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Autore: Mary P_Stark    18/03/2013    3 recensioni
Brie e Duncan guidano il branco di Matlock, il Concilio di Anziani è stato destituito e un nuovo corso è iniziato. Assieme a questa nuova via, nuovi amici e vecchi nemici fanno il loro ingresso nella vita dei due licantropi e un'antica, mistica ombra sembra voler ghermire tra le sue spire Brie, che non sa, o non ricorda, chi possa volerla morta. SECONDO CAPITOLO DELLA TRILOGIA DELLA LUNA. (riferimenti alla storia presenti nel racconto precedente)
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'TRILOGIA DELLA LUNA'
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8.

 
 
 
 
 
 
 

 

Non avevo mai visto Duncan così infuriato, o meglio, lo avevo visto, ma non per una sciocchezza del genere.
A meno che lui non la considerasse una cosa seria, come invece io non ero in grado di vederla.
Allontanandomi dal centro dell’accampamento assieme agli altri licantropi non impegnati nell’Ordalia, scrutai preoccupata i sicari dei vari clan muoversi nell’ombra, simili a spettri silenziosi.
Tesa più di quanto avrei detto in un primo momento, mi volsi leggermente per guardare Estelle e, ansiosa, chiesi: “Ma è davvero così grave ciò che ha detto Sebastian? A me frega fino a un certo punto.”
“Sei una giovane licantropa, quindi badi poco a cose che, da umana, neppure ascoltavi. Ma i lupi sono fieri e indomiti, e non accettano volentieri che si denigrino le persone care, neppure un insulto velato. Lo scontro era quasi inevitabile.”
“Capisco. Quindi, non si tratta di un attacco di machismo di massa?”
Estelle ridacchiò assieme alle altre lupe e Rebecca – che teneva in groppa il piccolo Matthew, apparentemente tranquillo nonostante la strana compagnia – mi spiegò: “Devi capire, Brianna, che Duncan tiene molto a te e a ciò che rappresenti. Come, a loro volta, i nostri mariti o compagni tengono molto alle nostre nomee. Nessuno di loro lascerebbe passare sotto silenzio l’insulto gratuito che ti ha lanciato Sebastian.”
“Quindi, pensate anche voi che abbia esagerato?”
“Eccome. Se Sebastian si fosse rivolto a me con quel tono, avrei preteso la sua testa” replicò piccata Rebecca, ringhiando leggermente.
Matthew, sentendola ringhiare a quel modo, le tirò i peli della gorgiera ridacchiando allegro e Becca, sospirando, commentò: “Il mio piccolo distruttore. Quando mi sente alterata, si diverte un mondo perché sa che romperò qualcosa.”
Ridemmo tutte. Quel piccolo cucciolo d’uomo, abbarbicato sulla schiena dell’enorme licantropo che era sua madre, pareva del tutto inconsapevole delle possenti fiere che lo circondavano.
Mi chiesi quale strano istinto lo spingesse a fidarsi di una creatura che, normalmente, avrebbe potuto divorarlo in un sol boccone.
L’istinto di sopravvivenza dei figli dei licantropi era forse alterato?
“E’ solo diverso, nulla di più” ammise Becca, rispondendo alla mia muta domanda. “Percepisce che sono sua madre, anche se muto forma quando lui non è presente. Come per Fred. Sa sempre chi sono i suoi genitori, anche se si trova in mezzo a un branco di lupi enormi.”
“Perché ci si dovrebbe trovare, scusa?” chiesi forse scioccamente, prima di rabbrividire al mio pensiero successivo.
Non li mettevano in mezzo al branco da neonati, vero?!
Becca rise della mia espressione inorridita – anche da lupo, riuscivo a sgranare gli occhi tanto da sembrare allucinata – e mi spiegò l'arcano. “Non è niente di così tremendo. Il branco, semplicemente, riconosce il nascituro come membro del clan, e lo accoglie in seno al Vigrond. E’ una cerimonia piuttosto carina, a dir la verità.”
Lessi chiaramente nella sua mente i ricordi della cerimonia di benvenuto celebrata per il piccolo Matthew.
Era stato depositato su un letto di foglie fresche, e salutato da tutti i membri del branco con così tante strusciate di naso che, alla fine, il bambino aveva faticato a smettere di ridere.
