuii, prendendo sottobraccio la Prima Lupa di Bright per avere una scusa per poter respirare più agevolmente.
“Bene, se voi signori avete finito di divertirvi alle mie spalle, io e la mia nuova amica andremo a fare colazione assieme” decretò Estelle, rivolgendo poi i suoi abbaglianti occhi verdi dalle pagliuzze nocciola in direzione di Duncan. “Non hai nulla in contrario, vero, caro?”
“No, nessuno” scosse docilmente il capo quest'ultimo, lanciandomi uno sguardo divertito da sotto le lunghe ciglia scure.
Così deciso, ci dirigemmo a passo sostenuto verso il centro del campo, dove alcuni Geri stavano cercando di riaccendere il fuoco per poter preparare la colazione.
Le macchinette per i caffè, come le caraffe per il the, erano già state preparate a dovere.
Sperai non rimanessero a secco troppo presto, perché avevo bisogno di caffeina in quantità industriale.
Avvicinateci a uno dei tavoli da pic-nic, su cui era stato sistemato un po' di tutto, presi per me un po’ di torta al cioccolato e requisii un succo di frutta alla pera.
Assieme a Estelle, che aveva preso per sé brioche e succo di pera, ci dirigemmo su un basso promontorio roccioso poco distante.
Dabbasso, a un centinaio di iarde da dove ci trovavamo, un piccolo e stretto canale, scevro di vegetazione, si allungava sinuoso per diverse miglia.
Al suo termine, una piana rigogliosa e ricca di fiori dal profumo inebriante, si estendeva fin dove l'occhio poteva posarsi.
L’erica in fiore, con il suo aroma speziato, si confondeva con quello delicato delle margherite, o quello più dolce del cardo selvatico.
Era un'autentica gioia per l'olfatto. Quelli, più di altri, erano i momenti in cui gioivo maggiormente della mia nuova natura di licantropo.
Sorridendo spontaneamente alla mia compagna di colazione, sperai che anche lei condividesse il mio entusiasmo per quello spettacolo della natura.
Scrutandone incuriosita gli occhi lucenti, mi parve che anche lei stesse assaporando quei gradevoli effluvi, esattamente come me.
“Non ti stancheresti mai di ammirare ciò che ti circonda, vero?” mormorò sommessamente Estelle, lanciandomi una breve occhiata sorridente e ricca di mistero.
Era ovvio che non mi aveva condotta lì solo per guardare estasiata il bel panorama, ma ero restia a porre la prima domanda.
Preferivo di gran lunga fosse lei a parlare, quando l’avesse ritenuto opportuno.
Ero certamente curiosa di sentire da Estelle in cosa, le nostre esperienze, fossero simili, ma da lì a fare l’impicciona ce ne correva.
Avevo già dato, in quel frangente.
Quando ci accomodammo sulla roccia fredda e ricoperta di vecchi licheni grigiastri e bruni, Estelle  sorrise benevola e, sistemandosi dietro un orecchio una ciocca dei serici capelli biondi, mormorò: “Te lo si legge in faccia che vuoi parlare del mio passato.”
Grugnendo, borbottai: “Comincio a pensare di dover acquistare una maschera, e fare come il Fantasma dell’Opera.”
Lei rise un istante prima di farsi stranamente seria. Un attimo dopo, iniziò a raccontarmi la sua avventura nel mondo dei licantropi.
“Successe tutto sette anni fa. Stavo tornando dall’università quando l’autobus su cui mi trovavo ebbe un incidente. Al mio fianco, in silenziosa lettura, c’era Bright. Ricordo che indossava un pullover azzurro cielo e jeans neri. Stava leggendo Moby Dick. Lo avevo notato altre volte, su quell’autobus, ma non mi ero mai arrischiata a guardarlo in viso per più di qualche secondo alla volta perché, già allora, lo trovavo abbastanza affascinante da rischiare di fare una delle mie solite, magre figure.”
Io risi, immaginandomi la scena.
Ingoiando un pezzo di torta, lo sguardo incollato al suo viso, la scrutai mentre il suo sguardo si perdeva nel vuoto, immerso in ricordi agrodolci.
Con un’unghia, si grattò via distrattamente un peluzzo dai pantaloni, prima di proseguire nel suo racconto.
