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Autore: Severa Crouch    28/03/2013    4 recensioni
I Weasley sono in vacanza in Irlanda. Tra scherzi dei fratelli e letture babbane, Percy incontra una ragazza, Caposcuola di Tassorosso, più grande di lui, che gli insegnerà a vedere l'Irlanda al di là dei libri.
“Cosa leggi?”
Percy alzò di malavoglia l'occhio dal suo libro di Trasfigurazione. Davanti a sé una ragazza con un caschetto rosa lo fissava con un sorriso sornione sulle labbra.
Strizzò leggermente gli occhi per identificarla e cercare di ricordare dove l'avesse vista.
“Percy Weasley, vero? Quarto anno, Grifondoro ad Hogwarts.”
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nimphadora Tonks, Percy Weasley
Note: Lemon, Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Durante l'infanzia di Harry
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Capitolo 3

Tornare alla locanda e trovare i fratelli sollevò l'umore di Percy.

Sì, era bello sentire di nuovo il loro baccano, il suono delle risate ed i commenti sulla partita. L'Irlanda aveva vinto dopo un paio di ore prendendo il Boccino d'Oro, ma la Scozia aveva giocato molto bene, secondo il resoconto unanime.

Percy sorrideva, mentre Charlie imitava una parata del Portiere della Scozia e Ron e Fred ricostruivano un'azione di gioco. Ginny rideva, e Percy pensò che sua sorella fosse proprio una bambina meravigliosa.

Gli avevano comprato un regalo allo stadio, degli Omniocoli che mostravano le azioni salienti della partita, così che Percy potesse rendersi conto di cosa si fosse perso. Un'altra volta, prima di quella gita, si sarebbe arrabbiato enormemente per quel regalo inutile, avrebbe detto che non capivano niente e che avevano comprato qualcosa che piaceva a loro, non a lui; avrebbe detto che non lo avevano considerato. Adesso, quegli Omniocoli gli facevano tenerezza, perché erano quasi un invito ad essere uno di loro, ad entrare nel loro gruppo e condividere con loro qualcosa.

Percy raccontò della gita, delle scogliere alte, del vento e delle onde enormi che sbattevano contro la costa. Ginny e Ron lo ascoltavano a bocca aperta, mentre Fred e George gli chiesero un po' di quarzite; persino Bill e Charlie non lo interruppero con dettagli e aneddoti delle loro avventure post-Hogwarts.

Percy si sentiva in armonia con i fratelli, ed il merito era di Tonks, che lo osservava seduta su una poltrona, con in faccia un sorrisino ironico e lo sguardo bello come sempre. Il caschetto rosa le donava molto e Percy la trovava bellissima. Sentì avvamparsi nel fare un pensiero del genere, così tornò a chiacchierare con Charlie, che gli annunciava di aver ricevuto un gufo in cui gli comunicavano l'accettazione nell'allevamento di draghi in Romania. Presto Bill sarebbe tornato in Egitto e Charlie sarebbe partito per la Romania; Percy ne fu contento, perché Charlie da sempre amava i draghi, fin dal giorno in cui per imitarne uno diede fuoco alla borsa di zia Muriel. Avvenne prima di Hogwarts, quando nessuno di loro aveva una bacchetta, e zia Muriel aveva ancora piacere ad andare a trovare i nipoti alla Tana. Da quel giorno, in effetti, qualcosa cambiò, e Percy non capì mai se fu colpa della magia accidentale di Charlie o delle risate della mamma, mazia Muriel non volle più andarli a trovare, al di fuori delle ricorrenze importanti.

In fondo, i suoi fratelli erano dei guastafeste, ma non erano cattivi, attiravano i guai naturalmente. Percy aveva imparato a tenerli alla giusta distanza, per non esserne coinvolto più di tanto, anche se i gemelli riuscivano a coprire in breve tempo qualsiasi distanza che lui potesse frapporre.

Dalla poltrona su cui era seduta, Tonks osservava i fratelli Weasley, ed ogni tanto intratteneva Ginny e Ron che le chiedevano di cambiare aspetto, assumendone alcuni buffi: era adorabilmente paziente, come Percy non sarebbe mai riuscito ad essere.

Quei pensieri vennero interrotti da un forte odore di Firewhiskey e la vista di un calice che gli venne messo in mano.

