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Autore: metaldolphin    14/03/2013    6 recensioni
Quando qualcuno ti salva la vita, in qualche modo vuol dire che tiene a te?
E' ciò che si chiede Nami in un momento particolare per la ciurma.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nami, Roronoa Zoro | Coppie: Nami/Zoro
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ma i momenti di calma, in navigazione, non durano molto, si sa...
Nami si svegliò di soprassalto, al ruggito che aveva investito la nave all’improvviso.
Col cuore ancora in gola per la paura, la prima cosa di cui si accorse era l’assenza dello spadaccino.
Guardando la luce che entrava dall’oblò, vide che doveva essere ormai giorno fatto. Certo che quello si riprendeva in fretta!
Balzò giù dal letto dell’infermeria per correre verso la sala comune, da cui sembravano provenire le grida che erano seguite al boato iniziale.
Già pronta a darle di santa ragione a chiunque avesse avuto l’onore di essere menato dalla migliore navigatrice del Grande Blue di tutti i tempi, la rossa si bloccò alla scena che le si presentò appena arrivata nella stanza che ospitava il grande acquario.
 Rufy avvolgeva, letteralmente, un folle Zoro che non voleva saperne di star fermo, aiutato da molte mani di Robin. Usop e Chopper assistevano alla scena da sotto il tavolo, mentre Sanji veniva trattenuto da un deciso Franky.
-COSA STA SUCCEDENDO QUI?- sbraitò a quella vista, che veramente poco si addiceva ad una ciurma di pirati degni di tale nome.
Le rispose Robin, che non allentava la presa su uno spadaccino dagli occhi spiritati: -Zoro è furioso perché non ha trovato una delle sue spade con le altre.
Nami crollò il capo. Nascosta dai suoi lunghi capelli rossi, non sapeva se ridere o piangere: ancora quella maledetta Wado-qualcosa!
Senza alzare lo sguardo, mormorò: -È nel mio letto. Lasciatelo andare- aggiunse, riferendosi a Zoro.
Il quale, non appena fu libero, scattò, fulmineo, verso la destinazione indicata.
Non l’aveva nemmeno guardata.
Era volato via verso il suo amore più grande, evidentemente.
Facendosi strada verso la dispensa, incurante dei compagni che erano rimasti pressochè ammutoliti, prese un cornetto, che il previdente Sanji le aveva messo da parte a colazione e, forzando un sorriso falsissimo, disse, rivolgendosi a tutti e a nessuno in particolre: -Meglio che torni a lavoro, ho perso fin troppo tempo in questi giorni.
Uscì con una tempesta nel cuore, giusto in tempo per vederlo, col suo trio di katane al completo, salirsene verso la palestra.
-Che idiota…- mormorò, prima di rintanarsi a sua volta.
Non vide due occhi azzurri e limpidi che la scrutavano attenti, senza trovare, stranamente, le parole giuste da dire.

Nel frattempo, il resto dell’equipaggio si era radunato attorno al tavolo, confabulando ipotesi sull’accaduto. Quando l’archeologa sopraggiunse, si ammutolirono improvvisamente. Alla donna venne da ridere: ma di che avevano paura? Non sapevano che, se solo avesse voluto, avrebbe potuto spiarli senza difficoltà e, per giunta, non vista?
-A che conclusione siete arrivati?- chiese, schietta, con un bel sorriso sulle labbra.
Il primo a parlare fu, ovviamente, il Capitano: -Non che ci abbia capito molto, ma, a quanto pare, non riuscirò mai a far andare d’accordo il mio spadaccino e la mia navigatrice…- disse, mesto.
-Ti sbagli- intervenne il cuoco, mentre schiacciava, per spegnerla, l’immancabile sigaretta nel posacenere.
-Perché?- questo era l’ingenuo Chopper.
Franky sorrideva. -Perché ancora non lo sanno, ma quei due si amano- affermò convinto, accompagnato dall’annuire di Robin. -Devono solo capirlo- continuò lei.
-E come faranno?- di nuovo Chopper, il più inesperto su questi argomenti.
-Ci pensiamo noi, è semplice!- aveva esclamato Rufy, più risoluto che mai.
Il suo entusiasmo, però, venne frenato da Robin e Sanji. Quest’ultimo, infatti, affermò: -No. Devono vedersela da soli: le questioni delicate sono affare solo degli interessati.
Chopper aveva gli occhi luminosi: -Come sei saggio, Sanji!
