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Autore: rawronnie    30/03/2013    4 recensioni
Ma essere un autolesionista,non vuol dire solo prendere una lametta e passarla con forza nei polsi. Quello è solo l'inizio.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Scolastico
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Secondo capitolo.

Non riuscivo a raggiungere la luce infondo a quella via oscura. Mi metteva il panico. Tutti i miei incubi erano rinchiusi lì, dovevo uscirne, dovevo vivere. E così,scappavo. Correvo via dai miei problemi, le mie ossessioni,le mie insicurezze. Ma non riuscivo ad uscirne, non riuscivo a raggiungere il mio obbiettivo. Piangevo,urlavo. Ma era del tutto inutile. Ma ad un tratto,tutto ciò scomparì. Sentivo solo la mia maledetta sveglia suonare. Era solo un incubo.
Tolsi lievemente la coperta dal viso e buttai la sveglia a terra. Mi strofinai gli occhi con la speranza di vedere qualcosa,ma la luce mi accecò, e ritornai sotto le coperte. In quel momento avrei fatto di tutto per rimanere lì,al caldo.Non avevo voglia di muovermi, di incontrare persone, di confrontarmi con altri migliori di me. Respirai, mi alzai e corsi a vestirmi. Un altro giorno in cui devo riuscire a sopravvivere. Un altro giorno in cui dovevo tenere stretti i pugni, e restare forte. Sicuramente le altre ragazze,al primo giorno di scuola,ci andranno con i loro migliori completi. Peccato che io non sia così. Presi dei jeans e una felpa. Quest'ultima mi fa sentire calda,protetta. E soprattutto proteggeva le mie cicatrici. 
 
