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Autore: ClaraK    17/03/2013    7 recensioni
Meg Johnson è una ragazza di diciassette anni,autolesionista.
Ha molti problemi,e un duro passato da ricordare. Prende strade sbagliate,che la porteranno nel posto giusto per cambiare vita.
Un'istituto psichiatrico dove s'innamorerà per la prima ed ultima volta,dell'unica persona che è riuscita ad amare le sue cicatrici. quelle esterne e quelle interne.
Non è così drammatica e macabra come sembra,cercherò di renderla il più leggere possibile. Questa FF,è molto importante perchè vuole trasmettere un messaggio per chi soffre di autolesionismo :prima o poi,ci sarà qualcuno che amerà le vostre cicatrici e le toccherà,facendo sparire ogni dolore. Il principio della FF è questo. Non so se si può dire,e se non si può,mi scuso. Con questa FF partecipo ad un concorso e vorrei ricevere molte recensione,quindi vi prego di recensire anche se criticate. Spero che vi abbia incuriosito e che vi piaccia!
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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-Nemmeno un giorno e già cerca di scappare Meg?- presi un respiro profondo.
La voce di Yaser era divertita,o sollevata di avermi fermata in tempo.
-Tu che avresti fatto,se ti avessero chiuso in un posto che non conosci,senza darti una motivazione?-
Volevo ritornare alla mia vita,seppur orrenda ed inadeguata ad una diciassettenne.
Non ero fatta per stare chiusa in regole rigide da rispettare; avevo bisogno della mia libertà.
Era come se avessi una camicia di forza.
-E' inutile che cerchi di scappare- mi disse -devi rimanere qui-
-Nessuno mi dà ordini Yaser,ficcatelo in testa. Spiegami perchè diamine sono qui!-
Mi fissò duro,prima di abbassare lo sguardo su dei fogli. Contorse le labbra in una smorfia,sorridendo falsamente.
-Non posso rivelarti la tua perizia psichiatrica Meg-
Mi giò la testa. Il vuoto assoluto si fece strada nel mio stomaco,pesando incessantemente su ogni organo.
Non era la prima volta che sentivo quelle parole,ne la prima che mi ferivano.
Cercai di dire qualcosa,ma le frasi sensate mi seccarono la gola.
Strinsi i pugni,alzandomi.
Le vene sul braccio premevano forte sotto la pelle che le ricopriva.
Io ero lì. A ritrovarmi faccia a faccia per la seconda volta con quel muro.
-Yaser- dissi,tenendo la testa bassa.
Sentivo il suo sguardo scavarmi dentro.
-Vaffanculo-






Strisciai verso il muro bianco,spalmandomi letteralmente su di esso.
Sudavo freddo,mentre il respiro s'incastrava in ricordi vecchi come l'ultima volta che avevo sorriso sul serio.
Molti e molti anni fa.
Mi fissai nel vetro dell'armadietto di latta dell'estintore. Avevo paura.
Non era un sentimento nuovo per me; non lo leggevo per la prima volta sul mio viso.
Ma di certo,non era una cosa abitudinaria per i miei nervi,provare sensazioni così forti.
Cercai di aggrapparmi a quella tranquillità che pian piano stavo riacquistando,prima che una voce la spazzasse via.
-Sei tu la matta che ha cercato di scappare stamattina?-
Ripresi a respirare,evitando di dar peso alla parola 'matta' con la quale quella,mi aveva appena classificato.
-Si- dissi,provando ad andarmene,ma lei mi si piazzò davanti.
Era bianca,e questo metteva in risalto il grigio dei suoi occhi.
Se lei fosse stata un elemento,sarebbe stato metallo.
Inutile e grigio metallo.
Io invece,io invece ero ghiaccio.
-Sei stata l'unica che c'ha provato...Dopo di me- mi sorrise,aggiustandosi i capelli lunghi,nero crvino.
-Io mi chiamo Emma,tu invece Meg.- strinsi riluttante la mano che mi aveva porso,sentendo la presa aumentare.
Come se volesse lasciarmi un segno delle sue dita lunghe e affusolate sulla pelle.
Mi costrinsi a sorridere anch'io,reprimendo l'inquietudine che metteva il suo sguardo.
-Benvenuta- mi disse fissando il vuoto,prima di andarsene.
A seguire,solo il vuoto in cui mi ritrovai di nuovo.
Rilassai le mani in tasca; sarebbe finita prima di quanto pensassi.