“Ero talmente stordita dal fatto che, quel giorno, lui si fosse seduto al mio fianco che impiegai un attimo più degli altri, per accorgermi di ciò che stava succedendo. L’autobus uscì di strada, ribaltandosi più e più volte, e io gridai di paura per tutto il tempo. In pochi attimi, fu il caos. Sentii le persone tutt’intorno urlare non meno di me, mentre il mezzo si capovolgeva, rotolando lungo una scarpata. Mi davo già per morta. D’impulso, lanciai uno sguardo verso il mio compagno di poltrona e, con mia gran sorpresa, lo vidi calmo, persino glaciale, proteso verso di me a formare una specie di bolla protettiva, perché non mi accadesse nulla di male. Non parve essere affatto turbato dai colpi che, per difendere me, prese alla schiena durante la caduta. Lo ammirai per il suo coraggio.”
Sorrisi maggiormente, immaginandomi Bright in quella situazione. Non faticavo a comprendere il fascino che poteva aver esercitato su Estelle.
Proseguendo nella sua narrazione, mormorò: “Quando il mezzo giunse alla fine del dirupo, il contraccolpo fu tremendo. Fummo sbalzati contro il fondo dell’autobus in un caos di borse, sedili e corpi inermi. Fu a quel punto che sentii un dolore atroce al braccio destro… e vidi gli occhi di Bright sgranarsi in preda al panico. Pensai che, finalmente, si fosse reso conto del casino in cui eravamo finiti. Compresi la realtà dei fatti solo un po' di tempo dopo. Nel tentativo di proteggermi dai corpi degli altri passeggeri che, in quel rocambolesco volo, avrebbero potuto schiantarsi contro di me, utilizzò una quantità eccessiva del suo potere di licantropo, mutando in parte le dita in artigli, e finendo col ferirmi leggermente.”
Sgranai gli occhi e lei, sorridendo, continuò a raccontarmi il suo curioso passato.
“Naturalmente, a parte quel graffio, uscii illesa dall’incidente, ma Bright non volle lasciarmi per nessun motivo. Pensai che il mio interesse per lui fosse ricambiato e, lo ammetto, il suo prodigarsi a quel modo mi fece molto piacere. Ma il motivo della sua preoccupazione era sorto da ben altro, in quel giorno così strano, e lui non sapeva come affrontare l’argomento.”
“Immagino. Si sarà sentito tremendamente in colpa” annuii.
Lei assentì, proseguendo la sua narrazione.
“Chiamò Kate perché venisse a prenderci in auto e, quando la polizia ci permise di andarcene, lui si offrì di accompagnarmi a casa. Beh, io gli fui grata per la sua solerzia, e naturalmente accettai. Ma, per tutto il tragitto, mi chiesi il perché del suo sguardo colpevole. Lo scoprii la sera successiva.”
“Cosa fece?” chiesi,curiosa.
“Si presentò sotto la finestra della mia stanza – all’epoca, abitavo ancora con i miei genitori – e mi chiese di poter parlare con me in segreto. Accettai. Mi sembrava divertente, in qualche modo” ridacchiò, arrossendo leggermente. “Ammetto candidamente che il suo salvataggio eroico mi aveva colpita.”
Sorrisi ancora di più. Probabilmente, avrei reagito alla stessa maniera, di fronte a un gesto così coraggioso.
“Fatto sta che scesi e mi sedetti sulla panchina che c’era sotto il melo, nel giardino che avevamo sul retro di casa. Lì, Bright, dopo avermi guardata per un po’, soffermandosi più e più volte sulla fasciatura che nascondeva la mia ferita, mi disse la verità su se stesso e su ciò che mi sarebbe successo” mi spiegò Estelle, ammiccando comicamente. “Puoi ben immaginarti le mie risate. Lo presi in giro, dicendogli che, se quello era il suo modo per attirare la mia attenzione, aveva sbagliato alla grande. Così lui sospirò pesantemente, mi tappò la bocca con una mano e, con quella libera, mutò le dita facendo uscire gli artigli.”
Sgranai leggermente gli occhi. Anche Bright non c’era andato leggero, con gli esempi. Forse, era una caratteristica dei licantropi, quella di non usare mezze misure.
Estelle lanciò uno sguardo dabbasso, scrutando le ombre tra le rocce con fare pensieroso.
“Naturalmente, mi divincolai per scappare, terrorizzata da quella scena assurda e ai limiti del film dell’orrore, ma Bright non mollò mai la presa e, alla fine, fece l’unica cosa che avrebbe potuto calmarmi. Mi baciò.”
“Wow. Diretto è dire poco” esalai, sorpresa.
Lei rise, chiaramente divertita dalle sue stesse parole.
