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Autore: Low_Armstrong    26/03/2013    3 recensioni
[Seconda classificata al contest di GiulyHermi96 “Hermione e... Ron, SOLO Ron” e vincitrice del Premio per il Miglior Ron]
Ron ha una domanda da fare alla sua ‘Mione. LA domanda. Ma prima deve comprare qualcosa, e chiede aiuto al suo fidato amico con gli occhiali tondi e i capelli mori e ribelli. Tra serate chic e frivolezze, sorprese e fallimenti, sarà un sì?
Prima long che pubblico, dopo averne ideate e lasciate a metà decine. Questa è completa, tranquilli!
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Ron/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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There’s something harder than falling in love







CAPITOLO 7. Dicono che tre sia il numero perfetto…

Erano passate ormai due settimane, tutto scorreva piano, in un normale sabato di giugno. Il gorgogliare perpetuo del ruscello ai piedi della collina filtrava nell’aria, danzando, e dolcemente deciso li avvolgeva. Avvolgeva in pressante, gradevole silenzio due ragazzi che se ne lasciarono colmare. La riccia rileggeva una volta ancora quel poeta Babbano di una pittoresca cittadina inglese di cui il rosso, al suo fianco, non era nemmeno mai riuscito a scrivere il nome. Però, che le sue parole fossero straordinarie, lo aveva capito, ascoltando la sua amata ripeterle incantata gesticolando, gli occhi socchiusi. Leggeva quella commedia di quell’intreccio d’amore, con quello strano folletto che, alla fine, chiede scusa al pubblico che non abbia gradito l’opera.* Le piaceva, le piaceva tanto. A volte, Ron si ritrovava a pensare che amasse quel tale – si dice Schakspear, no? – persino più di lui. Ma, proprio in quegli istanti, come se lo sentisse, lo sguardo di lei abbandonava i versi per cercare i suoi occhi, e lui capiva di essersi sbagliato ancora una volta.
Con i piedi sgraziatamente appoggiati al tavolino da salotto davanti a lui, Ron era comodo sul lato destro del divano rosso scuro, le gambe di Hermione, distesa, sulle sue. Sfogliava svogliatamente una rivista di Quidditch, una nuova pubblicazione che gli aveva consigliato Ginny. Più che altro, a dire la verità, guardava le immagini qua e là in cerca di una macchia arancione tra tutte quelle pagine spente. Non un granché, in effetti. Lo avrebbe detto a Ginny. Forse. Non era la cosa da fare quel giorno.

«’Mione, ti va di uscire? Vorrei portarti in un posto…» disse semplicemente, raggiungendola nella loro camera da letto. Accogliente, ordinata e ben organizzata. La parte della ragazza, ovviamente, intenta in quel momento a cercare nell’armadio una camicetta mai vista da almeno tre mesi.
«Dove?» chiese, voltandosi a guardarlo.
«In un posto…» Questo restare sul vago di Ron la innervosiva. Ancora. Di solito, poteva voler dire solo due cose: guaio con oggetti/persone/animali o sorpresa.
«Ron, dimmi che non hai combinato un pasticcio o non mi muovo nemmeno di un centimetro», ribatté, ironica e un po’ seria insieme.
«No, tranquilla! Non ho fatto niente di male… questa volta!» dichiarò lui.
«E allora dove mi vuoi portare?»
«In un posto» continuò a ripetere sorridendo il rosso, senza mostrare il minimo segno di cedimento.
«Non hai qualcosa da farti perdonare, vero? Qualcosa di peggio del vaso di mia madre rotto l’ultima volta che “mi hai portato in un posto”, ad esempio», insinuò la riccia, infondatamente preoccupata e allarmista come sempre.
«Non posso portare la mia ragazza in un posto un bel sabato pomeriggio?» sorrise Ron, all’agitarsi di Hermione. Lì, a dover essere agitato, era lui. Punto. Anche se si sentiva più terrorizzato, preoccupato e ansioso all’ennesima potenza.
«Sì, sì che puoi ma» iniziò lei, ma Ron non le diede il tempo di continuare.
«Perfetto! Preparati, usciamo quando vuoi!» colse al volo l’occasione lui, prontamente.
«Ma, ma… Ron, mi vuoi dire almeno dove andiamo?» provò a ribattere Hermione. Ron, però, era già uscito dalla stanza.

