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Autore: MedusaNoir    30/03/2013    5 recensioni
A Roma Giovanni e Matteo gestiscono un negozio di fumetti, ma sono anche soci di un'associazione ludica dove spesso alcuni ragazzi dell'Eur si ritrovano per giocare di ruolo. Marta, goffa e testarda, cerca di seguire più serie tv possibili, finendo così per pensare per citazioni; Leonardo è timido, ma gli basta parlare di "Game of Thrones" per dimenticare di avere davanti un'altra persona; Stefania, ventun'anni, è la più piccola del gruppo e cerca di mascherare con un atteggiamento scostante l'insicurezza che deriva dall'avere un corpo massiccio e troppo lontano dai canoni della bellezza; Roberto è manipolatore e detesta essere battuto, che si tratti di giochi da tavola o di scommesse.
Tra feste nel negozio di fumetti, giochi e vacanze di ruolo - ma senza dimenticare la vita universitaria o domestica che scorre intorno ai protagonisti, divorzi, esami e amori inaspettati - i sei ragazzi si troveranno ad affrontare le loro paure e, chissà, forse anche a superarle.
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Alcuni termini o riferimenti potrebbero non essere immediatamente riconoscibili, per cui vi invito a leggere le note a fondo capitolo. Per ogni parola che non conoscete, ne troverete sicuramente il significato nelle note :)

Gli eroi di Sandpoint

Ho un’agenda piena di impegni e sono in ritardo per rimandarli

Quando la sveglia suonò, alle 7.50 di lunedì mattina, Marta Giunti allungò il braccio oltre il piumone, cercò il cellulare e spinse il tasto per posticiparla di cinque minuti, ignara di averla invece spenta. Sprofondò nuovamente nel sonno, rannicchiandosi tra le coperte e il cuscino mentre l’immagine di David Tennant le riempiva la mente. Com’era bello vedere il Decimo Dottore tenderle la mano e chiederle di seguirlo, in viaggio nel tempo e nello spazio, le labbra così sexy di David aprirsi per gridare: «Geronimo!»

Marta aggrottò la fronte, perplessa. Quelle erano le parole di Matt Smith, il Dottore avrebbe dovuto dire: «Allons-y!» Si girò nel letto e la se stessa del sogno – che curiosamente aveva l’aspetto di River Song – afferrò la mano di David Tennant e si ritrovò nella base del Torchwood. Nessuna traccia di Jack e degli altri, però: c’erano solo cinque felpe nere appese alla parete.

«Finalmente sei arrivata.»

Marta-River si voltò di scatto, allarmata, e scorse una figura di spalle con indosso un cappotto rosso che lei aveva già visto. Non riusciva a crederci: avrebbe scoperto l’assassino di Alison DiLaurentis prima degli altri spettatori! Si avvicinò cautamente – ma poco prima non l’aveva chiamata proprio lui? – chiedendosi se la voce che aveva sentito fosse maschile o femminile, ma poi scorse una ciocca di capelli biondi sotto il cappuccio; poggiò una mano sulla spalla della figura e la costrinse a girarsi, trovandosi faccia a faccia con il sorriso smagliante di Barney Stinson.

Marta spalancò gli occhi, tornando immediatamente alla realtà.

O quasi.

“Quindi Barney ha ucciso Ali? Non posso crederci, non sapevo che si conoscessero…”

Le ci volle qualche secondo perché si rendesse conto che si era trattato solo di un sogno. Cercò a tentoni il cellulare, imprecando quando lo fece cadere a terra; lo afferrò, strofinandosi gli occhi, e tentò di leggere l’ora. L’una? No, era andata a dormire tardissimo, non c’era possibilità che fosse ancora…

Le dieci.

Balzò in piedi, maledicendo se stessa e il compleanno di Teresa, e le cinque birre che si erano bevute prima di tornare a casa, e le chiavi che non giravano nella toppa, e l’essersi buttata sul letto senza neanche togliersi i vestiti. Aveva lezione quel giorno, come le era saltato in mente di assecondare la sua migliore amica?!

“Solo un paio di drink” diceva, ma la faceva facile lei, che la mattina dopo avrebbe potuto dormire fino alle undici e avrebbe comunque avuto il tempo di farsi la piastra, pranzare e arrivare in anticipo all’università!