La trovai una cosa così strana che ridacchiai mentalmente, esalando: “Beh, è decisamente meglio di quanto avessi pensato.”
“Deve essere complicato avere i ricordi dei tuoi pensieri umani, e dover ragionare anche come lupo. Non so cosa si possa provare” ammise Becca che, come le altre – a parte me ed Estelle – erano nate col gene della licantropia nel sangue.
“E’ un processo abbastanza difficile. Mi scontro piuttosto spesso con le regole degli umani e quelle dei licantropi” poi, indicando col muso Duncan e Sebastian, che si stavano preparando per combattere, aggiunsi: “Questo è un caso eclatante. Da umana, non avrei mai permesso che facessero a botte per me.”
“Mentre per noi è normale, anzi, necessario che succeda” annuì col muso Stephanie. “Hai tutta la mia comprensione, Brianna. Checché ne dica quel retrogrado di Seb.”
“Ancora non capisco perché abbia avuto quello scatto d’ira. E’ in andropausa, per caso?” celiai con il mio solito humour acido.
Tutte ridacchiarono, dandomi dei colpetti con le spalle mentre Estelle, con le lacrime agli occhi per l’ilarità a stento trattenuta, sussurrava: “Non pensarlo troppo forte, o rischi di peggiorare la situazione.”
“Non sia mai che turbi ulteriormente Seb” ghignai, mostrando i denti in un sogghigno divertito.
Quando infine raggiungemmo un punto abbastanza distante dal luogo del combattimento, dove avremmo potuto vedere Duncan e Sebastian senza dar loro alcun fastidio, l’ansia tornò ad assalirmi.
Cecily allora si avvicinò a me, asserendo: “Non devi preoccuparti per Duncan. Da quando sta con te, è molto più forte. Tu gli hai dato equilibrio. Quando era solo il cucciolo annacquato che sottostava alle bizze di Sheoban, non era neppure così lontanamente simpatico. O potente.”
“Quindi, dici che non devo rischiare di morire d’infarto per la paura?” cercai di ironizzare, pur non sentendomi affatto tranquillizzata dal suo dire.
“Affatto. Anzi, devi dimostrargli tutta la tua fiducia. Perché tu hai fiducia in lui, vero?” mi chiese per contro Cecily, fissandomi con i suoi profondi occhi gialli di lupo.
“Certo! E’ solo che… uffa, lasciamo perdere. Altro pensiero da umana” brontolai, scivolando a terra e poggiando il muso sulle zampe, allungate sul terreno.
Cecily rimase appoggiata sul posteriore, mantenendo ritte le zampe anteriori e, fiutando l’aria con il suo naso umido, mi chiese: “Non senti tutt’intorno a te il potere di Duncan?”
“Eccome se lo sento” assentii, quasi uggiolando. “Ma non per questo posso esimermi dal sentirmi male, all’idea che qualcuno possa ferirlo per causa mia.”
“Non è mai colpa dello strumento, ma di chi lo impugna” precisò Cecily, saggiamente. “Sebastian ha preso l’intera questione di petto, non comprendendo quanto sia importante, invece, la tua condizione unica di wicca e Prima Lupa.”
“In che senso?” volli sapere, incuriosita dal suo dire.
Lei scosse il muso, indicandomi i due contendenti, pronti per dare inizio alla lotta. Azzittendomi subito, lasciai perdere quel discorso per un altro momento.
Per quanto curiosa potessi essere, preferivo concentrarmi sul combattimento.
Alec, in quanto padrone di casa, si portò in mezzo alla spianata erbosa, mentre Duncan e Sebastian si guardavano in cagnesco – e non è un eufemismo – , pronti a dar battaglia non appena fosse stato dato loro il permesso.
Naturalmente, non ascoltai una sola parola mentale di Alec, troppo concentrata sul mio Fenrir per badare agli altri.
"Guai a te se ti fai anche un solo graffio, d'accordo?"
“Tornerò da te tutto intero, principessa, stai tranquilla.”
“Ci conto, o potrei decidere io stessa di fartela pagare.”
Lui scoppiò in una risata che fece innervosire non poco Sebastian.
Non appena Alec decretò l’inizio dell’Ordalia, quest'ultimo si avventò contro Duncan con il chiaro intento di terminare subito quel combattimento al primo sangue.
Ma trovò solo il nulla, ad attenderlo.
Con uno spostamento laterale che faticai a vedere, nonostante i miei allenati occhi di licantropo, Duncan schivò le sue zampe artigliate e mosse il muso per azzannarlo alla gola, trovando però solo qualche pelo di gorgiera.