La guardò ammirato scendere le scale che, dalla camera da letto al piano superiore l’avrebbero portata di fronte a lui nel piccolo atrio d’accesso al salotto. Aveva dei jeans color sabbia, un paio di ballerine di un caldo marrone, una morbida, grande borsa di stoffa abbinata e una camicetta. Una camicetta bianco panna che non spuntava fuori da almeno tre mesi. Sorridendole, la prese per mano e si mise in spalla lo zaino sportivo nero che aveva preparato in pochi minuti mentre lei si vestiva. In un attimo, furono come risucchiati da un vortice di vuoto, stretti l’una all’altro, l’oppressione catturò i loro corpi. Poi, una leggera brezza profumata sostituì quella sgradevole sensazione di disagio fisico. Accarezzò i capelli di una Hermione che era atterrata barcollando, prontamente sorretta da Ron. Era la prima volta che si Smaterializzava meglio di lei, o quasi.
«Wow, Ron!» gridò sussurrando la riccia guardandosi in giro ammirata. «Dove siamo?»
«In Cornovaglia!» esclamò Ron. «Laggiù c’è Fowey. È piccola ma… Miseriaccia, è splendida!» continuò, indicando un suggestivo paesino che contava forse duemila abitanti alla loro destra.
«Ma io non volevo portartici…» aggiunse, quando Hermione ebbe esplorato con lo sguardo ogni centimetro del borgo.
«Come? Perché no?» Sembrava una bimba che faceva i capricci perché la mamma non le lasciava mangiare il suo lecca-lecca.
«Perché ho pensato che potremmo fare prima un pic-nic qui, in riva al mare, in un luogo lontano da tutto, dal rumore, dalla vita. In luogo solo per noi due» dichiarò sottovoce Ron, abbracciandola da dietro. La sentì sorridere, senza nemmeno guardarla. E seppe che era un sì.
Ma lui, di sì, ne voleva un altro.
«Ma non abbiamo portato nulla per un pic-nic», disse, un po’ stranita, dopo qualche minuto passato a contemplare il sole che cominciava a scendere per perdersi nel mare. Ron sciolse, con non poca forza di volontà, quel dolce abbraccio e aprì lo zaino, poggiato a terra. Ne sfilò una tovaglia, di quelle a quadri rossi e bianchi, grandi, da stendere sull’erba o sulla sabbia, sotto gli occhi piacevolmente sorpresi di Hermione. Con un gesto elegante –che aveva richiesto ore di allenamento, a dire la verità– stese a terra la tovaglia e invitò la ragazza a sedersi, per poi imitarla. Con grande stupore di lei, estrasse dallo zaino un enorme cestino da pic-nic, di quelli che praticamente si vedevano solo nei film americani.
«Ron, ma… Hai fatto l’Incanto Estensivo Irriconoscibile?!» chiese e affermò insieme lei.
«No», rispose semplicemente il rosso, alzando le spalle, mentre dal cesto tirava fuori due bicchieri di vetro (non esattamente in stile pic-nic).
«Ma non ci può stare quel cesto in uno zaino così piccolo!» Beh, questo sarebbe stato abbastanza evidente anche se non lo avesse detto.
«Infatti non ho detto che questo zaino non sia Incantato» continuò lui, con quel suo tono indifferente e scanzonato insieme.
«Hai chiesto aiuto a Harry di nuovo?! Lo sai che ormai passi più tempo con lui di quanto ce ne passi Ginny?» partì a raffica la riccia, ridendo qua e là.
«No, Harry non c’entra nulla».
«E allora a chi hai chiesto?»
«Non ho chiesto a nessuno. Non per oggi, almeno», asserì semplicemente. Lei lo guardò stranita, accigliata, sospettosa e dolce insieme. Sì, solo Ron poteva ricevere sguardi così da lei. «L’hai Incantato tu, ‘Mione», dichiarò, dopo un po’.
«Che?»
«Sì, tu. Quando dovevo portare a Harry quel grosso volume per Ginny, che, peraltro, potevi tranquillamente mandarle tramite Errol», spiegò finalmente lui.
«Oh, andiamo, Ronald, l’avrebbe ucciso per la fatica!» rise la riccia, passandogli un braccio intorno alla vita, mentre lui la stringeva a sé avvolgendole le spalle.








Angolo dell’autrice:
Dopo una vita sono riuscita ad aggiornare… finalmente! Allora, che ne dite di questo nuovo tentativo di un romanticissimo Ron?
L’incipit (eeeh che parolona!) del capitolo è disgustosamente, poeticamente fluff… perdonatemi! È pieno zeppo di ossimori che, come avrete capito, mi piacciono proprio tanto. Deformazione stilistica, diciamo così.
Alcune note veloci veloci (no, non è vero):
- Fowey esiste per davvero, ed è davvero in Cornovaglia. Ho promesso che se questa storia piaceva al contest per cui è stata scritta, prima o poi, ci andrò… Mi sa che mi tocca cominciare a fare la valigia!
- Sono consapevole di come si scriva Shakespeare e, a proposito…
Se noi ombre vi siamo dispiaciuti,
immaginate come se veduti
ci aveste in sogno, e come una visione
di fantasia la nostra apparizione.
Se vana e insulsa è stata la vicenda,
gentile pubblico, faremo ammenda;
con la vostra benevola clemenza,
rimedieremo alla nostra insipienza.
E, parola di Puck, spirito onesto,
se per fortuna a noi càpiti questo,
che possiamo sfuggir, indegnamente,
alla lingua forcuta del serpente,
ammenda vi farem senza ritardo,
o tacciatemi pure da bugiardo.
A tutti buonanotte dico intanto,
finito è lo spettacolo e l'incanto.
Signori, addio, batteteci le mani,
e Robin v'assicura che domani
migliorerà della sua parte il canto.
{William Shakespeare ~ Sogno d’una notte di mezza estate}


*La ripetizione del dimostrativo “quello” è voluta.

A presto,
Lally_Weasley
  
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