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Autore: Ilenia69    30/03/2013    2 recensioni
Cos'è che fa cambiare veramente le persone?
Cos'è che ci segna così tanto da renderci estremamente fragili oppure costruire una barriera intorno a noi?
Siamo esseri umani, facciamo scelte, sbagliamo e viviamo comunque a pieno la nostra vita?
A volte un semplice litigio potrebbe cambiare un'intera esistenza, o magari si ha solo bisogno di amore.
Ma cos'è che ci spinge a cambiare?
Sam lo scoprirà, lei lo scoprirà.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Bondage
Capitoli:
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Capitolo primo.
-Change

 
Me ne stavo sdraiata nell’erba del giardino con le mani dietro la nuca e un libro aperto sul mio ventre.
Sentivo il fresco venticello di primavera invadere i miei sensi.
Ammiravo la luna. Alta e bella com’era.
Sembrava quasi avesse degli occhi e un sorriso da far invidia al mondo.  
Sin da piccola ero sempre stata catturata dalla bellissima sfera rotonda che illuminava il cielo notturno.
Sentì un fiero sorriso disegnarsi sul mio volto.
Amavo quel posto, era abbandonato, ma era l’unico luogo che riusciva a darmi tranquillità da quando avevo lasciato la mia famiglia.
I miei occhi facevano fatica a restare aperti.
Era sicuramente tardi e non mi andava di far preoccupare mia zia.
Così mi alzai, presi la borsa che avevo appoggiato accanto al tronco di una grande quercia e la misi a tracollo.
Sollevai il mento un’ultima volta e sospirai.
Il mio cellulare nella tasca dei jeans vibrò, facendomi sobbalzare.
Lo presi subito e trovai un messaggio di mia zia Julien.
-Sam, è quasi mezza notte, dove sei?
Abbozzai un sorriso.
In effetti cominciavo a chiedermi perché ancora non si fosse allarmata considerando il suo essere iperprotettiva.
In qualche secondo riuscì a scavalcare la rete che mi divideva dalla strada e con riluttanza m’incamminai.
Mi rabbrividì quando sentì delle strane urla provenienti da un quartiere lì vicino.
Avrei dovuto tener conto che essendo un posto isolato, non dovevo starci sino a notte fonda; e adesso era davvero tardi.
Strinsi le maniche della felpa, cercando di tranquillizzarmi mentre il mio passo accelerò drasticamente.
Più camminavo e più quelle urla aumentavano la loro intensità, subito compresi che ci stavo andando contro anziché scappare.
Girai l’angolo e dei brividi percorsero di nuovo tutta la mia schiena quando i miei occhi trovarono un gruppo di ragazzi con mazze e bottiglie di vetro in mano, dall’altra parte della strada.
Speravo davvero di poter passare inosservata ma la mia solita distrazione mi fece colpire una bottiglia di vetro gettata probabilmente da uno di quei mascalzoni.
“Porca Puttana”
Esclamai quando d’improvviso si voltarono.
Rimasi pietrificata non appena vidi sul loro viso maliziosi sorrisi, mentre nei loro occhi si comprendeva tutto ciò che avrebbero fatto di me.
Ero davvero nella merda e non c’era niente e nessuno che avrebbe potuto aiutarmi.
Guardai a destra e poi a sinistra di quella maledetta strada, ma niente, nemmeno una stupida macchina che avrebbe potuto salvarmi la vita.
“Ehi bella ragazza, che ci fai a quest’ora ancora in giro?”
Pronunciò uno di loro con la cattiveria negli occhi.
Non riuscivo a muovermi, ero pietrificata ma dovevo difendermi in qualche modo.
Mentre la mia mente elaborava qualche piano per poter fuggire, quel gruppo si avvicinava sempre più velocemente a me, quasi come se il mio panico li attirava.
Riuscì solo a fare qualche passò indietro fino a sbattere contro una cancellata.
“Eh no piccola, adesso resti con noi.”
Disse un altro mentre giocherellava con la bottiglia di vetro in modo non molto divertente.
“Voglio divertirci adesso.”
Continuò un altro ancora.
“Non avvicinatevi.”
Impaurita ma determinata ordinai, con espressione dura.
“Cos’è? Hai paura?”
Disse il più vicino a me, non staccando gli occhi da me.
“Io non ho paura di voi.”
Avevo quasi le lacrime agli occhi per la paura.
Non appena quel bastardo accarezzò i miei capelli capì che la mia vita sarebbe cessata tra qualche minuto, o chissà avrebbero solo voluto divertirsi un po’ e poi mi avrebbero lasciata in mezzo a quella maledetta strada.
La sua mano scese lungo tutto il mio collo mentre dei respiri affannosi uscivano dalla mia bocca.