Anche Sebastian era veloce, ma non come Duncan.
A tutti gli effetti, era la prima volta che lo vedevo combattere veramente – i nostri allenamenti non erano mai stati neppure lontanamente così violenti e feroci – e, per quanto fossi abituata a vederlo nelle vesti di lupo, rimasi abbagliata dalla sua possanza e grazia nel duellare.
Non avevo davvero mai immaginato che un lupo di quella stazza potesse muoversi a tale velocità e, soprattutto, riuscire nel contempo a mantenere un’eleganza di movimenti da far invidia al miglior ballerino dell’Opéra  di Parigi.
Non solo io, comunque, rimasi ammutolita di fronte a quello spettacolo di muscoli guizzanti, zanne snudate e artigli scintillanti.
Ogni lupo presente – non potevo parlare per i sicari o gli Hati, perché immaginai avessero altro a cui pensare – li osservava con attenzione, mista a un timore reverenziale che poche volte avevo visto in alfa di così alto rango.
Non si poteva dire nulla. Sia Duncan che Sebastian erano due grandi combattenti.
Ma io avrei preferito di gran lunga che quello spettacolo – per quanto di letale bellezza – terminasse alla svelta, o il mio cuore avrebbe sicuramente ceduto di fronte allo stress, che stava facendo tremare ogni fibra del mio essere.
Intorno a noi, il silenzio ovattato della notte era spezzato solo dai suoni prodotti dallo sfregare delle zampe sul terreno, dal loro ringhiare basso e sordo e dal tonfo ferale delle zanne, che sbattevano tra loro a ogni morso finito nel vuoto.
Quando, però, i denti acuminati di Duncan si chiusero come una morsa sulla zampa di Sebastian, un oh’  collettivo si levò tra noi che osservavamo rapiti l’Ordalia.
Sebastian, uggiolando per il dolore, si accasciò su un fianco mentre il suo avversario si ritirava in buon ordine, le zanne sporche del suo sangue a muta prova della sua vittoria.
Di colpo, la barriera di potere che avevamo eretto intorno a loro venne annullata, lasciando che intorno a noi tornasse la normalità.
Le loro auree, spinte al massimo della loro forza, durante la battaglia, avrebbero potuto spazzare via l'intera brughiera, senza quell'accorgimento.
Senza attendere un secondo di più, mi alzai di scatto e trotterellai accanto a Duncan, strusciandomi contro di lui per lasciare la mia scia odorosa e di potere sul suo corpo affaticato e stanco.
Leccandomi il muso, grato per il mio sostegno, mormorò: “Grazie, ne avevo davvero bisogno.”
“Di nulla. Sei stato meraviglioso” gongolai eccitata prima di volgere lo sguardo verso Sebastian, che si stava alzando caracollante.
Più freddamente, aggiunsi:“Anche tu sei stato un bravo combattente. Era la prima volta che assistevo a un combattimento al primo sangue tra due Fenrir, e devo dire che è stata un’esperienza unica. Mai visto due lupi muoversi con tanta grazia, velocità e forza messe assieme.”
Sebastian piegò stentatamente il capo nella mia direzione, per quell’ovazione.
Volendo però mettere a tacere una volta per tutte i suoi dubbi sul mio conto, mi avvicinai a lui e, piegandomi verso il basso, soffiai sulla ferita il mio potere di wicca.
“Non posso solo respingere le vostre auree, ma anche gli effetti dei vostri colpi.”
Detto ciò, osservai il morso profondo - che Duncan aveva lasciato sulla zampa di Sebastian - rimarginarsi più velocemente di quanto, una ferita inferta da un licantropo alfa, avrebbe dovuto fare.
Molti altri lupi si avvicinarono per ammirare quello spettacolo curioso e mai visto in precedenza e Duncan, affiancandomi, assentì al mio indirizzo.
“Hai fatto la cosa giusta, principessa.”
“Grazie” mormorai, lasciando ciondolare la lingua fuori dalla bocca.
Mentre la ferita di Sebastian si rimarginava in tutta fretta, notai non solo la sorpresa e l’ammirazione negli occhi dei presenti, ma anche lo sguardo torvo e dubbioso di Alec.
Cosa, nel mio agire, lo aveva reso tanto ansioso?
Avrei tanto voluto saperlo.

