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Autore: Mary P_Stark    18/03/2013    5 recensioni
TERZA PARTE DELLA SAGA DI OCCHI DI LUPO. Sono passati dieci anni dalla visita del principe Ellessandar di Akantar nel regno di Enerios. Tra i due regni, da quel giorno, intercorrono rapporti di amicizia e rispetto reciproci, anche grazie all'accorato lavoro di intermediaria portato avanti da Naell, principessa terzogenita del regno di Enerios. Principessa che, incalzata dal Consiglio della Corona e dal suo stesso padre, non può più nascondersi dietro mille scuse per evitare un matrimonio che non vuole. Perché a una principessa di Enerios è vietato vivere liberamente... amare liberamente. E a Naell questo va stretto, molto stretto. Libera di pensiero e d'animo, non vuole rinchiudersi entro quattro mura, con un uomo che non ama. Inoltre, su di lei, incombe ben di più di un matrimonio non voluto. Le parole del Dio-Lupo sono ancora fresche, nella sua mente. Tenebra e Luce devono ancora affrontarsi, e lei ne sarà direttamente implicata. Come, resta da vedersi. La sua unica consolazione è di non essere sola, sulle soglie di quel baratro. Ma i suoi cugini sapranno aiutarla nel momento del bisogno, come le ha predetto il Dio-Lupo? (riferimenti presenti anche nelle 2 storie precedenti)
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Occhi di Lupo Saga'
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●●Epilogo●●

 

 

 

 

 

 

 

Cinque anni dopo.

 

 

 

Il ritorno da Marhna, per Rannyl, aveva sempre un sapore dolce amaro.

Vedere i nonni, gli zii, Sendala ed Enok e le loro famiglie, era piacevole, così come fare visita a Kannor nell’immensa villa del borgomastro dove lui risiedeva stabilmente.

Lasciare quei lidi per fare ritorno al villaggio, era strano ogni volta, comunque.

Si sentiva perennemente spezzato in due e, a distanza di così tanti anni dalla perdita-non perdita della gemella, avrebbe dovuto essersi abituato a quella sensazione.

Così non era, e dubitava che lo sarebbe mai stato.

Se non altro, nella sua bisaccia, conteneva missive che lo rendevano lieto di essere al mondo, per una volta tanto nella vita.

Naell aveva scritto da Yskandar per metterli al corrente della nascita della loro secondogenita, una femminuccia dalla pelle color cioccolato e gli occhi chiari come la madre, che avevano chiamato Enyl.

La scelta del nome aveva reso felice Rannyl, e il desiderio di vedere la piccola era stato così forte che, se non fosse stato per le persone che lo attendevano a Hyo-den, sarebbe partito alla volta del porto di Elior per raggiungere Akantar con la prima nave disponibile.

La seconda missiva era più pragmatica e, a seconda dei punti di vista, poteva essere vista come una notizia piacevole o miserevole.

Colui che un tempo era stato chiamato Conte Alderan, si era tolto la vita nella cella in cui era stato rinchiuso anni addietro.

Si era impiccato con una corda fabbricata grazie alla copertura di stoffa del pagliericcio dove dormiva.

Coryn aveva appreso la notizia in viaggio, di ritorno da Rumenea, dove si era recato in visita come Ministro del Commercio della Corona.

La scoperta della misera fine del padre non lo aveva scosso più di tanto, anche se Rannyl immaginava che, con il carattere gentile e generoso di Coryn, più di una lacrima doveva aver versato in segreto per l’uomo che l’aveva messo al mondo.

Uno stormo di strelle argentate si involò dalla cima di un larice, sorprendendo Rannyl.

Ammirato, le scrutò nel loro volo caotico e che le portò, una dopo l’altra, a involarsi nel fitto del bosco di abeti, che correva lungo la carovaniera che l’avrebbe ricondotto a Hyo-den.

Sorridendo nel tornare a pensare alle notizie variegate che conduceva con sé, lasciò che la sua mente andasse alla terza missiva, che proveniva da Ruak.

Il re suo zio li invitava a palazzo per la nascita di un nuovo bebè, figlio di Staryn e della sua cara moglie.

I festeggiamenti si sarebbero tenuti di lì a un mese e, vista la bella stagione, era più che certo che la sua famiglia si sarebbe messa in viaggio per raggiungere Rajana quanto prima.

Non che lui fosse particolarmente in vena di festeggiare, ma Kalia sosteneva che tenere perennemente il broncio, era inutile e controproducente.