Scese dal letto e corse verso l’armadio, cercando di fare in fretta per potersi lavare i capelli prima di uscire. Aveva perso la lezione delle nove, ma era ancora in tempo per Letterature portoghese e brasiliana.

«I jeans, i jeans… Possibile che non ci siano un paio di jeans puliti?!»

A malincuore dovette afferrare l’unica gonna che aveva, promettendosi che il giorno successivo sarebbe andata a comprare almeno dieci paia di jeans, e abbinarci la prima maglietta che trovò, nera con la scritta “BAZINGA!” in giallo. Si precipitò sotto la doccia e, dopo vari tentativi di indossare correttamente le calze, in poco più di mezz’ora fu fuori di casa. Fortunatamente il suo palazzo non era molto distante dalla fermata di Eur Palasport – ottima posizione nel periodo del Roma Comics al Palalottomatica, era grata ai suoi genitori per averla scelta inconsapevoli di quello che sarebbe significato per sua figlia ventidue anni dopo – però la metro le sfrecciò avanti mentre lottava con l’abbonamento.

“Che faccio, torno a casa per beccare mio marito con un’altra o aspetto il prossimo treno?”

Sospirò ed estrasse l’Ipod dalla borsa.

Riproduzione casuale.

Sì, i Guns N’ Roses andavano bene.

Resistette due minuti prima di rendersi conto che non andavano bene per niente. Mise in pausa e si sfregò le tempie, cercando di farsi passare il mal di testa causato dalla sera precedente. Non sarebbe dovuta uscire, ma Teresa aveva insistito così tanto, era arrivata perfino a lamentarsi che non passava abbastanza tempo con lei… In parte aveva ragione, dovette ammettere Marta. A causa delle sue passioni le giornate passavano tra l’università, il negozio di fumetti in una traversa di via Ostiense e l’associazione ludica; spesso rientrava a casa presto, ma c’era sempre una nuova puntata di una serie tv ad attenderla, così non aveva potuto difendersi dalle accuse di Teresa.

“A proposito dell’associazione, devo chiamare Stefania. Se non mi muovo, finirà che sarà prima lei a…”

Il suo cellulare squillò.

“Ma una che me ne vada bene?!”

Marta interruppe la sigla di Doctor Who inconsciamente, prima che avesse il tempo di decidere quale scusa rifilare a Stefania.

«Marta?»

La voce brusca di Stefania Danesi giunse chiara al suo orecchio, nonostante Marta si trovasse all’interno della metropolitana. Il destino si stava prendendo gioco di lei.

«Ciao, Ste. Come va?»

Come al solito Stefania saltò i saluti e le domande di rito e passò al motivo della sua telefonata. «Stasera c’è la festa in fumetteria, ricordi?»

«Sì, ma n-»

«Perfetto, temevo che mi dessi buca. Ti passo a prendere alle nove e mezza.»

“Ma non posso, voglio dormire” continuò mentalmente Marta, consapevole che sarebbe stato inutile dirlo a voce alta quando Stefania aveva già chiuso la chiamata. Forse però era meglio così: si sarebbe maledetta anche l’indomani mattina, ma almeno quella sera avrebbe potuto vedere lui.

 

 

Leonardo Sabatino inclinò la testa a sinistra senza alcun risultato, ma quando la spostò a destra le ossa del collo finalmente scrocchiarono. Sua madre gli ripeteva in continuazione che doveva smetterla, che in quel modo avrebbe finito per farsi male; tuttavia, mentre passava in rassegna le uscite di marzo, Leonardo passò a torturarsi le mani.

Posò lo sguardo sul nuovo volume di Beelzebub: la storia cominciava ad annoiarlo, contro ogni aspettativa, ma ormai seguiva la serie e non poteva permettersi di interromperla al tredicesimo volume. Tenendolo stretto tra il braccio e le costole, afferrò un altro manga e lo sfogliò distrattamente, ancora concentrato sulla trama di Beelzebub, e così fu solo dopo diversi secondi che si accorse di tenere in mano il sesto volume di Arrivare a te.

“Roba da femmine!”

Con orrore lo rimise al suo posto, concentrandosi sulle nuove serie. Tiger & Bunny non sembrava male, Leonardo era quasi certo di averne visto anche l’anime; lo stesso non poteva dirsi di GE – Good Ending, un hentai a prima vista. A lui non piacevano, ma era certo che una persona di sua conoscenza non avrebbe esitato a comprarlo.