***

Mangiucchiando un sandwich, appollaiata su una roccia arrotondata da millenni di ghiacci e intemperie, salutai con un cenno del capo Cecily e Linda, la Prima Lupa di Bryan.
Si stavano avvicinando a me per fare colazione in mia compagnia.
Stranamente, non vidi Estelle nei paraggi ma, per quello, diedi la colpa alla potente quanto minacciosa Fenrir.
Estelle era molto più che intimidita da Cecily e se ne stava alla larga, quando lei bazzicava vicino a me.
“Quello che hai fatto ieri sera con Sebastian è stato davvero eccezionale, sai?” esordì Linda, sorridendomi prima di dare un morso al suo panino con asparagi e bacon.
“Dici? A me è sembrato normale farlo. Chiamalo istinto di wicca, se vuoi” scrollai le spalle, pensierosa.
“L’essere entrambe le cose ti rende sia le cose più facili, che più difficili” commentò Cecily, azzannando – letteralmente – il suo hot dog, rigonfio di cipolle e maionese. “Le wiccan  sono sostanzialmente esseri umani, con pensieri umani, perciò hanno una visione del mondo diversa da noi licantropi, che scrutiamo le cose con occhi differenti.”
“Già. Se poi aggiungi che è poco tempo che sono stata trasformata in licantropo, capirai la mia confusione” ammisi, ingollando un po’ di succo di frutta alla pera dal mio tetra-pack.
“E’ questo a renderti così unica e preziosa. E potente” sentenziò Cecily, sorridendomi. “Era questo che volevo dirti ieri sera. Invece di vedere il peggio di te, come fa Sebastian, io credo ci si debba soffermare sul meglio di te, e cioè sulle tue innumerevoli doti. Quello di cui Seb non tiene conto è che, in quanto wicca, non puoi arrecare danno ai licantropi in alcun modo per cui, anche volendo, non potresti mai complottare in nessun modo contro nessuno di noi, neppure ora che sei anche Prima Lupa. O sbaglio? L’istinto di wicca è predominante in te, vero?”
Annuii, sorpresa dal suo dire. Non ci avevo mai fatto caso, in effetti, però ciò che diceva corrispondeva alla realtà.
Quando mi ero mossa per curare la ferita di Sebastian, non avevo agito come Prima Lupa – che, sotto sotto, era infuriata a morte con lui per aver minacciato Duncan e insultato me – bensì come wicca che, prima di ogni altra cosa, aveva a cuore la sorte di ogni licantropo.
Mi era venuto spontaneo curare la sua ferita, nonostante sapessi che quel licantropo in particolare non si fidava di me. L’amore per loro aveva il sopravvento su tutto.
“Il mio nome parla chiaro. Io difendo l’amore che provo per coloro a cui tengo. E non fa differenza chi io abbia davanti. Non farei mai del male a un licantropo. A meno di non essere attaccata con violenza, è ovvio.”
Ammiccai con un risolino, e Cecily rispose con un ghigno furbo.
“Ovvio. Nessuna wicca si farebbe ammazzare con leggerezza, come nessun lupo” annuì Linda, sorseggiando un po’ di caffè da un’enorme tazza nera.
Percependo il profumo di quello squisito liquido scuro e caldo solo in quel momento - troppo interessata a parlare con le mie due nuove amiche, per badarci - , esalai sconvolta: “Quando l’hanno preparato?”
“Pochi minuti fa. Tu eri già qui in isolamento” celiò Cecily, ghignando divertita.
