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Autore: LilyGranger    02/04/2013    1 recensioni
Brandony, piccola cittadina monotona e silenziosa, viene scossa dal rapimento di una ragazza sedicenne: Denise. Sotto questa tragedia vedremo intrecciarsi sempre più inesorabilmente le vite di Fred, sedicenne problematico, Johnny, fratello di Denise, e Eleonore la migliore amica di Denise.
Tra souspense , ricordi toccanti e il delicato fiore dell'amore, vedremo il caso di Denise e questi 3 ragazzi crescere insieme in un evento troppo grande per loro.
Chi ha preso Denise ? Perchè l'ha fatto? L'ha uccisa ?
Sta a voi scoprirlo.
Genere: Malinconico, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 1

L’edificio del Preston High School si ergeva su una piazzola cementata adiacente ad una piccola strada. Tra studenti che si affrettavano ad entrare e chi stava comodamente seduto sui gradini che portavano all’entrata a parlare di questo o di quello, regnava il tipico caos scolastico. Quel giorno in particolare ,poi, l’avvenimento che aveva sconvolto la piccola cittadina di Brandony soltanto una settimana prima regnava sulla bocca di tutti e dava adito a continue chiacchiere sull’accaduto. L’aria era grave e qua e là si potevano vedere persone aggrapparsi disperatamente alle braccia dell’altro, in cerca di un conforto che un adolescente non è ancora in grado di dare. Uno dei volantini che delle ragazze stavano distribuendo all’entrata finì nelle mani di Johnny. Il ragazzo lanciò un’occhiata al foglio giallo e nero, fece un sorriso amaro e , appena non fu più in vista delle ragazze, lo buttò nel cestino più vicino. Non ne poteva davvero più. Veniva additato e guardato con compassione da gente di cui ignorava persino il nome. A poco a poco, la pietà padrona degli occhi delle persone che lo osservavano, lo stava stremando.
Johnny Terrence era forse il ragazzo più solitario della scuola. Alto e con capelli di un rosso appena accennato, portava i suoi 18 anni meravigliosamente. Il bell’aspetto e ragazzine che sussurravano civettuole al suo passaggio non gli mancavano, ma la sua timidezza e la sua aria misteriosa gli rendevano difficile farsi delle amicizie.
Denise Terrence,la classica ragazza che , seppur carina, passa inosservata quasi fosse invisibile, era ora la ragazza più famosa di tutta Brandony. I suoi capelli rossi e ricci che incorniciavano il suo volto pallido e lentigginoso, facevano contrasto sul giallo dei fogli attaccati ad ogni angolo della scuola . La scritta in nero stampata a caratteri cubitali diceva :

"VEGLIA PER DENISE TERRENCE
AMICA PERFETTA, STUDENTESSA AMMIREVOLE E VITTIMA INNOCENTE."