Arthur lo guardava sorridendo, gli disse: “Le nostre origini irlandesi meritano di essere onorate, figlio mio. Oggi compi quattordici anni, sei grande abbastanza per poter iniziare a bere.”

Percy lo guardò sorpreso, girò il liquido ambrato nel calice, indeciso sul da farsi. Vide Charlie e Bill con in mano un bicchiere simile al suo, pronti a brindare al suo compleanno. Persino Tonks aveva un bicchiere in mano, la vide sollevare il bicchiere e venne preceduta da Arthur che disse solennemente: “A Percy, che da oggi inizierà a scoprire uno dei piaceri della vita!”

Un coro di voci allegre rispose “A Percy”, e lui non ebbe altra scelta che bere. Mandò giù quel liquido, sentendone il sapore dolce e pungente scendere giù per la gola che stava andando in fiamme.

Poco dopo, lo colse un leggero senso di stordimento, come se i sensi diventassero ovattati; la testa pensava molto più lentamente, ed una sensazione di benessere lo invadeva. Sorrise, e vide suo padre sorridergli di rimando.

Un altro brindisi, un altro sorso, altra felicità. Sentiva il Firewhiskey scendere per la gola come un fiume caldo e dolce, in grado di trascinarlo con sé in quel percorso di ovattata felicità. Tonks sorrideva e cantava con Bill e Charlie.

Il proprietario e la sua famiglia, insieme ad altri maghi che soggiornavano in quella locanda, si unirono ai canti, comparvero degli strumenti e l'aria si riempì magicamente di musica.

I am going, I am going
Any which way the wind may be blowing
I am going, I am going
Where streams of whiskey are flowing”

Inizialmente Percy si limitò ad osservare la gente che si univa a quell'atmosfera festiva, mentre lui sorrideva e continuava a bere. Vide Tonks cantare con Charlie quel ritornello, mentre Bill prendeva in braccio Ginny e la faceva danzare a ritmo di musica, e gli venne voglia di essere partecipe. Forse era l'effetto del Firewhiskey, forse della musica, così coinvolgente che il piede aveva iniziato a battere il ritmo senza che lui se ne fosse accorto. C'era qualcosa di istintivo e vitale, che andava oltre la razionalità di Percy, c'era la vita, con la sua forza, proprio come quella mattina sulle scogliere.

Percy si abbandonò alla vita, lasciandosi trasportare dalle onde di Firewhiskey, sentendo il calore risalire dallo stomaco alla testa, riempire i sensi e spegnere la coscienza.

Al ritmo della musica si aprirono le danze e Tonks prese la mano di Percy per portarlo al centro della stanza. Ballavano, e non importava se non andavano a tempo, se si pestavano i piedi in continuazione e se per qualsiasi cosa scoppiavano a ridere.

I capelli di Tonks erano di un rosa intenso e brillante, i suoi occhi luminosi e le labbra profumavano di Firewhiskey.

Un moto di coscienza riuscì a bloccare i pensieri di Percy, e l'arrivo provvidenziale dei fratelli e dei genitori lo salvò da una situazione che poteva diventare imbarazzante. Insomma, lei era bellissima, in gamba, allegra, ed era grande, molto più grande di lui.

Percy ai suoi occhi doveva sembrare un ragazzino timido e goffo, uno di quelli per i quali si prova una tenerezza per la solitudine in cui si trovava, figurarsi se lei poteva essere attratta da uno come lui.

Tonks doveva avere accanto un ragazzo forte come lei, uno su cui potesse far riferimento, uno come Bill, ad esempio.

Un sorso di Firewhiskey spense la voce che nella testa gli suggeriva di guardare ad Andromeda, la madre di Tonks, che aveva scelto un uomo normale, non un mago fantastico o bellissimo; ma Tonks era diversa dalla madre, e per certi versi era ancora più bella, perché la sua risata era libera, e allegra, e contagiosa.

Smettila di bere,” gli intimò Tonks, sfilandogli il bicchiere dalle mani; lo posò sul tavolo con una grazia che da sobria non le aveva mai visto. Forse era lui che vedeva la fluidità nei movimenti di Tonks a causa dell'effetto del Firewhiskey bevuto: tutto si muoveva con grazia intorno a lui, come se il mondo intero danzasse al ritmo di quelle note.