Pensare a lei, riportò immediatamente il sorriso sul volto di Rannyl.

Da quando Naell era rimasta a Yskandar, lei aveva ripreso la sua vita al villaggio.

Proprio grazie al suo appoggio e al suo aiuto spontaneo, Rannyl era riuscito infine a superare l’iniziale dolore per la perdita fisica della gemella.

Il fatto che fossero finiti a letto insieme durante una notte di luna piena, a coronamento dei festeggiamenti per il suo ventunesimo compleanno, era un dato ininfluente.

Rannyl si era ubriacato di brutto, quella notte, e Kalia gli aveva fatto degna compagnia.

La mattina seguente, più sani di mente e di corpo, ne avevano riso come pazzi e Rannyl, in quel momento, si era reso conto che solo con Kalia poteva sorridere… e tornare a ridere di nuovo.

I suoi genitori avevano riso con lui, quando aveva ammesso dove fosse finito, visto che non era più rientrato a casa, dopo i festeggiamenti.

Non avevano la più pallida idea se, da quella notte sfrenata, sarebbe nato qualcosa – era ancora troppo presto, visto che era passato solo un mese – ma Rannyl era lieto che fosse successo.

E, a quanto gli era parso, anche Kalia aveva gradito l’interludio.

Se fosse nato un figlio, Rannyl se ne sarebbe preso cura, lo avrebbe amato e protetto assieme a Kalia e, se lei lo avesse desiderato, avrebbero costruito una vita assieme.

Anche se lei era molto più matura di lui – a dividerli c’erano quasi dieci anni – a Rannyl non importava.

Solo Kalia aveva il potere di farlo sentire completo, un’unica entità, non un corpo spezzato e solo.

Voleva pur dire qualcosa, no?

A ogni buon conto, era presto per tutto, e nessuno correva loro dietro.

Quando, e se, avesse dovuto decidere in tal senso, ne avrebbe parlato con Kalia e i suoi genitori.

Era adulto da tempo e, in linea teorica, non avrebbe dovuto neppure prendere in considerazione di attendere il benestare di mamma e papà ma, visto ciò che era successo…

Gli sembrava di tradire sia la madre che il padre, anche se il solo pensarlo era senza senso. Sapeva benissimo che i genitori volevano solo il suo bene.

Così come Antalion, anche se era ben più difficile comprenderlo, rispetto a mamma e papà che, nonostante tutto, erano sempre sorridenti e gioviali.

Sapeva per cosa certa che, dopo diversi mesi di ansia e sconforto, la loro vita era tornata più o meno quella di prima.

Avere in sé il dono di Enyl, a volte, non gli pesava, se poteva servire a rasserenarlo sulle condizioni dei genitori.

Antalion, invece, era un dilemma.

Con lui, non si era arrischiato a curiosare ma, in ogni caso, sarebbe stata battaglia persa.

Quando stava in sua compagnia, appariva sempre ermetico.

Non perdeva giorno senza inoltrarsi nel bosco, forse nella speranza vana di incontrare Hevos per chiedere notizie di Enyl.

Gli sembrava quasi che, il solo vederlo, lo facesse soffrire più di quanto fosse lecito patire.

In cuor suo, non sapeva che pensare.

Aveva paura di rimanere per più di qualche ora con Antalion, per il terrore di ferire i suoi sentimenti, ma non aveva mai avuto il coraggio di chiedergli come si sentisse ad averlo vicino.

Non voleva turbarlo più di quanto già non lo fosse perché era evidente che, in sua compagnia, si sentiva a disagio, e finiva col barricarsi.

Fu perciò una sorpresa vederlo giungere dalla carovaniera, il portamento fiero di sempre e i capelli lisci e scuri stretti in una coda di cavallo, come suo solito.

Rannyl, al contrario, li portava sempre cortissimi, pur se si era concesso di lasciarsi crescere una ciocca di capelli che, stranamente, si era imbiondita fino a divenire dello stesso colore di quelli di Enyl.

Lui la teneva perennemente intrecciata e poggiata sulla spalla sinistra.

Bloccando la sua cavalcatura lungo il sentiero, Rannyl lo salutò con un cenno della mano.

Nel raggiungerlo, Antalion volse il cavallo per affiancarsi al fratello e disporsi con lui lungo la via del ritorno.

Con un borbottio, disse poi a mezza voce: “Mi domandavo come mai tardassi, così ti sono venuto incontro.”