I giornali continuavano a stampare notizie circa il suo rapimento. Le foto della ragazza, che i genitori avevano messo a disposizione dei mass-media, erano diventate a tutti familiari.
Denise e Johnny furono privati dei loro nomi. Per tutti divennero semplicemente “la ragazza scomparsa” e “il fratello della ragazza scomparsa”.
Nulla di più. Solo due appellativi carichi di silenziosa commiserazione che scomparivano nel vento.
L’ipocrisia regnava sovrana.
Gente che non aveva mai rivolto parola alla sventurata, si costringeva ad un lutto disperato rubando le attenzioni a chi veramente ne aveva bisogno.Ragazzi che fino a qualche giorno prima si erano divertiti a beffeggiare “il fratello della ragazza scomparsa”, si fingevano ora il suo più grande amico, dando alle telecamere un misero teatrino da riprendere.
L’unica che sembrava impassibile, che non si sprecava a bagnare il suo volto, era colei che celava il più grande tormento nel cuore. La disperazione, seppur ben nascosta, urlava dagli occhi di Eleonore, la migliore amica di Denise. Dalla scomparsa dell’amica, si aggirava come un fantasma per i corridoi della scuola. Il passo leggero e lo sguardo perso erano chiari segnali che imponevano a tutti di starle alla larga. Poco a poco, Eleonore si ritrovò avvolta nella sua bolla personale. Sempre più fuori dal mondo e sempre più lontano dall’interesse altrui.
La campanella della prima ora suonò e i corridoi si svuotarono. Comodamente seduto al proprio banco, Johnny si imponeva di non pensare a Denise.
Si impegnava a seguire il complicato volo di una mosca. Si sforzava di seguire le parole dell’insegnante o di trovare interessante il libro di testo, ma niente sembrava funzionare. La sua mente correva da quella ragazza che cercava disperatamente di salvarsi. Si aggrappava a quel tentativo di fuga e sperava in un lieto fine. Ma dopo eccoli. Gli occhi di Denise. Blu come l’oceano e colmi di terrore sembravano invocare il suo aiuto. La disperazione in quello sguardo era tale che invase anche il suo cuore. Oppresso da quelle immagini, Johnny cominciò a sudare.
E per un attimo dimenticò l’aula, la professoressa che chiamava il suo nome, i compagni che lo fissavano. Si trovava davanti a Denise, con il bosco alle spalle. Riusciva quasi a sentire il freddo pungente della notte e il fiatone della sorella.
Lentamente si avvicina e le tende una mano. E poi ecco che Denise decide di saltare giù dal precipizio. Ecco la mano insanguinata di un uomo senza volto afferrarla.
-NO!- Johnny si alzò di scatto , battè le mani sul banco e di colpo si ricordò del posto in cui si trovava.
-Qualche problema Terrence?- chiese la professoressa con fare dolce.
Voltandosi, Johnny vide le mani dei suoi compagni cercare la bocca nell’inutile tentativo di soffocare una risata e lo sguardo apprensivo di Mark, suo unico e vero amico.
Tornando a fissare la professoressa, Johnny annuì.
Il volto pallido e sudato non servirono nel suo tentativo di eludere alla domanda.
-Solo- disse Johnny per rispondere allo sguardo interrogativo della professoressa. – Solo, posso andare in bagno?-
Al consenso dell’insegnante, il ragazzo si catapultò fuori dalla classe. E mentre si chiudeva la porta alle spalle, potè sentire chiaramente le risate sguaiate di alcuni suoi compagni e il seguente ammonimento del resto della classe.
-Mostratevi più sensibili, gli hanno appena rapito la sorella! Cafoni!-
Le lacrime cominciarono a imporre la loro presenza. Correndo verso il bagno, quasi non si accorse della ragazza che aveva fatto cadere. Si fermò, sussurrò un flebile “scusa” e continuò la sua corsa.
Davanti allo specchio si fece pietà. Pallido e in lacrime non sembrava nemmeno lui. Si sciacquò il viso, ma le lacrime non smettevano di scendere. Il pianto silenzioso divenne a singhiozzi e soffocati gemiti si sforzavano di uscire dalla sua bocca. Questa debolezza, però, non se la sarebbe concessa. Per un momento si pentì di esser tornato a seguire le lezioni. Dopo,però, le immagini della madre disperata e del padre seduto al buio nell’attesa di un qualche miracolo, lo fecero ricredere.
Ora Johnny non riusciva a pensare ad altro che al sogno. Perché non faceva altro che rivedere quelle scene ? Ogni notte, da tre giorni a questa parte. Ora la tragedia della ragazza scomparsa si era insediata nella sua mente, piantando radici talmente grandi da occupare ogni suo pensiero.
Gli occhi carichi di orrore della sorellina erano incisi nel suo cuore.
Il riflesso di una ragazza allo specchio lo fece sobbalzare.
Si girò e istintivamente si portò un braccio agli occhi. Asciugati dalle lacrime, si accorse che quella era la ragazza che aveva praticamente scagliato sul pavimento qualche minuto prima. Si accorse che quella ragazza era Eleonore.
