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Autore: Dalhia_Gwen    23/03/2013    6 recensioni
Questa è la storia di una diciassettenne di nome Gwen che, nonostante tutte le ingiustizie e il passato che ha vissuto, riesce finalmente a trovare la felicità che aveva perso, grazie ad uno dei suoi più grandi hobby, la quale sarà in grado di scalfire il suo ormai cuore di diamante, immune fino a quel momento...
Tratto dal capitolo 28:
“....Cominciò a ticchettare il piede destro sul tappeto color del deserto, rendendosi conto di non riuscire a sopportare tutta quell’ansia che la stava letteralmente mangiando, ma fu proprio in quel momento che avvertì la carica giusta per poter affrontare la competizione nel migliore dei modi. Una mano calda e tremante quanto la sua intrecciò le dita con quelle della mano della gotica, esattamente qualche minuto prima del fischio. Scattò a quel tocco così intimo e che desiderò da fin troppo tempo, per poi girarsi velocemente verso la sua sinistra. Ad attenderla vi erano gli occhi decisamente più luminosi del solito del punk, che nel frattempo era arrossito quanto lei per quel gesto nato spontaneamente..."
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Courtney, Duncan, Geoff, Gwen | Coppie: Bridgette/Geoff, Duncan/Gwen
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
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Era ormai sera, e la nostra Gwen era intenta a sistemare la sua camera, particolarmente in disordine per aver lasciato i libri con cui avrebbe studiato le materie che avrebbe avuto l’indomani sul letto, al fine di non fare tardi in palestra. In materia di ordine la gotica non avrebbe mai avuto un buon voto: praticamente era negata nel tener pulita e con cura la sua stanza. Di sicuro questo era un bel problema per un domani, quando si sarebbe sposata, e la madre non faceva altro che rimproverarla e dettarle punizioni che le avrebbero permesso di capire come si tenesse ordinato un quadrato di 9m2, anche se molto spesso non erano sufficienti. Una volta la costrinse a togliere la polvere dappertutto, e come risultato ottenne la stanza messa letteralmente a soqquadro. Un caso perso, insomma. La madre Margaret continuava tuttavia ad essere fiduciosa, per quello che le prove glielo permettevano..
Dopo aver messo a posto tutto e aver indossato il suo bel pigiama, Gwen si lascia far cadere, come un grosso sacco pesante, sul soffice letto, e cominciò a fissare il vuoto, particolarmente stanca quella sera dopo il ritorno dalla palestra. Sospirò pesantemente, come per cacciare tutta la stanchezza che si ritrovava ad avvertire in quel momento, ma pur sempre soddisfatta del suo lavoro. Chiuse gli occhi e cominciò a ripercorrere la sua pesante giornata che si stava per concludere, dal suo inizio che coincideva con la giornata scolastica fino alla palestra, sorvolando i momenti sgradevoli che la facevano solo stare male, e si fermò nel momento in cui arrivò a pensare all’incontro inaspettato ma piacevole con Duncan. Stavolta non mentì a se stessa. No, non poteva: era decisamente contenta di aver passato quelle ore con lui, che non faceva altro che farla ridere e scacciare i brutti pensieri. Sorrise, nel momento in cui le vennero in mente le battutacce di lui e tutte quelle stilettate che lei gli lanciava, per via della sua ingenuità di fronte ad un tipo controverso e furbo come il punk. Si morse il labbro inferiore, ricordandosi di quei momenti che le fecero battere il cuore più velocemente, ai quali non riuscì a dare ancora una spiegazione razionale, ma si soffermò a quella specie di invito che lui le fece prima di salutarla. Cominciò a giocherellare con una ciocca di capelli color verde-acqua tra le dite della sua mano sinistra, tormentandosi all’idea di cosa sarebbe accaduto l’indomani, prima di fare ingresso nell’edificio scolastico. Sì, era particolarmente nervosa, tanto che non si rese conto che, dilungandosi troppo con i suoi pensieri, si erano fatte le 00:05, orario fin troppo inoltrato per le sue abitudini. Facendo un lungo e lento sbadiglio, decise che la cosa giusta in quel momento era quella di far riposare il suo cervello, che non faceva altro che lavorare e sforzarsi per qualsiasi cosa. Era abituata così, a non cedere. Non poteva, questo significava sfigurare la forza del suo intelletto, si ripeteva sempre, così ad ogni problema o esercizio di matematica o fisica non lo avrebbe mai lasciato irrisolto, perché ce l’avrebbe fatta, anche se richiedeva perdita di ore.