“Non toccarmi.”
Gridai con il cuore in gola.
Tolsi via la sua mano ma non fui abbastanza svelta per evitare che me l’afferrasse.
Strinse il mio polso guardandomi infuriato.
Mugugnò qualche cosa che non riuscì a comprendere e poi osservò il mio corpo, con un sorrisetto perfido.
Dannazione, morivo di paura.
“Fai la brava ragazza, piccola. Sei così bella”
Sfiorando con occhi curiosi la collana che avevo al collo, mi sussurrò con voce roca.
Probabilmente l’oro aveva catturato la sua attenzione.
Continuava a toccarla scendendo giù con la mano.
Chiusi gli occhi, incapace di reagire o solamente di continuare a morire di paura.
“Avanti Tom, non vorrai ancora tener vestita una bellezza rara come la sua.”
Intervenne uno di loro, mentre mi scrutava attentamente.
“Prova solo a toccarmi e giuro che ti denuncio.”
Gridai con tutta la paura che sentivo.
Ma la mia vista fu annebbiata dalle lacrime calde che minacciavano di scendere sul mio viso.
Perché la mia mente non elaborava nessun piano che mi avrebbe salvato la vita?
Riuscì solo a sentire le risatine maliziose di quei bastardi, erano voltati e commentavano sarcasticamente la mia debole minaccia.
Era il momento giusto.
Con tutta la forza che il mio corpo tratteneva colpì violentemente le palle di colui che stringeva il mio polso, mi mollò immediatamente e riuscì a scappare.
“Prendete quella puttana!”
Gridò seppur dolorante quel bastardo.
Uno di loro cominciò a correre molto più velocemente di me , nonostante quel calcio mi avesse dato un po’ di vantaggio.
Girai leggermente la testa mentre le mie gambe correvano veloci.
Quel bastardo era veloce e probabilmente mi avrebbe raggiunto.
Riuscì a correre disperata per qualche metro ma sentì afferrarmi con violenza il braccio, inciampai sulle mie stesse gambe e caddi per terra sbattendo la testa con forza.
Colui che mi aveva afferrato il braccio mi lasciò e annebbiata la mia visuale lo trovò osservarmi, contento della mia arresa.
Tossì mentre sentivo qualcosa fuoriuscire dal mio naso.
“La corsa è finita piccola.”
Ghignò divertito mentre rideva.
“Figlio di puttana.”
Gridai con tutto il fiato ancora nei polmoni, nonostante sentivo la mia vista annebbiarsi sempre più e il mio corpo cedere.
Il mio petto si rialzava velocemente cercando di riprendere fiato.
Di colpì un calcio nella mia costola mi bloccò il respiro, quel figlio di puttana mi voleva morta.
Lo ero, sentivo di esserlo davvero, finché un enorme gridò di dolore uscì dalla bocca di quel bastardo che mi aveva colpito.
Cercai di capire seppur non del tutto cosciente.
Ciò che riuscì a vedere fu qualcuno prendere a botte quei figlia di puttana che mi avevano quasi uccisa.
Grida furiose e minacce di morte furono le ultime cose che sentì prima di chiudere gli occhi e abbandonarmi a me stessa.
***

Un dolce calore e una confortevole comodità furono le prime sensazioni che provai quando sentì il mio cuore battere di nuovo.
Aprì lentamente gli occhi nonostante la luce che mi rendeva ciò difficile.
Un tetto bianco fu la prima cosa che la mia visuale trovò.
Cercai di muovermi ma quel dolore atroce nel mio stomaco paralizzò ogni mia parte del corpo.
Gemetti chiudendo con forza gli occhi.
Decisi di riaprirli e guardarmi intorno.
Compresi di trovarmi su un letto, in una grande stanza dalle pareti blu.
Dov’ero?
Perché mi trovavo lì?
“Finalmente ti sei svegliata!”
Esortò  qualcuno spaventandomi.
Mi voltai e trovai un bellissimo ragazzo sulla soglia della porta.
Scosse la testa sistemandosi la sua grande chioma scura e riccia.
Delle fossette carine adornarono il suo dolce sorriso e dei grandi iridi verdi mi fissavano.
Aveva una tazza in mano ancora fumante.
“C-chi sei?”
Chiesi spalancando gli occhi.
Non mi ero mai sentita così confusa in tutta la mia vita.
Il ragazzo estremamente affascinante camminò verso di me, e solo adesso mi accorsi di quanto fosse alto.
Si chinò, sedendosi poi nella grande poltrona accanto al letto in cui giacevo immobile.
Posò la tazza sul comodino e poi mi rivolse la sua attenzione.
I suoi grandi occhi penetrarono nei miei.