“Scusatemi un attimo!” esclamai, alzandomi e lasciando la mia colazione sul masso per catapultarmi a prendere una tazza di nero caffè salva-cervello.
Quando Gregory mi vide arrivare di corsa, sogghignò divertito dalla sua postazione al tavolo degli approvvigionamenti e, sprezzante, mi domandò: “Dove va tanto di corsa la nostra crocerossina pelosa?”
Lasciai perdere quella battutina di spirito, afferrando solamente una delle tazze vuote, sistemate sul ripiano di vinile che avevo davanti a me.
La allungai in fretta verso di lui – che reggeva le redini del potere sul dio Caffè – e, con aria seria, grugnii: “Un caffè, grazie. Nero, senza zucchero o panna.”
“Come la nostra regina ordina” mi irrise Gregory, prima di prendersi una gomitata nel fianco da Gwen, che sogghignò complice, rivolgendosi a me.
Ammiccai nella sua direzione, prima di vedere Branson avvicinarsi con un vassoio pieno di  sandwich appena preparati – la cucina da campo che avevano allestito funzionava meglio di quella del Marriott. Avvicinandomi a lui, gliene rubai uno e ironizzai: “Ora che so che sei così bravo a farli, ti ossessionerò a vita, ricordalo.”
Lui rise, passandomene altri due, e disse per contro: “Le attenzioni della mia Prima Lupa sono sempre gradite.”
“Non quel genere di attenzioni, caro” replicai, dandogli una pacca amichevole sul sedere prima di afferrare la tazza di caffè e avviarmi verso le mie compagne di colazione.
Vedendomi tornare con le braccia colme di roba da mangiare, ridacchiarono divertite, ma io feci spallucce.
Porgendo poi loro un sandwich a testa, spiegai succintamente: “Meritavano davvero troppo, per lasciarli là.”
“Hai ragione” annuì Linda, sbocconcellando il suo, mentre Cecily lo afferrava coi denti in maniera molto meno delicata.
Finendo il mio primo panino, già desiderosa di mangiare il sandwich, ingollai tra un morso e l’altro quello stupendo, bollente, caffè nero pece e, sospirando di sollievo e piacere, mormorai: “Questo mi potrebbe riportare alla vita anche se fossi morta stecchita.”
“Discepola del caffè?” ironizzò Cecily.
“Devota fino al midollo” ammiccai, prima di vedere Estelle, Kate e Becca ferme ad alcune decine di metri da noi, indecise sul da farsi.
Inclinandomi verso Cecily, le chiesi: “Ma perché sono terrorizzate da te?”
Lei scoppiò a ridere mentre io facevo un cenno alle mie amiche di avvicinarsi e, con voce divertita, mi spiegò: “Perché sono un Fenrir donna, e non sanno come prendermi. E, oltretutto, mi comporto più da maschiaccio, io, di tutti i loro uomini messi assieme.”
“Oh. Capito” annuii.
In effetti, come potevo dar loro torto? Cecily era tutto fuorché lo stereotipo di Fenrir donna che mi sarei immaginata di incontrare, ma mi stava decisamente simpatica.
Inoltre, si era apertamente schierata dalla mia parte, e questo era molto importante.
Solo Sebastian, che aveva chiesto unicamente scusa per il gergo usato, ma non per il senso delle sue parole, mi rimaneva ostile.
E Alec?
Beh, che dire di lui? Solo Dio, probabilmente, o la Madre Terra, sapevano cosa frullava nella testa di quel Fenrir dai modi di Cerbero.


 

  
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