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Autore: cherrycherry    19/10/2007    0 recensioni
Non fatevi ingannare dal titolo: questa fic è sì ispirata al libro di Charles Lutwidge Dodgson, ma in realtà la somiglianza dura solo fino ad un certo punto, in cui la trama si stacca completamente dalla favola conosciuta. (CAPITOLO QUINTO)
Qui Alice (si legge all'inglese) è una ragazzina di 15 anni del XXI secolo, dark e con una grande passione per il disegno, che segue un ragazzo vestito interamente di bianco per recuperare il suo blocco di schizzi finendo catapultata nel mitico Paese delle Merviglie...
BUONA LETTURA E UN BACIO A TUTTI, VECCH!!! (vi prego ditemi cosa ne pensate, anche se vi fa schifo!!!)
Genere: Dark, Avventura, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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“Mmh... -mugolò masticando il pasticcino- Crema!”
Non fece in tempo a terminare le sue constatazioni, che si rese conto del cambiamento che stava avvenendo nel suo corpo: lentamente, stava crescendo, sempre di più, sempre di più!
“E-ehi! Adesso basta! Ehi!” protestò andando a sbattere con la testa sul soffitto. Si mise su un fianco rannicchiandosi il più possibile, ma sapeva che entro poco sarebbe stata così alta da rimanere schiacciata. Disperata si mise a gridare: “AAAAAAH!!!!! AIUUUUUUTOOOOOOOOO!!!!!!! AAAAAAAAAH!!!!!!!!!!!!!!!!!!”
“Cosa caspita urli?! Mi vuoi assordare per caso?” era stato il ragazzo vestito di bianco a parlare, misteriosamente apparso dal nulla ai piedi di Alice. “Ma guarda te che cretina!”
Le si avvicinò al piede destro, grande ormai quanto lui, soffermandosi a pensare un istante. Dopodiché dalla tracolla estrasse un paio di guanti bianchi e un ventaglio. “Metti i guanti e fatti aria col ventaglio!” ordinò prendendo la chiavetta dal tavolino e infilandosela nella tasca posteriore dei pantaloni.
“Mettermi i guanti?? E come dovrei fare? Sono troppo piccoli!” ribatté la ragazza, ma non ricevette alcuna risposta. Così decise che valeva la pena di tentare.
Infilò i guanti uno per indice e si sventolò il ventaglio davanti alla faccia: in men che non si dica ritornò della sua solita statura.
Il ragazzo senza darle il tempo di parlare si riprese in malo modo i guanti e il ventaglio, e si avviò velocemente lungo il corridoio dietro ad una delle porte fino a poco prima chiuse seguito a ruota dall’altra.
“Perché ti ostini a venirmi dietro?” chiese senza degnarla di un’occhiata.
“Perché non so come andarmene di qui! Mi sono capitate un casino di robe strambe e non voglio rischiare la pelle in questo posto assurdo! E poi tu hai una cosa che mi appartiene...” aggiunse cercando il suo blocco degli schizzi attaccato alla tracolla dell’altro, senza purtroppo trovarci più nulla.
“Intendi questo per caso?” fece il ragazzo porgendole l’oggetto che aveva provocato tutta quella bizzarra avventura.
“Proprio quello! Ma... da dove l’hai tirato fuori?”
Il ragazzo ignorò la domanda e continuò a camminare fino a che arrivarono ad una casetta a due piani dal muro grigiastro e scrostato. Prese la famosa chiavetta di prima ed aprì la serratura con un paio di giri sotto lo sguardo perplesso di Alice che non capiva come quella chiave potesse aprire due serrature completamente diverse.
“Va’ al piano superiore, la prima porta a sinistra è quella della mia camera. Sul tavolo ci sono una boccetta, un paio di guanti e un ventaglio. Prendi tutto e aspettami qui davanti alla porta.” Le ordinò sparendo in un’altra stanza.
Lì per lì Alice rimase sorpresa dal suo tono -non era mica la sua domestica!!- poi decise che avendole permesso -anche se non glielo aveva propriamente detto!- di restare con lui gli avrebbe fatto questo favore.
Salì le scale quasi correndo tanta era la sua curiosità. Aprì come le era stato detto la prima porta a sinistra e ciò che vide la lasciò meravigliata. Il letto, coperto da una trapunta azzurro polvere, era enorme, occhio e croce due piazze e mezzo. Inoltre, dalle pareti completamente spoglie a parte il ritratto di una bambina sui dieci anni seduta vicino ad un drago dalle scagli verdi, era come se trasudasse qualcosa di inquietante che procurava in Alice brividi freddi lungo la spina dorsale.
La ragazza preferì far finta di nulla e dal tavolino prese ciò che le era stato ordinato, ma quando fece per uscire si ritrovò davanti alla bambina del quadro che la fissava perplessa.
“Ciao.” Disse la piccola sorridendo appena.
“Ciao...” rispose Alice dubbiosa superandola per tornare davanti alla porta d’ingresso.
“Mi chiamo Marianna! Tu sei la terza Alice, vero?” insisté la bambina seguendola giù per le scale.
“La terza? In che senso? Io sono Alice e basta!”
“Oh. Non avrei dovuto dirlo. Ora il Signore si arrabbierà...”
Alice non poté chiedere di cosa stesse parlando che le apparve davanti il ragazzo vestito di bianco. “Era ora! Datti un mossa che sono in ritardo! Se non arrivo in tempo dalla Duchessa, sono morto!” sbraitò seccato mettendo il materiale portatogli da Alice nella tracolla e tirandosela dietro dopo averla afferrata per la manica. La ragazza fece appena in tempo a vedere Marianna salutarla con la manina dai primi gradini delle scale, che la porta si chiuse sbattendo con violenza.
“Lasciami!!” protestò strattonando via la manica dalla presa del ragazzo che con un sospiro continuò a camminare senza neppure girarsi. “Senti, io voglio andare a casa... Sono stufa di questo posto del cavolo! Se tutto questo è un sogno pretendo di svegliarmi! Subito!!”
Lo sguardo di lui la fece tacere all’istante. “Stammi a sentire! Se non vuoi venire con me non c’è problema: segui il sentiero appena percorso al contrario e resta a casa mia. Quando torno ti farò accompagnare da Guglielmo...”
“Chi sarebbe questo Guglielmo?”
“Il drago del quadro... Lo hai visto il quadro in camera, vero?”
“Certo! Non c’era appeso altro al muro!” disse sarcastica. Nessuna risposta. “E invece la bambina chi è?” continuò allora.
“La bambina era Marianna.” Rispose scandendo bene quel ‘era’.
“Che vuol dire era?”
“Che è morta!”
Alice non osò più aprire bocca: aveva visto e parlato con un fantasma come se fosse stata la cosa più naturale del mondo!
“Così... -iniziò lei tanto per rompere il pesante silenzio che era calato tra loro- Stiamo andando dalla Duchessa...”. Silenzio. “Abita molto distante da qui?”
“Si. Comunque prima devo andare a prendere una cosa...”
Le porse un pasticcino mangiandone uno a sua volta. Pochi secondi, ed entrambi diventarono piccoli come coccinelle.
Si avvicinarono ad un fungo sopra al quale stava un signore di mezz’età vestito elegantemente con un completo turchino ed una lunga pipa in bocca, che pareva così preso dai propri pensieri da non accorgesi della loro presenza.

FINE SECONDO CAPITOLO

  
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