“Nonna non voleva più lasciarmi andare. Ho due sporte di cibo preparato da lei” sorrise Ran nel riprendere il cammino assieme ad Antalion.

Abbozzando un sorriso, il fratello maggiore assentì divertito.

“Impossibile che Ildera non ci lasci qualcosa da mangiare. Forse pensa che, al villaggio, facciamo la fame.”

“Può essere” assentì Rannyl, prima di cadere in un silenzio imbarazzato.

Antalion non disse altro per una buona mezz’ora e, ad accompagnarli in quel viaggio di rientro davvero insolito, vi furono solo gli sbuffi dei cavalli, il fischiettare degli uccellini e lo scalpiccio degli zoccoli sul terreno dissestato.

“E’ difficile” bofonchiò a un certo punto Antalion, facendo sobbalzare per la sorpresa Rannyl, che lo fissò stranito e con occhi sgranati.

“Cosa?” mormorò lui, dubbioso.

“Guardarti senza provare perennemente la sensazione di abbracciarti per non lasciarti più andare” ammise Antalion, sorridendogli imbarazzato per un attimo prima di tornare a scrutare in avanti, lungo il sentiero. “Mamma e papà sembrano essersene fatti una ragione e, anzi, mi sembrano tranquilli. Ma io…”

“Enyl era la tua preferita” dichiarò tranquillo Rannyl, scrollando di spalle.

Antalion si volse verso di lui con un risentimento nello sguardo quasi palpabile. Rannyl allora deglutì a fatica e il fratello maggiore, torvo, ringhiò: “Non ho mai avuto un preferito, scemo! Vi ho amati entrambi fin dal primo giorno in cui vi vidi!”

“An…” ansò spiacente Rannyl.

L’uomo reclinò il viso a fissarsi le mani che stringevano con forza le briglie del cavallo, la mente percorsa da mille e più pensieri.

Il vento soffiò leggero tra le fronte degli abeti, facendoli mugghiare e Antalion, a mezza voce, asserì: “Vi ho amati da sempre, come amo i miei figli… vi amo come loro. Non vorrei mai lasciarti da solo, ma so che è stupido, ingiusto e crudele. Devi poter vivere la tua vita serenamente, non vedere me con la faccia pesta e che ti guardo come se… come se…”

Sfiorando la spalla del fratello con una mano, Rannyl gli sorrise comprensivo e annuì.

“Ho capito, An. Io avevo paura che tu potessi odiarmi in qualche modo, perché sono rimasto solo io, così non sapevo mai se stare con me ti faceva piacere o meno.”

“Non pensarlo mai più, idiota che non sei altro!” sbottò Antalion, oscurandosi in volto.

Rannyl allora ridacchiò e borbottò: “Prima scemo, ora idiota. Sto facendo carriera!”

Antalion fece per rabberciarlo, ma l’ululato in un lupo nella foresta fece bloccare di colpo le loro cavalcature.

I lupi al loro fianco rizzarono le orecchie, guardinghi, prima di correre a perdifiato all’interno del bosco, lasciando i loro compagni di viaggio basiti e sconcertati.

“Ehi! Tornate indietro!” sbottò Antalion prima di impallidire visibilmente quando l’ululato riverberò nuovamente attorno a loro, potente e fiero e… innaturale.

“Non è possibile!” esclamò Rannyl, balzando dalla cavalcatura assieme al fratello per rincorrere i loro lupi. “Aveva detto che non avrebbe più potuto tornare!”

“Beh, non mi interessa! E’ l’unico legame con Enyl che abbiamo, quindi lo troverò e lo torcerò ben bene per sapere come sta!” ringhiò Antalion, balzando oltre un cespuglio con la stessa agilità di un lupo.

Rannyl lo seguì a ruota, la freoha che gli rombava nel sangue come il rombo di un tuono nella tempesta.

Oltrepassarono il torrente che proveniva dal ghiacciaio quasi senza vederlo mentre, a poca distanza da loro, i lupi erano lanciati nella corsa,  a testa bassa, le orecchie acquattate e gli occhi fissi su un punto preciso della foresta.

“Di là!” esclamò a un tratto Rannyl, inquadrando un lieve bagliore biancastro nella fitta penombra dell’abetaia.

Scartando a sinistra con un balzo elegante, Antalion si aggrappò a un ramo di pino per slanciarsi in avanti e guadagnare più agevolmente terreno, mentre Rannyl lo imitava con identica maestria.