Disfò il letto velocemente, come se non volesse perdere un altro semplice minuto, e si infilò sotto le coperte, girandosi su un lato, dato che quella era la sua più amata posizione, e chiuse gli occhi, eccitata all’idea della sorpresa che quel misteriosi ragazzo le volesse fare, sorridendo.
Dopo aver fatto un po’ di ritardo nello svegliarsi e dopo aver fatto una colazione veloce, Gwen si catapultò fuori dall’appartamento, e a passo svelto cominciò a dirigersi verso l’istituto che avrebbe dovuto frequentare ancora per un anno scolastico abbondante. “Accidenti..proprio oggi dovevo arrivare in ritardo a scuola?!” si domandava la ragazza mentre avanzava veloce per le strade affollate di auto della sua cara cittadina, come tutte le mattine.
Finalmente arrivò davanti all’ingresso della scuola, ormai affollato di studenti, col fiatone. Si guardò intorno, a destra e a sinistra: nessuna traccia del punk. “Forse deve ancora arrivare..l’incontro sarebbe stato fuori.” Si ritrovò a pensare Gwen mentre si avvicinava ad una gradinata vuota, per poi sedersi e cominciando a ripassare la materia che avrebbe avuto alla prima ora, ovvero fisica, nel frattempo che sarebbe arrivato Duncan. Nel momento in cui cominciò a concentrarsi sul ripasso, sentì delle grosse e calde mani coprirle gli occhi, impedendole di continuare la sua lettura. Una voce candida le arrivò all’orecchio sinistro, troppo vicina per i suoi gusti, provocandole inaspettatamente un leggero solletico. “Indovina chi sono?” le chiese quella voce mentre Gwen avvertì la felicità invaderle il corpo nel momento in cui riconobbe a chi appartenesse quella bella voce.
“Duncan!! Finalmente sei qui!” gridò Gwen in preda alla gioia, prendendogli le mani per spostarle dal suo volto. Si voltò e si ritrovò ad incrociare quegli occhi ghiaccianti che le facevano sempre uno strano effetto, mentre un sorriso a trentadue denti si mostrava davanti a lei, confondendola leggermente.
“Buongiorno Dolcezza, perdona il mio leggero ritardo..problemi nel traffico.” Si scusò Duncan che nel frattempo si sedette accanto alla ragazza. Si soffermò sul libro aperto, e quando riconobbe di cosa trattasse sgranò gli occhi. “Ma cosa fai?! Studi anche a quest’ora?! Io non sono ancora sveglio, figuriamoci se potrei mettermi sui libri a prima mattina!” esclamò lui mentre le prendeva dalle mani il libro per poi richiuderlo velocemente. “Eh dai Duncan! Era solo un modo per aspettare che tu arrivassi! E poi non stavo studiando, stavo ripassando..” puntualizzò lei lanciandogli una stilettata e riprendendosi violentemente il libro per riporlo nello zaino.
“Bel modo di attendermi..comunque, tu ora vieni con me!” così dicendo si alzò di scatto trascinando con sé anche la ragazza, la quale non ebbe neanche tempo di obiettare. La condusse dietro l’enorme ed imponente edificio, per poi imboccare una stradina che sembrava essere una scorciatoia. “Ma dove mi stai portando?” chiese ad un tratto Gwen dubbiosa più che mai. “Non preoccuparti, adesso lo scoprirai.” Le rispose lui sicuro di sé e con molta tranquillità. Arrivarono all’uscita del percorso che stavano seguendo, per poi vedere di fronte ai loro occhi l’immagine di un campo da calcio nel bel mezzo delle erbacce. “Eccoci qui..” affermò lui soddisfatto per poi rivolgere lo sguardo verso di lei, la quale non seppe pronunciare alcuna parola. Era più che altro sorpresa dalla possibilità che potesse esistere un campo da calcio proprio a qualche metro più lontano dalla scuola, tra l’altro in mezzo al nulla. L’è sempre piaciuto il calcio, fin da piccina, tanto che era ben disposta a far compagnia al fratello quando lui, all’epoca 12 anni, guardava le partite della sua squadra preferita. Aveva un debole da sempre per questo sport, ma non se ne vergognava. No affatto. Non le sembrava giusto che una ragazza non potesse essere appassionata di calcio. E dove stava scritto? Poteva fare ciò che voleva, e sicuramente l’interesse per il calcio era qualcosa che non le dispiaceva affatto. Infatti, quando era più piccola, espresse alla madre il desiderio di poter iscriversi alla squadra femminile di calcio, convinta più che mai della scelta. Margaret, nell’udire quelle parole, si sorprese non poco, tanto da rimanere spiazzata in un primo momento. Per essere sicura che non stesse sognando, posò una sua mano sulla fronte della sua bambina, e con grande sorpresa constatò che non aveva la febbre. Così, rassegnandosi all’idea, le rispose che sarebbe andata a vedere se davvero esisteva una squadra femminile anche nel loro paesino. Purtroppo però scoprì che non vi erano ancora richieste sufficienti per poter formare una vera e propria squadra femminile, pertanto lo riferì alla figlia, e come poteva immaginarsi, la ragazza rimase male. Ma se ne sarebbe fatta una ragione, era solo questione di tempo, ed infatti poi decise che forse fosse stato meglio così, in quanto non avrebbe avuto tempo per poter seguire gli allenamenti nel momento in cui avrebbe iniziato la scuola superiore.