Tonks gli prese la mano che fino a quel momento reggeva il bicchiere ed intrecciò le sue dita a quelle di Percy.

La guardava sospeso, con la testa muta e confusa, e non sapeva cosa dire, o fare, e non voleva pensare perché aveva paura dei pensieri che sarebbero potuti sorgere.

Tonks sorrideva, come se fosse chiaro che sarebbe stata lei a guidarlo, perché era lei quella più grande.

Infilarono i cappotti ed uscirono fuori dalla locanda.

Uno spicchio di luna crescente illuminava parzialmente il cielo, rendendo visibili le poche stelle che non erano nascoste dalle nubi. Il vento era una brezza leggera, che sembrava spazzare via dalla testa la cappa opprimente dell'alcol.

Percy respirò a fondo, felice di poter tornare a sentire un po' di lucidità.

Tonks era bellissima, la luce della luna sembrava esaltare il chiarore della pelle e gli occhi erano più luminosi del solito. Tonks gli sorrideva maliziosamente. Ricordava Fred e George quando preparavano una marachella, ma Percy ebbe la sensazione che avesse altre idee per la testa rispetto al fare uno scherzo.

Hai mai baciato una ragazza, Weasley?” gli domandò sorridendo.

Percy scuoteva la testa in segno di negazione, con le parole ferme in gola ed incapaci di uscire. La bocca era impastata dall'alcol e dalla timidezza cronica che lo assillava. Cosa avrebbe dovuto fare?

Percy era alto per i suoi quattordici anni. Rimase immobile, anche quando Tonks si alzò sulle punte e gli diede un bacio sulle labbra.

Buon compleanno, Weasley,” gli sussurrò, mentre le dita liberavano la presa delle sue e salivano a stringerlo intorno al collo.

Tonks si reggeva a lui e continuava a baciarlo, dolcemente. Le labbra erano morbide, e Percy non avrebbe saputo dire cosa gli ricordassero, perché qualcosa di così morbido le sue labbra non l'avevano mai toccato. Nessun dolce di Mielandia era buono, morbido e invitante come le labbra di Tonks, nessun libro era riuscito a coinvolgerlo e catturarlo come aveva fatto lei.

Percy la sentì cedere, e non volle interrompere quei baci, così la strinse a sé, e si piegò verso di lei per farle mantenere l'equilibrio più facilmente.

Non sapeva il perché, quale fosse il motivo per cui lo avesse fatto allontanare dalla festa, e adesso fossero in mezzo al prato, stretti l'uno all'altra, a scambiarsi baci sotto la luna.

Tonks si staccò da lui, gli sorrise prendendolo per mano, mentre Percy pensava a quanto fosse bello che lei sorridesse sempre: si sentiva rassicurato da quei sorrisi, e l'avrebbe seguita ovunque.

Vide che tornavano verso la locanda, e pensava che fosse proprio un peccato che quei baci erano già terminati, che non ne avrebbe più goduto. Del resto, era inevitabile: Tonks era grande e bella, e lui era solo un ragazzino, e quello era un regalo di compleanno imprevisto e meraviglioso.

La mano di Tonks, tuttavia, non lo condusse all'ingresso della locanda, dalla quale proveniva la musica allegra delle danze irlandesi, ma si fermò sul portico antistante l'ingresso e si diresse verso il dondolo dimenticato nell'angolo, sul quale aveva letto “Aspettando Godot” di Beckett.

A differenza di Vladimiro ed Estragone, Percy non sapeva cosa aspettare, continuava a lasciarsi guidare da Tonks, a fidarsi del sorriso e dello sguardo luminoso che tanto gli piacevano.

In altre occasioni l'avrebbe tempestata di domande, avrebbe posto eccezioni ed obiezioni, finché non avesse saputo con precisione le intenzioni di lei e non le avesse condivise. Adesso, stordito dalla gita del mattino e dalla bevuta serale, stuzzicato dall'idea di essere diventato grande e cullato dalla musica che proveniva dall'interno, decise di non fare nulla di ciò che sarebbe stato usuale per lui, si limitò a seguire e fidarsi di lei.