“Non appena sentii il sapore delle sue labbra, e il calore del suo corpo stretto al mio, smisi di avere paura. Nessuna creatura malvagia avrebbe potuto avere quel profumo, quel sapore, quel calore, quell’aura protettiva. Così mi lasciai andare. E lui mi parlò di se stesso, di ciò che sarei diventata a causa del suo errore. Si scusò finché non ebbi più voce per ribattere alle sue scuse e, alla fine, promise che mi avrebbe aiutata ad affrontare il cambiamento, senza mai abbandonarmi un secondo. E così fece. La prima notte di luna piena, mutai. Non ti dico la paura.”
“Ne ho qualche idea” ammiccai, ironica.
Estelle annuì divertita, terminando il suo racconto.
“Quando mi ritrovai a poggiare le zampe sul terreno e ascoltai per la prima volta i pensieri di Bright, ebbi l’impressione di esplodere dalla gioia. Corremmo tutta la notte nel bosco, saltando e giocando assieme come due cuccioli e, alla fine, lui mi disse del branco e di ciò che avrei dovuto fare da quel giorno in poi." Mi lanciò un sorriso complice, ben sapendo come fossero andate le cose, per me.
"Affrontai i miei duelli per risalire la scala gerarchica e, nel frattempo, mi feci un’idea sempre più precisa di cosa volesse dire vivere in un clan di licantropi. All’inizio fu sconvolgente ma, poco alla volta, mi abituai, innamorandomi di questa nuova vita e del senso di appartenenza che riscalda ogni membro del branco.”
“E poi?”
“Una notte, durante un giro di ronda assieme a Bright, gli chiesi di poter stare con lui. Non avrei potuto trovare persona più sorpresa di lui in tutta la Scozia” ammiccò comicamente Estelle. “Pensava ancora, direi scioccamente, che io ce l’avessi con lui per il mio cambiamento di vita, e per il bacio che mi aveva rubato. Dopo quello strano momento passato sotto casa mia, quando mi raccontò tutto, Bright non provò più a baciarmi, e non fece più menzione a quella notte. Peccato che io, invece, non avessi aspettato altro che un suo nuovo approccio. A volte, gli uomini sono davvero ciechi.”
“Come ti capisco” sospirai, ripensando a quanto tempo fosse occorso a Duncan, per venire a patti coi suoi sentimenti.
“Morale della favola, mi trasformai in donna e lo feci mio quella stessa notte. Durante la prima riunione al Vigrond, Bright mi propose come sua Prima Lupa, e dovetti affrontare ben tre duelli, per averlo” disse con un certo orgoglio Estelle, finendo la sua colazione. “Alla fine ebbi la meglio, e il branco mi riconobbe come Signora del clan. Dopo solo sei mesi dalla mia trasformazione.”
“Accidenti!” esalai. “Ora capisco perché Duncan mi ha detto di parlarne con te. Pure tu hai subito un cambiamento radicale della tua vita, e in pochissimo tempo.”
“Sì. Ma è valsa la pena di affrontare tutti quei cambiamenti, e farmi venire qualche crisi isterica, visto quello che ho ottenuto in cambio” ammise Estelle, osservando il campo in lontananza. “Ora ho Bright, il mio branco, e l’amicizia di un sacco di persone. Non è poco, direi.”
“Direi proprio di no” asserii.
“So che, oltre a ciò, tu devi portare il fardello del titolo di wicca, Brianna, ma sappi che comprendo esattamente come ti senti. Per chi non è nato lupo, certe regole sembrano assurde ma, col tempo, tutto si appianerà e ti sembrerà normale, persino il mio atteggiamento da mamma koala” ammiccò Estelle, sorridendomi divertita.
Risi a quell’accenno e, abbracciandola d’impulso, esclamai: “Non mi fa che piacere!”
“Grazie” sussurrò, baciandomi dietro un orecchio prima di inspirare il mio profumo e il mio potere. “Dio, Duncan dovrà faticare un casino a non portarti a letto ogni volta che ne ha l’occasione. Fondere l’aura con te deve essere un’esperienza indimenticabile.”
Scoppiai a ridere di gusto, ammettendo tranquillamente che la fame di Duncan era abbastanza accentuata, specialmente a causa delle nostre separazioni prolungate.
Estelle, annuendo, si scostò da me, confidandomi: “La fame di un uomo lupo è direttamente proporzionale al suo grado all’interno del branco, quindi, immagina quella di Duncan, o di Bright.”