L’aveva vista crescere al fianco della sua sorellina. L’aveva vista abbuffarsi di torta ai compleanni. L’aveva sentita ridere nel corso dei numerossissimi pigiama party che Denise era solita organizzare. L’aveva detestata per gran parte dell’infanzia e considerata una seccatura per il resto del tempo. L’aveva presa in giro chiamandola “ brutto anatroccolo” e avvilito nel momento della crescita rendendo i rapporti fra i due sempre più freddi e burrascosi.Ma ora doveva ammettere che non era più la bambina paffuta di un tempo. Anzi, si ritrovò a pensare che da vicino era ancora più bella. I capelli neri le ricadevano in ordinate ciocche sulle spalle. Lisci e luminosi donavano un’intensità ai suoi occhi verdi non comune a tutte le altre sedicenni . Il volto, tondo e brillante, presentava un candore innocente e qualche bollicina si poteva scorgere sul mento, quasi a dimostrare che anche lei era umana.
Inclinando la testa come era solita fare quando non capiva una cosa, Eleonore schiuse le labbra colorate di un rosa pallido.
-Tutto ok ?-
La voce era sottile e dolce, ma comunque distante
-Si.- rispose secco Johnny.
-A me non sembra.- ribattè fredda lei.
Rimasero in silenzio per un po’ ma ,dopo, lo sguardo di Johnny si posò su uno di quei volantini dedicati alla veglia di Denise. Gli occhi luminosi e pieni di gioia, il sorriso a trentadue denti, i capelli rossi scompigliati dal vento. Stonavano completamente con il tetro significato del foglio.
Eleonore se ne accorse.
-Tu ci vai ?- domandò al ragazzo.
-No, non credo-
Eleonore sorrise. –Nemmeno io.-
Quelle parole bastarono per cancellare l’imbarazzo di Johnny e riaccendere il suo interesse. La curiosità era da sempre il suo più grande difetto.
-E perché ? Sei la sua migliore amica, non hai motivo per non andarci.-
- E tu ? Sei solo il suo unico fratello, non hai motivo per non andarci!- ribattè sarcastica Eleonore mentre incrociava le braccia al petto.
Johnny ghignò rassegnato.
Guardò ancora una volta il volto sorridente della sorella stampato sul volantino. Si ricordava di quella foto.
All’epoca lui aveva solo 16 anni e Denise 14, ma aveva già l’aspetto di una sedicenne. Il sorriso che ostentava era di quelli che la ragazza regalava solo alla sua famiglia . La foto l’aveva scattata lui. Nessuno avrebbe mai detto che fino a qualche ora prima, Denise era stesa sul letto immersa in un mare di lacrime amare. Era stata lasciata dal suo primo fidanzato. Di comune accordo, il padre e Johnny caricarono Denise in macchina. La portarono sulle aride montagne appena fuori città. Il suo posto preferito. Iniziarono a camminare, esplorare, scalare. E man mano che salivano, il cuore di Denise diventava più leggero e gli occhi meno umidi, fino ad arrivare alla cima dove ogni traccia di rammarico era sparito. La ragazza guardò giù e poi si voltò sorridente verso gli unici due uomini che avrebbe mai amato nel corso della vita: il padre e il fratello. In quell’esatto istante, Johhny premette un pulsantino e l’obiettivo della fotocamera immortalò per sempre quel momento perfetto.
Fece per andarsene, ma mentre passava accanto ad Eleonore per tornare in classe, questa parlò.
-Non è morta.- Johnny si bloccò.- E’ per questo che non vado alla veglia. Lei non è morta.- continuò Eleonore.
-Come lo sai ?- Gli occhi di Johnny vedevano tutto ma non guardavano niente. Continuava a tenerli puntati verso il corridoio e a rivivere gli istanti di quel giorno alle montagne.
-Me lo sento.-
Eleonore si allontanò a passi leggeri. Silenziosa com’era venuta, ora se ne andava. Johnny rimase a guardarla interdetto. C’era un qualcosa di misterioso nei suoi movimenti lenti e leggeri, nei suoi occhi e nelle sue labbra.
Johnny non sapeva cosa fosse, ma sapeva una cosa:
Il soprannome “ Fantasma” di cui la ragazza era divenuta padrona era più che azzeccato.
***
L’aria era nuovamente carica delle chiacchiere degli studenti. L’intervallo era scattato, perfetta occasione per respirare tra una lezione e l’altra. Dopo l’incontro con Eleonore, l’idea di entrare in classe, sotto gli occhi di tutti e seguire un'altra interminabile lezione d’inglese, divenne per Johnny così pesante che decise di fare una passeggiata nel cortile.
-Ti sei beccato una nota, complimenti amico.- Disse Mark non appena Johnny mise piede in classe.
-Ah si?- rispose indifferente lui mentre si sedeva al banco e tirava fuori un libro.
Mark lo guardò attentamente. Nel corso degli anni era cambiato. Erano cambiati entrambi. Ma infondo è così che funziona quando cresci con una persona. Quando passi i tuoi primi 12 anni di vita assieme ad un amico, questo, inevitabilmente, diventa un fratello. E come tra fratelli, ci convivi. Convivi con i suoi difetti, con i suoi pregi. Convivi anche con i suoi cambiamenti, positivi o negativi che siano.
Sbottò e prese “Il ritratto di Dorian Grey” dalle mani dell’amico.
-Hey!- esclamò Johnny.
-Ok, che ti ha preso oggi ?- chiese Mark puntando i suoi occhi verdi nascosti da sottili lenti, in quelli castani e disorientati di Johnny. – All’ora d’inglese.- specificò.
-Niente.- sussurrò lui.
Mark prese la sedia più vicina e la posizionò vicino all’amico. Ci si sedette e cominciò a guardarlo intensamente.
-Ancora quel sogno?-
Johnny annuì.
-Perché?Cosa significa? - chiese pur sapendo che una risposta non c’era.
O che ancora non era stata trovata.
O che ,semplicemente, non c’era bisogno di cercarla:
Il legame fra fratello e sorella era più forte di quel che si potesse immaginare.