Quando infine raggiunsero una radura a loro sconosciuta, trovarono ad attenderli i loro due lupi…  e un enorme lupo bianco circonfuso di brina scintillante.

“Hevos” ansò Antalion, crollando a terra in ginocchio, incredulo.

Rannyl si limitò a fissare il niveo lupo per alcuni secondi prima di gracchiare: “Non… è … possibile.”

I loro compagni, nell’inchinarsi al nuovo venuto, si allontanarono subito dopo nel bosco, come a voler lasciare quel momento solo per i loro compagni.

A quel punto, il lupo ammantato di brina si avvicinò ai due giovani prima di accomodarsi sulle zampe posteriori, allungare la lingua fuori dalle zanne e dire sommessamente: “Ben ritrovati, fratelli.”

Lo sconcerto fu tale che anche Rannyl crollò a terra, le gambe rese acqua da quella confessione a sorpresa.

Solo in quell’istante, si rese conto che l’animale che avevano loro innanzi era, a tutti gli effetti, una femmina e non un maschio.

Una risatina allegra e argentina scaturì dalle zanne della lupa, e una voce trillante e solo vagamente metallica scaturì nuovamente da quella bocca non umana per aggiungere: “E’ bello rivedervi, finalmente.”

“Enyl… sei veramente tu?” esalò Rannyl, camminando carponi per avvicinarsi maggiormente alla lupa bianca.

“Sì, fratello… sono io. In carne, ossa e pelo” ridacchiò lei, allungandosi per leccarlo in viso.

Rannyl allora scoppiò in una risata frenetica e Antalion, con un gesto improvviso, abbracciò entrambi, esclamando: “Sia ringraziato Hevos! Sei qui!”

La lupa che era Enyl leccò anche Antalion in viso e, stretta in quell’abbraccio caloroso e che, da anni, aveva bramato come l’aria, spiegò loro: “Dovete perdonarmi se ho impiegato tanto per tornare, ma non è stato facile comprendere come mutare la mia forma umana in quella animale e, soprattutto, come aprire i Portali di Luce per giungere nel punto giusto. Non posso spuntare dove voglio, e questa radura è il punto più vicino al villaggio che ho saputo trovare.”

“Ma… Hevos aveva detto che…” tentennò Antalion, ora del tutto confuso.

Enyl rise sommessamente e ammise: “In effetti, lui non può più giungere qui. Ma la sua promessa valeva per se stesso, non per me. Rendendomi immortale, mi ha fatto dono dei suoi medesimi poteri, perciò ho potuto apprendere ciò che lui sa, e agire come lui. Mutazione compresa. E, visto che il veto apparteneva solo a lui, io sono potuta uscire dal regno immortale per un po’.”

Antalion e Rannyl allora risero lieti di quell’espediente ed Enyl, scostandosi da loro, dichiarò: “Non solo Caos sa scompaginare le leggi dell’Oltremondo. Anche Hevos conosce qualche trucchetto.”

“Sei felice, allora?” le domandò Rannyl, carezzandole con un gesto ripetitivo la morbida gorgiera.

Lei annuì col muso e asserì fiera: “Il luogo in cui dimoro con Hevos è come le montagne in cui sono nata, perciò non poteva essermi che caro fin dal principio ma, soprattutto, sono felice perché sono con lui. E…”

“E…” ansarono entrambi, vedendola reclinare vergognosa il musetto.

“La prossima volta che verrò, vi mostrerò vostra… nipote.”

I due fratelli strabuzzarono gli occhi di fronte a quella notizia ma, immediatamente, come la gioia per quella lieta novella era giunta a illuminare i loro volti, così il dubbio la spense, rendendoli ansiosi.

“Enyl, ma siamo sicuri che Hevos non sarà costretto ad abbandonare anche te e… oh, cacchio… nostra nipote come fece con Hyo?” esalò Rannyl, ridacchiando al pensiero di avere una nipotina.

Sarebbe stata un lupetto grazioso, o una bambina affascinante come la gemella?

“E’ impossibile che ciò succeda, Ran. Ricorda… entrambi noi siamo nati con il potere della Luce nel nostro corpo, perciò eravamo già dal principio legati a doppio filo con Hevos. L’avermi resa immortale ha solo rafforzato questa unione. E Ylveren non è dissimile dai suoi genitori, quindi anche lei potrà godere dell’immortalità della Luce” spiegò loro Enyl, illuminandosi maggiormente al solo nominare la figlia.