Sollevai un sopracciglio, divertita mio malgrado da quel discorso e, accennando una risatina diabolica, le domandai: “Quindi, se liberassi spontaneamente un po’ del mio potere, sarei peggio di una falena nel periodo degli amori?”
“Oh, molto peggio. Dovresti difenderti da parecchi lupastri in calore, mia cara. E a Duncan non farebbe di certo piacere” ridacchiò Estelle, divertita al pari mio. “Ti converrà tenere a freno la tua aura, durante la riunione, se non vuoi rischiare di ritrovarti le mani addosso da parte di un po’ troppi uomini.”
“Okay, messaggio ricevuto” annuii, pur continuando a ridacchiare.
Estelle si levò in piedi, passandosi una mano tra i folti e leggeri capelli dorati, sentenziando: “Non mi dire che non sei abituata ad avere gli occhi degli uomini puntati addosso. Sei una bella ragazza, e penso che tu abbia fatto girare la testa a parecchi tuoi compagni, a scuola.”
“Negativo. Mi reputavano troppo strana. L’unico ragazzo con cui sia mai stata, era un tipo tutto muscoli di nome Leon. Duncan è stato il primo uomo con cui sia andata a letto” ammisi, scrollando le spalle.
Da quando ero diventata un licantropo, parlare di me era diventato più semplice, come se le mie inibizioni umane fossero del tutto scomparse.
Ogni tanto, quel particolare mi faceva sobbalzare per la sorpresa e lo sgomento.
Era possibile che in un anno fossi cambiata tanto? Sembrava di sì.
“E scommetto che la cosa ti ha soddisfatto appieno” commentò Estelle, prendendomi sottobraccio per tornare all’accampamento.
“Eccome, ma non lo direi mai davanti a lui. Tende a essere un po’ geloso della nostra intimità” le spiegai, sorridendo.
“Normale amministrazione. I maschi possono essere davvero gelosi delle rispettive prestazioni, mentre noi lupe siamo chiacchierone all’inverosimile. A loro insaputa, ovviamente” sogghignò Estelle, con aria da cospiratore.
La sola idea mi fece scoppiare a ridere di gusto e, quando tornammo all’interno del perimetro del campo, ancora stavo ridendo, asciugandomi le lacrime che scivolavano sulle gote rosse d’ilarità.
Quando raggiungemmo i nostri due gruppi, Bright e Duncan ci fissarono curiosamente mentre Kate, sorniona, ammiccò nella nostra direzione.
“Estelle, sbaglio o hai battezzato la nostra nuova Prima Lupa?”
“Sì” ammiccò a sua volta Estelle, prima di smettere di ridere al pari mio.
Un’onda di potere fuori dal comune si riversò sul campo, scivolando tra le tende come una brezza calda e densa.
Scrutando un momento Duncan per avere spiegazioni, gli sentii dire: “Cecily.”
Fenrir della Cornovaglia. L’unica licantropa dal manto niveo che si conoscesse a tutt’oggi, in Gran Bretagna.
Beh, a giudicare dalle sue onde di potere, meritava ampiamente il titolo.
Alec comparve nel mezzo del campo, come disturbato da quell’ondata di potere allo stato puro e, sprezzante, borbottò: “La solita esibizionista. La smetterà mai?”
Frederick si avvicinò al nostro gruppetto, riunito nel centro dell’accampamento, con il suo solito sorriso gioviale, tenendo il piccolo Matthew in braccio.
Data una pacca sulla spalla ad Alec, celiò: “Le donne sono esibizioniste per natura, non lo sapevi?”
Detto ciò, lanciò un’occhiata divertita a noi femmine presenti che, ghignando, scrollammo quasi all’unisono le spalle con aria noncurante, facendo ridacchiare tutti tranne l’ombroso Alec.
Lasciando perdere il caratteraccio del nostro ospite, mi volsi in direzione della provenienza del potere di Cecily e, non senza sorpresa, vidi comparire un’enorme corazza vivente, alta due metri buoni: doveva essere il suo Hati.
Quello che mi sorprese più di tutto, però, fu vedere uno scricciolo di donna, alto poco più di un metro e sessanta, dalla folta capigliatura rosso fuoco e due occhi azzurri come il cielo primaverile.
Camminava con l’eleganza e la potenza a stento trattenuta di tutti i licantropi, e aveva in più una sensualità apertamente dichiarata, che la faceva apparire decisamente sexy.
Il suo completo da trekking interamente nero, le lasciava scoperte gambe perfettamente diritte e tornite, da atleta.
Un piccolo concentrato di pura forza e sensualità.