Mi sistemai sul letto,fissando fuori dalla finestra.
L'edificio marrone di fronte,era opprimente. Una gabbia dalla quale non puoi scappare una volta entrato.
Scivolavi coi piedi sul pavimento liscio,accostandomi al davanzale arrugginito.
-T'incuriosisce così tanto?- sentii una voce dietro le mie spalle.
Catherine mi rivolse un bel sorriso,mettendosi vicina a me.
-I cazzi tuoi?- risposi acida.
Il suo sorriso scomparve,così come la mia attenzione dai suoi capelli cotonati e troppo biondi.
Ripresi a guardare l'edificio marrone,sentendo l'ansia premermi sullo sterno.
-So che hai parlato con Emma...-
Sbuffai.
-Non avete un cazzo da fare in questo luogo,se non seguire ogni mio movimento? Sono il pettegolezzo del giorno forse?-
Catherine mi guardò confusa.
-Volevo solo dirti che è il tipo di ragazza da cui stare lontani,sai lei è al terzo piano... E sai che tipi ci sono lì.-
-L'avevo capito che è meglio stare lontani da Emma,non sono idiota.- dissi.
-Comunque no,non lo so che tipi ci sono...-
Catherine disegnò delle lettere sulla condensa della finestra.
-Meg,sai dove siamo? E' un istituto psichiatrico questo. Da qui...Non si esce- mi guardò preoccupata,ma seria.
-Nel nostro piano,ci sono i casi meno gravi,tutti quelli che soffrono di disturbi alimentari come bulimia,anoressia.... Emma invece appartiene a un'altra categoria di persone-
Il fatto che categorizzasse le persone mi dava il volta stomaco.
-Vedi,lei sta tra quelli che hanno tentato il suicidio o che hanno fatto cose-
-Assurde- le suggerii. 
Io non avevo fatto niente di assurdo e non soffrivo di disturbi alimentari.
Ero normale,non c'era motivo che io rimanessi lì.
-Lei sta in quella che qui,chiamiamo cella di isolamento- si guardò intorno,come se qualcuno la stesse spiando.
-Ha la camicia di forza- aggiunse sotto voce,creando una strana atmosfera..
Feci respiri lenti e silenziosi.
-E vale lo stesso anche per i ragazzi. Anche lì c'è la stessa divisione-
Camminò verso il suo letto afferrando un paio di libri,rompendo l'atmosera che aveva creato.






Camminai frettolosamente per i corridoi,facendo consumare la mia sigaretta al vento.
Trovai un gruppo di infermiere,intente a fare il loro giro di controllo.
-Devo parlare con Malik- dissi ad una di quelle,che mi guardò contrariata.
-Non può signorina,con il signor Malik può parlare solo con un appuntamento- mi sorrise cordiale riprendendo a camminare da stanza a stanza.
Sorrisi acidamente.
-Non me ne fotte un cazzo dei suoi dannati appuntamenti. Devo parlarci,adesso cazzo!- le urlai contro.
Gli occhi dell'infermiera,sgranarono quando la strattonai.
Fissò una sua collega,non poco distante da noi.
Dovevo sembrare una pazza.
La donna alla quale aveva lanciato un'occhiata complice,si avvicinò staccandomi da lei.
-Ci penso io- disse sorridendo e facendomi sedere.
-Allora tesoro,qual'è il problema?-
Feci un tiro dalla sigaretta che tenevo stretta tra le dita,come se fosse la mano del mio migliore amico.
-Devo parlare con Malik,è urgente cristo- sbuffai.
La mia testa reclamava tranquillità a gran voce. Desideravo starmene da sola da quando avevo messo piede lì dentro.
Non sopportavo l'odore di chiuso che c'era in quel luogo,e le ragazze magre che si aggiravano tra i corridoi.
Erano loro le pazze,non io.
Io non mi ero mai ficcata due dita in gola per vomitare tutto quello che mangiavo e mai,avevo provato a buttarmi giù da una finestra.
Non c'entrava niente quel posto con me.
-Devi aspettare domani mia cara,ora non c'è.-
Quell'ora non c'è,mi suonava più come una scusa.
Mi arresi,alzandomi dalla sedia in plastica su cui la donna mi aveva fatto sedere forzatamente.
Spensi la sigaretta,ritornando nella mia stanza.
Chiedevo cinque minuti di pace,nient'altro.





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I cerotti mi tiravano la pelle,mentre raggiungevo Emma all'entrata.
A volte lei mi mancava,ma non perchè l'amvo.
Stare chiusi lì dentro,ti fa sentire il vuoto di tante cose e si mettono tutte insieme.
Emma riempiva ogni vuoto,ogni buco.
Ma io volevo qualcuno che riuscisse a riempire i miei tagli,che cancellasse le mie cicatrici.
Emma sorrise come faceva sempre. Non cambiava mai.
Cinque anni che stavamo chiusi lì dentro,e lei sembrava la solita ragazzina quindicenne di quando era entrata.
-Zayn- mi abbracciò,ma non ricambiai.
-Ti ha vista qualcuno?- le chiesi,prendendola per mano.
-No-
Io e lei scappavamo ogni sera,ma tornavamo sempre indietro.
Lì fuori,non c'era posto per me,e io non avevo mai desiderato averlo.
Forzai il grosso cancello.
Ci aspettava un'altra notte insieme,dove tutti e due avremmo cercato disperatamente qualcosa che c'avrebbe costretto a scappare.
Ma in verità,io cercavo un motivo per rimanere chiuso qui dentro per tutta la vita.
E per questo,mi aggrappavo ai frammenti delle finestre rotte e delle bottiglie di birra spaccate a metà.
Perchè uno si abitua a lacerarsi la pelle; e poi non basta più.
  
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