Aggrottai le sopracciglia.
“Tu sai chi sei?”
Replicò con voce profonda.
Lo fissai per qualche secondo non comprendendo cosa intendesse.
“Hai sbattuto la testa e voglio assicurarmi che tu non sia diventata smemorata.”
Precisò preoccupato.
“Ehm.. io … si, ricordo chi sono ma … che ci faccio qui?”
Balbettai incerta.
La sua espressione divenne cupa e subito capì che non era niente di buono.
“Non so bene cosa sia successo, quando sono arrivato ti ho trovato distesa per terra dolorante.” Spiegò fissandomi negli occhi “Ma per fortuna sono arrivato nel momento giusto.”
Immediatamente la mia mente elaborò le orribili immagini che purtroppo non avevo scordato.
Quegli orribili ragazzi, la corsa e poi quel calcio nello stomaco.
“Ricordi?”
Notando la mia aria perplessa mi domandò.
Portai la mano in fronte e annuì.
“Si, io .. si credo di ricordare.”
Faceva ancora male, ero ancora tremendamente terrorizzata.
Si chinò sulle ginocchia, unendo le mani e guardandomi  profondamente.
“Adesso però è tutto passato non preoccuparti.”
Mi rassicurò sorridendomi, e di nuovo quelle dolci fossette si formarono sul viso.
“Quei cazzoni sono scappati via appena ho cominciato a picchiare uno di loro.” Con sguardo arrabbiato continuò.
Poi mi guardò  e di nuovo sorrise.
“Oh .. ehm, beh … t-ti ringrazio.”
Quel sorriso e i dolori atroci riuscirono a farmi balbettare come un idiota.
“Qual è il tuo nome?”
Mi chiese con espressione curiosa, curvando la bocca.
“Oh .. ehm .. Sam.”
Mi limitai a rispondere.
“Harry.”
Affermò lui.
Era come se pronunciato da lui quel nome fosse speciale.
Subito ricordai l’ora, il messaggio e la faccia stravolta di mia zia non vedendomi ancora ritornare.
I miei occhi si spalancarono e provai ad alzarmi.
“Dio … devo scappare mia zia sarà in pensiero.”
Uscì dalla coperta con cui Harry mi aveva riscaldato ma fui subito bloccata da due grandi e calde mani.
“Oh sta tranquilla Sam.” Disse Harry “Tua zia ha chiamato prima.”
“Non le avrai detto quello che …”
“Sta tranquilla le ho detto che resti a dormire da un’amica stanotte.”
Ri-accomodandosi mi spiegò divertito.
Mi stupì di come quello sconosciuto era riuscito a gestire perfettamente la situazione. Mi aveva salvato la vita e aveva pure evitato di far allarmare la persona più ansiosa dell’universo.
Ero ancora piegata nel letto quando un dolore proveniente dallo stomaco mi fece leggermente gridare.
“Distenditi.”
Aiutandomi mi ordinò subito Harry.
Nessuno era mai stato così premuroso con me.
Strinsi gli occhi mentre mi contorcevo dal dolore.
Quando li riaprì trovai un paio di occhi verdi preoccupati per la ragazza a cui aveva salvato la vita.
“Devi rilassarti e stare al caldo.”
Coprendomi spiegò Harry attentamente; quasi come se fosse un medico.
Mi sorrise e sentì di nuovo quello strano formicolio che sia aggiunse al dolore nel mio stomaco.
“Appena il dolore ti calma un po’, bevi questa.”
Indicandomi la tazza che aveva poggiato sul comodino continuò attentamente.
Poi mi rivolse un dolce sguardo.
“Io vado a farmi una doccia veloce Sam.”
La sua bocca carnosa si contorse di nuovo.
“Oh .. ehm, okay.”
Mi limitai a rispondere annuendo.
Provai a sorridere anch’io, nonostante il mio grande sconvolgimento interiore e fisico.
Scosse di nuovo la testa aggiustandosi i ricci ribelli, poi lo seguì mentre raggiungeva il bagno in camera dall’altra parte della stanza.
Osservavo i lineamenti del suo viso definiti e sensuali; quel ragazzo mi sconvolse più di quell’orribile cosa che mi era capitata.
Entrò in bagno dopo avermi lanciato un’altra occhiata per accettarsi che non scappassi, socchiuse la porta e sentì il rumore dell’acqua che invase la tranquillità della stanza.
Mi sembrava tutto così assurdo seppur mi sentivo al sicuro.
Uno strano ragazzo mi aveva salvato la vita da una morte lenta e adesso mi ritrovavo in quel che pensai fosse il suo letto mentre premuroso si prendeva cura di me come se gli importasse qualcosa.