Era Caposcuola, era bravissima, e sarebbe diventata un Auror del Ministero, tanto bastava a Percy per porsi completamente nelle mani di quella ragazza più grande, per lasciarla condurre. Inoltre, una speranza che non voleva morire gli suggeriva che forse avrebbe ricevuto altri baci quella sera, e quella sarebbe potuta essere la ragione che zittiva tutte le altre.

Sul dondolo, Tonks accarezzò il volto di Percy.

Si sentiva ribollire dentro: la mano di Tonks lungo la guancia era morbida quasi quanto le sue labbra. Sentiva la testa ancora più vuota e si disse che doveva avere un'espressione alquanto scema, anche se Tonks continuava a sorridergli dolcemente.

Un brivido lo scosse quando lei infilò le dita tra i suoi capelli; la mano scese fino alla nuca e lo guidò fino al volto di Tonks. Le sue labbra lo aspettavano, lei riprese a baciarlo dolcemente, ed i baci smisero di essere a stampo, le labbra si schiusero: il modo in cui lei gli succhiava e mordicchiava il labbro lo faceva fremere in un modo nuovo, sentiva una certa smania nascergli dentro, assieme al desiderio di esserle sempre più vicino.

Baci bene, Percy,” gli disse Tonks, e non poté non sorprendersi per essere stato chiamato per nome.

Faccio tutto bene,” fu la risposta di Percy, soffiata con un coraggio che alludeva più ai suoi meriti scolastici che all'inesistente esperienza con le ragazze.

Le mani di Percy scesero lungo la schiena di Tonks, indugiarono sui fianchi e fremettero quando si riempirono delle curve del sedere. Non sapeva cosa lo stesse guidando, ma sapeva che era la strada giusta.

Ehi, stai correndo, adesso,” fu il commento divertito di Tonks, che riprese a baciarlo, e lo spinse dolcemente finché non si abbandonò sullo schienale del dondolo. Lei era curva sopra di lui, lo accarezzava e continuava a baciarlo e Percy sentiva delle sensazioni strane nei suoi pantaloni, come quando aveva visto Penelope Light ridere con le sue amiche.

Adesso, però, quelle sensazioni erano più forti, e lui non sapeva cosa fare, non sapeva come controllare quello stato che iniziava ad imbarazzarlo.

Si mosse in modo scomposto sul dondolo, facendolo oscillare. Tonks perse l'equilibrio e cadde tra le sue braccia, e Percy si sentì morire nel contatto del petto di Tonks contro il suo. La strinse a sé, perché per nessun motivo al mondo voleva interrompere quella marea di sensazioni nuove, che lo stordivano ancora più del Firewhiskey.

In quel contatto, Tonks dovette accorgersi dello stato in cui si trovava Percy, perché lo prese per mano e lo condusse dietro la locanda, dove c'era il magazzino con le scorte per la cucina. La vide aprire la serratura con un semplice “Alohomora” e illuminare fiocamente la stanza con luci galleggianti, e riprendere ad accarezzarlo, e baciarlo, e sollevargli la maglietta, posandogli lievi baci sul petto.

Pensò che presto sarebbe morto, perché il cuore batteva all'impazzata e lui non sapeva assolutamente cosa fare, si sentiva vittima delle sensazioni che gli stordivano la mente.

Sei piccolo per queste cose,” gli disse Tonks, di nuovo su di lui, mentre le dita scorrevano tra i suoi capelli.

Lui la fissava con una certa delusione sul volto, senza riuscire tuttavia a manifestarla apertamente, perché quello che aveva ricevuto era tanto e non sapeva se fosse stato in grado di proseguire in quel percorso.

Forse era vero che non era abbastanza grande per quel genere di esperienze; anche se Charlie aveva sentito che Bill aveva proprio quattordici anni la prima volta che si era appartato con una ragazza. Bill era un conto, ma lui? Percival Ignatius Weasley era forse in grado di fare come Bill Weasley? Era in grado di piacere e gratificare una ragazza? Una ragazza che fosse bellissima e più grande e con più esperienza di lui?

E tu sei bellissima,” fu l'unica risposta che riuscì a formulare, come se quella sistemasse la faccenda. Perché era ovvio che lui non era all'altezza, ed era giusto che si alzassero e tornassero dentro e terminasse una storia che non sarebbe mai neanche iniziata.