Gwen tornò alla realtà, lasciando quei vecchi e dolci ricordi al passato, per concentrarsi poi sull’espressione di Duncan, il quale, preoccupato, stava aspettando che la ragazza desse un cenno per poter capire che fosse ancora viva. “G-Gwen? Tutto bene?” esordì lui scostandola lievemente. “Oh sìsì, scusami. E’ che… è bellissimo.” Disse lei sorridendo, alludendo ancora al suo interesse verso quello sport così maschile. “Davvero ti piace?” chiese lui con un espressione mischiata tra il sorpreso e il gioioso. “Certo, adoro il calcio e mi sarebbe sempre piaciuto poter vedere così da vicino un campo da calcio.” Spiegò lei sempre sorridendo. “Non sei mai venuta qui? La scuola organizza spesso partite, perché dice che questo campo sia più grande ed accogliente rispetto alla piccola palestra che ci ritroviamo dentro.” Affermò lui convinto. “Beh non lo sapevo, o meglio..non mi interessavo. Preferivo seguire una partita su uno schermo di una tv, anziché andare a vedere una partita di calcio tra ragazzi che nemmeno conosco, o che magari loro mi conoscono di vista ed io no. Non volevo creare altri disagi, sia per me che per loro.” Disse lei con voce molto flebile. Ad un tratto lui, come se volesse troncare quel discorso che si stava facendo più pesante, le si avvicinò di più, sfiorandole con le sue dita le mani di lei, che erano molto fredde. “Ascolta, io ti ho portato qui per una ragione precisa..” cominciò lui facendosi improvvisamente serio. “Devo..devo dirti una cosa. Ecco vedi, come ti ho detto prima, la nostra scuola organizza spesso delle sfide di calcio, coinvolgendo qualsiasi ragazzo la frequentasse, ed io, insieme ad altri miei amici, abbiamo sempre partecipato. Da mesi è iniziato una specie di campionato autunnale, dove le varie sfide si disputano tra classi. Io e la mia classe siamo arrivati alle finali, e tra una settimana dobbiamo affrontare la sfida finale. Ecco..mi chiedevo se…beh sì, volessi venire a vedermi.” Concluse lui guardandola dritta negli occhi, intento a percepire ogni singolo movimento che avrebbe fatto come reazione alle sue parole appena pronunciate. Lei rimase spiazzata di fronte ad una richiesta simile. Non aveva mai partecipato come spettatrice di una partita, anche se lo avrebbe sempre desiderato, ma oramai si era fatta una ragione sull’impossibilità che tale evento sarebbe potuto accadere. Non sarà uno dei meravigliosi e grandi stadi che lei si sarebbe sempre sognata, ma era pur sempre una bella cosa quella di assistere e tifare la squadra in giocava un suo amico.  Era strano. La sua richiesta non era niente di speciale, eppure sentiva che dietro quella richiesta c’era qualcos'altro, perché in fondo anche lei ci sperava. Deglutì faticosamente, nel vedere che il punk non smetteva di squadrarla da cima a fondo, resosi conto solo in quel momento del bel vestitino che la ragazza indossò quella mattina: era a mezze maniche, scollatura non troppo accentuata, ma che lasciava spazio a qualsiasi forma di pensiero per via delle sinuose curve, e con una gonna che le arrivava un po’ sopra le ginocchia.
“Ehm…n-non saprei..i-io non conosco nes…” balbettò lei ma lui non le fece finire la frase, perché le prese le mani, e stringendole nelle sue, continuava a guardarla con i suoi due occhi elettrizzanti.
“Non devi temere per questo, anzi, non te ne dovrebbe neanche importare. Te lo chiedo per favore. I-io..io ho bisogno della tua presenza.” Confessò lui arrossendo leggermente, ma continuando sempre a tenerle lo sguardo che si stava facendo sempre più speranzoso. Stavolta Gwen rimase ancora più meravigliata, e la sua espressione chiedeva chiaramente il motivo di tale richiesta. Lui percepì subito questo, e senza pensarci due volte si preparò a rispondere.
