Gli eroi di Sandpoint
Ho
un’agenda piena di impegni e sono in ritardo per
rimandarli
Quando
la sveglia suonò, alle 7.50 di lunedì mattina,
Marta Giunti allungò il braccio
oltre il piumone, cercò il cellulare e spinse il tasto per
posticiparla di
cinque minuti, ignara di averla invece spenta. Sprofondò
nuovamente nel sonno,
rannicchiandosi tra le coperte e il cuscino mentre l’immagine
di David Tennant
le riempiva la mente. Com’era bello vedere il Decimo Dottore
tenderle la mano e
chiederle di seguirlo, in viaggio nel tempo e nello spazio, le labbra
così sexy
di David aprirsi per gridare: «Geronimo!»
Marta
aggrottò la fronte, perplessa. Quelle erano le parole di
Matt Smith, il Dottore
avrebbe dovuto dire: «Allons-y!» Si girò
nel letto e la se stessa del sogno –
che curiosamente aveva l’aspetto di River Song –
afferrò la mano di David
Tennant e si ritrovò nella base del Torchwood. Nessuna
traccia di Jack e degli
altri, però: c’erano solo cinque felpe nere appese
alla parete.
«Finalmente
sei arrivata.»
Marta-River
si voltò di scatto, allarmata, e scorse una figura di spalle
con indosso un
cappotto rosso che lei aveva già visto. Non riusciva a
crederci: avrebbe
scoperto l’assassino di Alison DiLaurentis prima degli altri
spettatori! Si
avvicinò cautamente – ma poco prima non
l’aveva chiamata proprio lui? –
chiedendosi se la voce che aveva sentito fosse maschile o femminile, ma
poi
scorse una ciocca di capelli biondi sotto il cappuccio;
poggiò una mano sulla
spalla della figura e la costrinse a girarsi, trovandosi faccia a
faccia con il
sorriso smagliante di Barney Stinson.
Marta
spalancò gli occhi, tornando immediatamente alla
realtà.
O
quasi.
“Quindi
Barney ha ucciso Ali? Non posso crederci, non sapevo che si
conoscessero…”
Le
ci volle qualche secondo perché si rendesse conto che si era
trattato solo di
un sogno. Cercò a tentoni il cellulare, imprecando quando lo
fece cadere a terra;
lo afferrò, strofinandosi gli occhi, e tentò di
leggere l’ora. L’una? No, era
andata a dormire tardissimo, non c’era possibilità
che fosse ancora…
Le
dieci.
Balzò
in piedi, maledicendo se stessa e il compleanno di Teresa, e le cinque
birre
che si erano bevute prima di tornare a casa, e le chiavi che non
giravano nella
toppa, e l’essersi buttata sul letto senza neanche togliersi
i vestiti. Aveva
lezione quel giorno, come le era saltato in mente di assecondare la sua
migliore amica?!
“Solo
un paio di drink” diceva, ma la faceva facile lei, che la
mattina dopo avrebbe
potuto dormire fino alle undici e avrebbe comunque avuto il tempo di
farsi la
piastra, pranzare e arrivare in anticipo
all’università!
Scese
dal letto e corse verso l’armadio, cercando di fare in fretta
per potersi
lavare i capelli prima di uscire. Aveva perso la lezione delle nove, ma
era
ancora in tempo per Letterature portoghese e brasiliana.
«I
jeans, i jeans… Possibile che non ci siano un paio di jeans
puliti?!»
A
malincuore dovette afferrare l’unica gonna che aveva,
promettendosi che il
giorno successivo sarebbe andata a comprare almeno dieci paia di jeans,
e
abbinarci la prima maglietta che trovò, nera con la scritta
“BAZINGA!” in
giallo. Si precipitò sotto la doccia e, dopo vari tentativi
di indossare
correttamente le calze, in poco più di mezz’ora fu
fuori di casa.
Fortunatamente il suo palazzo non era molto distante dalla fermata di
Eur
Palasport – ottima posizione nel periodo del Roma Comics al
Palalottomatica,
era grata ai suoi genitori per averla scelta inconsapevoli di quello
che
sarebbe significato per sua figlia ventidue anni dopo –
però la metro le
sfrecciò avanti mentre lottava con l’abbonamento.
“Che
faccio, torno a casa per beccare mio marito con un’altra o
aspetto il prossimo
treno?”
