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Autore: _Connie    28/03/2013    9 recensioni
There's a boy who fogs his world and now he's getting lazy
There's no motivation and frustration makes him crazy
He makes a plan to take a stand but always ends up sitting
Someone help him up or he's gonna end up quitting.

«Si sentivano un po’ come del vetro rotto, caduto per terra. Poi, un giorno, Rufy entra nelle loro vite senza preavviso, come un vero e proprio ciclone, e in qualche modo raccoglie da terra quei frammenti, li rimette insieme, li salva dall’oblio in cui erano caduti senza chiedere nulla in cambio. Lui è fatto così.»
[...]In quel momento, Zoro si rese improvvisamente conto di essere appena stato raccolto da terra.
Zoro/Sanji, AU,INCOMPLETA
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Mugiwara, Roronoa Zoro, Sanji, Z | Coppie: Franky/Nico Robin, Rufy/Nami, Sanji/Zoro
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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{ Capitolo 6: The Catcher In The Rye }
 
 
Zoro aveva quasi dimenticato cosa si provasse.
La tensione che sale poco prima di uno scontro, il clangore del metallo che si scontra con altro metallo, l’adrenalina che scorre nelle vene, la stanchezza e la soddisfazione provate dopo ore di allenamento: aveva quasi dimenticato cosa si provasse ad essere uno spadaccino.
Quando, qualche ora prima, Rufy gli aveva riportato indietro le sue amate spade come nuove – quel fabbro era stato abilissimo nel fargli un lavoro del genere in pochi giorni –, a Zoro era sembrato che gli avesse riportato indietro un pezzo della sua vita andato ormai perduto. Brook aveva notato subito la sua impazienza nel volerle provare, così lo aveva invitato ad allenarsi con lui, nonostante utilizzassero tecniche molto diverse – erano l’uno un kendoka e l’altro uno schermidore, dopotutto. I due si erano sistemati fuori, nel piccolo cortile, e si erano posizionati l’uno di fronte all’altro. Il venticello fresco che tirava era piuttosto gradito, dato che il caldo dell’estate si faceva ancora sentire, ma portava già con sé tracce dell’autunno imminente. 
Nell’esatto momento in cui Zoro aveva sfilato le sue tre spade dai loro foderi, una scarica d’adrenalina lo aveva attraversato dalla testa ai piedi. Si era sentito come rinato. Perché, in fondo, era sempre stata quella la ragione della sua vita: combattere. Che fosse un combattimento con le spade o uno scontro contro Lucci per convincerlo ad aumentargli la paga a causa delle bollette sempre più salate, non era importante. L’intera vita è una battaglia: era questa, per certi versi, la sua filosofia di vita.
Quella sera, dopo anni, si era sentito di nuovo vivo.
 
