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Autore: _Rockstar_    27/03/2013    0 recensioni
Ho avuto un sogno davvero strano questa notte. Una ragazza dai capelli d’oro si perde in un oscuro e malvagio bosco. Poi incontra un principe, ma non sa che lui in realtà è il lupo. Ma ormai lei si è invaghita del ragazzo sbagliato. Così si uccide.
Il seguito della fanfiction "You and I'll be Safe and Sound"
Genere: Azione, Drammatico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Katniss Everdeen, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo III – Questa non è più la grande città
 

- Posso capirti – mi rispose allora Katniss dopo qualche secondo di silenzio.
Avvicinai le gambe, che erano lasciate scoperte dal vestito color indaco che mi aveva prestato lei gentilmente e incrociai un piede dietro all’altro. Davvero riusciva a capirmi? No, non era possibile
– No, che non puoi – le risposi sussurrando sperando che non sentisse
– Lo so che può essere dura dopo tutto ciò che hai passato, credimi posso capirti. E’ cambiato tutto e forse hai paura che della tua vecchia vita non sia rimasto granché, ma non è così. Vedi, c’è molta più posta in gioco ora, devi aiutarci. – mi rispose con estrema cortesia e un tono da mamma apprensiva
– E non ti sto imponendo di sostenerci nella nostra impresa. Se accetterai, ho bisogno di sapere che tu sia motiva e che lo farai perché è ciò che vuoi. Va bene? – concluse avvicinandosi di più a me.
In quel momento non pensai molto alle sue parole, sentivo di non avere ancora abbastanza informazioni e non volevo decidere frettolosamente per poi ripensarci e pentirmi.
– Posso pensarci su? – le chiesi. Lei annuì sorridendo
– Ma certo, prendi tutto il tempo che vuoi – non feci nemmeno in tempo a risponderle con un grazie che apparve dalla cucina un entusiasta Peeta con un vassoio e tre tazze di tè e qualche biscotto sicuramente fatti da lui stesso.
– Ecco qua, ragazze – disse appoggiando il tutto sul tavolino davanti a noi.
– Grazie – gli risposi io afferrando la mia bevanda e qualche biscotto che intinsi subito.
Non avevo mai mangiato dei biscotti più gustosi di quelli, a Capitol persino il cibo, come tutte la città, sembrava insapore.
– Posso farvi una domanda? – chiesi appena ebbi finito di bere
– Ma certo – mi rispose lui.
– Lo so che può sembrare strano e forse del tutto inadeguato, ma non ci sarebbe tipo un video con la replica dei giochi? – chiesi un poco titubante ed incerta, mi vergognavo.
Nemmeno io ero sicura di voler rivedere ciò che mi era accaduto, gli altri tributi, i morti, le persone che avrei potuto uccidere. Katniss e Peeta si guardarono per qualche momento negli occhi come se stessero comunicando tra loro non verbalmente, con il pensiero
-Non credo sia il momento… - cominciò lei, ma venne subito interrotta dal ragazzo che con un gesto della mano la richiamò a se, volevano discutere in privato.
Li guardai allontanarsi da me, diretti alla cucina e nascondersi dietro ad una delle pareti in modo che non potessi vederli. Li sentivo bisbigliare tra loro, ma non riuscivo a comprendere cosa veramente si dicessero. Dopo aver girato il cucchiaino nel tè che non avevo bevuto, decisi di alzarmi. Girai per il piccolo salotto osservando con attenzione la stanza. La casa era molto più piccola di quelle a cui ero abituata, sebbene si potesse notare una apparente ricchezza dei tessuti utilizzati per tovaglie o tende e dei materiali con i quali erano stati costruiti i mobili, tutto sembrava così finto e nonostante tutto restava comunque povero. Sfiorai con l’indice destro il porta stoviglie posizionato proprio di fronte a me, era un legno ruvido e nodoso che legato con il resto del mobilio rendeva l’abitazione ancora più scarna ed asciutta. Le uniche parole che riuscii a sentire furono pronunciate da Peeta “Cosa vuoi che le accada? E’ già abbastanza confusa, non credo possa succederle di peggio” Sì, quello era lo spirito. Quando riapparvero dalla cucina mi ritrovarono quasi ad origliare alla porta. Mi allontanai di scatto ma non riuscii a sedermi esattamente dove ero prima, così mi bloccai in mezzo alla stanza. Non riuscivo a credere che, mentre noi vivevamo in una prigione d’oro, loro erano costretti ad abitare in quelle case. Riuscii soltanto a guardarmi le mani pallide, mentre se avessi potuto mi sarei scavata un buco e ci sarei volentieri morta dentro.
– Comunque, Katniss crede che tu… - stava cominciando Peeta
– Noi crediamo. – lo corresse lei
– Noi crediamo… che tu non sia ancora pronta, che tu sia ancora troppo fragile. Preferiamo che sia tu a ricordare ciò che hai passato, non vedere parte della tua vita passare velocemente su uno schermo – terminò come se non fosse nemmeno una sua idea, ma quella della fidanzata.
– Capisco – gli risposi girandomi verso di loro
– Sì, sono stata stupida. Non voglio veramente rivederli, non ancora. Fate come se non l’avessi mai chiesto – conclusi io stropicciando l’orlo dell’abito, dovevo essere davvero nervosa.