Accanto a lei, silenziosi e letali come ogni sicario doveva essere, i suoi Geri e Freki chiudevano il piccolo gruppetto di nuovi arrivati.
Oltrepassando la muraglia umana del suo Hati, Cecily si fece avanti a passo di carica, trasudando ancor più potere di prima – talmente tanto che dovetti innalzare una barriera psichica per non esserne infastidita.
Sogghignò poi nella mia direzione, ed esordì dicendo: “E così tu saresti il nostro nuovo scherzo della natura, eh?”
Duncan fece per muoversi nella mia direzione, come subodorando guai ma lei, digrignando i denti al suo indirizzo, sibilò: “Non la mangio, ragazzone, ed è mio dovere vedere come se la cava.”
Aggrottai leggermente la fronte – che intendeva dire? – e mi limitai a mormorare quieta: “E’ un piacere conoscerti, Fenrir delle terre di Cornovaglia. Io sono Brianna Ann, Prima Lupa di Matlock e wicca dei tre shires.”
Lei rise – una risata che trasudava miele, a dispetto del comportamento sprezzante – e mi fissò con i suoi chiarissimi occhi liquidi, replicando: “Oh, so chi sei, tesorino, e reggi bene le mie aspettative. Anche se ti immaginavo più piccola.”
“Di età, o di altezza?” ribattei ironica, sollevando un sopracciglio con aria comica.
Sentii parecchi lupi trattenere il respiro – l’argomento altezza doveva essere tabù, con lei, ma me ne infischiai – mentre Cecily mi squadrava come per decidere da quale pezzo iniziare a divorarmi.
Estelle si strinse al mio braccio, uno sguardo omicida puntato su Cecily che, intercettandone l’occhiata, ringhiò: “Lupetta zuccherosa, non sfidarmi, se non vuoi che ti morda quel tuo culetto rotondo.”
Bright ringhiò di rimando a quell’insulto velato, mentre l’Hati di Cecily si avvicinava prudentemente alla sua Fenrir.
Io, al contrario, sgranai leggermente gli occhi di fronte a quell’uscita, e celiai divertita: “Certo che fai le bizze come i cavalli!”
Duncan inarcò un sopracciglio con evidente contrarietà, sentendomi parlare a quel modo, ma io lo ignorai. Avevo una certa idea in mente, e avevo intenzione di portarla avanti.
Alec, dietro di noi, ridacchiò. Forse, quel battibecco tra donne lo divertiva.
Cecily tornò a guardarmi, mi mostrò i denti – due bei canini affilati erano in bella mostra in mezzo alla dentatura perfetta – ma io, imperterrita, la fissai con deliberata ironia.
“Allora è proprio vero che i cani più piccoli sono quelli che abbaiano di più.”
Ora tutti mi stavano fissando sconvolti, forse temendo le reazioni di Cecily, forse chiedendosi se fossi improvvisamente impazzita.
La diretta interessata, però, non disse nulla, limitandosi a guardarmi da capo a piedi con aria divertita, forse interessata.
Dopo alcuni secondi di nervoso silenzio, in cui ogni licantropo presente si tese al punto da rendere quasi visibile l’aura intorno a sé, Cecily scoppiò in un’allegra risata di gola.
Allungando una mano verso di me, esclamò: “Bene, pollastrella, finalmente una che non ha paura di dirmi quello che pensa! Mi piaci parecchio, ragazza!”
Strinsi quella mano piccola e aggraziata sotto gli occhi sorpresi e sollevati di tutti – tranne quelli di Alec, che erano ironici – e le spiegai: “Immaginavo che la tua fosse soltanto una posa. Ho un’amica che si comporta alla stessa maniera, perciò ho saputo riconoscere i segnali.”
“E brava” ammiccò Cecily, voltandosi verso Duncan per poi aggiungere: “Te la sei scelta furba, la lupetta, bravo!”
“Grazie, Cecily” mormorò educatamente Duncan, con un piccolo sorriso.
Lei sbuffò, tornando a guardarmi e dicendomi con fare cameratesco: “E’ sempre stato così stramaledettamente educato! Un vero spreco.”
Ridacchiai, replicando con ironia: “Tu, invece, di peli sulla lingua ne hai pochi, eh?”
“Una donna piccola come me, pur avvalendosi di un potere enorme, deve pur farsi valere, no?” mi strizzò l’occhio lei prima di guardare alle mie spalle, farsi rigida e ringhiare: “Alec, mal ritrovato. Speravo proprio di non vedere quella tua brutta faccia, quest’anno ma, visto che ci ospiti proprio tu...”