Sospirò
ed estrasse l’Ipod dalla borsa.
Riproduzione
casuale.
Sì,
i Guns N’ Roses andavano bene.
Resistette
due minuti prima di rendersi conto che non andavano bene per
niente. Mise in pausa e si sfregò le tempie,
cercando di farsi
passare il mal di testa causato dalla sera precedente. Non sarebbe
dovuta
uscire, ma Teresa aveva insistito così tanto, era arrivata
perfino a lamentarsi
che non passava abbastanza tempo con lei… In parte aveva
ragione, dovette
ammettere Marta. A causa delle sue passioni le giornate passavano tra
l’università, il negozio di fumetti in una
traversa di via Ostiense e
l’associazione ludica; spesso rientrava a casa presto, ma
c’era sempre una
nuova puntata di una serie tv ad attenderla, così non aveva
potuto difendersi dalle
accuse di Teresa.
“A
proposito dell’associazione, devo chiamare Stefania. Se non
mi muovo, finirà
che sarà prima lei a…”
Il
suo cellulare squillò.
“Ma
una che me ne vada bene?!”
Marta
interruppe la sigla di Doctor Who
inconsciamente, prima che avesse il tempo di decidere quale scusa
rifilare a
Stefania.
«Marta?»
La
voce brusca di Stefania Danesi giunse chiara al suo orecchio,
nonostante Marta
si trovasse all’interno della metropolitana. Il destino si
stava prendendo gioco
di lei.
«Ciao,
Ste. Come va?»
Come
al solito Stefania saltò i saluti e le domande di rito e
passò al motivo della
sua telefonata. «Stasera c’è la festa in
fumetteria, ricordi?»
«Sì,
ma n-»
«Perfetto,
temevo che mi dessi buca. Ti passo a prendere alle nove e
mezza.»
“Ma
non posso, voglio dormire” continuò mentalmente
Marta, consapevole che sarebbe
stato inutile dirlo a voce alta quando Stefania aveva già
chiuso la chiamata.
Forse però era meglio così: si sarebbe maledetta
anche l’indomani mattina, ma
almeno quella sera avrebbe potuto vedere lui.
♠
Leonardo
Sabatino inclinò la testa a sinistra senza alcun risultato,
ma quando la spostò
a destra le ossa del collo finalmente scrocchiarono. Sua madre gli
ripeteva in
continuazione che doveva smetterla, che in quel modo avrebbe finito per
farsi
male; tuttavia, mentre passava in rassegna le uscite di marzo, Leonardo
passò a
torturarsi le mani.
Posò
lo sguardo sul nuovo volume di Beelzebub:
la storia cominciava ad annoiarlo, contro ogni aspettativa, ma ormai
seguiva la
serie e non poteva permettersi di interromperla al tredicesimo volume.
Tenendolo stretto tra il braccio e le costole, afferrò un
altro manga e lo
sfogliò distrattamente, ancora concentrato sulla trama di Beelzebub, e così fu solo dopo
diversi secondi che si accorse di
tenere in mano il sesto volume di Arrivare
a te.
“Roba
da femmine!”
Con
orrore lo rimise al suo posto, concentrandosi sulle nuove serie. Tiger & Bunny non sembrava male,
Leonardo era quasi certo di averne visto anche l’anime; lo
stesso non poteva
dirsi di GE – Good Ending,
un hentai
a prima vista. A lui non piacevano, ma era certo che una persona di sua
conoscenza non avrebbe esitato a comprarlo.
Sussultò
quando si accorse che sugli scaffali era riposto anche il terzo volume
di Elfen Lied. Prese anche quello,
affondò
una mano nelle tasche e contò quanti soldi avesse dietro.
“Troppo
pochi.”
Avrebbe
dovuto trovarsi un lavoretto se voleva davvero continuare a vivere a
Roma e a
leggere manga; i suoi genitori gli mandavano i soldi per
l’affitto dalle
Marche, ma quello che lui aveva messo da parte dopo la laurea stava
cominciando
a scarseggiare.
Commesso?
E di quale negozio? Non faceva per lui, le possibilità di
trovare lavoro in una
libreria erano piuttosto esigue e non si sarebbe mai visto a vendere
vestiti.
“Le
calza benissimo. Certo che glielo sto dicendo solo per farla andare
via, è il
nono che si prova!”