Scesi in cucina, e trovai mio padre che leggeva un giornale. Lo abbassò, e mi sorrise,dicendomi che sarebbe andato tutto bene. Ma io so come sono fatta. Non riesco a socializzare,perciò andrà tutto male.La maggior parte delle volte, quando qualcuno mi rivolge la parola,mi innervosisco e rispondo male, o addirittura mi scendono le lacrime. Non riesco a controllarmi. Non riesco a comunicare tranquillamente con gli altri, dopo ciò che ho passato,ho sempre paura di essere giudicata o presa in giro. 
Mi sedetti, e iniziai a bere quel latte caldo,solo per fare felice mio padre,perchè come sempre, la mia fame è inesistente. 
"Ronnie,non preoccuparti. Sei fantastica,lo sai."
"No,non lo so. E comunque farò di tutto per non scappare via,promesso." 
"Devi andare lì per studiare. Se qualcuno ti parla,ricambia. Mi raccomando,non essere scorbutica." 
"Va bene,grazie."
"Non vedo il motivo per cui tu debba avere così paura delle persone."
"Io non ho paura degli altri,ho paura di me stessa."
"Devi accettare te stessa.E sopratutto,crederci."
"E' questo il problema."
Il silenzio diventò padrone della situazione. Non continuò a parlarmi,ma si limitò col guardarmi negli occhi. Era uno sguardo confortevole, ma anche pieno di dolore. Si avvicinò e mi accarezzò il viso, mi abbracciò e poi tornò a leggere il giornale.
Finita la colazione, diedi un bacio sulla guancia a mio padre, e corsi alla fermata dell'autobus. Quella era la prima tappa da affrontare,niente di grave. Misi le cuffie alle orecchie per distrarmi. Salii nell'autobus e cercai un posto. Per mia grande fortuna,erano tutti occupati e restai all'impiedi. Chissà se stavano ridendo di me. Menomale che questa musica mi salva,almeno non sento nulla. Scesi dal pulman,mi ritrovo davanti una bellissima scuola. Era enorme, piena di giardini. Ma c'era tanta,tanta gente. Mi sentivo osservata, come se tutti mi odiassero già. Mi tolsi le cuffie, ed entrai. 
Era un enorme edificio e mi sentivo già a disagio,non sapevo cosa fare e dove andare. Iniziai a guardarmi intorno. Vedevo solo una massa di ragazzi ridere, abbracciarsi. Quanto li invidiavo.
Mi avvicinai alla segreteria, e una bidella si accorse di come fossi a disagio. Mi chiese delle informazioni, e finalmente,trovai la mia classe. 
 Mi sedetti,da sola,all'ultimo banco. Piano piano tutti coloro che sarebbero stati i miei così detti 'compagni di classe' erano entrati. Ma poi entro' una ragazza, che già dallo sguardo,trasmetteva il suo essere perfida. Aveva una minigonna strettissima, dei tacchi da far venire le vertigini e una camicetta tutta trasparente. Mi guardò con uno sguardo strano, fece sventolare i suoi capelli neri e si sedette. 
E poi, non capivo se stavo sognando o no. Mi strofinai gli occhi, e capii che non era un allucinazione.
Nella mia classe entrò quel ragazzo dai boccoli d'oro, con un sorriso meraviglioso. Ma non dovevo farmi illusioni,per lui sono solo la sfigata di turno. Ma poi,stranamente,l'unico posto libero era quello accanto a me. E vedere un ragazzo così stupendo -ma stronzo- avvicinarsi a me, mi agitava un tantino. 
"Ma tu sei la sfigata! Che coincidenza."
Si,ero la sfigata ad avere uno stronzo come lui accanto. Volevo tanto dirglielo, ma dovevo ricordarmi ciò che mi aveva detto mio padre. Non dovevo essere scorbutica.
"Eh già." 
Lui aprii lo zaino e io lo guardavo con la coda dell'occhio. Provò più volte a prendere il diario,ma alla fine tutto gli cadde per terra. Tra questa roba,notai un libro di Sparks, che io amavo. 
"Io amo quel libro." 
Non so perchè ma dire quella frase per me è stato spontaneo. Ma me ne pentii subito dopo, avevo paura di fare una brutta figura. Ma appena sentii quella frase,si agitò, prese il libro e lo gettò nello zaino. 
"Ma cosa dici,non è mio. Che schifo!" 
Sapevo che stesse mentendo,ma non volevo creare discussioni, così feci solo un cenno con la testa. Le altre due ore furono lunghe e soprattutto silenziose. Nessuno dei due disse una parola. Notavo,a volte, il suo sguardo su di me, ma che distoglieva poco dopo. A volte faceva dei profondi respiri, altre si addormentava per dieci minuti per poi saltare in aria. 
Suonò la ricreazione, tutti felici si alzarono e inziarono a  parlare. Iniziarono a scherzare,ridere e divertirsi. 
E io ero seduta in un angolo a guardare. A sentirmi diversa e inferorire di tutti. 
Poi pensai che di lui, non sapevo neanche il nome. Volevo tanto andarci.Dovevo farcela,dovevo essere una ragazza normale. Respirai, mi sistemai un pò i capelli, mi alzai e mi avviai verso di lui. Ero sicura e decisa di ciò che stavo facendo. Ma ecco che i miei cinque minuti di gloria furono infranti. La ragazza dai capelli neri mi spinse e andò lei da 'riccioli d'oro'. Già le delusioni iniziarono dal primo giorno, tornai indietro, e ripetevo a me stessa di essere solo un idiota. Una povera illusa. Volevo piangere ma non potevo, così feci la forte e feci finta che non fosse successo nulla. Nelle altre due ore, ascoltai solo della musica, e anche se lui era accanto a me, io continuavo a sentirmi sola. Ma ne ero abituata. Ero abituata a sentirmi esclusa. 
Finalmente suonò l'ultima campanella, e uscimmo da scuola. Pensavo in continuazione all'accaduto, ma ecco che mi ritrovo di nuovo per terra, e i miei pensieri furono interrotti da una risata malefica. Era quella ragazza,quella dai capelli neri. 
"Come hai osato parlare col mio ragazzo? Stronza!" 
Ridevano tutti, volevo sprofondare in quel momento. Anche lui rideva, ma vedevo che veniva verso di me. Avevo paura che mi picchiasse,come hanno fatto in passato. Ma restai incredula da ciò che fece. Anche se continuava a ridere, mi stese la mano facendomi capire che voleva aiutarmi. Volevo farmi aiutare visto che ero distrutta,ma rifiutai e mi alzai da sola. Mentre camminavo in fretta verso l'autobus, sentivo la sua voce che diceva: "E comunque mi chiamo Daniel". Bhe,almeno avevo saputo il suo nome,anche se insieme a quella,mi aveva completamente umiliato. Mi sentivo solo una stupida,volevo scomparire,essere invisibile. Salì sull'autobus, e notai una ragazza davanti a me. Era con il proprio fidanzato,non facevano altro che ridere e scherzare, a fotografarsi col suo cellulare all'ultimo grido,e lui non faceva altro che ripetere di amarla. Quanto la invidiavo. Mi accontenterei anche di avere solo una persona con cui parlare,ma essere amata,per me è troppo. Mi appoggiai al finestrino guardando la pioggia, le gocce che scivolavano dal finestrino. Adesso non capivo se stava continuando a piovere,o ero io a piangere.
   
 
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