«Wow, Zoro, sei fortissimo!»
Il breve scontro tra i due spadaccini aveva attirato l’attenzione degli altri membri del club, che infatti si erano subito precipitati fuori a fare da spettatori. Era uscito persino il cuoco, ribattezzato ufficialmente da Zoro “Torciglio” per via del suo sopracciglio a ricciolo. Di tutta risposta, l’altro continuava a chiamarlo “Punkarimo” o semplicemente “Marimo”, a causa del colore dei suoi capelli. Zoro non sapeva se l’amore a prima vista esisteva davvero o se era una semplice credenza popolare al pari delle leggende metropolitane, ma una cosa era certa: con quel damerino lì, aveva potuto appurare che l’odio a prima vista esisteva eccome, e anche l’altro pareva pensarla come lui. Tant’è vero che in quei pochi giorni non avevano fatto altro che litigare per ogni idiozia, arrivando persino a darsele di santa ragione. All’inizio gli altri avevano tentato di dividerli e di farli ragionare, ma poi, visto che continuavano a comportarsi come cane e gatto, avevano abbandonato l’idea, decidendo di lasciarli fare. 
«Non pensavo fossi così bravo» disse Usopp, sinceramente impressionato dall’abilità con cui Zoro avesse tenuto testa a Brook, dato che lì nessuno osava mettere in dubbio le doti da schermidore del musicista.
Lo spadaccino prese uno degli asciugamani che Franky aveva portato fuori per loro due e se lo passò dietro la nuca – facendo attenzione a non rovinarsi i capelli – e sul collo, per poi appoggiarlo sulle spalle. «In realtà sono piuttosto arrugginito» rispose con un po’ di fiatone. Un tempo non si sarebbe stancato così facilmente.
«Se ti allenassi, arriveresti a degli ottimi livelli, allora» disse Robin, serafica come sempre.
«E sia!» Rufy alzò le braccia in aria con un sorriso stampato in faccia, e quando lo faceva significava solo una cosa: idea (pseudo) geniale in arrivo.
Si precipitò dentro senza aggiungere altro e, dopo aver messo sotto sopra ogni angolo del club – travolgendo perfino il povero Chopper, che aveva avuto la sfortuna di trovarsi nelle sue vicinanze –, tornò fuori portando con sé uno scatolone enorme. Una volta poggiatolo per terra, lo aprì, e Zoro si sorprese per la seconda volta da quando l’aveva conosciuto dell’enorme forza di quel ragazzo: dentro c’erano un bel po’ di pesi, da manubri abbastanza leggeri ad altri decisamente più pesanti. «Ecco qua, questi sono tutti per te!»
Zoro li guardò meglio: nonostante fossero stati rinchiusi in una scatola, sui pesi c’era comunque della polvere, segno che nessun membro club li aveva mai utilizzati. Almeno fino a quel giorno.
«Per una volta Rufy ha avuto una buona idea» assentì Nami, incrociando le braccia al petto. «Quei pesi erano solo d’impiccio, almeno ora non rimarranno più inutilizzati. Potresti fare del cortile una specie di tua palestra personale.»
«Yohohoh! E dire che tu volevi per forza venderli! Per fortuna Rufy ha insistito nel non fartelo fare.»
«Già, peccato che ripeteva sempre “Prima o poi li userò io”… E poi correva ad ingozzarsi con i manicaretti di Sanji» sospirò Nami, affranta.
«Ad ogni modo, quella della palestra personale mi sembra un’ottima idea» disse Franky, riportando il discorso sull’idea avuta da Nami. «Brook è sempre disponibile quando si tratta di allenarsi, una panchina per riposarsi c’è – anche se mezza scassata –, i pesi ci sono… Allora, che ne dici?»
Tutti tenevano i propri sguardi puntati su Zoro in attesa di una sua risposta, che non tardò ad arrivare: «Certo che mi va bene!»
Ancora non riusciva a crederci: avrebbe ripreso la via della spada. Sarebbe tornato ad allenarsi, a combattere con le sue amate spade. E tutto grazie a quel club e a quel cappello di paglia.
Sembravano tutti felici per lui, forse perché, in fondo, anche loro avevano capito quanto fosse importante per Zoro essere uno spadaccino. Tutti, tranne il torciglio.
«Secondo me non riusciresti nemmeno a fare dieci sollevamenti, marimo» lo stuzzicò infatti quello, con fare provocatorio.
Una vena iniziò a pulsare sulla fronte dello spadaccino. «Oi, damerino, cerchi rogne? Pensa a te, che con quel corpo così mingherlino è già un miracolo se riesci a camminare.»
Non fece neppure in tempo a finire la frase, che il cuoco gli diede un calcio dritto nello stomaco. Fortunatamente Zoro aveva fatto in tempo a bloccarlo con una mano, ma doveva ammettere che era davvero potente, a dispetto delle apparenze. Entrambi puntarono il proprio sguardo sull’altro, guardandosi in cagnesco.
«Adesso non ricominciate, però!» L’ammonizione di Nami fu inutile: i due iniziarono ad azzuffarsi per la quarta volta della giornata.
 
Zoro si stava ancora massaggiando il lato della testa che gli doleva. Quel giorno aveva imparato un’importante lezione che gli avrebbe permesso di sopravvivere in quel club: mai far arrabbiare Nami, per nessun motivo. I suoi pugni potevano essere micidiali.
Dato che quel giorno aveva fatto decisamente più tardi del solito, stava per andar via dal club e tornare a casa, quando un oggetto poggiato sul tavolino accanto a Robin – che, ovviamente, stava leggendo – catturò la sua attenzione. Si avvicinò e lo prese tra le mani: sì, era proprio Il giovane Holden
Lui non amava leggere, non lo faceva mai – tant’è vero che i libri che aveva letto in tutta la sua vita si potevano contare sulle dita di un’unica mano –, ma per quel romanzo avrebbe fatto volentieri un’eccezione. Una volta aveva letto di sfuggita la trama da qualche parte e gli era sempre rimasto in testa. In più si erano aggiunti i Green Day, che con la loro Who Wrote Holden Caulfield? – una delle sue preferite – gli avevano definitivamente messo la pulce nell’orecchio.
«Per caso lo vuoi leggere?»
La voce di Robin lo fece trasalire. Se ne stava ancora seduta sulla sua poltrona preferita, fatta di jeans strappati, e lo stava osservando attentamente, con un sorriso gentile a incresparle le labbra. Zoro si sentì un po’ a disagio: sembrava quasi che lo stesse studiando, e che si stesse anche divertendo molto nel farlo.
«Sembri un cane che sta guardando una bistecca» aggiunse lei, ridacchiando. 
Zoro arrossì leggermente. Quella ragazza riusciva sempre a spiazzarlo. «Ecco, veramente…» farfugliò, incapace di chiederle di prestargli Il giovane Holden – dato che i libri, per Robin, erano dei veri e propri tesori – e iniziando a grattarsi i capelli dietro la nuca. Quando era nervoso o imbarazzato, si grattava sempre dietro la nuca.
A quel fare, Robin sorrise divertita. Era davvero bizzarro vedere un ragazzo del genere, con quell’aria da duro, diventare così impacciato per un motivo così futile. «Se vuoi te lo posso prestare, tanto l’ho già letto» gli disse, leggendogli nella mente. «E credo proprio che ti piacerà.»
Lo spadaccino rimase sorpreso da quelle parole, ma si affrettò comunque a ringraziarla per la sua gentilezza. E forse doveva averlo fatto in un modo un po’ goffo perché, mentre usciva dal club col libro sotto braccio, nonostante fosse di spalle, fu sicuro che Robin avesse iniziato a ridacchiare. 
 