“Perché..perchè senza di te non ce la farei. Sapere che tu possa essere seduta lì, tra la folla dei tifosi, e sperare che tu stia facendo il tifo per me, sarebbe davvero il massimo. Tu sei la mia forza, se non verrai ci sarebbe un’alta probabilità che sconfitta per noi..” disse lui, sottolineando l’ultima frase ed arricchendola di ironia, tentando di spaesare la ragazza, rendendosi conto ci esser stato fin troppo sincero con lei. A quelle parole Gwen si sentì mancare per un attimo. Aveva capito bene? Quel meraviglioso ragazzo le stava chiedendo di supportarlo durante la sfida? Non poteva crederci, le pareva assurdo, fin troppo. Rise alla sua battuta, rendendosi conto che probabilmente in realtà era solo un semplice modo per chiederle di partecipare all’evento, nulla di più. Non poteva essere che lei fosse la sua forza, eppure all’inizio del suo discorso sembrava talmente preso dalle emozioni, che quasi quasi stava per credergli. Ma poi l’ultima frase la spiazzò, facendola ritornare con i piedi per terra,con rimpianto, e dimostrandole ancora una volta che stava fantasticando su un qualcosa di troppo surreale. Il dubbio tuttavia rimaneva. Ma cosa tramava quel ragazzo?  Ancora una volta non riusciva a capire a cosa Duncan volesse alludere.
“Beh..che ti posso dire..a quanto pare dipende tutto da me..” disse lei timidamente, avvertendo le sue gote accendersi sempre di più: quelle emozioni la facevano perdere il controllo di se stessa. Nel frattempo lui sorrideva soddisfatto, annuendo alle parole della gotica. “ Puoi dirlo forte dolcezza..senza di te non saprei come fare…vorresti che il tuo caro amico perdesse l’ultima partita per aggiudicarsi la vittoria?” chiese lui con un ghigno, mentre stringeva ancora le mani di lei. “ Ah ecco, quindi mi stai sfruttando..ho solamente un’importanza dal punto di vista della vittoria..” affermò lei facendo finta di essersi offesa. “Ahahahahah ma come siamo volubili. Io non affatto detto questo, tesoro mio..” così dicendo le accarezzò la guancia molto delicatamente, come se non volesse lasciare segni su quella pelle incredibilmente bianca. Lei rispose con un dolce sorriso, rimanendo immobile, non potendo riuscire a muovere un muscolo.
Ad un tratto lui ritornò serio, e le domandò “Allora, avrò l’onore di vederti anche tra la platea?”
Gwen, che fine a poco tempo prima aveva abbassato lo sguardo per l’imbarazzo, lo alzò nel momento in cui udì le parole penetranti di lui, che le scalfirono l’anima. “Certo che verrò, non potrei mai dirti di no..” le rispose lei con tutta sincerità, fin troppa. Lui invece, non appena udì la risposta affermativa della ragazza, provò una sensazione mai sentita prima d’ora. Un misto tra felicità ed euforia, che lo portava a fargli fare respiri profondi per trattenere la voglia di stringerla forte a sé. “Fantastico! Non te ne pentirai, te lo prometto. Anzi, farò in modo che tu possa assistere alla partita tra i posti in prima fila.” Disse eccitato il punk, per poi estrarre velocemente un biglietto.”Ecco qui. Questo è il biglietto che dovrai dare ad un ragazzo all’entrata del campo. Basta che gli dici il tuo nome e lui capirà.” Concluse poi. “Oh..ok..grazie” rispose lei sorridendo all’idea di poter fare il tifo per il suo amico. “Grazie a te, dolcezza.” Disse lui sottovoce dopo essersi avvicinato particolarmente al viso di lei, facendola deglutire rumorosamente: adorava i momenti in cui la spaesava. Poi la prese per mano, e ritornarono insieme a scuola dove, a parte la piacevole sorpresa di poco prima, li aspettava una lunga giornata.



-Angolino dell'autrice sempre più romanticona-
Ehilààà popolo di EFP!!! :'D
Rieccomi qui ad aggiornare!
Eheheeh alla fine la fatidica sorpresa che Duncan promise a Gwen è un invito ad una partita di calcio! *-*
Una cosa inusuale, forse considerata poco romantica...ma vedrete che ne accadranno di tutti i colori! ;D
Bene, non vedo l'ora di leggere le vostre recensioni, sperando che vi facciate sentire in tanti! ^-^
Ringrazio come sempre tutti voi, sia i commentatori che i lettori silenziosi! ;)
Alla prossima,

Dalhia_Gwen
  
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