Poteva
fare il cameriere. Sarebbe stato perfetto, se solo la sua timidezza non
gli
impedisse, anche nella sua immaginazione, di prendere le ordinazioni
senza
balbettare o guardare il pavimento.
Ripetizioni?
Non male, poteva sopportare un ragazzino delle medie alla volta. Delle
elementari sarebbe stato meglio, però.
Mentre
pensava a cosa scrivere su eventuali volantini –
“Giovanni mi permetterà di
attaccarne uno al negozio?” – una mano
passò davanti al suo volto per afferrare
GE.
«Lo
sapevo, si capiva dalla copertina!»
Accanto
a lui un ragazzo alto, con i capelli neri e l’espressione
soddisfatta, stava
sfogliando voracemente il manga proprio come Leonardo aveva immaginato.
Roberto
Trani era prevedibile: bastava un hentai o un gioco da tavola e le sue
giornate
potevano dirsi radiose!
«Ehi,
Leo, che si dice?»
Leonardo
si strinse nelle spalle e mormorò un: «Tutto
bene.»
«Ci
sarai stasera, vero?»
Annuì,
ma Roberto era ancora troppo preso dal nuovo manga per accorgersene.
«Sì.»
«Bene,
bene, allora ci vediamo più… Oh-oh-oh, ma che
vedo qua?»
Dopo
un timido: «Allora ciao» che non venne ricambiato,
Leonardo si avvicinò alla
cassa, ma una ragazza che prima non aveva notato nel negozio era
già intenta a
pagare i suoi nuovi acquisti. Gli sembrava una faccia conosciuta; lo
sembravano
i suoi occhiali e la corporatura massiccia, ma non la maglietta con il
logo di Game of Thrones sul
prosperoso petto. Se
la sarebbe ricordata sicuramente se l’avesse incontrata con
indosso quella
maglietta.
«Mi
hai trovato il numero che ti avevo chiesto?» chiese lei
all’uomo dietro la
cassa.
Giovanni
Nizzi non rispose subito, ma si voltò e cercò
negli scomparti alle sue spalle
finché non trovò un volume di Neon
Genesis Evangelion. «Ecco qua.»
«Grazie»
bofonchiò la fan.
Estrasse il
portafoglio dalla borsa e pagò l’acquisto,
salutò il proprietario del negozio
con un cenno del capo e uscì sotto il sole incerto di marzo.
Leonardo
aspettò che fosse scomparsa dalla sua visuale oltre la porta
a vetri, poi posò
la sua spesa sul bancone e si rivolse a Giovanni.
«Hai
visto questa nuova serie?» esordì, premendo il
dito sulla copertina di Tiger & Bunny.
«I protagonisti
indossano delle tute che li fanno sembrare dei mecha! Sembra
forte.»
Giovanni
posò gli occhi azzurri sul manga. «Mh.
Sì, stavo valutando l’idea di comprarlo.
Poi fammi sapere cosa ne pensi.»
«Tanto
lo lascio nel mio scomparto, prendo solo Elfen
Lied. Leggilo pure!»
«Oh,
grazie.»
«Di
niente. Senti.» Leonardo abbassò la voce, come se
temesse che qualcuno potesse
udirli, ma Roberto era assorto nella lettura – come sempre
prima di comprare
qualcosa preferiva leggerlo e ormai Giovanni non se ne curava
più – e non
c’erano altri clienti nel negozio. «Chi
è la ragazza che è uscita prima?»
Mentre
gli dava il resto, Giovanni sollevò un sopracciglio.
«Quella che ha comprato Evangelion?
Si chiama Stefania, se non
sbaglio.»
«Mi
sembra di averla già vista.»
«Vieni
in fumetteria ogni tanto. Credo che ci sarà alla festa di
stasera, l’ho sentita
che lo diceva poco fa al telefono.»
Una
festa nel negozio di fumetti passata a parlare di Game
of Thrones: Leonardo non vedeva l’ora!
«Matteo
non c’è oggi?» chiese poi, accorgendosi
dell’assenza del socio di Giovanni.
«Attacca
il pomeriggio. Ora è a casa, sta preparando la nuova
avventura.»
«D’accordo.
Salutamelo quando arriva!»
«A
stasera!»