“Ha un bellissimo nome” asserì Antalion, tornando ad abbracciarla gentilmente prima di baciarle la punta del naso umido.

“Grazie. Ora devo andare, perché questo mio primo esperimento mi ha sfiancata ma, ora che so come fare, appena potrò, tornerò. Forse tra un anno, credo, … in questo periodo.”

Nel dirlo, lanciò uno sguardo in direzione di un gruppo di rocce presenti nella radura e queste si mossero al tocco del suo potere, disponendosi a cerchio tutt’intorno a loro.

Rannyl e Antalion osservarono quella strana danza di rocce prima di sobbalzare leggermente, quando esse caddero fragorosamente a terra, facendo tremare il terreno.

“Così, saprete riconoscere a prima vista la radura” dichiarò soddisfatta Enyl. “D’ora in poi, mi occuperò io delle nostre sorelle e dei nostri fratelli, come finora se n’era occupato Hevos. Spero solo di essere abbastanza saggia per questo compito.”

“Hai dato la tua vita mortale per tutti noi… penso sia già un merito importante” le fece notare Antalion, rimettendosi in piedi assieme al fratello.

La lupa annuì e, nel trotterellare per il prato, ammise: “Sì, forse come inizio non è male… ma saprò fare meglio, col passare del tempo.”

“Dovremo erigere nuovi templi in tuo onore?” rise allora Rannyl, ammiccando al suo indirizzo. “Ti chiameremo la dea-lupa Enyl?”

La lupa gli fece la linguaccia, confermandogli – se mai ve ne fosse stato bisogno – che entro quel corpo così estraneo per lui esisteva ancora la sorella.

Aveva cambiato forma, luogo in cui vivere, ma lei era sempre la stessa, sempre la sua dolce e spassosa sorella.

“Ricordati, due entità in una” gli rammentò Enyl, tornando accanto a Rannyl per leccargli una mano. “Ora, nessuna dimensione mi terrà lontana dalla tua mente.”

Il giovane annuì, più che lieto della notizia e la sorella, tossendo una risata lupesca che fece sorridere entrambi i fratelli, chiese loro: “Portate anche mamma e papà, l’anno prossimo? Vorrei vederli.”

“Appena racconteremo loro cosa ci è successo, si accamperanno qui fin da oggi” dichiarò Antalion, scoppiando a ridere di gioia autentica, gioia che da cinque anni non aveva più provato o solo avvertito palpitare nel suo cuore.

“Fate sapere alle genti che Hevos non è perduto, e che le preghiere verranno sempre ascoltate. Quando potrò, parlerò e, quando non potrò parlare, sarai tu, Rannyl, a consigliare e guidare al posto mio.”

“E non comandare” assentì Rannyl, fiero della sorella e del ruolo che aveva preso sulle sue spalle al posto del compagno, che aveva sacrificato il suo amore per l’umanità intera – che aveva visto nascere e crescere – al fine di salvare la donna amata.

“Mai. La Luce, come la Tenebra, non comanda. Guida. Consiglia. Offre.”

La brina a quel punto avvolse il corpo niveo di Enyl e i due fratelli, ritti l’uno a fianco dell’altro, osservarono con rinnovata fiducia il corpo del lupo svanire in uno scintillio dorato.

Al suo posto, rimase solo la radura spoglia e il cerchio di pietre, a imperitura memoria del passaggio del nuovo Immortale Portatore di Luce.

Scambiandosi uno sguardo d’intesa, i due fratelli tornarono ai loro cavalli con un’andatura più sciolta che all’andata.

Un sorriso gemello aleggiava sui loro volti assieme alla certezza che, da quel giorno in poi, la tristezza per la lontananza da Enyl sarebbe stata più dolce, più sopportabile.

Avrebbe potuto tornare a parlare con lei come faceva un tempo, se mai ve ne fosse stato bisogno e, per tutto il resto… cos’era, un anno di attesa?

Un anno, dopotutto, passa in fretta.

 

 

FINE

 



___________________
N.d.A.: E qui chiudo la trilogia legata ad Aken ed Eikhe. Vorrei ringraziarvi per avermi seguito fino a qui, per aver commentato e offerto consigli. Sappiate che il vostro supporto è sempre stato più che apprezzato! :)
Grazie, e arrivederci per nuove avventure.


 

  
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