Sentivo il dolore pian piano svanire, così allungai una mano afferrando il manico della tazza arancione sul comodino.
Mi sollevai lentamente in modo da poter bere, e lo avvicinai alla bocca.
Non credevo di aver mai assaggiato una cosa simile ma seppur avesse uno strano sapore era gradevole.
Stranamente mandai giù tutta la strana bevanda non accorgendomi che l’acqua aveva cessato di far rumore finchè non vidi Harry uscire dal bagno, con una sola asciugamano che copriva il suo bacino.
Scosse i suoi ricci bagnati e poi li sistemò con le sue grandi mani non avevo mai visto un corpo più bello del suo.
Incrociò il mio sguardo imbarazzato e poi gettò i suoi occhi verdi nella tazza.
“Oh, l’hai bevuta tutta?”
Mi chiese curioso.
“Ehm .. io .. si, era …” Non riuscivo nemmeno a pronunciare una frase di senso compiuto. “Era buona.”
Abbassando lo sguardo fissai la tazza.
Era tutto così estremamente imbarazzante.
Sentì una piccola risata di Harry che probabilmente aveva capito tutto mentre io morivo di vergogna.
“Hai ancora dolore?”
Continuò a domandarmi premuroso mentre raggiungeva l’armadio.
Alzai di nuovo lo sguardo pronta a rispondere stavolta un po’ meno impacciata, quando il mio respiro fu immediatamente fermato da delle imponenti spalle, muscolose e tese.
“Io .. ehm si, credo di sentirmi meglio.”
Dopo aver preso un grande respiro affermai.
Harry aprì l’armadio che riuscì a coprire parte de suo corpo, permettendosi di vestire.
Lo vidi sollevare un piede e infilare i boxer, lo stesso fece con l’altra gamba.
Abbassai immediatamente gli occhi al pensiero di quello sconosciuto nudo.
Riposai la tazza sul comodino mentre sentivo le mie guancie tingersi d’imbarazzo e quando ritornai comoda trovai Harry vestito.
“Oh ehm, credo di stare meglio. Posso ritornare a casa.”
Scoprendomi dissi decisa.
Non avevo intenzione di restare con lui un minuto di più.
“Non credo tu possa camminare Sam.”
Mi avvertì osservando i miei movimenti.
Scesi dal letto cercando le mie scarpe.
“Non so cosa tu abbia messo in quella tazza ma è stato miracoloso. Adesso posso tornare a casa.”
Continuando a guardarmi in giro spiegai.
“Dove hai messo le mie scarpe?”
Domandai poi.
“Sono le tre e mezza Sam.”
Disse convinto dopo aver fatto qualche passo verso di me.
Mi bloccai subito. Pensando che non era né il caso di ritornare a piedi a casa né il caso di farmi accompagnare da Harry a quest’orario.
“Sei costretta a restare qui.”
Aprì leggermente le braccia e rise.
Portai le braccia ai fianchi e premendo il mio ventre con le dita mi accorsi di qualcosa sotto la mia felpa.
La scorsi e trovai una benda avvolta al mio ventre.
“Hai il fianco pieno di lividi e ho pensato fosse stato meglio avvolgertelo con una benda.”
Spiegò Harry con voce roca.
Lo guardai negli occhi  sorpresa.
“Oh .. ehm.. davvero Harry. Non so come ringraziarti.”
Asserì senza parole.
“Non c’è bisogno che tu lo faccia.” Sorrise “Non mi andava di averti sulla coscienza tutta la vita per non aver salvato la ragazza dai bei occhi azzurri.”
Ironizzò.
La sua risata risuonò come il rumore migliore che abbia mai sentito.
“Oh … beh; grazie allora.”
Asserì sentendo di nuovo le mie guancie rosee.
Poi Harry raggiunse di nuovo il suo armadio e estrasse una maglietta nera.
“Puoi mettere questa se ti va.” M’invitò poggiandola sul letto. “Così ti metti comoda e togli quei vestiti sporchi.”
Aggiunse scorgendo il suo sguardo per tutto il mio corpo.
Mi guardai addosso. Harry aveva ragione, ero sporca e i miei jeans sembravano lievemente strappati.
“Puoi fare una doccia magari” Aggiunse poi.
“Io vado a preparare la cena Sam.” Concluse sorridendomi.
Da vicino il suo viso era decisamente perfetto e i suoi occhi sembravano brillare.
Annuì ricambiando quel premuroso sorriso e poi seguì Harry abbandonare la stanza.
Mi chiedevo cosa lo spingesse a essere così gentile con una sconosciuta, e poi credevo di non aver mai visto un ragazzo più bello di lui.









 






 
 
   
 
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