Sdraiato sul pavimento di quel deposito, con Tonks che sorrideva sopra di lui, ed i capelli che erano diventati del suo stesso rosso, gli occhi del suo medesimo blu, iniziò a domandarsi se lei non fosse vittima della sua stessa indecisione. Le accarezzò il volto con la mano tremante e le dita leggermente sudate per l'emozione, e la trovò ancora più bella quando la vide chiudere gli occhi nel momento in cui le sue dita sfiorarono il volto.

Guidami, mi piace imparare.”

Uscì più simile ad una supplica che ad una richiesta; lei si morse il labbro, evidentemente incerta, sospirò facendo gonfiare il petto e poi si chinò a baciarlo, mentre con la bacchetta fece un incantesimo che Percy non capì.

Percy accolse quelle labbra con la stessa gioia e trepidazione di quando si vide recapitare la lettera di Hogwarts. C'era l'ansia della scoperta, il desiderio di conoscere qualcosa di nuovo, era come quando la commessa Babbana gli aveva dato i libri, quando Ollivander gli aveva dato la sua prima bacchetta, era magico e vitale, e Percy si lasciò condurre da Tonks.

Forse lui era un imbranato, ma lei non si scompose e gli insegnò ad accarezzarla; gli diede accesso a luoghi che lui non aveva mai sognato, e Percy la vide fremere e rabbrividire al suo tocco.

Fu lei ad abbassargli i pantaloni e ad accarezzarlo fino a fargli girare la testa, mentre era steso su quel pavimento freddo ed umido, e desiderava soltanto lei, lei che era come lui, che gli sorrideva maliziosa, e fremeva, e lo desiderava.

Ad un certo punto fu tutto chiaro, come quando all'improvviso arriva la soluzione ad un problema di Aritmanzia e tutto appare semplice, quasi banale. Voleva Tonks, la voleva con tutto sé stesso, e la fece stendere sul pavimento, salì lui sopra di lei. Il viso, illuminato dalle luci galleggianti nell'aria era bellissimo, l'accarezzava, la baciava e percorreva quel corpo con il solo desiderio di esplorarlo, di conoscerlo e lei rabbrividiva e le scappavano piccoli sospiri che interrompevano il silenzio di quel deposito e si alternavano al suono delle labbra sulla pelle di lei.

Ancora una volta, fu lei ad indicargli la strada giusta, ad impedirgli di smarrirsi nuovamente, distratto da quella bellezza che lo stordiva. Allargò le gambe e lui scivolò sopra di lei lentamente, temendo di farle male, o di farsi male; incerto su come sarebbe potuto accadere tutto quanto, le entrò dentro.

Non fu difficile, o doloroso, non ci furono ostacoli da superare, fu naturale, nuovo e bellissimo. Neanche il bagno più caldo poteva essere paragonato al calore e la sensazione di bagnato che lo invase, si sentì perdersi in lei, fondersi. Si mosse seguendo più l'istinto che la coscienza, senza sapere bene cosa fare, guidato dai movimenti lenti e ritmici di lei.

Lei sospirava, e ansimava, e lo guardava desiderosa. Percy non si era mai sentito così in vita sua. Mai avrebbe pensato di suscitare tali reazioni in una ragazza. Si chinò a baciarla e lei gli cinse il collo con le braccia. I loro corpi erano attaccati, ogni distanza era stata annullata, così che riusciva a sentire anche il battito del cuore di lei.

Il corpo era come un'arpa e le parole e gesti di lei come dita sulle sue corde.” Era una frase che aveva letto in Dubliners, l'aveva colpito come una similitudine impropria, ma in quel momento gli tornò in mente, manifestandogli – come un'epifania – la sua assoluta verità.

Sembravano una cosa sola, e in quel momento il mondo iniziò a vorticare, tutto divenne intenso, e veloce, e la situazione gli sfuggì di mano.

Si sentì mortificato, perché non avrebbe voluto che finisse tutto in quel modo, ma Tonks lo trattenne dentro di sé e dopo qualche secondo riprese a muoversi, mentre Percy la guardava sorpreso e la contemplò mentre l'orgasmo la invadeva, sempre più incredulo di essere lui a suscitare quelle sensazioni.