Sussultò quando si accorse che sugli scaffali era riposto anche il terzo volume di Elfen Lied. Prese anche quello, affondò una mano nelle tasche e contò quanti soldi avesse dietro.

“Troppo pochi.”

Avrebbe dovuto trovarsi un lavoretto se voleva davvero continuare a vivere a Roma e a leggere manga; i suoi genitori gli mandavano i soldi per l’affitto dalle Marche, ma quello che lui aveva messo da parte dopo la laurea stava cominciando a scarseggiare.

Commesso? E di quale negozio? Non faceva per lui, le possibilità di trovare lavoro in una libreria erano piuttosto esigue e non si sarebbe mai visto a vendere vestiti.

“Le calza benissimo. Certo che glielo sto dicendo solo per farla andare via, è il nono che si prova!”

Poteva fare il cameriere. Sarebbe stato perfetto, se solo la sua timidezza non gli impedisse, anche nella sua immaginazione, di prendere le ordinazioni senza balbettare o guardare il pavimento.

Ripetizioni? Non male, poteva sopportare un ragazzino delle medie alla volta. Delle elementari sarebbe stato meglio, però.

Mentre pensava a cosa scrivere su eventuali volantini – “Giovanni mi permetterà di attaccarne uno al negozio?” – una mano passò davanti al suo volto per afferrare GE.

«Lo sapevo, si capiva dalla copertina!»

Accanto a lui un ragazzo alto, con i capelli neri e l’espressione soddisfatta, stava sfogliando voracemente il manga proprio come Leonardo aveva immaginato. Roberto Trani era prevedibile: bastava un hentai o un gioco da tavola e le sue giornate potevano dirsi radiose!

«Ehi, Leo, che si dice?»

Leonardo si strinse nelle spalle e mormorò un: «Tutto bene.»

«Ci sarai stasera, vero?»

Annuì, ma Roberto era ancora troppo preso dal nuovo manga per accorgersene. «Sì.»

«Bene, bene, allora ci vediamo più… Oh-oh-oh, ma che vedo qua?»

Dopo un timido: «Allora ciao» che non venne ricambiato, Leonardo si avvicinò alla cassa, ma una ragazza che prima non aveva notato nel negozio era già intenta a pagare i suoi nuovi acquisti. Gli sembrava una faccia conosciuta; lo sembravano i suoi occhiali e la corporatura massiccia, ma non la maglietta con il logo di Game of Thrones sul prosperoso petto. Se la sarebbe ricordata sicuramente se l’avesse incontrata con indosso quella maglietta.

«Mi hai trovato il numero che ti avevo chiesto?» chiese lei all’uomo dietro la cassa.

Giovanni Nizzi non rispose subito, ma si voltò e cercò negli scomparti alle sue spalle finché non trovò un volume di Neon Genesis Evangelion. «Ecco qua.»

«Grazie» bofonchiò la fan. Estrasse il portafoglio dalla borsa e pagò l’acquisto, salutò il proprietario del negozio con un cenno del capo e uscì sotto il sole incerto di marzo.

Leonardo aspettò che fosse scomparsa dalla sua visuale oltre la porta a vetri, poi posò la sua spesa sul bancone e si rivolse a Giovanni.

«Hai visto questa nuova serie?» esordì, premendo il dito sulla copertina di Tiger & Bunny. «I protagonisti indossano delle tute che li fanno sembrare dei mecha! Sembra forte.»

Giovanni posò gli occhi azzurri sul manga. «Mh. Sì, stavo valutando l’idea di comprarlo. Poi fammi sapere cosa ne pensi.»

«Tanto lo lascio nel mio scomparto, prendo solo Elfen Lied. Leggilo pure!»

«Oh, grazie.»

«Di niente. Senti.» Leonardo abbassò la voce, come se temesse che qualcuno potesse udirli, ma Roberto era assorto nella lettura – come sempre prima di comprare qualcosa preferiva leggerlo e ormai Giovanni non se ne curava più – e non c’erano altri clienti nel negozio. «Chi è la ragazza che è uscita prima?»

Mentre gli dava il resto, Giovanni sollevò un sopracciglio. «Quella che ha comprato Evangelion? Si chiama Stefania, se non sbaglio.»

«Mi sembra di averla già vista.»

«Vieni in fumetteria ogni tanto. Credo che ci sarà alla festa di stasera, l’ho sentita che lo diceva poco fa al telefono.»