“La stessa cosa vale per me, Cecily” replicò lui, con tono altrettanto freddo. “Vedrò di cacciare il più lontano da te, così non rischierò di scambiarti per una preda e azzannarti le caviglie.”
Lei sogghignò maligna, asserendo: “Devo ancora trovare il lupo che sappia battermi in velocità.”
La guardai incuriosita e lei, scrollando le spalle, mi spiegò il perché della sua uscita.
“Sarò anche piccola in forma umana, ma la mia stazza da lupo è pari a quella di qualsiasi Fenrir maschio. E sono parecchio brava a far mangiare la polvere a molti di loro.”
“Buono a sapersi” ammiccai, lanciando un’occhiata divertita a Duncan, che sogghignò brevemente.
Cecily se ne accorse, e chiese curiosa: “Cosa nascondete, voi due?”
“E’ una sorpresa” mormorai, avvolgendole le spalle con un braccio per portarla vicino al tavolo delle torte e chiederle: “Mangi qualcosa?”

 

 

***

La notte era scura, priva di stelle a risplendere sui nostri capi. Un fronte nuvoloso rendeva invisibile persino la luna.
Non ce ne curammo.
I nostri occhi vedevano bene al buio e, quando avessimo preso le sembianze di lupi, tutto sarebbe andato anche meglio.
Un debole sentore di erba umida e terriccio si diffondeva nell’aria, grazie a un leggero venticello proveniente da est, che portava con sé anche gli odori forti e pungenti della notte e il profumo delle prede più a valle.
In lontananza, nessun umano disturbava il nostro rendez-vous  lupesco – avevamo avvertito i guardia-parco della nostra presenza, perciò non sarebbe parso loro strano scorgere i bagliori dei fuochi – e la campagna era sgombra da ospiti indesiderati.
Tutto era perfetto per mutare.
La cerimonia poteva avere inizio.
Il campo era circondato dai Geri in posizione di allerta – dotati di visori notturni per sopperire alle loro mancanze umane – mentre tutti i licantropi erano disposti attorno al fuoco, in attesa del segnale di via da parte del Fenrir più anziano della congrega, Pascal.
Quell’attesa mi diede la possibilità di ripensare fuggevolmente a cosa avrebbero detto i lupi, non appena mi fossi trasformata di fronte ai loro occhi.
Se già il mio potere aveva suscitato un certo scompiglio – in positivo e in negativo – le mie dimensioni avrebbero ulteriormente creato problemi? Non sarebbe occorso molto, per scoprirlo.
Senza far caso alle nostre rispettive nudità – era un problema che non mi ponevo più da tempo, ormai – mutammo in lupi alla luce altalenante del falò, che illuminò di rosso e carminio i manti nivei dei Fenrir, e macchiò di tonalità cangianti il pelo degli altri mannari.
Hati e Freki, a meno di qualche problema serio, non si sarebbero trasformati.
Quando raggiungemmo lo stadio ultimo da umano a lupo, cori di stupore - misti a meraviglia - giunsero nella mia mente, aperta ai pensieri altrui.
Più di tutti, avvertii lo sconcerto di Sebastian che, osservandomi con i suoi ferini occhi color whisky, esclamò disgustato: “Anche questo?! Ma cos’è? Uno scherzo? Che significa?”
“Non mi sembra si possa scherzare sulle dimensioni, Sebastian” precisò Duncan, snudando un momento i denti e mettendosi al mio fianco, come per proteggermi.
“Non è normale che una Prima Lupa sia possente come uno di noi. E’ assurdo!” protestò vibratamente Sebastian, muovendosi avanti e indietro nervosamente, le orecchie schiacciate sul cranio e i denti snudati a riflettere i bagliori rossastri del fuoco.
“Non è che ci possa fare granché. Non l’ho chiesto io di diventare così” precisai a mia volta, piegandomi leggermente in avanti in posizione di difesa.
Gli artigli affondarono nel terriccio schiacciato dal nostro passaggio e, per un attimo, avvertii il flusso energetico della Terra penetrare nel mio corpo.
“Questa sì che è una sorpresa davvero curiosa. Sapevo che la tua Prima Lupa era unica, ma qui davvero si rischia di entrare nel Guinness dei Primati”  celiò Joshua, tossendo una risata.
“Beh, di sicuro questa pollastrella ha giocato un jolly che nessuno si aspettava. Brava, piccola!”  esclamò a sua volta Cecily, con quel suo modo sboccato ma simpatico di esprimersi.