***

-Jay,Jay! Prendimi avanti!- urlava gioiosa una ragazzina mentre correva lontano da un bambino.
-Denise, fossi in te correrei più veloce!- gli rispondeva di rimando il bambino.
-Tu hai le gambe più lunghe, non vale!.- esclamò ridendo la bambina. Fermandosi, si appuntò una ciocca di capelli rossi dietro l’orecchio e adagiò le sue mani sui fianchi.
I boccoli disordinati, le guance lievemente arrossate dalla corsa e il luccichio negli occhi, la rendevano più viva che mai.
Il bambino raggiunse Denise e, fingendo di riprendere fiato, ringraziò la bambina per averlo aspettato, mostrandosi più stanco di quanto fosse in realtà.
Denise, intenerita da quell’immagine, si avvicinò al bambino e gli stampò un dolce e affettuoso bacio sulla guancia.
Johnny provò a mostrarsi infastidito, addirittura schifato. Ma l’unica espressione che si presentava sul suo viso, era quella di un’inimmaginabile tenerezza.
- Johnny,Denise, venite  a casa!- gridò dall’interno della casa la voce di una donna. – Dobbiamo andare dalla nonna!-
Johnny si voltò in direzione della casa, poi verso Denise e poi ancora verso la casa.
-Mocciosa. Disse il bambino mentre con una mano scompigliava la capigliatura di Denise – A chi arriva primo?- propose scattando immediatamente a correre alla volta della voce della mamma.

Johnny si svegliò nel buio della sua stanza. Guardò l’orologio che segnava le 3:03 di notte. Si adagiò nuovamente sul suo cuscino, si portò le calde coperte fin sopra al mento e si fece cullare da quel dolce ricordo conservato per molto tempo da un lucchetto nel suo cuore.

   
 
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