Mentre
Leonardo apriva la porta a vetri, si chiese se sarebbe stato il caso di
indossare la maglietta degli Stark quella sera. Ottima idea per
mostrare alla
ragazza – come si chiamava? Stefania? – che era
disposto a discutere di libri e
serie tv, ma non molto saggia, a pensarci bene. E sei lei fosse stata
di una fazione avversaria?
♠
Dopo
averlo accartocciato, Matteo Romagnoli lanciò
l’ennesimo foglio dietro di sé,
mandandolo a fare compagnia a tutte le bozze della sessione di gioco
prevista
per il martedì successivo. Il pomeriggio sarebbe dovuto
correre a lavoro e la
sera doveva occuparsi di quella stupida
festa, non poteva permettersi nemmeno di rimandare al giorno seguente,
dato che
il suo turno al negozio di fumetti sarebbe iniziato fin dal mattino;
non che
potesse farlo pesare a Giovanni, con il motivo che lo avrebbe tenuto
lontano da
lì… Non lo invidiava di certo.
Si
alzò, facendo strusciare la sedia sulle piastrelle di
ceramica del pavimento.
Doveva rilassarsi e l’unico modo per farlo sarebbe stato
preparando il suo
spuntino preferito di metà mattina: cioccolata calda e
biscotti. Nonostante la
luce del sole quel giorno fosse piuttosto insistente, sbattendo contro
il vetro
della finestra per ricordargli che ormai era primavera, Matteo non
avrebbe
facilmente rinunciato a quell’abitudine. Ricordava quando,
due estati prima,
aveva ordinato a un bar sulla spiaggia una cioccolata calda; a sua
discolpa
poteva dire che fossero le undici di sera, ma non sarebbe bastato a
evitare
un’occhiataccia da parte della barista.
Aprì
la credenza alla ricerca della sua tazza preferita – recante
l’immagine del
capitano Kirk – e prese una nuova busta di biscotti.
Fortunatamente il suo
metabolismo gli permetteva di ingozzarsi senza pensare alla linea,
altrimenti
avrebbe dovuto mettersi a dieta ogni volta che l’ispirazione
tardava ad
arrivare e lo costringeva a correre dai suoi amati biscotti.
Mentre
il latte bolliva, Matteo osservò il proprio riflesso sullo
schermo grigio della
televisione. Alto, i capelli neri lunghi fino alle spalle, la barba da
accorciare, lui non si considerava un granché; credeva che
le sue doti
risedessero nel gioco di ruolo e di certo non aveva bisogno di essere
bello per
spaventare i suoi giocatori. Lo specchio improvvisato non gli
restituiva il
colore castano degli occhi e i capelli celavano il neo sul collo, ma
Matteo,
dopo trentadue anni, stentava ancora a riconoscere la sua immagine ogni
volta
che si vedeva un’espressione cupa sul volto.
Amava
preparare le avventure, tuttavia da qualche tempo aveva smesso di
provare
interesse per la campagna che aveva avviato sei mesi prima: due
giocatori lo
avevano abbandonato, un altro era subentrato al loro posto e ancora non
riusciva a capire cosa dovesse fare, i restanti sembravano divertirsi
di più a
chiacchierare fra loro che a interpretare i propri personaggi. Aveva
tentato di
scrivere avventure sempre più dense di suspense o di
combattimenti, ma –
eccetto il nuovo arrivato che tendeva a nascondersi in ogni momento,
anche
nelle taverne, quando era assai raro che apparissero dei draghi
– i suoi
giocatori tenevano così poco alle vite dei personaggi da
portarsi sempre dietro
una scheda di riserva, pronta per essere compilata. Ormai Matteo aveva
esaurito
le idee o forse era la presenza di ragazzi tanto idioti
a fargli passare l’ispirazione.
Mise
la tazza con la cioccolata sul tavolo, riflettendo che
l’unico motivo per cui
non aveva ancora chiuso la campagna era Leonardo, il solo in grado di
ruolare
senza farlo innervosire.