“Non ci trovo nulla di divertente, Cecily. Questa faccenda va chiarita una volta per tutte. Lei non può  essere così. Non ha l’autorità di essere al pari di un Fenrir” brontolò Sebastian, ringhiando.
“Razza di palla di pelo troppo cresciuta che non sei altro! Se lei volesse, con i suoi poteri di wicca, combinati a quelli del lupo, potrebbe friggerti il cervello, ma è così carina da farsi insultare gratuitamente da te, e solo perché tu hai troppo testosterone nel cervello, e poca materia grigia per capire che stai dicendo cretinate!”  sbottò Cecily, avvicinandosi a Sebastian a denti snudati per poi mimare un morso.
Sebastian si allontanò offeso, facendo un passo indietro mentre io, fissando il lupo dinanzi a me con aria dubbiosa, gli chiesi: “Da dove ti vengono tutti questi pregiudizi, Sebastian? Perché diffidi così tanto di me? Neppure mi conosci.”
“Ah! Il ragazzo odia le donne di potere e non ne fa mistero, eh?” celiò Cecily, guadagnandosi un’occhiataccia da parte di Sebastian, che la spinse via con un colpo di muso contro la spalla.
L’Hati di Cecily, Hugh, ringhiò un avvertimento a mezza voce, intimando al capoclan dell’Isola di Man di fare attenzione a quello che faceva.
Sebastian, indispettito, disse per contro: “Mordi il freno, Hugh. E' stata la tua cagna a fare la prima mossa.”
Io uggiolai sorpresa – dare della cagna a una licantropa era un’offesa bella grossa, figurarsi dirlo a Cecily, che era un Fenrir.
Duncan, snudando i denti e mettendosi in posizione di attacco non meno di Frederick e Joshua, ringhiò: “Non una parola di più, Sebastian, o vedrò di zittirti io. Porta rispetto a un tuo pari, o ritirati in buon ordine.”
“Chi sei tu per darmi ordini, Fenrir di Matlock? Ti fai bello solo perché hai al tuo fianco quella sottospecie di centrale nucleare di potere?!”  replicò Sebastian, rizzando il pelo sulla schiena.
Cecily, pur essendo stata deliberatamente offesa, si limitò a fissare Sebastian come se fosse stato una cimice, con aperto disprezzo.
Forse, riteneva non fosse neppure necessario rispondergli.
Io, però, non riuscii a tacere.
Emisi uno sbuffo tra i denti, mentre Alec mi fissava a metà tra il divertito e il curioso – forse, ancora non capiva perché non avessi aperto bocca con Duncan.
Senza mezzi termini, sibilai: “Senti, Sebastian, è chiaro che ti sto sulle scatole, e mi può star bene. Ma fammi il piacere di dirmi una sola motivazione logica per sentirti in diritto di offendermi gratuitamente e, soprattutto, di prendertela con un tuo pari a quel modo.”
Sebastian si volse verso di me, i canini in bella vista e lo sguardo di uno che sarebbe stato pronto a dar battaglia al minimo soffio di vento.
“Sei un’aberrazione della natura. Non c’è bisogno di altre motivazioni, per non fidarsi di te. E poi, quel che dico a Cecily non ti riguarda.”
“Oh, wow, ma che mentalità aperta che hai, Sebastian! E pensare che credevo che i licantropi avessero una visione del mondo un tantino più elastica. O forse dipende dal fatto che io, un tempo, ero umana? E’ questo che ti scoccia? Ce l’hai a morte con gli umani, per caso?”  lo irrisi deliberatamente, camminando in cerchio senza mai mollare lo sguardo da Sebastian, che mi ringhiò contro indispettito.
Pascal intervenne e disse conciliante: “Nessuno dubita di te, wicca, ma le tue potenzialità sono effettivamente importanti, e intimidiscono.”
Cecily si limitò a sbadigliare in direzione di Sebastian. Un aperto insulto sarebbe stato meno efficace.
Lo stava apertamente ritenendo un inetto, un nulla. Un ginnungagap.
Cercai di non ridergli in faccia, dedicando la mia completa attenzione a Pascal, mentre Sebastian lanciava uno sguardo di fuoco a Cecily.