-Ciò non toglie che possiamo favorire il loro dialogo in modo indiretto- aveva suggerito Brook, che fino a quel momento aveva preferito non intervenire. Le sue parole suscitarono l’interesse generale e tornarono a confabulare per concentrarsi su cosa fare.

Contemporaneamente a quanto si tramava sotto coperta, Nami, in camera sua, si sforzava di concentrarsi su quanto accaduto.
Era confusa.
Prima non esitava a rischiare la vita, pur di salvarla…
Poi, sembrava gradire le sue attenzioni, mentre lo riscaldava dall’ipotermia…
...E, alla fine, dava di testa per una stupida spada!
Teneva a lei o no?
Non riusciva proprio a capirlo, per quanto si sforzasse.
Zoro era una figura enigmatica, granitica, difficile da leggere. Di poche cosa era certa, sul suo conto: era leale, diretto, attento all’onore e al mantenimento del suo obiettivo; certo, appariva anche tremendamente pigro, ma se c’era da combattere per il bene di ciascuno dei componenti della Ciurma, non lo fermava nessuno, nemmeno il dolore più intenso.
Ma con lei? Nami poteva credere che avrebbe ricambiato i suoi sentimenti, un giorno?
Dopo un leggero colpo alla porta, per annunciarsi, Robin fece ilsuo ingresso nella camera e la navigatrice si voltò a guardarla con espressione interrogativa.
-Come stai, Nami?- chiese la mora.
L’altra si strinse nelle spalle, con forzata indifferenza.
-Bene, perché?
-Ti ho vista, poco fa. Non nascondere che eri amareggiata per il comportamento di Bushido-san.- semplice, diretta, come sua natura, del resto.
-Ma no! Ero solo arrabbiata per essere stata svegliata di soprassalto.- spiegò, con una certa irritazione che iniziava ad emergere.
Robin sorrise. In quanto a testardaggine, questi due, sembravano fare a gara!

Era scesa, nuovamente, la sera e né Nami, né Zoro, avevano partecipato alla gustosa cena preparata da Sanji.
Quando sentì bussare, lievemente, alla porta, la navigatrice pensò che fosse nuovamente l’altra donna della ciurma. Aveva udito, chiaramente, l’aprirsi e il chiudersi dell’uscio, ma, non sentendo movimento né parole, si voltò a guardare di chi fosse la presenza che sentiva alle spalle.
Si trovò davanti l’ultima persona che si aspettava di vedere e lo apostrofò, gelida: -Che cosa vuoi?
Zoro aveva lo sguardo basso e non parlava.
-Sei sordo?- chiese, irritata -Ti ho chiesto se ti serve qualcosa- continuò, velenosa, al silenzio ostinato di lui.
Lo vide annuire, anche se impercettibilmente.
-Parla, allora- lo esortò, sempre con lo stesso tono gelido.
Con un sospiro profondo, lui iniziò, a bassa voce: -Perché era in camera tua?- chiese, riferendosi alla sua katana bianca, quella di Kuina.
Perché l’aveva presa? Se lo era chiesta anche lei, rimproverandosi quel gesto che lo aveva portato ad infuriarsi a quel modo.
Poi si era data la risposta, che era ovvia: quando temeva di averlo perso per sempre, era un simbolo che la legava a lui, qualcosa che glielo faceva sentire vicino.
Ma come sarebbe riuscita a confessarglielo?
Mentre esitava, immersa in questi pensieri, lui continuò: -Gli altri mi hanno detto che l’hai presa con te appena ti sei ripresa. Perché l’hai fatto?
Nami alzò gli occhi al soffitto, in pieno sconvolgimento interiore.
Era così difficile da spiegare per lei… forse quanto per lui capire le motivazioni di quel gesto.
Anche lei mormorava.
-Non riesci proprio ad immaginarlo, Zoro?- gli chiese in un soffio.
Lo guardò negli occhi e vide la sua aria confusa schiarirsi poco a poco.
-Ti avevamo perso. Ti avevo perso. E a causa mia. E non ero mai riuscita a dirti… a dirti…- esitava.
Scosse la testa, forse per cacciare via un pensiero improbabile, forse per schiarire le idee.
-Quando l’ho vista, nel salone, prendendola ho pensato a quanto fosse importante per te. Con lei ti sentivo vicino… avrei voluto che al suo posto ci fossi tu, come avrei voluto esserci io, al suo posto, tutte le volte che la curavi con amore. È strano, l’ho odiata, per tutte le attenzioni che avrei voluto io e che, invece, davi a lei. Poi, però, l’ho tenuta vicina, per lo stesso motivo…
Rise, con amarezza, sottolineando l’assurdità di quella frase appena detta, ricca di sentimenti contrastanti.