– Bene. Io devo andare, il lavoro mi chiama. Vi lascio da sole, ragazze. Ciao.  – annunciò lui prima di afferrare il suo cappotto e uscire quasi come volesse scappare da me, da quella situazione.
Ormai si era fatta sera. Il sole era tramontato e al suo posto era sorta una luna piena , meravigliose come non l’avevo mai visto prima
– Vieni, ti mostro la tua camera – disse Katniss incamminandosi verso la stanza degli ospiti.
– Perché Peeta va via così tardi? – le chiesi mentre tentai di aiutarla a mettere in ordine, ma finii soltanto con lo stare ferma sullo stipite della porta a guardarla fare il mio letto
– Preferisce lavorare di notte piuttosto che alzarsi prima e quindi passare più tempo con me di mattina – rispose lei rincalzando al meglio i lenzuoli sbiaditi.
Quanto mi mancava casa, il mio letto, i miei abiti, la mia famiglia, la mia vita. Dovevo essere sincera, non mi trovavo a mio agio in quel momento. Sentivo come se ogni cosa che dicessi, facessi o addirittura pensassi fosse sbagliata o inappropriata. Avrei tanto voluto nascondermi sotto quelle lenzuola e non uscire mai più.
– Grazie – le sussurrai. Lei non rispose ma continuò velocemente a mettere a posto. Appoggiò il cuscino bianco sul letto e sospirò fiera del suo lavoro appena finito.
– Di niente, Rose – mi rispose accarezzandomi la guancia prima di uscire
– Buona notte – continuò
– Buona notte – le risposi io.
Aspettai fino a quando non vidi da sotto la porta tutte le luci spegnersi e una porta, probabilmente quella di camera sua, chiudersi, poi mi feci cadere sul letto come fossi morta. Non passarono nemmeno dieci minuti che finii per addormentarmi in quella posizione, con gli abiti addosso e il freddo che mi stava lentamente congelando. Mi svegliai proprio nel bel mezzo della notte, potevo vedere chiaramente dalla finestra spalancata il profilo della luna piena e sentire il vento gelido ferirmi la pelle. Ero troppo stanca per alzarmi dal letto e chiudere tutto, così mi limitai a raggomitolarmi sotto le coperte proprio come un gatto e aspettare il giorno. Dalla trapunta cominciava a penetrare la luce del sole, potevo intravedere il colore che produceva in quella stanza, nonostante fosse quasi inverno. Sentii un gallo cantare e per un momento non riuscivo a crederci. Avevo sempre creduto che il fatto che quei volatili cantassero di mattina fosse soltanto una leggenda, ma a quanto pare mi sbagliavo. Mi scoprii il volto e mi misi a sedere. Avevo sperato per tutta la notte che fosse un brutto incubo ma era vero: ero nel distretto dodici e probabilmente non me ne sarei andata per un bel po’ di tempo.  Mi stavo alzando per andare a chiudere quelle stupida finestra quando fui spaventata da ciò che vidi sul mio letto. Un enorme essere mostruoso si era appallottolato sulle mie lenzuola trovandole, a quanto pare, calde ed accoglienti. Aveva il pelo di colore grigio, degli occhi neri e davvero inquietanti e una lunga coda rosa pallido. Dovetti mordermi una mano per non urlare. C’era un enorme topo, e chiamarlo così era certamente un eufemismo, che stava dormendo a pochi centimetri da me. Rimasi bloccata, pietrificata e senza respiro. Lui guardava me, io guardavo lui e nessuno dei due faceva nulla.
– Katniss, aiuto – cercai di sussurrare in modo che la bestia non potesse sentirmi, ma nessuno rispose.
Tentai di allungare una gamba fuori dal letto, lentamente, senza gesti bruschi, ma quella creatura si animò avvicinandosi pericolosamente a me. Mi alzai e corsi via urlando, aprii la porta e mi ritrovai nel bel mezzo del salotto mentre sia Katniss che Peeta stavano amorevolmente preparando la colazione. Mi guardarono straniti, probabilmente stavano pensando a cosa ci fosse di male in me.
– Stai bene? – mi chiese lui appoggiando una tazza sul tavolo.
– No, non sto affatto bene. – gli risposi con un tono un po’ troppo isterico forse
– C’è un mostro sul mio letto ed ha quasi provato a mangiarmi! – continuai indicando la porta dalla quale era uscita.
Era ufficiale: dovevo sembrare pazza. Katniss si alzò a camminò svelta verso la camera, forse potei intravedere un piccolo sorriso di scherno.
– Voi come state? – chiesi imbarazzata dopo qualche minuto di silenzio
– Bene, bene – mi rispose lui trattenendo a stento le risate.
– Bene – ripetei io.
Stavo tamburellando sul tavolo di legno quando lei si rifece viva
– Era soltanto un innocuo topino di campagna, niente di importante – ci disse appoggiandomi la mano sulla spalla
– Ti consiglio di chiudere la finestra prima di andare a letto, non sei più a Capitol City – No, non ero più nella grande città e cominciavo a notarlo soltanto ora.  


Risponde l'autore:
Vi prego umilmente scusa per questa orribile pausa. Vi prego di perdonarmi, lo so faccio schifo. Sono tornata dal mio viaggio circa un mese fa e ogni volta mi ripetevo: "Devo andare avanti con la storia" ma finivo per scrivere soltanto una frase. Dò la colpa per tutto sia alla mia scelleratezza che al blocco dello scrittore che mi ha colpito per più di un mese. Vi prometto una cosa però: posterò un altro capitolo a breve, se non stasera, di certo domani. Scusatemi ancora. 

  
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