Mentre apriva il portone del palazzo, Zoro spense il suo MP3 – non prima che Fear Of The Dark degli Iron Maiden fosse finita, naturalmente –, salì le scale, inserì la chiave nella toppa, la girò ed entrò in casa. Fece solo pochi passi lungo il corridoio prima di accorgersi di non essere solo. E Zoro aveva già una mezza idea sulla possibile identità dell’intruso.
Dalla cucina proveniva silenzio, rotto ogni tanto da qualche singhiozzo. Zoro si diresse nella direzione da cui proveniva quel rumore, e lì trovò esattamente la persona che aveva immaginato di trovarvi: sua madre. Era una donna bionda, sulla quarantina o poco meno, ma la vita e i suoi brutti scherzi avevano fatto in modo che il suo aspetto ne dimostrasse decisamente di più. Se ne stava seduta su una sedia vicino al tavolo, con i gomiti poggiati su di esso e gli occhi rossi e gonfi di chi ha pianto per un pezzo.
Appena sentì dei passi avvicinarsi a lei, si voltò. «Zoro…» soffiò. Fu tutto quello che riuscì a dire.
Trascorse qualche secondo di completo silenzio, poi lei si alzò, si avvicinò al figlio e gli mollò uno schiaffo in pieno viso. «Si può sapere dove sei stato, eh?!» gli urlò addosso, come se non fosse stata lei a sparire per tutto quel tempo. «Mi hai fatto preoccupare!» 
Zoro si massaggiò la guancia che sua madre gli aveva appena colpito. Sta’ calmo, si disse. È ancora scossa perché il solito stronzo di turno l’ha prima usata e poi l’ha lasciata. Mantieni la calma.
Si voltò verso di lei e puntò dritto nei suoi occhi il proprio sguardo, duro.
Sua madre dapprima smise di urlare, cominciando a respirare pesantemente, ma poi non ce la fece più. Abbracciò improvvisamente Zoro e iniziò a piangere e a soffocare i suoi urli liberatori sulla sua spalla. L’altro, di rimando, si lasciò sfuggire un sospiro affranto, prima di iniziare ad accarezzarle i capelli per cercare di calmarla e di consolarla.
Non poteva dire di amare alla follia sua madre, ma le voleva comunque bene. Quando la vedeva in quello stato, gli veniva sempre una voglia matta di scovare il suo pseudo ex-fidanzato di turno ovunque si trovasse e mollargli un pugno in faccia con tutta la forza che aveva. E certe volte, se li incontrava per strada, effettivamente lo faceva. 
Stettero così per qualche minuto, in silenzio, poi sua madre si staccò dall’abbraccio. Aveva gli occhi più rossi di prima, ma almeno si era sfogata.
«Grazie, Zoro» gli disse col migliore sorriso che poté sfoggiare in quel momento. Gli accarezzò leggermente i capelli dietro la nuca e si diresse verso la sua camera da letto, evidentemente distrutta.
 
«Looks like he left you
Without a trace
Tears falling out of your eyes
He's living in a disguise.
Why Do You Want Him?
 
Era inutile. Ogni volta che succedeva qualcosa del genere, a Zoro veniva sempre in mente quella canzone.
 
 
*Sembra che ti abbia lasciata / Senza lasciare traccia / Ti scendono le lacrime dagli occhi / Lui sta vivendo nell'inganno / [...] / Perché vuoi lui?
 
 
[Angolo dell’autrice]
Sì, so cosa state pensando. Zoro che legge un libro di sua spontanea volontà?! WTF?!
Ed effettivamente lo penso anch’io. ò_ò 
No, dai, a parte gli scherzi: Il giovane Holden è il libro che fa per Zoro (almeno per quello di questa AU). Se mi sono rispecchiata io nel personaggio di Holden, figuratevi lui. U_U E poi è da questo libro che è partita tutta la storia, quindi farglielo leggere è il minimo. Ma non è che lo legge e basta, giusto per farglielo fare, eh: la lettura avrà le sue conseguenze, che si inizieranno a vedere già nel prossimo capitolo.
Il titolo di questo capitolo è, ovviamente, il titolo originale del romanzo, intraducibile in italiano, mentre la canzone che viene in mente a Zoro alla fine è Why Do You Want Him?, proprio perché parla di un ragazzo la cui madre continua a scegliere fidanzati sbagliati.
A proposito dell’ultima scena, non so se l’ho resa bene o meno: Zoro è troppo sdolcinato? O va bene così, dato che in fondo quella è sua madre?
Ammetto che descrivere il loro rapporto mi sta venendo difficile, proprio perché non ho la minima idea di come si potrebbe comportare Zoro se avesse una madre, quindi fatemi sapere.
Alla prossima! (che non so quando sarà; aspetterete minimo minimo altre due settimane U_U *le lanciano pomodori marci*)
P.S. Ho scritto un papiello. D: 
  
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