Riuscì a pensare solo che era stato un bene non togliere gli occhiali, così era riuscito a vedere ogni dettaglio della bellezza di Tonks e anche se non ci sarebbe mai stata una seconda volta, quello sarebbe rimasto il suo più bel compleanno.

Un paio di ore più tardi, dopo essere tornato nella locanda e aver trovato i familiari più allegri e ubriachi di come li avesse lasciati, mentre i piccoli erano già a letto, Percy lasciò le dita di Tonks ancora intrecciate alle sue e uno scambio di sorrisi fu la loro buonanotte.

Buon compleanno, Perce.”

Buona notte, Dora.”

Si addormentò con il sorriso di Tonks in mente, il suono dei suoi baci, la morbidezza delle sue carezze ancora sulla pelle e nel momento in cui toccò il cuscino riuscì persino a sentire il profumo di lei.

Il mattino dopo, quando i Weasley scesero a far colazione, i Tonks erano già partiti e Percy si installò sul dondolo, con in mano l'Ulisse, deciso ad iniziarlo, perché solo la decadenza descritta da Joyce poteva armonizzarsi al suo umore.

Sulla prima pagina del libro trovò scritto: “e per prima cosa gli misi le braccia intorno sì e me lo tirai addosso in modo che mi potesse sentire il petto tutto profumato sì e il suo cuore batteva come impazzito e sì dissi sì voglio sì.”

Gli rimase solo uno stupido sorriso sul volto.



NdA: Visto che ci sono aggiorno, tanto il capitolo precedente era corto e a quest'ora certe scene conciliano il sonno! :D


Per quanto riguarda il Firewhisky, troverete scritto “Firewhiskey” ma è voluto, nel senso che quando sono stata a Dublino mi hanno spiegato che la scritta whisky si usa per i distillati di origine scozzese o inglese, mentre whiskey per quelli irlandesi e americani, ed io ho voluto sottolinearne l'origine irlandese, vista l'ambientazione della storia.

È evidente che ad un certo punto mi sono lasciata prendere la mano, ma il pairing mi piaceva troppo e l'idea di scrivere di un'iniziazione sessuale dal punto di vista di un ragazzo di quattordici anni mi allettava. Ho provato a mettermi nella testa di Percy con i suoi riferimenti e gli ormoni impazziti (sì, anche a Percy sono impazziti gli ormoni ad un certo punto della sua vita, succede a tutti - tranne Sheldon Cooper, ovvio).

L'incantesimo praticato da Ninfadora è un incantesimo di contraccezione, ed è naturale che Percy non lo conosca, visto che non ha esperienza in quel campo e non era informato. (tenero, piccolo, ingenuo, Percy... ok, forse mi sto lasciando prendere la mano dal mio amore folle per lui... xD)

Ci sono un po' di citazioni di Joyce: la prima è tratta da Arabia di “Dubliners”, mentre la chiusura della storia è la fine del famoso Molly's Monologue dell'Ulisse. Tra l'altro Percy coglierà il tutto dopo aver finito di leggere il libro, perché è proprio la chiusura del romanzo. Questo dovrebbe essere la prova che non è vero che Ninfadora non ha mai letto romanzi babbani, ma che ha solo assecondato lo spirito supponente di Percy.

Se qualche lettore (e sono certa che ce ne sia qualcuno) si chiede perché mai nella vita Ninfadora dovrebbe perdere la testa per Percy, sappiate che la risposta è perché lui è un rompiscatole, ma si fa guidare da lei, così come Remus sarà un insopportabile cocciuto, finché non si convincerà a lasciarsi amare da lei. Quindi lei ha sempre fatto a modo suo, ama rompere le scatole, non è adorabile per questo?

Chiedo umilmente scusa a tutti per avervi tediato con questa mia follia dell'amore per l'Irlanda, cercando di usare un paese bellissimo per dare un minimo di sex appeal al Weasley meno considerato della saga, facendo andare di mezzo la povera Ninfadora. Oh, sia chiaro, io sono una fan della Ninfadora/Remus, però Percy/Ninfadora mi allettava troppo per non provarci.
Giuro solennemente di... no, va beh, questa è un'altra storia e poi c'è chi si farebbe idee sbagliate! 
Un bacio a tutti, buona Pasqua, mi raccomando, mangiate tanta cioccolata, ma soprattutto la pastiera!! u.u
Sev

   
 
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