“Posso accettarlo, Pascal, ma non credo di poter fare nulla in merito a questo. Non posso negare ciò che sono, anche se ne avete paura, o ribrezzo, come il nostro caro Sebastian” replicai, facendolo uggiolare per la sorpresa e lo sgomento. “Ti sei talmente concentrato su ciò che sono, che hai lasciato aperta la tua mente, sbandierando i tuoi pensieri con fin troppa chiarezza. Non pensavo di trovare una persona così chiusa mentalmente in un branco di licantropi.”
“Sono affari miei, come la penso su di te, strega!” sbottò Sebastian, abbassandosi in posizione d’attacco.
Io ringhiai di rimando, rizzando il pelo grigio chiaro e snudando le zanne.
Con veemenza, replicai: “Nessuno mi chiama strega senza pagarla cara!”
Duncan mi bloccò, ponendosi di fronte a me e, con uno sguardo che avrebbe ucciso anche il più coraggioso tra i lupi, sibilò:“Non ti permetto di offendere a questo modo la mia Prima Lupa, Sebastian. Puoi pensarla come vuoi, su di lei, ma senza usare toni, o parole, inadatti al suo titolo.”
Sapevo che toccava a Duncan difendere il mio onore ma fu molto, molto  difficile starmene zitta e ferma dietro la sua figura eretta e fiera.
Pascal si tirò indietro, sentenziando: “Fenrir di Matlock ha ragione. Le parole che hai usato contro la sua compagna meritano l’apertura di un’Ordalia. Ne sei consapevole, Sebastian?”
“Non ritirerò ciò che ho detto, perché lo penso. Nessuno merita un simile potere, per giunta concentrato in un unico corpo di donna!” sputò tra i denti Sebastian, facendosi ancora più nervoso.
Cecily si sedette in terra, lo sguardo fisso su Sebastian, e dichiarò: “Mi chiamo fuori. Non discuto con simili concentrati di stupidità.”
“Sono fuori anch’io. Non accetto si manchi di rispetto a un’amica, perciò lascerò che Duncan apra l’Ordalia” disse a sua volta Frederick, ammiccando nella mia direzione.
Io lo ringraziai con una carezza del mio potere.
Bright e Joshua seguirono l’esempio degli altri e si sedettero a terra mentre Gilbert, guardandomi dubbioso, mi chiese: “Saresti pronta a farmi entrare nella tua mente, se te lo chiedessi?”
“Nessun problema” annuii, facendo spallucce. Fatto da un lupo, era un gesto abbastanza comico.
Allora Gilbert si sedette e si chiamò fuori a sua volta, lasciando però in sospeso la sua richiesta.
A quel punto Sebastian, guardando in direzione di Alec, esclamò: “Tu hai più motivi degli altri di avercela con lei. Non mi dire che mi volterai le spalle pure tu?!”
Alec tornò a puntare i suoi occhi attenti su di me per alcuni secondi, prima di dire: “La ragazza ha seguito la legge del branco, quando ancora non ne faceva parte. Non ho nessuna recriminazione da addebitarle. E, pur trovando che nel branco di Matlock vi sia troppo potere, per di più concentrato nelle mani di una ragazza troppo giovane per saperlo gestire adeguatamente, so anche che Duncan non è lupo da lasciare che questo potere venga malamente usato. Posso non essere suo amico o alleato, ma riconosco le sue doti. E so che non è uno stupido.”
Un cavallo alato, con il carro del sole attaccato appresso, non mi avrebbe sorpreso più delle parole di Alec.
Lo fissai strabiliata al pari di Duncan, che lo omaggiò reclinando un poco il capo ma Alec, ghignando, replicò sprezzante: “Non ti aspettare altro, da me, lupo.”
“Non mi aspettavo neppure questo, Alec” replicò con ironia Duncan, prima di tornare a fissare malamente Sebastian. “Richiedo l’Ordalia, Sebastian. Non accetto che si parli così alla mia Prima Lupa.”
“Ti farò abbassare la cresta alla svelta, Duncan. A te e alla tua strega” replicò Sebastian, ringhiando ferocemente.
“Duncan, è davvero necessario?” sussurrai, tenendo fuori dal discorso gli altri lupi presenti.
“Non ti fidi di me?” ironizzò per contro.
"Non è questo. Ma non voglio che rischi solo per delle stupidaggini."
“Le hanno rivolte a te, e ciò le rende oscene, non stupide.”
Sospirai, annuendo, e mi limitai a mormorare:“Okay, ma vedi di non farti troppo male.”
“Come vuole la mia signora” dichiarò, snudando i denti in un sogghigno lupesco davvero ironico.
Che volesse la rissa? Non era da lui, ma tutto poteva essere.


 


  
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