Una festa nel negozio di fumetti passata a parlare di Game of Thrones: Leonardo non vedeva l’ora!

«Matteo non c’è oggi?» chiese poi, accorgendosi dell’assenza del socio di Giovanni.

«Attacca il pomeriggio. Ora è a casa, sta preparando la nuova avventura.»

«D’accordo. Salutamelo quando arriva!»

«A stasera!»

Mentre Leonardo apriva la porta a vetri, si chiese se sarebbe stato il caso di indossare la maglietta degli Stark quella sera. Ottima idea per mostrare alla ragazza – come si chiamava? Stefania? – che era disposto a discutere di libri e serie tv, ma non molto saggia, a pensarci bene. E sei lei fosse stata di una fazione avversaria?

 

 

Dopo averlo accartocciato, Matteo Romagnoli lanciò l’ennesimo foglio dietro di sé, mandandolo a fare compagnia a tutte le bozze della sessione di gioco prevista per il martedì successivo. Il pomeriggio sarebbe dovuto correre a lavoro e la sera doveva occuparsi di quella stupida festa, non poteva permettersi nemmeno di rimandare al giorno seguente, dato che il suo turno al negozio di fumetti sarebbe iniziato fin dal mattino; non che potesse farlo pesare a Giovanni, con il motivo che lo avrebbe tenuto lontano da lì… Non lo invidiava di certo.

Si alzò, facendo strusciare la sedia sulle piastrelle di ceramica del pavimento. Doveva rilassarsi e l’unico modo per farlo sarebbe stato preparando il suo spuntino preferito di metà mattina: cioccolata calda e biscotti. Nonostante la luce del sole quel giorno fosse piuttosto insistente, sbattendo contro il vetro della finestra per ricordargli che ormai era primavera, Matteo non avrebbe facilmente rinunciato a quell’abitudine. Ricordava quando, due estati prima, aveva ordinato a un bar sulla spiaggia una cioccolata calda; a sua discolpa poteva dire che fossero le undici di sera, ma non sarebbe bastato a evitare un’occhiataccia da parte della barista.

Aprì la credenza alla ricerca della sua tazza preferita – recante l’immagine del capitano Kirk – e prese una nuova busta di biscotti. Fortunatamente il suo metabolismo gli permetteva di ingozzarsi senza pensare alla linea, altrimenti avrebbe dovuto mettersi a dieta ogni volta che l’ispirazione tardava ad arrivare e lo costringeva a correre dai suoi amati biscotti.

Mentre il latte bolliva, Matteo osservò il proprio riflesso sullo schermo grigio della televisione. Alto, i capelli neri lunghi fino alle spalle, la barba da accorciare, lui non si considerava un granché; credeva che le sue doti risedessero nel gioco di ruolo e di certo non aveva bisogno di essere bello per spaventare i suoi giocatori. Lo specchio improvvisato non gli restituiva il colore castano degli occhi e i capelli celavano il neo sul collo, ma Matteo, dopo trentadue anni, stentava ancora a riconoscere la sua immagine ogni volta che si vedeva un’espressione cupa sul volto.

Amava preparare le avventure, tuttavia da qualche tempo aveva smesso di provare interesse per la campagna che aveva avviato sei mesi prima: due giocatori lo avevano abbandonato, un altro era subentrato al loro posto e ancora non riusciva a capire cosa dovesse fare, i restanti sembravano divertirsi di più a chiacchierare fra loro che a interpretare i propri personaggi. Aveva tentato di scrivere avventure sempre più dense di suspense o di combattimenti, ma – eccetto il nuovo arrivato che tendeva a nascondersi in ogni momento, anche nelle taverne, quando era assai raro che apparissero dei draghi – i suoi giocatori tenevano così poco alle vite dei personaggi da portarsi sempre dietro una scheda di riserva, pronta per essere compilata. Ormai Matteo aveva esaurito le idee o forse era la presenza di ragazzi tanto idioti a fargli passare l’ispirazione.

Mise la tazza con la cioccolata sul tavolo, riflettendo che l’unico motivo per cui non aveva ancora chiuso la campagna era Leonardo, il solo in grado di ruolare senza farlo innervosire.