Rise, perché solo dopo quella situazione irreale, era riuscita a dirgli, seppur con mezze parole, ciò che provava.
Lui non aveva cambiato espressione e Nami rise ancora, davanti al mistero che rappresentava ai suoi occhi.
Cos’altro doveva dirgli? Che altro aspettava di sapere, quello strano esemplare umano di fronte a lei?
Ma ciò che sentì dire a quel volto che la scrutava serio, non lo aspettava proprio.
-Rufy ha ragione- sussurrò -sono un idiota. Scusa.-
Nami credette di aver capito male. Cosa c’entrava il Capitano? Zoro chiedeva scusa?
-Perché?- chiese lei.
-Ti avevo giudicata male, non farmi dire altro…- il tono dello spadaccino era quasi di supplica?
Poi capì e lui la vide farsi rossa di rabbia, per ciò che aveva realizzato.
Piazzandosi a meno di un palmo da Zoro e alzando un indice con fare minaccioso, lo investì di parole poco gentili: -Brutto buzzurro! Non avrai mica creduto che volessi guadagnarci sopra?- Un ceffone si schiantò, sonoro, sulla guancia ispida dell’uomo, che incassò senza un fiato.
Bruciava.
Non tanto per la violenza con cui era stato scagliato, quanto per il significato che racchiudeva.
Aveva capito quanto lei tenesse a lui, cioè almeno quanto lui teneva a lei… soltanto, non era mai riuscito a dirle niente.
Per questo, durante la tempesta, non aveva esitato a slacciare la cima che lo legava alla nave per assicurarvi lei, anche se rischiava di fare una brutta fine, quando l’aveva vista trascinare via dal ponte.
Possibile che, da quel gesto, lei non avesse capito quanto tenesse alla sua incolumità?
Il lungo silenzio che seguì al ceffone, fu rotto dalla donna.
-Credo che gli idioti, in questa stanza, siano due.- disse, guardandolo con gli occhioni lucidi.
-Come?- Zoro era ancora più perplesso di prima.
-Tu ed io, Zoro. Siamo due idioti. Perché il nostro stramaledetto orgoglio ci impedisce di dirci con sincerità ciò che avremmo dovuto confessare tanto tempo fa. Se uno di noi due avesse perso la vita, nella tempesta, credo che il superstite avrebbe dovuto convivere con un enorme rimpianto. Sbaglio?
Lo vide  scuotere il capo, deciso.
Poi non potè vedere più nulla, avvolta dalla imponente massa di lui, che la strinse a sé con forza, ma attento a non farle male.
Dopo il primo attimo di incredulità, Nami ricambiò la stretta. Sentì che mormorava un -Grazie per essermi stato vicino- riferendosi, chiaramente, all’episodio in infermeria.
Lei rispose con: -Grazie a te, per avermi salvato la vita…
A quelle parole, Zoro la allontanò per guardarla negli occhi.
Sorrideva, solare, con un’espressione serena che alla navigatrice aprì il cuore.
-A proposito- disse -Sono sicuro di non aver sognato, in infermeria, quando hai detto di “Non avermi ancora ringraziato abbastanza per averti salvato la vita”… cosa intendevi?
Arrossendo vistosamente, lei si allungò sulle punte dei piedi per riuscire a sussurrargli qualcosa all’orecchio.
Con un ringhio compiaciuto, lo spadaccino la afferrò e, sollevandola, la portò con sé sul ponte di coperta per poi arrampicarsi verso la palestra, dove era sicuro che nessuno li avrebbe disturbati.
Non si curarono del boato di gioia che era esploso nel salone dell’acquario, dove il resto della ciurma si era rifugiato a spiarli: grazie ai poteri di Robin, infatti, avevano potuto ascoltare il dialogo tra i due, senza farsi scoprire.
Ma Zoro e Nami, ormai, erano impegnati a perdersi l’uno nell’altra, avendo imparato, finalmente, che, quando si ama, dubbi e pensieri vanno chiariti, mettendo da parte l’orgoglio e l’ostinazione. Ci si guadagnava, e molto, scoprirono, mentre assaporavano il piacere che dava l’atmosfera, sempre più calda, che li accoglieva in un abbraccio senza fine, invitandoli a fondersi nell’amore più totale.
   
 
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