Accese
distrattamente la televisione, cercando di distrarsi. Notizie sul nuovo
papa,
sul governo italiano – preferì cambiare subito
canale invece di arrabbiarsi
inutilmente ancora di più – e sulla primavera che
si era presentata come tutti
gli altri anni, inaspettatamente a giudicare dalle parole della
giornalista;
finalmente riuscì a trovare una replica di Doctor
Who. Si trattava di una delle serie nuove e Matteo stava per
tirare un
sospiro di sollievo alla vista del nome “Steven
Moffat” – apprezzava il suo
sadismo – quando, con orrore, si rese conto che le puntate
non fossero in
lingua originale. Spense immediatamente la televisione, maledicendo
Christian
Iansante e tutti i doppiatori italiani – e anche se stesso,
troppo abituato ai
DVD da dimenticare che i canali televisivi passavano le serie doppiate.
Lui
odiava, detestava il doppiaggio: non capiva cosa ci fosse di male nel
guardare
un film con i sottotitoli – possibilmente in inglese, dal
momento che anche
l’errata traduzione di molti dialoghi lo faceva rabbrividire
– invece che
ascoltare la voce di un’altra
persona.
Affondò un biscotto nella cioccolata, tentando di calmarsi;
gli dispiaceva
perdere le staffe, ma la tensione di quei giorni si stava lentamente
accumulando. Era in ritardo per l’avventura, non aveva idee,
e in più solo due
ore prima aveva ricevuto una cartolina da…
Scosse
la testa, costringendosi a non pensarci. Riprese in mano il blocco di
fogli
bianchi e tentò di scrivere una nuova avventura, partendo da
zero. Impossibile:
al momento l’ispirazione mancava del tutto.
Strappò il foglio, lo appallottolò
e lo lanciò oltre la televisione, facendolo finire sugli
scatoloni che il
pomeriggio avrebbe dovuto portare al negozio. Si accorse di non averne
ancora
controllato il contenuto.
Seccato,
nervoso, privo di idee si alzò di nuovo e si
avvicinò al primo scatolone.
Tagliò il nastro adesivo con attenzione – a volte
i fornitori riempivano le
scatole fino all’orlo – ed esaminò il
contenuto. Manga, fumetti, DVD… Erano
arrivati anche i nuovi manuali di Pathfinder.
Li scrutò diffidente, ripensando a quanto lo stessero
facendo patire, finché
non si accorse di un manuale che non aveva mai visto.
E
il suo viso si illuminò.
NOTE
Il
titolo del capitolo è una citazione di Friends.
MARTA
- Le
serie tv del sogno sono, in ordine, Doctor Who,
Torchwood, Pretty
Little Liars e How I met you mother.
-
“BAZINGA!”: citazione di The
Big Bang Theory.
- “Che faccio,
torno a casa per beccare mio marito con un’altra o aspetto il
prossimo treno?”:
riferimento al film Sliding Doors.
LEONARDO
- manga: fumetti
giapponesi.
- anime: “cartoni
animati” giapponesi.
- hentai: opere a
sfondo pornografico.
- mecha: robot
pilotati dalle dimensioni mastodontiche.
- Stark: famiglia
residente a Winterfell (Grande Inverno) nella serie Game
of Thrones/A Song of Ice
and Fire.
MATTEO
- Capitano Kirk:
personaggio di Star Trek.
- ruolare: giocare
di ruolo.
- Christian
Iansante: doppiatore italiano di David Tennant nella serie Doctor Who.
- Pathfinder:
gioco di ruolo fantasy
SPAZIO AUTRICE
Ringrazio tutti
coloro che sono arrivati a leggere fin qua!
Avevo già scritto
una long originale, ma si trattava di personaggi collaudati con
precedenti
racconti, mentre ora sto partendo “da zero”. Vi
piaceranno i protagonisti di
questa storia? Chi più, chi meno, spero vi invoglino ad
andare avanti :)
Sono consapevole
della difficoltà che possano sorgere nella lettura,
trovandosi davanti a nomi e
parole mai sentite, però durante la mia
“carriera” di fanwriter (e lettrice) ho
notato che inserire particolari di questo genere aiuta a rendere la
storia
realistica. Spero quindi che seguiate la storia, anche aiutandovi per
alcuni
termini/citazioni con le note in fondo ai capitoli ;) (dubito che, per
quanto
riguarda la terminologia, troverete tante note in seguito)
Ancora grazie per
avere letto questo primo capitolo. Non nego che mi farebbe piacere una
recensione (di ogni tipo) con cui possa capire i punti forti e quelli
deboli di
questa storia :)
Ci vediamo al
prossimo capitolo, ambientato durante la festa: incontrerete i POV
degli altri
tre protagonisti!
Medusa