Accese distrattamente la televisione, cercando di distrarsi. Notizie sul nuovo papa, sul governo italiano – preferì cambiare subito canale invece di arrabbiarsi inutilmente ancora di più – e sulla primavera che si era presentata come tutti gli altri anni, inaspettatamente a giudicare dalle parole della giornalista; finalmente riuscì a trovare una replica di Doctor Who. Si trattava di una delle serie nuove e Matteo stava per tirare un sospiro di sollievo alla vista del nome “Steven Moffat” – apprezzava il suo sadismo – quando, con orrore, si rese conto che le puntate non fossero in lingua originale. Spense immediatamente la televisione, maledicendo Christian Iansante e tutti i doppiatori italiani – e anche se stesso, troppo abituato ai DVD da dimenticare che i canali televisivi passavano le serie doppiate.

Lui odiava, detestava il doppiaggio: non capiva cosa ci fosse di male nel guardare un film con i sottotitoli – possibilmente in inglese, dal momento che anche l’errata traduzione di molti dialoghi lo faceva rabbrividire – invece che ascoltare la voce di un’altra persona. Affondò un biscotto nella cioccolata, tentando di calmarsi; gli dispiaceva perdere le staffe, ma la tensione di quei giorni si stava lentamente accumulando. Era in ritardo per l’avventura, non aveva idee, e in più solo due ore prima aveva ricevuto una cartolina da…

Scosse la testa, costringendosi a non pensarci. Riprese in mano il blocco di fogli bianchi e tentò di scrivere una nuova avventura, partendo da zero. Impossibile: al momento l’ispirazione mancava del tutto. Strappò il foglio, lo appallottolò e lo lanciò oltre la televisione, facendolo finire sugli scatoloni che il pomeriggio avrebbe dovuto portare al negozio. Si accorse di non averne ancora controllato il contenuto.

Seccato, nervoso, privo di idee si alzò di nuovo e si avvicinò al primo scatolone. Tagliò il nastro adesivo con attenzione – a volte i fornitori riempivano le scatole fino all’orlo – ed esaminò il contenuto. Manga, fumetti, DVD… Erano arrivati anche i nuovi manuali di Pathfinder. Li scrutò diffidente, ripensando a quanto lo stessero facendo patire, finché non si accorse di un manuale che non aveva mai visto.

E il suo viso si illuminò.


NOTE

 

Il titolo del capitolo è una citazione di Friends.

 

MARTA

- Le serie tv del sogno sono, in ordine, Doctor Who, Torchwood, Pretty Little Liars e How I met you mother.

- “BAZINGA!”: citazione di The Big Bang Theory.

- “Che faccio, torno a casa per beccare mio marito con un’altra o aspetto il prossimo treno?”: riferimento al film Sliding Doors.

 

LEONARDO

- manga: fumetti giapponesi.

- anime: “cartoni animati” giapponesi.

- hentai: opere a sfondo pornografico.

- mecha: robot pilotati dalle dimensioni mastodontiche.

- Stark: famiglia residente a Winterfell (Grande Inverno) nella serie Game of Thrones/A Song of Ice and Fire.

 

MATTEO

- Capitano Kirk: personaggio di Star Trek.

- ruolare: giocare di ruolo.

- Christian Iansante: doppiatore italiano di David Tennant nella serie Doctor Who.

- Pathfinder: gioco di ruolo fantasy



SPAZIO AUTRICE

 

Ringrazio tutti coloro che sono arrivati a leggere fin qua!

Avevo già scritto una long originale, ma si trattava di personaggi collaudati con precedenti racconti, mentre ora sto partendo “da zero”. Vi piaceranno i protagonisti di questa storia? Chi più, chi meno, spero vi invoglino ad andare avanti :)

Sono consapevole della difficoltà che possano sorgere nella lettura, trovandosi davanti a nomi e parole mai sentite, però durante la mia “carriera” di fanwriter (e lettrice) ho notato che inserire particolari di questo genere aiuta a rendere la storia realistica. Spero quindi che seguiate la storia, anche aiutandovi per alcuni termini/citazioni con le note in fondo ai capitoli ;) (dubito che, per quanto riguarda la terminologia, troverete tante note in seguito)

Ancora grazie per avere letto questo primo capitolo. Non nego che mi farebbe piacere una recensione (di ogni tipo) con cui possa capire i punti forti e quelli deboli di questa storia :)

Ci vediamo al prossimo capitolo, ambientato durante la festa: incontrerete i POV degli altri tre protagonisti!

 

Medusa


   
 
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